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Uniti per la petizione: nasce il Comitato a sostegno della denuncia di Unione Mediterranea.
Ieri, sabato 8 settembre, a Castellammare di Stabia presso il Restoring Ancient Stabiae – RAS Foundation, si è tenuto il primo incontro finalizzato alla costituzione di un Comitato in sostegno della Petizione presentata nel 2015 da MO! Unione Mediterranea alla Commissione per le Petizioni dell’Unione Europea e dichiarata ricevibile nel 2016.
Nel documento si denunciano le violazioni in vaste aree dell’Italia meridionale e della Sicilia degli articoli 1 (dignità umana), 2 (diritto alla vita), 15 (libertà professionale e diritto di lavorare), 31 (condizioni di lavoro giuste ed eque), 34 (sicurezza sociale e assistenza sociale), 35 (protezione della salute), 37 (protezione dell’ambiente) e 38 (protezione dei consumatori) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Ai lavori del costituendo Comitato, promosso da Unione Mediterranea, Pompei Città Ribelle, Partito Separatista delle Due Sicilie , Un’infanzia da Vivere, hanno preso parte Giovanni Precenzano di Pompei Città Ribelle, Gino Giammarino della Rivista Il Brigante, Sergio Angrisano della Federazione Movimenti di base, Ciro Borrelli di Nazione Napulitana Indipendente, Maurizio Gargano del Partito Separatista delle Due Sicilie.
Un particolare ringraziamento va a Giuseppe Di Bello, Presidente dell’Associazione Liberiamo la Basilicata che ha descritto la tragica situazione in cui versa la Lucania, devastata dalle trivellazioni delle Compagnie petrolifere, sotto lo sguardo indifferente delle istituzioni.
Un ringraziamento anche a chi non ha potuto partecipare all’incontro, ma ha offerto il suo sostegno all’iniziativa, in particolare Sud che Sogna, Un’infanzia da Vivere e Basilicata Bene comune della Prof.ssa Albina Colella.
Immigrazione tra realtà e percezione
L’immigrazione è stato un tema centrale durante la scorsa campagna elettorale ed è rimasto al centro della discussione pubblica anche nei mesi successivi, dopo la nomina del governo Conte. Sicuramente, si è trattato di una tematica che ha contribuito al successo elettorale della Lega e sulla quale lo stesso Matteo Salvini – come si è visto nelle ultime settimane – ha impostato la propria agenda di governo (e di comunicazione) come ministro dell’Interno.
Però, su questo argomento i dati a disposizione dell’opinione pubblica sono spesso frammentari e talvolta presentati in maniera “partigiana”, stiracchiandoli da una parte o dall’altra in base agli interessi dei partiti. Il che contribuisce spesso a proiettare un’immagine distorta della realtà del fenomeno migratorio in Italia, dove le percezioni contano più dei dati concreti. Ma quanto pesa questa possibile distorsione nel caso italiano, soprattutto se confrontata con gli altri paesi dell’Unione Europea?
Per rispondere a questo interrogativo, l’Istituto Cattaneo ha analizzato i dati forniti dall’Eurobarometro in merito alla presenza di immigrati stimati dai cittadini in ciascuno degli Stati- membri dell’UE. In particolare, la domanda che è stata rivolta agli intervistati era la seguente: “Per quanto ne sa Lei, qual è la percentuale di immigrati rispetto alla popolazione complessiva in Italia?”. Va precisato che, in questo sondaggio, per “immigrati” si intendono soltanto le persone nate fuori dai confini dell’Unione Europea e che attualmente risiedono legalmente nel nostro paese.
Il quadro europeo: tra scarsa conoscenza ed errata percezione
Il primo dato che emerge dalla nostra analisi (figura 1) è che, nell’intero contesto europeo, all’incirca un terzo dei rispondenti (31,5%) non sa fornire una risposta sulla percentuale di immigrati che vivono nei loro paesi. In alcuni casi (Bulgaria, Portogallo, Malta e Spagna) la percentuale di chi non sa rispondere supera abbondantemente il 50%, mentre l’Italia si attesta al di sotto della media europea. Infatti, gli italiani che non sanno rispondere sono “soltanto” il 27% del campione.
Il quadro che emerge da questi primi dati segnala innanzitutto un’elevata incertezza dei cittadini sull’ampiezza del fenomeno migratorio in Europa. Se passiamo poi ad osservare le stime sulla percentuale di immigrati fornite dagli intervistatori, confrontandole con i dati reali forniti dall’Eurostat (2017), l’incertezza e l’imprecisione nella valutazione sulla presenza di immigrati vengono ulteriormente confermate. Come mostra la figura 2, i cittadini europei sovrastimano nettamente la percentuale di immigrati presenti nei loro paesi: di fronte al 7,2% di immigrati non- UE presenti “realmente” negli Stati europei, gli intervistati ne stimano il 16,7%. Ma in questo caso il dato che riguarda l’Italia è quello più significativo: gli intervistati italiani sono quelli che mostrano un maggior distacco (in punti percentuali) tra la percentuale di immigrati non-UE realmente presenti in Italia (7%) e quella stimata, o percepita, pari al 25%.
Fig. 1. Conoscenza dei cittadini europei sulla percentuale di immigrati nei rispettivi paesi (% di chi “non sa” rispondere)
Fonte: Elaborazione dell’Istituto Cattaneo su dati dell’Eurobarometro. N = 28080 (intero campione); N Italia = 1025.
L’errore di percezione commesso dagli italiani è quello più alto tra tutti i paesi dell’Unione Europea (+17,4 punti percentuali) e si manterrebbe ugualmente elevato anche se considerassimo la percentuale di tutti gli immigrati presenti in Italia – che, secondo i dati delle Nazioni Unite, corrispondono attualmente al 10% della popolazione (cresciuti di oltre 6 punti percentuali rispetto al 2007). Gli altri paesi che mostrano un “errore percettivo” di poco inferiore a quello italiano sono il Portogallo (+14,6 punti percentuali), la Spagna (+14,4 p.p.) e il Regno Unito (+12,8 p.p.). Al contrario, la differenza tra la percentuale di immigrati “reali” e “percepiti” è minima nei paesi nordici (Svezia +0,3; Danimarca +2,2; Finlandia +2,6) e in alcuni paesi dell’Europa centro-orientale (Estonia -1,1; Croazia +0,1).
Fig. 2. Immigrazione nell’Unione Europea tra realtà e percezione (2017)
Fonte: Elaborazione Istituto Cattaneo su dati Eurobarometro e Eurostat (2017). N = 28080.
Gli errori di percezione sull’immigrazione in Europa segnalano dunque l’esistenza di una scarsa informazione dell’opinione pubblica su questa tematica. Però, l’errata stima sulla presenza di immigrati potrebbe derivare anche da pregiudizi – radicati negli elettori – che ne condizionano ex ante ogni valutazione. Detto diversamente: chi, per principio, ha una posizione sfavorevole verso gli immigrati potrebbe essere indotto a ingigantire la portata del fenomeno oppure a giustificare il proprio atteggiamento in virtù di una percezione distorta della questione. Per analizzare nel dettaglio questa relazione, abbiamo preso in considerazione l’indice NIM elaborato dal Pew Research Center, che misura il grado di sentimento Nazionalista, anti-Immigrati e contrario alle Minoranze religiose in 15 nazioni europee. Questo indice ha un intervallo che va da 0 a 10, dove 0 corrisponde a un atteggiamento di estrema apertura verso le minoranze religiose e l’immigrazione in generale, mentre 10 indica il massimo livello di chiusura e ostilità verso immigrati o cittadini appartenenti ad altre religioni.
Nella figura 3 l’indice NIM (o, per brevità, Indice di nazionalismo) è messo in relazione con l’errore di percezione tra gli immigrati “reali” e quelli “percepiti” dagli intervistati in tutti i paesi per i quali erano disponibili entrambi i dati. Come si può notare, esiste una relazione positiva tra l’errata percezione del fenomeno migratorio e l’atteggiamento verso l’immigrazione. Cioè: all’aumentare dell’ostilità verso gli immigrati, aumenta anche l’errore nella valutazione sulla presenza di immigrati nel proprio paese. Come in precedenza, l’Italia si conferma – su entrambi i fronti – il paese collocato nella posizione più “estrema”, caratterizzata dal maggior livello di ostilità verso l’immigrazione e le minoranze religiose.
Naturalmente, da questa correlazione non è possibile stabilire nessun nesso di tipo causa-effetto. Nel senso che l’atteggiamento fortemente negativo verso l’immigrazione potrebbe essere la causa di una sovrastima degli immigrati presenti nella società così come potrebbe esserne la conseguenza (chi ritiene che gli immigrati siano “troppi” potrebbe essere indotto a maturare un sentimento di ostilità verso gli stessi immigrati). Ad ogni modo, è chiaro che la questione della “errore percettivo” in riferimento al fenomeno migratorio non deriva soltanto da un problema di poca o scarsa informazione, bensì da diverse “visioni” del mondo che inevitabilmente ne condizionano l’osservazione.
Paesi Bassi
Belgio
Francia
Indice di nazionalismo
3
4
Fig. 3. Relazione tra indice di nazionalismo (scala NIM-Pew Research Center) ed errore di percezione sulla presenza di immigrati in 13 paesi europei
Italia
Portogallo
Finlandia
Germania Danimarca
Austria
Irlanda Regno Unito
Spagna
Svezia
0
5
10
15
20
Differenza (in p.p.) tra % immigrati reali e percepiti
1
2
Fonte: Elaborazione dell’Istituto Cattaneo su dati del Pew Research Center (indice NIM) e dell’Eurobarometro. Per il sondaggio del Pew Research Center, N = 21415 (13 paesi) e N = 1804 (Italia).
-
Focus italiano: tra pregiudizi e disinformazione
A conferma di quanto appena sostenuto, è possibile osservare i dati riportati nella figura 4, riguardanti esclusivamente il caso italiano. Come si può vedere, lo scarto tra la percentuale di immigrati presenti in Italia e quella percepita dagli intervistati è maggiore tra chi si definisce di centrodestra o di destra. In quest’ultimo caso, la percezione è del 32,4%, superiore di oltre sette punti rispetto alla media nazionale. All’opposto, tra chi si definisce di sinistra, centrosinistra o di centro la differenza tra il dato reale e quello stimato si riduce notevolmente. Ad esempio, per gli intervistati di sinistra gli immigrati presenti in Italia sono “solo” il 18,5%, rispetto a una media nazionale che li stima attorno al 25%.
Fig. 4. Immigrati reali e immigrati percepiti in Italia per orientamento ideologico (valore medio,
%)
Fonte: Elaborazione Istituto Cattaneo su dati Eurobarometro. Nota: vedi Appendice per i dettagli sul campione analizzato.
Dunque, gli orientamenti politici dei cittadini “orientano” anche le loro valutazioni sulla presenza, più o meno diffusa, degli immigrati. Ma oltre a questo fattore “politico” in grado di spiegare, almeno in parte, la distanza tra realtà e percezione, va tenuto conto anche del livello di informazioni posseduto dai cittadini. Da questo punto di vista, si può ipotizzare che gli intervistati con un maggiore grado di istruzione siano anche quelli più informati sulla società e sulla politica, e quindi capaci di fornire un’indicazione più precisa sul fenomeno dell’immigrazione.
Fig. 5. Immigrati reali e immigrati percepiti in Italia per livello di istruzione (valore medio, %)
Fonte: Elaborazione Istituto Cattaneo su dati Eurobarometro.
Questa ipotesi trova conferma nei dati presentati nella figura 5, che riporta il valore medio della stima di immigrati presenti in Italia in base al titolo di studio degli intervistati. Come si può vedere, per chi non è andato oltre la scuola dell’obbligo nel suo percorso di istruzione, l’immigrazione percepita in Italia supera il 28%, mentre tra i laureati la stima si riduce di oltre 10 punti percentuali, attestandosi al 17,9%. L’istruzione e, tramite essa, la predisposizione a una maggiore informazione politica sembrano dunque in grado di limitare l’errore percettivo dei cittadini italiani sulla questione dell’immigrazione.
Un altro fattore in grado di spiegare i diversi livelli nella percezione del fenomeno migratorio in Italia riguarda la sfera professionale dei cittadini. In particolare, sono i lavoratori manuali o a bassa
qualifica quelli che considerano maggiormente a rischio la loro occupazione e che, quindi, possono avvertire come una minaccia la presenza o l’arrivo di persone straniere. Al contrario, i lavoratori che svolgono mansioni altamente qualificate non vedono necessariamente messo in pericolo il proprio posto di lavoro dagli immigrati. Pertanto l’occupazione professionale degli intervistati potrebbe avere un effetto sui loro orientamenti nei confronti dell’immigrazione. Dai dati riportati nella figura 6, sembra effettivamente essere questo il caso: i lavoratori appartenenti alle classi medio-alte tendono a sottostimare di circa 5 punti percentuali – rispetto al valore medio nel campione italiano (25%) – la presenza di immigrati in Italia. Invece, tra chi ha una professione riconducibile alla classe operaia (specializzata e non-specializzata) la percentuale di immigrati tende ad essere ulteriormente sovrastimata, superando il 28%.
Fig. 6. Immigrati reali e immigrati percepiti in Italia per tipo di occupazione professionale (valore medio, %)
Fonte: Elaborazione Istituto Cattaneo su dati Eurobarometro. Nota: non sono considerati gli studenti, i pensionati e chi si dichiara in cerca di occupazione.
Se passiamo a osservare la stima sulla presenza di immigrati in Italia in base alle zone geografiche di appartenenza degli intervistati, si può notare nella figura 7 una differenza piuttosto netta tra i residenti al nord e quelli al centro-sud. Sia a est che a ovest, gli intervistati del nord Italia stimano un livello di immigrazione di circa il 20%, mentre nelle altre zone la percentuale di immigrati è indicata, in media, attorno al 26%, con uno scarto di 6 punti percentuali tra nord e sud.
Fig. 7. Immigrati reali e immigrati percepiti in Italia per zona geo-politica di residenza (valore medio, %)
Fonte: Elaborazione Istituto Cattaneo su dati Eurobarometro. Nota: Nord-ovest: Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia; Nord-est: Veneto, Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia-Giulia; Regioni ex-rosse: Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria; Centro: Lazio, Abruzzo, Sardegna; Sud: Molise, Campania, Basilicata, Puglie, Calabria, Sicilia.
Questo dato è particolarmente significativo perché contrasta completamente con la realtà della diffusione degli immigrati nelle regioni/zone italiane. La tabella 1 metta a confronto la stima sulla presenza degli immigrati secondo gli intervistati dall’Eurobarometro con i dati forniti dall’Istat sulla presenza di immigrati in Italia nel 2017. Come si può notare, la distanza tra il dato reale e quello stimato è maggiore dove la presenza di immigrati è minore (al sud, inferiore al 5% della popolazione). Al contrario, lo scarto tra realtà e percezione è più contenuto nelle regioni del nord, dove la percentuale di immigrati – corrispondente a circa il 10% della popolazione – è tendenzialmente più elevata.
Tab. 1. Percentuale di immigrati reali (Istat) e percepiti (sondaggio Eurobarometro) in Italia nel 2017, per zone geo-politiche (valori medi)
Zona
Presenza percepita di immigrati (%)
% immigrati nel 2017
Differenza (in p.p.) tra percezione e realtà
Nord-ovest
21,2
10,7
+10,5
Nord-est
20,1
9,0
+11,1
Regioni rosse
27,9
11,1
+16,8
Centro
25,9
9,4
+16,5
Sud
27,5
4,3
+23,2
Fonte: Elaborazione Istituto Cattaneo su dati Istat e Eurobarometro.
Sempre per quanto riguarda la geografia della percezione dell’immigrazione in Italia, la figura 8 mostra il valore medio percepito della percentuale di immigrati in riferimento al tipo di comune di residenza degli intervistati. Come emerge chiaramente, la percezione sulla diffusione dell’immigrazione è maggiore nelle grandi città rispetto ai piccoli comuni o alle aree rurali: nelle prima la stima raggiunge quasi il 31%, mentre nei secondi si ferma al 21,9%. Questo dato, tra l’altro, sembra essere in linea con la realtà dell’immigrazione italiana, maggiormente concentrata nelle grandi metropoli e tendenzialmente più diluita nei piccoli paesi lontani dai centri urbani.
Fig. 8. Immigrati reali e immigrati stimati in Italia per dimensione del comune di residenza (valore medio, %)
Fonte: Elaborazione Istituto Cattaneo su dati Eurobarometro.
-
Le conseguenze della percezione sugli atteggiamenti reali dei cittadini
Alla luce di quanto abbiamo osservato fin qui, è possibile domandarsi se gli errori nella percezione del fenomeno migratorio in Italia abbiano delle conseguenze rilevanti sugli atteggiamenti degli italiani nei confronti degli immigrati e del loro impatto sulla società. Per analizzare nel dettaglio questo aspetto, nella figura 9 abbiamo messo a confronto il parere degli intervistati italiani con quello degli altri intervistati europei su tre specifiche questioni: 1) il rapporto tra immigrati e criminalità; 2) l’ipotesi che gli immigrati riducano le possibilità occupazionali degli italiani; 3) il peso o il contributo degli immigrati sulla sostenibilità del welfare nazionale.
Su tutte le tre questioni, l’opinione degli italiani è decisamente più negativa nei confronti dell’immigrazione e dei loro eventuali benefici per l’economia o la società. Rispetto a una media europea del 57%, gli intervistati italiani che ritengono che gli immigrati peggiorino la situazione della criminalità rappresentano il 74% dell’intero campione, con una differenza di 17 punti percentuali. Allo stesso modo, gli italiani che pensano che una maggiore immigrazione comporti una riduzione dell’occupazione per i residenti in Italia corrispondo al 58% sul totale, mentre la media europea si ferma al di sotto del 41% (con uno scarto sempre di 17 punti percentuali).
Fig. 9. Atteggiamento degli italiani verso l’immigrazione e le sue conseguenze socio-economiche in confronto con gli altri cittadini dell’UE nel 2017 (valori percentuali)
Fonte: Elaborazione Istituto Cattaneo su dati Eurobarometro. N = 28080 (EU); N Italia = 1025.
Infine, le differenze tra gli atteggiamenti degli italiani e quelli europei sono più sfumate quando si tratta di valutare il contributo – positivo o negativo – dell’immigrazione per il welfare state. In Italia, la percentuale di chi pensa che gli immigrati siano un peso per lo stato sociale è pari al 62%, mentre tra i cittadini europei questa percentuale è inferiore solo di 3 punti percentuali (59%).
Nell’insieme, emergono dunque differenze sostanziali tra gli atteggiamenti degli italiani e quelli degli europei sulla questione dell’immigrazione e delle loro conseguenze socio- economiche. Almeno in parte, queste differenze sembrano essere anche il prodotto di una errata percezione del fenomeno migratorio: chi ne ingigantisce la portata, è indotto anche a ingigantirne le conseguenze. Però, sarebbe sbagliato pensare che il tema dell’immigrazione sia soltanto una questione di mal-percezione: perché i suoi effetti sugli atteggiamenti dei cittadini sono concreti e reali. Ed è soprattutto con quelli che la politica e i partiti devono fare i conti.
Analisi a cura di Marco Valbruzzi Fondazione di ricerca Istituto Carlo Cattaneo Tel. 051235599 / 051239766
Appendice
Distribuzione di frequenza per le variabili considerate nell’analisi del caso italiano
Auto-collocazione politica |
||
N. |
% |
|
Sinistra |
77 |
7,5 |
Centrosinistra |
171 |
16,7 |
Centro |
211 |
20,6 |
Centrodestra |
129 |
12,6 |
Destra |
88 |
8,6 |
Non sa/non risponde |
349 |
34,0 |
Totale |
1025 |
100,0 |
Livello di istruzione |
||
Nessun titolo |
4 |
0,4 |
Obbligo |
295 |
28,8 |
Diploma |
450 |
43,9 |
Laurea (o superiore) |
165 |
16,1 |
Ancora studente |
68 |
6,6 |
Non sa/non risponde |
43 |
3,2 |
Totale |
1025 |
100,0 |
Occupazione professionale |
||
Classe agiata |
102 |
15,2 |
Classe media |
89 |
13,3 |
Piccoli imprenditori |
92 |
13,7 |
Classe operaia specializzata |
336 |
50,2 |
Classe operaia non |
51 |
7,6 |
specializzata |
||
Totale |
670 |
100,0 |
Zone geo-politiche |
||
Nord-ovest |
274 |
26,8 |
Nord-est |
84 |
8,2 |
Regioni rosse |
187 |
18,2 |
Centro |
162 |
15,8 |
Sud |
318 |
31,0 |
Totale |
1025 |
100,0 |
Dimensione del comune di residenza |
||
Area rurale |
168 |
16,4 |
Medio-piccolo comune |
599 |
58,4 |
Grande città |
255 |
25,0 |
Non sa/non risponde |
3 |
0,3 |
Totale |
1025 |
100,0 |
Il Segretario di MO Unione Mediterranea Vittorio Terracciano a “Rinascita in festa”, organizzata lo scorso 19 agosto a Cinquefrondi dall’Associazione Rinascita Per
L’intervento del Segretario di MO Unione Mediterranea, Vittorio Terracciano, nella giornata conclusiva di “Rinascita in festa”, organizzata lo scorso 19 agosto a Cinquefrondi dall’Associazione Rinascita Per.
All’evento, di portata nazionale, hanno preso parte diverse realtà del Sud, e non solo, come Il Sud che Sogna con il sindaco di Cinquefrondi Michele Conia, Dema con il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, Rinascita per Cinquefrondi, Potere al Popolo, Cambiamenti, il sindaco uscente di Messina Renato Accorinti e tante Associazioni che operano sul territorio per parlare di autodeterminazione del Sud e degli strumenti per uscire da una logica di tipo coloniale che toglie ogni speranza di rinascita.
AL SENATO : GLI ” SBAGLI” DELLA SPERANZA !
Venerdì 3 agosto al Senato con 148 Sì, 110 No e 3 astenuti passa un emendamento che in pochi minuti scatena il web e non solo.
Nell’ambito della discussione sul decreto dignità e milleproroghe in discussione alla Camera il 6 agosto ma al voto in Senato il 3, viene approvato anche il famoso colpo di coda che migliaia di precari della scuola speravano da tempo: l’apertura delle gae( graduatorie ad esaurimento) dalle quali si accede al ruolo.
Dal 20 dicembre 2017,giorno in cui il Consiglio di Stato aveva formalmente espresso parere negativo all’inserimento in queste graduatorie dei diplomati magistrale ante 2002, degli abilitati TFA e del laureati in Sfp, ad oggi non c’era mai stata intenzione da parte del governo a smentire o andare contro il parere della magistratura anzi ci si preparava alla stesura di un decreto per un imminente concorso straordinario a cui accedere con almeno 24 mesi di servizio ed avere dunque possibilità di ruolo.
Un concorso però studiato solo per le regioni in cui le gm( graduatorie di merito) siano esaurite , ovvero solo al Nord.
Con tutto il malessere che ne deriva al Sud, per il quale non esiste ancora una proposta capace di ammortizzare la situazione delle graduatorie strapiene e che non scorrono mai( causa della desertificazione umana, della mobilita, della contrazione delle scuole e delle classi pollaio)i docenti meridionali fortemente preoccupati e ormai poco speranzosi di poter stabilizzare la propria precarietà nelle loro terre, erano comunque pronti ad una nuova ondata di migrazione verso il Nord proprio per questo concorso straordinario.
Se non fosse che il relatore di maggioranza, senatore della Lega, per una ” erronea” interpretazione del testo dell’emendamento presentato da Leu( liberi e uguali)consente al Senato l’approvazione della riapertura delle gae con sommo gaudio di chi aspettava un miracolo .
Ma il tempo che il web si riempisse di sentimenti altalenanti per questa notizia, il senatore Pittoni , presidente della Commissione Cultura , scrive sulla propria pagina Facebook che si è trattato di un errore del Senato e che non é il caso di farsi illusioni.
Ora, che un senatore sbagli forse ci può stare ma che si affermi che c’è stato un fraintendimento del testo dell’emendamento presentato non credo che sia ” onorevole” a dirsi.
È prerogativa di chi vota per il futuro del popolo sincerarsi di aver compreso ciò che legge e/o che ascolta, perché in gioco c’è la vita e la speranza di molti uomini e donne e delle loro famiglie.
Il silenzio tombale che ne è derivato ha invece riecheggiato prepotentemente sui social dove per la prima volta si scorge una unione tra le diverse categorie di docenti che sperano che questo errore come lo ha definito il signor Pittoni( e solo lui perché non c’è stata dichiarazione di nessun esponente politico o sindacale o di altri senatori)possa invece dare una speranza più certa a chi ha appeso la propria vita lavorativa al filo delle manovre e delle intenzioni politiche.
Intanto dopo le discussioni sul decreto dignità del 6 agosto si rimanda il voto finale all’11 settembre prossimo alla Camera in occasione degli emendamenti “milleproroghe” nel quale fortuitamente o intenzionalmente ( credo che il dubbio sia lecito)è passato questo emendamento per l’apertura ed inserimento nelle gae per tutti gli abilitati.
Se da uno sbaglio come è stato definito ne deriverà invece finalmente una soluzione politica capace di salvare il lavoro e di dare dignità ai precari della scuola allora ben venga se sbagliare è umano poiché l’errore potrebbe decretare la fine di speranze che poi venivano disattese per anni .
Luigina Favale
Coordinatrice Nazionale MO Unione Mediterranea
Vittorio Feltri: quando il potere della parola diventa offes
Terroni o coglioni.
Meridionalismo, un concetto ancora in cerca di risposte .
ll Meridionalismo è il complesso degli studi, sviluppatisi nel corso del XX secolo, riguardanti le problematiche del periodo postunitario connesse all’integrazione del Mezzogiorno d’Italia nel contesto politico, economico e culturale, originatosi nel nuovo Stato unitario.
I meridionalisti da Giustino Fortunato deputato, poi senatore del Regno d’Italia che, con Pasquale Villari, fu il primo fra i grandi meridionalisti propriamente detti che evidenziò come l’Unità d’Italia fosse stata la rovina economica del Mezzogiorno: «…L’unità d’Italia è stata e sarà – ne ho fede invitta – la nostra redenzione morale. Ma è stata, purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, il 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L’unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all’opinione di tutti, che lo Stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali, ai recenti Nicola Zitara (1927 – 2010) che ha descritto l’Unità d’Italia come un’operazione di colonialismo, prima militare (la legge Pica e la campagna militare contro il brigantaggio) e, successivamente, economico e commerciale, passando da, Nitti, Salvemini e Gramsci solo per citarne alcuni tra i più noti denunciatori della Questione Meridionale, fino agli attuali Marco Esposito e Pino Aprile, che hanno rivitalizzato dalle nuove finestre informative offerte dal web e dai testi di libri tematici come Terroni (Pino Aprile) e Separiamoci (Marco Esposito), attualizzando l’annosa Questione con un linguaggio più comprensibile per il lettore, ricco di esempi concreti, misurabili e per questo non opinabili soprattutto per chi vive al nord, hanno descritto il fenomeno cercando soluzioni per porvi rimedio.
Diverse sono le realtà politiche meridionaliste che ispirate dalle azioni di queste personalità si sono impegnate nell’affrontare la Questione, ma come intendono le odierne realtà meridionaliste il meridionalismo ?
Quante di queste condividono il concetto che meridionalismo, per potersi definire tale, deve essere dichiaratamente alternativo ai partiti nazionali ?
Alcune sono nate come costola di partiti nazionali che nelle intenzioni dovrebbero, grazie al supporto di questi, dare maggior voce alle esigenze delle agonizzanti Regioni del sud Italia, ultime tra le 270 della UE.
L’esperienza però di come i partiti nazionali antepongano sempre gli interessi di carattere nazionale alle esigenze delle Regioni meridionali, con buona pace dei parameridionalisti, dovrebbe aver prodotto i naturali anticorpi al perenne sopraggiungere (siamo oramai ben oltre il secolo e mezzo) degli interessi nazionali che imbrigliano anche le migliori intenzioni delle frange meridionaliste interne dei partiti nazionali.
Si potrebbe giustamente affermare che sia normale far prevalere gli interessi di carattere nazionale rispetto a quelli locali, ma è facilmente intuibile dal mancato rispetto dell’articolo 3 della Costituzione, specie nel secondo comma, che per il Mezzogiorno d’Italia si tratta in realtà di mascherare il colonialismo come azione di interesse nazionale: un camuffamento ad arte, un inganno. Comprendere questo equivoco corrisponde a trovare la chiave del concetto di meridionalismo
Oggi partiti/movimenti meridionalisti come MO Unione Mediterranea, Meridem , Insorgenza o Sud che Sogna, solo per citarne alcuni, sono la dimostrazione che la frammentazione è purtroppo uno degli elementi caratteristici del mondo meridionalista ed è vista come uno dei suoi maggiori limiti se non, addirittura, l’ostacolo maggiore ad un successo più consistente della causa.
Chi vuole o spinge per questa frammentazione offre, per alimentarla, spazio all’interno di partiti nazionali alle istanze meridionaliste di fatto fagocitandole e diluendole in tematiche di carattere nazionale che, allo stato attuale, nulla hanno portano alla risoluzione della nostra Questione Meridionale.
A fronte, mediamente, di una sopraggiunta pari condizione sociale tra le classi medie della UE, e dalle già smentite teorie Lombrosiane sulla “diversità” del Meridione frutto dell’inferiorità antropologica, la condizione attuale del Mezzogiorno d’Italia dimostra che il vero ostacolo alla risoluzione della Questione Meridionale sta nella politica nazionale che ripete a loop il concetto di colonialismo (oggi esigenze nazionali) del nord verso sud del paese così come pensato fin dalla prima fregatura che presero i liberali, anch’essi come Giustino Fortunato in buona fede 157 anni fa e poi diventati semplici Terroni.
Ripetere oggi gli stessi errori ci farà fare il passo a livello superiore:
da Terroni a coglioni.
Massimo Mastruzzo
Portavoce Nazionale MO Unione Mediterranea
TAP: resoconti e contestazioni
Il Trans Adriatic Pipeline o più volgarmente detto Tap è il gasdotto che con un lungo corridoio porterebbe le riserve di gas dal Mar Caspio all’ Europa sdoganando di fatto la stessa dalla dipendenza russa.
Da tempo, la questione è diventata particolarmente delicata, fino alla visita di Mattarella in questi giorni nelle terre d’Oriente che fa presagire una fine sugli accordi e sulle proteste.
Una fine probabilmente non gradita al popolo pugliese e soprattutto salentino che dagli inizi del progetto si é ribellato alla realizzazione dell’opera.
Di fatto il lungo ” corridoio “dovrebbe avere il suo ultimo sbocco proprio nelle terre del Salento passando sotto la superficie delle acque del bellissimo mare di San Foca e poi procedendo negli uliveti di Melendugno.
” Il popolo degli ulivi” unito ai “NO tap” si oppone a questa opera perché comporterebbe una forte compromissione della bellezza del territorio e l’impatto ambientale che ne deriverebbe dal riscaldamento delle acque sarebbe devastante per un territorio che vive del turismo estivo e dell’olio prodotto proprio da quegli ulivi che già in parte sono stati espiantati proprio per favorire il passaggio dei tubi del gasdotto.
Ad oggi il governatore della Regione Puglia, Emiliano non ha mai posto la propria negazione alla realizzazione dell’opera per questo più volte contestato è diventato simbolo della mancanza di volontà ad ascoltare il popolo.
Infatti nelle procedure preliminari rispetto all’opera, mai la Puglia è stata messa nella condizione di poter esprimere la propria volontà indicando dove voleva l’approdo.
Durissime sono state nei mesi le contestazioni e molti attivisti si sono spesi per difendere la propria terra accompagnati da esponenti politici e dalle istituzioni locali. Non molti mesi fa infatti ben 30 sindaci dei paesi limitrofi alla zona rossa, erano con le loro fasce tricolore davanti ai cancelli Tap insieme a circa 300 manifestanti per gridare il proprio no all’opera.
In quella occasione erano presenti circa 350 uomini tra carabinieri e polizia antisommossa, navi della Marina militare ed elicotteri dell’esercito: un vero e proprio dispiegamento di forze dell’ordine!
Tutto questo con la conclusione di momenti forti, di sindaci caricati dalla polizia, di esponenti politici feriti , di cittadini quindi che per ordine del capo di una società privata venivano umiliati dallo Stato italiano che interveniva per garantire interessi di una società privata.
Al loro fianco anche l’attuale ministro per il Sud , Barbara Lezzi , contestata proprio in questi giorni all’università del Salento a Lecce per aver abbandonato il popolo dei ” NO tap ” dopo che di questa causa ne aveva fatto un vessillo durante la campagna elettorale.
La contestazione si é poi trasformata in un rimbalzo di accuse durante un altro incontro invece tenutosi a Bari lunedì 23 luglio tra il ministro Barbara Lezzi ed il governatore Emiliano .
Alla presenza dei giornalisti i due si sono lanciate addirittura offese: casus belli argomento Tap che non era in realta neanche all’ordine del giorno.
La Lezzi accusa Emiliano di non essersi mai opposto alla realizzazione del gasdotto, da parte sua il governatore accusa il ministro di essere maleducata e lancia la palla a Di Battista il quale dall’ America rilancia la fiducia nei ministri ed afferma che null’altro ha da aggiungere così come nei giorni precedenti aveva risposto Lezzi ai manifestanti in ateneo a Lecce.
Un gioco a ping pong dove la fiducia degli elettori viene ancora una volta tradita, dove la pallina rimbalza sempre sulle teste di chi crede che qualcosa possa cambiare ed infine cade su campi malati che odorano non di terra ma di soldi.
Perché dove ci sono gli interessi economici non c’è bandiera politica che tenga e dove viene eclissata la parola del popolo.
di Luigina Favale
Coordinatrice Nazione di MO – Unione Mediterranea
Meridionalismo, strategia o nuova genuflessione?
Dopo 157 anni e tanti governi nazionali il sud sta costruendo una certa forma di reazione, strutturata anche politicamente seppur ancora in modo poco organizzato, per quanto si sta subendo. Un importante passo avanti rispetto alla sola inconcludente lamentela.
La reazione arrivata con l’ultimo governo Pd dà tanta speranza. Non perché fosse contro il Pd ma perché finalmente si reagisce politicamente contro provvedimenti ritenuti ingiusti. La risposta politica arrivata con il referendum è stata una importante presa di coscienza delle proprie forze.
Questa voglia di ribellione la stanno però già indirizzando con mirate azioni comunicative tese a “deviare” il popolo meridionale rispetto alle lotte necessarie alle loro reali esigenze.
Oggi al sud si gioisce per il respingimento degli immigrati e per il taglio dei vitalizi, provvedimenti che nulla portano alla Questione Meridionale. Il Meridionalismo nasce dall’esigenza di trovare una soluzione alla Questione Meridionale, per tutto il resto ci sono già i partiti nazionali di ogni schieramento ad occuparsene.
Ho scritto due articoli in merito:
https://www.unionemediterranea.info/notizie/induzione-alla-percezione-condizionata/
https://www.unionemediterranea.info/notizie/come-ti-frego-lelettore/
Il Sud, all’interno del condominio Italia, fa acqua nella stanza delle infrastrutture, la camera dei servizi si è allagata, la sala della disoccupazione è ormai invasa dall’acqua. Il Meridionalismo dovrebbe essere l’idraulico necessario per intervenire ed invece l’amministratore del condominio Italia sta convincendo gli inquilini del sud che il loro problemi sono le inferriate del quarto piano e questi invece di preoccuparsi dell’idraulico che non può nemmeno arrivare per la mancanza di strade e ferrovie, gioiscono per il fabbro che grazie all’alta velocità è rapidamente arrivato a mettere le grate alle finestre del quarto piano. L’amministratore per offrire ancora qualche soddisfazione agli inquilini del sud, che ormai camminano in una casa completamente allagata, comunica che ha tagliato le spese per l’antennista.
Il popolo meridionale esulta incurante di non avere nemmeno la televisione.
di Massimo Mastruzzo
Portavoce di Unione Mediterranea
CETA vs JEFTA. Perde sempre il Sud.
Dopo la netta presa di posizione del nuovo governo contro la ratifica del Ceta (trattato di libero scambio Ue-Canada) arriva il contemporaneo via libera alla firma del Jefta (accordo di libero scambio Ue-Giappone), il cui negoziato è stato chiuso con una grande cerimonia a Tokyo il 17 luglio.
Per il sud e le sue eccellenze enogastronomiche cambierà qualcosa?
Facciamo un passo indietro, vediamo cosa prevedeva il Ceta.
Ecco lo scempio che la follia razzista della Lega, erano ministri Zaia e poi Galan quando questa porcheria fu impostata, aveva partorito:
I vini tutelati?
Quattordici e tutti del Centro e del Nord Italia. Nell’elenco spiccano le cinque etichette del Piemonte, seguite da quattro della Toscana e tre del Veneto. Presenti anche Lombardia e Abruzzo. Nulla per Sicilia, Puglia, Campania. Addirittura tra i marchi tutelati c’è il generico Igt «vino di Toscana».
Gli oli d’oliva a marchio protetto?
Nonostante dopo gli iberici l’Italia sia il secondo produttore del pianeta, e in Italia il Veneto la quindicesima regione italiana per produzione (un ventottesimo rispetto alla Campania, un 143° della Puglia), sono veneti tutti i quattro marchi dop per l’olio d’oliva inseriti dall’Italia nel Ceta. Tre indicati direttamente da Zaia e il quarto (il dop Garda) aggiunto successivamente.
Questa impostazione iniziale di Zaia rimase immutata nonostante dopo di lui si siano succeduti in quel dicastero ben cinque ministri, anche del Sud.
Il pomodoro San Marzano, i limoni di Sorrento, la pasta di Gragnano? Non pervenuti.
L’intero Sud deve accontentarsi della mozzarella di bufala campana e di tre prodotti siciliani: il pomodoro di Pachino, l’arancia rossa e i capperi di Pantelleria. Nei due elenchi non c’è un solo prodotto meritevole di tutela della Puglia, della Calabria, della Basilicata, del Molise.
Una partita senza storia a cui sembrava che l’intervento del nuovo governo (nuovo? Con Zaia e Salvini ancora presenti in questi trattati) potesse porvi rimedio.
Fin da subito si nota che non c’è bisogno di analisi approfondite per capire chi ha vinto sul campo.
Vediamo di cosa si tratta?
l’accordo di partenariato economico tra l’UE e il Giappone: il J.E.F.T.A.(Japan-EU Free Trade Agreement) nuovo di zecca. Dovrebbe servire ad aumentare le esportazioni dell’UE fino ad una stima di 20 miliardi di Euro.
Bene, è finita 17 a 1: lo Stato italiano ha indicato 18 prodotti da tutelare. 17 del Centro-Nord e 1 del Sud (la mozzarella di bufala campana).
Le altre specialità agroalimentari del sud ?
Non pervenute.
Com’era quel famoso slogan? Prima il Nord!
Ah dimenticavo: per quanto riguarda i vini e le bevande alcoliche è finita 22 a 4.
Viva il governo del cambiamento.
Massimo Mastruzzo
Portavoce Nazionale MO Unione Mediterranea
UNIONE MEDITERRANEA PER IL GRÈKO
Tra le persone che hanno deciso di sposare la causa del grèko di Calabria c’è anche Massimo Mastruzzo. Leggendo la breve intervista che gli abbiamo fatto avrete modo di conoscerlo e di capire le motivazioni che lo hanno spinto a fare una raccolta fondi per la nostra causa. Noi lo ringraziamo e ci auguriamo di avere lui e voi lettori ai nostri corsi di grèko, buona lettura!
Chi sei?
Mi chiamo Massimo Mastruzzo e sono il Portavoce Nazionale di MO Unione Mediterranea. Sono originario di un paesino in provincia di Vibo Valentia che si chiama Calimera. Come altri milioni di calabresi sono stato costretto ad emigrare da uno Stato incapace di dare le stesse opportunità a tutti i cittadini del suo territorio, basti pensare all’art. 3 della Costituzione. Lasciamo per un attimo da parte il primo comma (egualmente importante), dove si enuncia un principio generale di parità sociale di tutti i cittadini, senza alcuna distinzione, e proviamo invece, per un attimo, a soffermarci sul secondo comma che recita: “[..] è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza tra i cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e Sociale del Paese”. Il risultato è che oggi la popolazione della Calabria è di circa 1.950.000 abitanti, mentre, nel corso di 157 anni, dall’Unità d’Italia ai giorni nostri, è probabile che siano emigrati dalla Calabria circa 3.000.000 di persone. Dati Svimez parlano addirittura di un concreto rischio di desertificazione umana .
Cos’è Unione Mediterranea?
MO Unione Mediterranea è un movimento politico meridionalista, fondato a Napoli il 24 novembre 2012, con un obiettivo chiaro: il riscatto del Mezzogiorno.
Perché hai sposato la campagna “Se mi parli vivo”?
Come calabrese e come portavoce di MO Unione Mediterranea, non posso che apprezzare un progetto come Se mi parli vivo che rientra in pieno nella Carta dei Principi di MO Unione Mediterranea come anche la promozione dei prodotti del Mezzogiorno e di tutte le attività che favoriscano e valorizzino le economie locali. La valorizzazione di una lingua millenaria, ancora esistente e resistente, come il grèko o greco di Calabria, restituisce dignità alla storia di un territorio dalle falsità, le offese e le diffamazioni perpetuati nei suoi confronti, frutto di pregiudizi, ignoranza e atteggiamenti razzistici, nati dopo il 1860 e resi tali dalla mancata verità storica sul Regno delle Due Sicilie.
Quale futuro vuoi per la tua terra?
Per la mia terra, la Calabria, come per tutte le Regioni del sud Italia, attualmente ultime tra le 270 Regioni della UE (dati Eurostat) voglio le stesse opportunità che hanno i cittadini del resto d’Italia e dell’UE. Gli stessi diritti e le stesse infrastrutture che permettano a questa terra di sentirsi parte attiva, e non povera periferia, del continente Europeo. Un futuro dove ci sia la libertà di mobilità (virtù sociale espressione di libertà e apertura) e non la costrizione dell’emigrazione (piaga sociale espressione di schiavitù e sottomissione).
Freedom Pentimalli
ADOTTA IL GREKO!