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La partita elettorale è ancora aperta ma già sappiamo chi, in ogni caso, perderà

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Il voto della massa, soprattutto meridionale, verso la novità rappresentata dal M5S era scontato; questa massa ( non i pochi che si studiano i programmi elettorali e hanno le capacità di valutarne la fattibilità) non si sarebbe mai rivolta a chi riteneva che in questi anni l’avesse tradita, dal Pd (compreso il surrogato LeU) a Berlusconi (cacchio ancora Berlusconi) che probabilmente ha favorito proprio per la sua eterna presenza che i moderati del centrodestra cedessero il passo ad un Salvini rinvigorito dall’emergenza migranti.
Questa congiuntura negativa dei moderati del centrodestra e del centrosinistra sommata alla novità del M5S ( sempre in crescita dalle precedenti tornate elettorali) e alla politica della paura della Lega non poteva che portare a questo risultato.
Che questo diventi spendibile anche per la nostra Questione Meridionale non può essere che una scommessa, una partita a poker con tanto di jolly e bluff e i pochi che si studiano i programmi elettorali e hanno le capacità di valutarne la fattibilità suppongo ne siano consci rispetto alla massa che non poteva che usare la pancia in questa scelta senza badare troppo a chi in questa mano di poker elettorale era seduto al tavolo verde, tanto i perdenti nelle partite (elettorali) precedenti erano stati comunque e sempre gli stessi: i meridionali.
MO Unione Mediterranea non vuole partecipare a questa partita dove il sud rischia di perdere per l’ennesima volta.

COSA MANCA AL SUD

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di Massimo Mastruzzo
Portavoce Nazionale MO Unione Mediterranea

Cosa manca al Sud? una vera coscienza meridionalista. E non perché non amiamo la nostra terra, ma perché anni di colonizzazione ci hanno convinti che da soli non saremmo capaci di salvarci e perché nessuno si metterebbe a fare il ragionamento perverso del “Prima il Nord” dell’Homo padanus. Non tanto per educazione, quanto per la convinzione che nulla possa cambiare, che non valga la pena lottare.

Tanto per cominciare, il Sud non si è mai reso conto che sono i suoi voti a decidere le elezioni in Italia, né che con i suoi voti abbia sempre mantenuto in piedi un sistema che lo danneggiava incrementando il divario col Nord. Forse che ai meridionali vada bene così: assistenzialismo e qualche condono in cambio di voti ?

Quando la Lega Nord era ancora brutta e cattiva e con il coso duro urlava “separiamoci”, non solo nessuno gli ha risposto che stava usando un tono fortemente anticostituzionale, ma con il suo “coso” duro è arrivata a governare l’Italia al motto di Prima il Nord.

Mentre il Sud, che sul suo “coso” duro ha sempre mantenuto una certa privacy, se prova ad alzare il ditino per prendere la parola viene additato di revanscismo.

Anche questa volta il Sud va al voto elemosinando attenzione dagli stessi distratti partiti nazionali, speranzoso che prima o poi qualcuno gli porga la mano per tirarlo fuori dalla palude degli ultimi posti dell’intera Comunità Europea, e magari, nella migliore tradizione del cornuto e mazziato,  la mano spera che gliela porga l’ex partito secessionista fautore della Padania libera, oggi però pentito e convertito sulla via della Salerno/Reggio Calabria a nuovo Salvatore del povero popolo meridionale.
Avendo il Sud un problema comune: il dramma del lavoro che non c’è, servizi , infrastrutture, ferrovie, strade, ospedali, inefficienti ( ignorati da sempre da tutte le forze in campo, e per questo presenti da decenni ) non vedo come la soluzione possa arrivare dalla possibilità di poter acquistare un’arma per la difesa personale o dalla lotta, giusta o sbagliata non è argomento di quest’articolo, degli immigrati arrivati quando oramai Garibaldi &co. avevano già obbedito. I problemi del meridione c’erano prima degli immigrati e ci sono anche adesso. I nostri nonni furono costretti a emigrare per gli stessi motivi per cui oggi lo fanno i loro nipoti. Questo non vuol dire che non esiste il problema della regolamentazione dell’immigrazione, ma dubito che sia il primo problema del Mezzogiorno.

I meridionali che osannano Salvini (alleato con Berlusconi e Meloni) dovrebbero ricordare che pizzo e mazzette le pretende la mafia locale, con la collusione della stessa politica, non certo lo straniero che raccoglie pomodori e arance nei campi.

La Questione Meridionale, rimane uno storico problema nazionale, vecchio almeno quanto gli stessi soliti partiti che oggi ci offrono con l’ennesima legislatura la stessa soluzione riscaldata.

 

“Macroregione? Si, ma non credo ai progetti dei partiti nazionali”

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Intervista a Massimo Mastruzzo, Portavoce Nazionale di MO Unione Mediterranea

1) Politica meridionalista mediterranea? Cos’è?

Il termine “Mediterranea” aggiunto al più classico “Meridionalista”, a parte il meraviglioso richiamo alla nostra Mediterraneità piuttosto che al meridionale inteso come chi vive al sud dell’Italia, è semplicemente il tentativo di espandere a tutti i paesi del Mediterraneo, intesi in questo caso come chi vive a sud dell’Europa, il concetto che sta alla base del meridionalismo politico: liberarsi dalla colonizzazione, dello Stato italiano per il il meridione; dall’Europa per il Mediterraneo.
Ma più semplicemente e meno ambiziosamente posso dire che siamo ad un Meridionalismo oramai adolescente che inizia ad uscire da casa grazie al web per cercare nuovi amici. Io stesso l’ho incontrato perchè ero in cerca di risposte che, dopo una vicenda lavorativa legata ad una mia attività commerciale, non riuscivo a darmi e non mi capacitavo fino a quando non ho incontrato il meridionalismo che dovrebbe essere la casa politica di ogni meridionale, ovunque questi si trovi. Io vivo a Brescia.

2) Una risposta ai tanti meridionalisti che videro in U.M. l’espressione politica di Aprile, Pino Aprile farà secondo lei politica?

Dopo il risveglio emozionale dato da Pino Aprile con i suoi libri e il successivo consolidamento razionale emerso dai dati divulgati da Marco Esposito, la miscela esplosiva emozione+ragione non dovrebbe essere dispersa. È indubbio che Pino Aprile leader andrebbe bene a tutti e la sensazione che anche a livello di preferenze elettorali potrebbe ripetere il successo avuto con il risveglio delle coscenze non sarebbe da sottovalutare. Ma se Pino Aprile deciderà di fare o meno questo tentativo è una risposta che non so darle.

3) I vostri rapporti con DeMa dopo il suo avvicinamento al PD?

Suppongo, e ribadisco suppongo visto che non conosco quale sia il progetto futuro di Dema, che il distacco politico dai partiti nazionali non possa, o non voglia, permetterselo, preferendo rimanere, al momento, in quella “terra di mezzo” . A parer mio ritengo che meridionalista significa affrancarsi dai partiti nazionali, non farlo non significa non essere un buon politico nazionale, “semplicemente” non corrisponde alla definizione meridionalista.

4) Secondo un progetto che sta preparando il Senatore Quagliariello con movimenti meridionalisti si vuole consultare la popolazione con un referendum per istituire la macroregione? Che ne pensa?

Quagliariello ha sostenuto che l’obiettivo della neonata formazione parlamentare IDeA (Identità e Azione) consiste in una proficua collaborazione parlamentare (assieme a Lega Nord, Forza Italia ed altre forze minori di centro-destra) nell’opposizione al governo Gentiloni e nella composizione di un’ampia e coesa coalizione di centro-destra in vista delle elezioni politiche del 2018. Adesso a parte la mia completa chiusura con tutto ciò che implichi contatti con la Lega nord, ripeto vivo a Brescia e li conosco meglio di chi oggi nel sud ne vede una possibile alternativa.
Il mio giudizio sui partiti nazionali non è una chiusura cieca e irrazionale ma l’oggettiva constatazione che la forbice economica nazionale, quando non giustifica, non permette ad un partito nazionale di agire diversamente dal mantenere lo status quo, e questo prevarica le buone intenzioni di singoli individui presenti in ogni realtà politica nazionale. Siamo noi meridionalisti che notiamo l’ingiustizia nel mantenere questo status quo, per il “bene nazionale” una autostrada nelle regioni economicamente più avanzate risulta più vantaggiosa che sulla costa ionica calabrese.

Il 6 agosto 2015 è stato inaugurato il nuovo canale di Suez: il canale che collega il Mar Rosso e il Mediterraneo è stato “raddoppiato”, nel senso che è stato ampliato e approfondito.

I lavori effettuati sono stati in grado di incrementare la convenienza di passaggio attraverso Suez, soprattutto per le rotte asiatiche dirette verso la costa occidentale degli Stati Uniti, precedentemente vincolate al passaggio dell’intero Pacifico e poi attraverso Panama. Il raddoppio del canale di Suez, quindi, non rappresenta semplicemente un’opportunità per l’economia egiziana, ma è una vera e propria svolta per tutto il Mediterraneo, che torna ad essere il centro delle rotte commerciali intercontinentali.

Nel terzo millennio, dove il costo dei trasporti è proporzionale al tempo impiegato, è necessario che ad ogni porto commerciale sia collegato un sistema di strutture che permettano di caricare e scaricare la maggior quantità di container possibile, sul medesimo mezzo di trasporto: ciò che rende più appetibile un porto rispetto ad un altro, quindi, non è semplicemente la fortunata condizione di vicinanza alle rotte principali, ma un ruolo fondamentale è giocato dalle attrezzature di cui dispone il territorio e dalle reti ferroviarie che permettano alle merci di essere trasportate con il minor dispendio di tempo ed energie.

Da qui la necessità di creare le condizioni per il transito di treni porta container da 750 metri in su per il porti di Gioia Tauro. Poi gentiloni va in Cina e consiglia agli investitori cinesi di approdare, per la nuova rotta della via della seta, nei porti di Genova e Trieste, quei dannati sassi che impediscono a Delrio di progettare infrastrutture anche nel Mezzogiorno, non sono stati ancora tolti

Nel sud ci sono i figli considerati spuri da questa nazione, e per i figli spuri non è previsto alcun futuro dignitoso se a gestirlo saranno coloro che della Questione Meridionale ne sono stati la causa.

Questa lunga premessa per dire che non credo ad un progetto di macroregione del sud a guida nazionale.

 

Pubblicata sul Roma di Giovedì 7 Dicembre

Quando i dati parlano di disomogeneità nazionale

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L’enorme disparità fra nord e sud alla luce delle analisi statistiche ed economiche.

di Massimo Mastruzzo
Portavoce Nazionale di MO Unione Mediterranea

Il Mezzogiorno ha un tasso di disoccupazione giovanile al 42,4%, e nonostante l’occupazione sia cresciuta di 101 mila unità, +1,7% (fonte il Sole24ore), persiste la forte disomogeneità territoriale, essendo nel Mezzogiorno il tasso d’occupazione ancora lontano oltre 20 punti dalla media europea alla quale, invece, sono vicine le regioni del Centro – Nord (47% nelle regioni meridionali, 69% Centro-Nord).

Lo Stato, conscio della sua «assenza», rispetto ad una parte della nazione, prova a mettere delle pezze usando il solito metodo degli interventi straordinari o particolari, quando la normalità prevederebbe uno sviluppo il più possibile equo lungo tutto il territorio nazionale.
Tra gli ultimi provvedimenti dedicati ai giovani del Mezzogiorno, che ringraziano per la pietosa attenzione, troviamo :
«Resto al Sud» e «Banca delle Terre incolte»
Il tentativo di dare un colpo di defibrillatore, con uno medico specializzato e dedicato come il ministro per la Coesione territoriale e per il Mezzogiorno, Claudio de Vincenti, ad un paziente in agonia .
Pur non comprendendo la necessità di dover operare con metodi straordinari, quando altrove lo si fa con quelli ordinari, come d’altronde indica (indicherebbe) l’articolo 3 della Costituzione, vediamo cosa prevedono questi due ultimi interventi:

Resto al Sud
Per “Resto al Sud” il governo ha stanziato 1,250 miliardi di euro e ne ha affidato la gestione a Invitalia.

Il programma prevede un prestito fino a 50.000 euro per ciascun giovane imprenditore, si possono mettere insieme fino a 4 giovani e quindi ottenere fino a 200.000 euro. Una parte del sostegno, pari al 35% del costo (totalmente finanziabile) consiste in un contributo a fondo perduto, la rimanente parte pari al 65% consiste in un finanziamento bancario sul quale Invitalia corrisponderà gli interessi. Ovvero un giovane a cui vengono assegnati 50.000 euro, ne riceve 15.000 a fondo perduto e 35.000 che restituirà
in otto anni a partire dal terzo anno.

Il pagamento degli interessi sarà garantito da Invitalia attraverso la Banca del Mezzogiorno. Non sono finanziabili spese di progettazione e consulenza. Il giovane, che non abbia compiuto 36 anni al 30 giugno, data di avvio della misura, inoltrerà la domanda sulla piattaforma digitale di Invitalia con la promessa di ricevere una risposta nei 60 giorni successivi dal ricevimento della proposta.

La Banca delle terre incolte
L’obiettivo è promuovere la valorizzazione e la riqualificazione dei beni non utilizzati nelle regioni del Mezzogiorno. Su queste terre potranno avere sede imprese agricole giovanili che vogliano avviare produzioni di qualità.

I terreni abbandonati (e per tali si intendono quelli sui quali non si stata esercitata l’attività agricola negli ultimi dieci anni) se di proprietà pubblica verranno affidati direttamente ai giovani, se di proprietà privata verranno presi in fitto.

La premessa di questi provvedimenti, ennesime misure straordinarie per un territorio, il Mezzogiorno, che si accontenterebbe volentieri di provvedimenti ordinari, ma tant’è che il Sud Italia non ha una condizione “ordinaria”, non sono di per sé negative, ma se rimangono come contorno di un piatto vuoto non potranno sfamare un territorio che è a digiuno da oltre un secolo e mezzo.

Nel terzo millennio le voci costi e guadagni sono proporzionali al tempo impiegato dal trasporto tra la domanda e l’offerta dei prodotti, è necessario per questo che le zone di produzione siano collegate ad una rete autostradale e soprattutto ferroviaria che permettano alle merci di essere trasportate con il minor dispendio di tempo ed energie e tutela dell’ambiente.

Ciò rende più appetibile investire in un territorio piuttosto che in un altro, la fortunata di un territorio che produce e vuole che i suoi prodotti arrivino oltre il mercato del paese, è dato dalla presenza di queste fondamentali infrastrutture.

Purtroppo, al momento, uno sconosciuto numero di non meglio identificate pietre probabilmente originarie del periodo post unitario, ha dissuaso lo Stato dal fare gli “ordinari” investimenti nel Sud e, sempre per il momento, andare oltre il mercatino del paese, risulta un tantino complicato da fare.
Il Ministro “dedicato” al Mezzogiorno, Claudio de Vincenti, avrà presente le difficoltà logistiche che deve affrontare un giovane calabrese che, ad esempio, decida di investire nella zona della costa ionica della Calabria?

 

Lettera agli elettori del sud

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di Massimo Mastruzzo
Portavoce Nazionale di MO Unione Mediterranea

Questa volta non risponderò alle provocazioni del quotidiano Libero, questa volta ne prenderò spunto per scrivere una lettera agli elettori del sud che votano i partiti nazionali.
Vedete, cari elettori del Sud, questa prima pagina di Libero, pur nella sua solita ed evidente stupida provocazione, nasconde nemmeno tanto velatamente, il reale pensiero del pregiudizio nazionale avallato dai partiti nazionali… tutti.
In questo caso specifico, essendo Libero un quotidiano che “tende” a destra, rappresenta il pensiero della destra nazionale: il trio BE.SA.ME (Berlusconi-Salvini-Meloni) che si candida a salvare il Sud. Ancora ? Ma quante cavolo di volte dobbiamo sorbirci questi salvatori che giungono a noi da terre lontane.

Ma proviamo, cari elettori del Sud, a fare un ragionamento: vi sembra normale che in una nazione unita, con una Costituzione che
All’articolo 3 recita:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione , di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Si senta la necessità di nominare un Ministro per il Mezzogiorno?
Non sarà che, come il ricco che lascia la questua al povero, si senta il bisogno di farlo con quella parte di territorio che NON ha pari dignità sociale e, come ci spiega Marco Esposito che ha già dato una risposta tecnica all’articolo di Libero:” la “rapina” di cui ci saremmo macchiati noi meridionali?” Non è altro ” Che dal 2018 gli stanziamenti dei ministeri dovranno seguire la regola di 66% al Centronord e di 34% al Sud. Perché queste percentuali? Semplice: gli abitanti risiedono per il 66% al Centronord e per il 34% al Sud.

Ma per Feltri, per i suoi lettori e anche per tanti politici del Nord e del Sud che sono leghisti senza ammetterlo, è orripilante che i meridionali siano trattati in modo uguale.

La regola, che scatta il primo gennaio 2018, non vale per gli investimenti delle Ferrovie, delle Poste, delle aziende pubbliche e per quelli degli enti locali.

E’ solo un parziale riequilibrio, insomma. Ma per chi è abituato a prendere la torta tutta per sé appare già una rapina.”

E quando (quando?) si comprenderà che bisogna annullare la disomogeneità nazionale, unica in Europa, per quanto riguarda le infrastrutture non comprese in questa regola che scatterà nel 2018, pensiamo solo alla rete ferroviaria, di cosa ci accuseranno?

Eppure per l’alta velocità, fatta nel nord, hanno preso volentieri anche i contributi dei contribuenti del Sud.

La cosa strana è che ci accusano da sempre (dove sempre vuol dire da dopo l’unità d’Italia) di rubare, ma nonostante siano stati depredati in tutti questi anni si sono comunque arricchiti, loro non certo noi. Quando la strana fantasia supera la concreta realtà succede che:

  • Il sud ruba ed altrove fanno il Mose
  • Il sud spreca e da un’altra parte fanno l’Expo
  • Il sud sperpera ed in altri luoghi fanno la TAV

Sarà forse che siamo dei ladroni incalliti ma non abbiamo voglia lavorare? Così almeno si dice a certe latitudini padane.

Come spiegare in questo caso che su 10 milioni di abitanti presenti in Lombardia, circa la metà sono del sud? Stai a vedere che si sono volontariamente trasferite per godere del salubre clima padano, non certo per lavorare contribuendo a creare quel surplus di reddito che Maroni e Zaia oggi rivendicano di voler trattenere.
Miei cari elettori del Sud dei partiti nazionali, vi potrei anche annoiare dicendovi che anche voi contribuite a quella ricchezza del nord che poi vi volete rubare, osservate per un giorno tutte le vostre spese, dal supermercato, all’abbigliamento, dalle bollette, all’automobile, osservate tutti questi prodotti e guardate dove inviate i vostri soldi, quelli che poi vi ruberete.

Miei cari elettori meridionali, dati Svimez ci ricordano che il sud sta demograficamente morendo e questi continuano con la solita solfa del sud che ruba.
Lasciate perdere i partiti nazionali, non ci daranno mai il dovuto, ne il tolto 156 anni fa.
Bisogna far emergere realtà meridionaliste come Unione Mediterranea, che puntino esclusivamente al riscatto del nostro territorio.

La capitale morale: con il culo degli altri

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Veni, vidi, tacui (cit. Donald Herron) la frase perfetta per descrivere il “sistema” dell’azienda di trasporto lombarda.

Ma procediamo  per punti,  15 novembre 2017 viene dato il via libera definitivo dell’Aula della Camera alla legge sul Whistleblowing. Il testo sulla segnalazione di attività illecite nell’amministrazione pubblica o in aziende private da parte del dipendente che ne venga a conoscenza, integra la normativa sulla tutela dei lavoratori del settore pubblico che segnalino illeciti e introduce forme di tutela anche per i lavoratori del settore privato.

La locuzione Whistleblower identifica un individuo che denuncia pubblicamente o riferisca alle autorità attività illecite o fraudolente all’interno del governo, di un’organizzazione pubblica o privata o di un’azienda. Le rivelazioni o denunce, possono essere di varia natura: violazione di una legge o regolamento, minaccia di un interesse pubblico come in caso di corruzione e frode, gravi e specifiche situazioni di pericolo per la salute e la sicurezza pubblica.

I whistleblower possono denunciare le condotte illecite o pericoli di cui sono venuti a conoscenza all’interno dell’organizzazione stessa, all’Autoritá Giudiziaria o renderle pubbliche attraverso i media o le associazioni ed enti che si occupano dei problemi in questione.

Spesso i whistleblower, soprattutto a causa dell’attuale carenza normativa, spinti da elevati valori di moralità ed altruismo, si espongono singolarmente a ritorsioni, rivalse, azioni vessatorie, da parte dell’istituzione o azienda destinataria della segnalazione o singoli soggetti ovvero organizzazioni responsabili ed oggetto delle accuse, venendo sanzionati disciplinarmente, licenziati o minacciati fisicamente.

Il simbolo di questa storia è Andrea Franzoso,  il whistleblower che  svelò i furti di Ferrovie Nord Milano e le “spese pazze” dell’allora suo presidente Norberto Achille ,  troviamo la sua vicenda nel libro Il Disobbediente (edizioni Paper First).  Andrea Franzoso, il disobbediente,  funzionario delle Ferrovie Nord Milano con l’aiuto del collega Luigi Nocerino scoperchiò il “sistema” dell’azienda di trasporto lombarda, sotto quel coperchio il gup Roberto Arnaldi ha stabilito per l’ex presidente di Ferrovie Nord Milano spa holding,  Norberto Achille,  due anni e otto mesi di carcere nel processo in abbreviato in cui l’ex dirigente era accusato di peculato e truffa. Il pm Giovanni Polizzi, che aveva chiesto esattamente la stessa pena, lo accusava di avere distratto dalla società, partecipata da Regione Lombardia e da Ferrovie dello Stato, 429mila euro, fondi di cui aveva disponibilità per via delle “funzioni svolte” e che avrebbe utilizzato, invece, per fini personali suoi e dei suoi familiari: la moglie e due figli.

Secondo il capo di imputazione, Achille avrebbe “destinato” due “utenze telefoniche aziendali a uso esclusivo” della moglie e del figlio Marco e si sarebbe fatto “addebitare le telefonate effettuate dall’altro figlio” Filippo (arrestato nel giugno 2015 con l’accusa di aver aggredito il padre per avere soldi) sulla sua utenza aziendale, per un totale di oltre 124mila euro. In più, avrebbe utilizzato le carte di credito aziendali “per spese personali proprie e dei propri familiari” per un totale di 74.144 euro: si va dai 3.750 euro spesi in “scommesse sportive” ai 7.634 in abbonamento alla pay tv, compresi i costi per la “visione di una serie di film pornografici”.

Tra le contestazioni anche l’uso improprio delle auto di Fnm “a lui assegnate” anche messe a disposizione, con tanto di autista, per “gli accompagnamenti” del figlio Filippo. Per l’accusa, tra l’altro, Achille non avrebbe comunicato alla società le multe prese dal figlio Marco con macchine aziendali, mettendole quindi in conto a Ferrovie Nord Milano che avrebbe pagato indebitamente oltre 158mila euro.

La giustizia ha fatto il suo corso, ma lungo questo percorso che fine avrà fatto Andrea franzoso, che ne è stato di quel disobbediente che si è permesso di mettere in  discussione le virtù della capitale morale d’Italia ?

Andrea Franzoso dovette presentare un ricorso al tribunale del lavoro per essere stato rimosso dal suo incarico, dopo aver presentato la denuncia contro il manager:  cioè il trattamento ricevuto dal funzionario della partecipata della Regione Ferrovie Nord Milano spa per aver denunciato, è stata la rimozione dal suo incarico – si legge nel ricorso presentato al tribunale del Lavoro – “costretto a trascorrere la giornata lavorativa nella più completa inattività e con progressivo isolamento: i colleghi di lavoro erano restii a recarsi nel suo ufficio per timore di essergli associati e subire ritorsioni”.

Colleghi, compagni di lavoro, che vennero, videro, tacquero. Scrive Andrea Franzoso nel libro «Il disobbediente» (PaperFirst editore) che il giorno in cui si scoprì che era stato lui a far scoppiare il bubbone, fu circondato da colleghi in festa, compresa una segretaria dell’ormai ex presidente Achille: «È una bella donna sui quarant’anni. Alta, bionda, sempre in grande spolvero e con indosso abiti griffati. Scuotendo i pugni in avanti, esulta: “Evvai, ragazziii!”. Ride nervosamente e domanda: “Posso abbracciarvi?”. Mi faccio avanti, lei si avvicina a braccia aperte. Mi stringe forte a sé e mi stampa due grossi baci sulle guance: “Grazie, Andrea”. (…) La osservo con una punta di amarezza. Dov’era, lei, in tutti questi anni?»… «I più coraggiosi, quelli che per primi si erano affrettati a manifestare platealmente, a me e a Luigi Nocerino il proprio sostegno, sono i primi anche a voltarci le spalle e a salire sul nuovo carro – o meglio: Carroccio – del vincitore». Carroccio ferroviario affidato dal governatore leghista Roberto Maroni al nuovo presidente delle Fnm, il non meno leghista Andrea Gibelli. Piazzato lì «per garantire», diceva, «maggiore semplificazione e trasparenza». Prima mossa: la rimozione non dei tanti che «non avevano visto» ma di chi aveva denunciato l’andazzo. Un segnale al «sistema» molto esplicito.

Eppure  Andrea Franzoso non è stato il primo, nella storia italiana, a pagar cara la scelta di denunciare un’abitudine poco morale,  il garibaldino Cristiano Lobbia che, eletto deputato, denunciò al Parlamento di Firenze, il 5 giugno 1869 (poi si dice fatta l’Italia…), la cessione per quindici anni a faccendieri anonimi raccolti intorno al Credito Mobiliare, della Regia Tabacchi, cioè il monopolio che secondo il banchiere Rothschild era «l’unica entrata sicura dello Stato», in cambio di un anticipo di 180 milioni. Meno della metà di quelli offerti a condizioni migliori (…) da certi finanzieri parigini e londinesi. Fu esaltato come un eroe, sulle prime, il parlamentare garibaldino. Ma poi venne annientato da una macchina del fango mai vista prima…

La morale di questa vicenda? Ognuno ne tragga la sua. Io l’ho trovata e l’ho messa  nel  titolo volgaruccio di questo articolo: la morale con il culo degli altri.

Adesso possiamo tornare al vero sport nazionale: il pregiudizio verso quei furbetti del sud che sanno solo rubare.  E  la capitale morale ? e Andrea Franzoso? Nessun problema un paio di talk show con il terroncello che si ruba la pensione, qualche falso invalido, un paio di parcheggiatori abusivi e tutto torna al suo posto.

 

MASSIMO MASTRUZZO

Timeo Danaos et dona ferentes

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di Massimo Mastruzzo
Portavoce nazionale di MO Unione Mediterranea

Disse Laocoonte ai Troiani, che volevano far entrare il famoso cavallo entro le mura della città: “Timeo Danaos et dona ferentes“. La prudenza non è mai troppa.
Vittorio Feltri con uno slancio che rischia di far traballare il suo personaggio di moralizzazione dei terroni, scopre, e scrive, che questi non sono antropologicamente inferiori ed il problema del non lavoro non è legato all’indole dei terroni, ma è la carenza di infrastrutture, che sono il propellente dell’economia, la prima causa del sottosviluppo del Mezzogiorno.
Sottolinea come la prima autostrada italiana, la Torino-Milano-Bergamo-Brescia, sia stata il trampolino per far decollare l’economia di quel territorio.

Se avesse anche aggiunto che da contro l’ultima è stata la Salerno-Reggio Calabria ( difatti non completamente terminata) e che intere aree del sud sono scoperte di una rete autostradale e ferroviaria degna di una nazione europea, domani come riconoscimento compravo un numero del suo quotidiano.
Stavo per lasciare il pc e andare in edicola quando scorrendo l’articolo di Feltri, nel passaggio dove fa riferimento alla Calabria, leggo: “Lo Stato unitario non ha spinto lo sviluppo della Regione, non ha dato strade e ferrovie, nessuna infrastruttura indispensabile per lo sviluppo
Poi ho letto dei trecentomila calabresi che dopo il trattamento sono risultati degni dei costumi Lombardi addirittura indistinguibili dagli indigeni,( Poteva almeno resistere fino all”ultimo) e riflettuto sul fatto che in fondo il lettore medio di Feltri sicuramente non avrebbe gradito questo scostamento dal pregiudizio che fa del quotidiano di Feltri la sua lettura preferita, ed ogni giornale si rivolge alla sua platea per mantenere quel rapporto di fiducia che è tra le fondamenta della vita del giornale stesso, ed ho quindi deciso di aspettare per vedere se la mutazione genetica di Feltri è un incidente di percorso lungo la comunicazione di Libero o una vera svolta rispetto al fango versato fino ad ora sui Terù.

Fonte: Vittorio Feltri: “Calabria e Meridione, il problema non è l’indole dei terroni. Ma…”

Crollo di studenti nel Mezzogiorno: inizia il percorso di desertificazione umana?

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L’allarme già lanciato dallo Svimez sul rischio desertificazione umana per il Mezzogiorno, comincia purtroppo a rivelarsi nella sua drammatica concretezza.

È la rivista “Tuttoscuola” a rilanciare i numeri, e a riproporre dunque il fenomeno, riprendendo il focus del ministero dell’Istruzione “Anticipazioni sui principali dati della scuola statale” relativo al 2017-18.
Secondo i dati elaborati, rilevando i decrementi dei singoli settori in ogni regione, il crollo è soprattutto in alcune regioni del Sud: Campania e Sicilia in testa. Tutta colpa del calo demografico che svuota le aule soprattutto alla materna (meno 29.181 bimbi rispetto al 2016-17) e alla primaria (meno 34.874 alunni)

IL CALO ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA E PRIMARIA che si è verificato soprattutto in Calabria (-4.820) e in Sicilia (-3.333), altro non è che il cerino che dà fuoco alla miccia dell’allarme lanciato dallo Svimez , il quale ha stilato un rapporto basato sui dati Miur per gli anni scolastici 2016-17 e 2017-18. Anche alla scuola primaria, la Sicilia vede un decremento elevato: meno 6.226 alunni; seguono Campania (meno 6.037), Puglia (meno 3.439), Calabria (meno 2.248). Nelle scuole medie – spiega Tuttoscuola – al netto delle compensazioni per aumento di iscritti, il calo complessivo di alunni ha superato le 8 mila unità, con Campania e Sicilia che, ancora una volta, sono andate in rosso: 2.713 alunni in meno la prima, 2.391 in meno la seconda. Negli istituti superiori il record negativo si è registrato in Puglia (-2.768), seguita dalla Calabria (-1.651).

Il recente stanziamento di 209 milioni  per la fascia d’età zero-sei anni, nelle modalità in cui è stato ripartito, meno dove il meno è già un marchio di fabbrica con monopolio di Stato, rischia di rappresentare il colpo a quanto già inflitto dalla Commissione Bicamerale sul federalismo fiscale che ha approvato le tabelle che assegnano zero agli asili nido  nei Comuni del Mezzogiorno.

La cura richiesta per un paziente oramai in rianimazione, il Mezzogiorno, non potrà mai arrivare da chi è stato la causa dei suoi mali. La malattia si chiama Questione Meridionale e i virus si chiamano partiti nazionali, di destra e di sinistra.

Massimo Mastruzzo
Portavoce nazionale di MO Unione Mediterranea

Scuola infanzia, il 74% dei fondi assegnato al nord

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di Massimo Mastruzzo
Portavoce nazionale MO Unione Mediterranea

Vito De Filippo (Sant’Arcangelo PZ Basilicata, 27 agosto 1963) presidente della Regione Basilicata dal 2005 al 2013, Sottosegretario di stato alla salute nel Governo Renzi dal 28 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016 e dell’istruzione, dell’università e della ricerca nel Governo Gentiloni dal 29 dicembre 2016.

Mi interessa poco l’appartenenza politica di questo sottosegretario (La Margherita fino al 2007, Partito Democratico dal 2007), ritenengo responsabili in egual misura, per le condizioni in cui versa il Mezzogiorno, tutti i partiti nazionali, tuttavia vado sempre curiosamente alla ricerca delle origini di chi rappresenta un determinato territorio per vedere come questi ne affronta e ne difende gli interessi.

Valeria Fedeli (Treviglio BG Lombardia, 29 luglio 1949) è una sindacalista e politica italiana, ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca dal 12 dicembre 2016 nel Governo Gentiloni.
La ministra Valeria Fedeli, per potenziare il sistema d’istruzione per l’infanzia ha ripartito 209 milioni di euro destinati a migliorare i servizi offerti per 3 milioni di bambini che non hanno ancora compiuto sei anni.

Il riparto proposto dal ministero dell’Istruzione è stato approvato dagli enti locali nella Conferenza unificata del 2 novembre scorso, riunione nella quale le istituzioni dei territori meridionali non hanno brillato per capacità di difendere gli interessi dei cittadini che vanno a rappresentare.
Per il governo era presente il sottosegretario all’Istruzione Vito De Filippo, lucano.
Per il sottosegretario della Basilicata, «stiamo costruendo insieme, ciascuno per la propria parte, percorsi di crescita eguale su tutto il territorio, a partire dall’infanzia».
Per la ministra della Lombardia, che parla di standard uniformi su tutto il territorio nazionale:” : «Con questo Piano – dichiara la Ministra Valeria Fedeli – stiamo garantendo alle bambine e ai bambini pari opportunità di educazione, istruzione, cura, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche e culturali».
Ma veniamo al dunque anche per capire dovo voglio arrivare con questa premessa «territoriale»:
La fascia di età 3-6 anni non ha forti squilibri territoriali e raggiunge una copertura del 90%. Inoltre la scuola materna statale è più presente al Sud che al Nord, visto che il 45% degli iscritti si trova nel Mezzogiorno. Quindi considerare solo l’età delle materne e soltanto i non iscritti alle scuole dell’infanzia statali non porta affatto un riequilibrio territoriale e, in ogni caso, non in favore del Mezzogiorno.

In pratica per la perequazione si è utilizzato il solo parametro dove il Sud ha risultati più consistenti del Nord: le materne statali. Ignorando tutti gli altri.

Cosa ha fatto il ministero? Come principale criterio (peso del 50%) ha considerato gli iscritti agli asili al 31 dicembre 2015, iscritti che ovviamente sono più al Nord. Per il secondo parametro (peso del 40%) ha contato i bambini reali. Come criterio marginale (10%) ha considerato la popolazione di età 3-6 anni non iscritta alla scuola dell’infanzia statale «in modo da garantire un accesso maggiore».


Il risultato, soddisfacente (giustamente) per la ministra lombarda ma avallato (incredibilmente) anche dal sottosegretario della Basilicata, porta nello stesso momento in cui assegna 90 euro per ogni bambino in Emilia Romagna ad assegnarne 43 per uno in in Campania.

Il doppio, un bambino in Emilia romagna vale il doppio del suo coetane in campania, alla faccia degli “standard uniformi su tutto il territorio nazionale”.

Il Centronord ha fatto così la parte del leone con il 74,23% delle risorse assegnate, sebbene i bambini residenti in quell’area siano il 65,52%. Il Mezzogiorno si è dovuto accontentare del 25,77% delle risorse nonostante la quota di bambini sia del 34,48%.

La Campania è il territorio più penalizzato visto che è seconda per numero di piccoli e appena settima per risorse assegnate.
Una presa in giro che viola la legge. Il decreto 65/2017 infatti impone, all’articolo 4, di avviare un progressivo riequilibrio territoriale per l’altra fascia di età, quella da 0 a 3 anni, dove la carenza di asili nido nel Mezzogiorno è fortissima.

Inoltre, all’articolo 12, si indica nei criteri di riparto la «capacità massima fiscale» dei territori. Il principio cui si ispira la legge è chiaro: non è logico assegnare risorse aggiuntive a territori che hanno già cospicue entrate fiscali proprie, mentre le risorse vanno concentrate nelle aree dove il gettito fiscale, anche alzando le aliquote al massimo, non è sufficiente a pagare i servizi per l’infanzia.
Un principio di riequilibrio che avrebbe favorito le famiglie del Mezzogiorno, ma che è sparito del tutto nei conteggi del Miur.
Un’offesa ai diritti dell’infanzia, un calcio ai principi d’uguaglianza e una violazione neppure ben nascosta della legge , una infame operazione già usata dalla Commissione Bicamerale sul federalismo fiscale che ha approvato le tabelle che assegnano zero agli asili nido nei Comuni del Mezzogiorno.
Se si fossero conteggiati 90 euro per i maschi e 43 euro per le femmine ci sarebbe stata una clamorosa violazione delle pari opportunità; altrettanto grave però è ripartire 90 euro agli emiliani e 43 euro ai campani, i quali già partono in posizione svantaggiata.
Fino a prova contraria, assegnare più risorse dove ci sono più asili allarga le differenze, non le riduce. Farlo ai danni di bambine e bambini di 0-6 anni è iniquo, illegale e immorale.
Veder i figli spuri di questa nazione continuare ad essere marchiati con il segno meno davanti ad ogni diritto, farlo anche con i bambini così da istruirli fin da piccoli alla minorità, mentre i rappresentanti del popolo del Mezzogiorno approvano quando non plaudono, fa comprendere la necessità di creare una forza rappresentativa indipendente dai partiti nazinali ma soprattutto dagli ascari locali, pedine fondamentali per le strategie utili al «bene nazionale»


Fonte: Articolo di Marco Esposito cui va il nostro ringraziamento per il suo lavoro di divulgazione

 


È Brescia la vera terra dei fuochi?

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di Massimo Mastruzzo

La provincia di Brescia smaltisce 57 milioni di metri cubi di rifiuti tossici, quella di Caserta, nella Gomorra di Saviano, 10 milioni. La verità fa male se si mettono in fila altri dati: l’incanto delle colline moreniche dei laghi, quelle dolci e succose di Franciacorta, le bellezze della Brescia antica attorniate da cave piene di amianto, pcb, metalli ferrosi.»

Questo è quanto dichiarava nel giugno 2015 Marino Ruzzanenti, ambientalista fondatore di «Cittadini per il riciclaggio»

Oggi a Brescia, dove in una città già avvelenata dalla Caffaro, c’è anche l’inceneritore più potente d’Europa, il procuratore aggiunto Sandro Raimondi dichiara:”Brescia nuova terra dei fuochi“.

Brescia nuova terra dei fuochi” , il procuratore aggiunto della magistratura cittadina Raimondi, lo ha detto durante l’audizione alla commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti a Montecitorio parlando dell’inchiesta di luglio sui rifiuti ( Qui il link del testo completo )

Un incendio sviluppatosi nell’ottobre 2014 al capannone di trattamento della spazzatura alla Trailer di Rezzato, un comune limitrofo a Brescia, aveva portato alla luce 100 tonnellate di rifiuti in balle e altri 200 senza alcun imballo, questo in sintesi quello che aveva fatto avviare l’indagine.

Diversi rifiuti speciali, ma non pericolosi, erano finiti anche negli impianti di A2a a Brescia. Il lavoro prodotto dall’indagine era poi arrivato al giudice di Brescia Alessandra Sabatucci che a luglio aveva firmato l’ordinanza di arresto per due persone e indagato altre 26, mentre i gruppi per il trattamento dei rifiuti coinvolti erano 24.

L’inchiesta della magistratura sta arrivando a conclusione e lunedì 9 ottobre è stato dato spazio alla prima udienza dopo una richiesta arrivata dallo stesso procuratore Sandro Raimondi.

I rappresentanti di alcuni gruppi coinvolti nell’indagine, compresa A2a, si sono presentati in camera di consiglio davanti al giudice. È in questa occasione il magistrato ha chiesto al gip di interdire temporaneamente dall’attività le aziende coinvolte, tra queste anche A2A Ambiente a Brescia, oppure imporre il divieto di fare contratti pubblici o ancora di procedere con il commissariamento.

Il prossimo 25 ottobre ci sarà il prosieguo dell’udienza, l’8 novembre il giudice si esprimerà sulla richiesta del procuratore.

Dall’audizione alla commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti del procuratore Raimondi si comprendeva anche come le stesse aziende NON hanno dovuto fare ricorso alla criminalità organizzata “perché ormai hanno imparato e sanno come si fa, lo fanno in autonomia“.

La stoccata è arrivata quando ha fatto riferimento ai rapporti tra amministratori pubblici e i vertici delle aziende indagate: “Ci sono rapporti inquietanti tra amministratori pubblici e i vertici di queste aziende. Il coniuge del presidente di una provincia del NORD ha avuto una Fiat da 30 mila euro pagati con finte consulenze e che avrebbero permesso ad A2a di comprare una società, la Aral, che con il traffico illecito di rifiuti è riuscita ad andare in attivo dopo il pesante passivo“.

Questa vicenda per me, è doppiamente triste, il territorio dove sono nato e cresciuto e quello dove sono stato costretto ad emigrare per lavorare da una nazione con una disomogeneità territoriale unica in Europa accomunati dallo stesso tragico destino scritto da industriali-criminali che lucrano sulla pelle dei cittadini.

Un rammarico però mi ferisce, forse, ancora di più: il pregiudizio nazionale post unitario che ha cercato di pulirsi la coscienza attraverso l’accusa dell’erba marcia del vicino, non vedendo così quella ancora più marcia sotto i propri piedi.

Questa deviazione della realtà prosegue incredibilmente anche dopo che diverse inchieste, come quella di Legambiente che ha presentato il dossier LE ROTTE DELLA TERRA DEI FUOCHI (qui scarica il dossier) hanno evidenziato quanto l’accusatore fosse in realtà più “sporco” dell’accusato, ed è così deviante che, ad esempio, all’immediata ed ingiustificata fobia della mozzarella di bufala nell’immediato post terra dei fuochi, nessuna giustificabile attenzione è stata rivolta al territorio con maggior produzione di inquinanti. Uno squilibrio tra eccessivo allarmismo da una parte ed eccessiva protezione del tessuto economico dall’altra che è sintomatico di questa nazione: il sud e i suoi figli spuri sono quelli sporchi, il nord non può esserlo.

Questo nonostante localmente è risaputo che fino agli anni ’80 non c’era una legge sullo smaltimento dei rifiuti speciali e le cave di terra e sabbia nel bresciano erano buche perfette.

Le aziende pagavano il proprietario e le riempivano soprattutto con scarti dell’industria siderurgica .

Sembra che questo secolo e mezzo di pregiudizio nei confronti del sud, abbia totalmente alterato la visione dell’opinione pubblica da modificarne geneticamente la capacità di giudizio critico, altrimenti non si spiega come mai si continui a pensare che il “nemico” arrivi da lontano e non dal territorio italiano più industrializzato e di conseguenza il maggior produttore di rifiuti industriali: il lombardo-veneto.

 

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