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Avviso ai candidati elezioni consiglio comunale Napoli e Caserta

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La legge 6 luglio 2012 n. 96 prevede l’obbligo della rendicontazione delle spese sostenute per la campagna elettorale da parte di tutti i candidati a sindaco e a consigliere comunale nelle elezioni afferenti i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.

I candidati che ricevono fondi per il finanziamento della propria campagna elettorale o spendono più di 2.500 euro hanno l’obbligo di designare un mandatario elettorale. Il candidato dichiara per iscritto al collegio regionale di garanzia elettorale, istituito presso la corte d’appello di Napoli, il nominativo del mandatario elettorale da lui designato. Nessun candidato può designare alla raccolta dei fondi più di un mandatario, che a sua volta non può assumere l’incarico per più di un candidato. Solo successivamente al deposito della nomina del mandatario presso il collegio regionale di garanzia elettorale, si potrà aprire un unico conto corrente bancario dedicato intestato ad esempio: “mario rossi, mandatario elettorale di luigi bianchi” attraverso tale conto corrente, dovranno transitare tutti i fondi e tutte le spese relative alla campagna elettorale del candidato.

Tutti gli ordini di acquisto e di spesa per la campagna elettorale, dovranno essere effettuati a cura dei singoli mandatari. Le relative fatture dovranno essere intestate al candidato e riportare la dicitura: “ materiale per campagna elettorale comunali 2016 ”.

La compilazione e la consegna del rendiconto è obbligatoria anche nel caso di mancata elezione del candidato. Tutti i candidati devono rendere una dichiarazione relativa alle spese sostenute per la campagna elettorale, anche se negativa, entro tre mesi dalla proclamazione dell’ultimo eletto:

1) al presidente del consiglio comunale;

2) al collegio regionale di garanzia elettorale.

Alla dichiarazione deve essere allegato un rendiconto relativo ai contributi e servizi ricevuti ed alle spese sostenute. Il rendiconto è sottoscritto dal candidato e controfirmato dal mandatario, che ne certifica la veridicità in relazione all’ammontare delle entrate.

Al mancato deposito presso il collegio regionale di garanzia elettorale della dichiarazione sopra indicata, consegue l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 25.822,84 a euro 103.291,38.

Inoltre, l’accertata violazione delle norme che disciplinano la campagna elettorale, dichiarata in modo definitivo dal collegio di garanzia elettorale, costituisce causa di ineleggibilità del candidato e comporta la decadenza dalla carica del candidato eletto.

Nota bene: l’obbligo della dichiarazione di cui all’art.2 della legge 441/1982, sancito dall’art.7 comma 6 della l.515/93 riguarda anche quei candidati che per la propria campagna elettorale non hanno sostenuto spese e non hanno ricevuto alcun contributo.

La dichiarazione/rendicontazione deve essere sottoscritta ed ai sensi dell’art.2, comma 3, della citata l.441/1982, i candidati devono apporre la formula “sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero”.

Oltre che depositata a mano la documentazione può essere trasmessa per posta raccomandata a/r o inviata per posta certificata a: elettorale.ca.napoli@giustiziacert.it

Alla dichiarazione vanno allegate le fotocopie dei documenti di identità del candidato e del mandatario elettorale, qualora designato, nonché copie delle ricevute delle spese sostenute.

Le spese inerenti la campagna elettorale, si intendono quelle relative:

A) alla produzione, all’acquisto o all’affitto dei materiali e dei mezzi per la propaganda;

B) alla distribuzione dei materiali e dei mezzi di cui alla lettera a), compresa l’acquisizione di spazi sugli organi di informazione, sulle radio e televisioni private, nei cinema e nei teatri;

C) all’organizzazione di manifestazioni di propaganda, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, anche di carattere sociale, culturale e sportivo;

D) alla stampa, distribuzione e raccolta dei moduli, all’autenticazione delle firme e all’espletamento di ogni altra operazione richiesta dalla legge per la presentazione delle liste elettorali;

E) al personale utilizzato e ad ogni prestazione o servizio inerente la campagna elettorale.

Le spese relative ai locali per le sedi elettorali, quelle di viaggio e soggiorno, telefoniche e postali, nonché gli oneri passivi, sono calcolati in misura forfetaria, in percentuale fissa del 30% dell’ammontare complessivo delle spese ammissibili documentate.

Il consuntivo relativo alle spese per la campagna elettorale ed alle relative fonti di finanziamento, dovrà essere presentato al collegio regionale di garanzia elettorale presso la corte d’appello, entro tre mesi dalla proclamazione, anche da parte dei candidati non risultati eletti.

I rendiconti depositati presso la corte d’appello, sono liberamente consultabili, pertanto la loro regolarità potrà essere messa in dubbio da qualsiasi cittadino elettore.

Tutti gli ordini d’acquisto e di spesa per la campagna elettorale, dovranno essere effettuati da parte del singolo mandatario se nominato.

Le fatture dovranno essere intestate al candidato e riportare la dicitura: “materiale per la campagna elettorale comunali 2016”

Per quanto riguarda le sanzioni ricordiamo che:

• il mancato deposito del rendiconto al collegio regionale di garanzia elettorale, presso la corte d’appello di competenza, comporta una sanzione da 25.822,84 a 103.291,38 €. Per i candidati eletti, oltre a tale sanzione, sarà emessa un’ingiunzione a presentare la documentazione entro 15 giorni, pena la decadenza dalla carica;

• il superamento dei limiti di spesa, comporta una sanzione non inferiore alla metà e non superiore al triplo dell’importo eccedente il limite previsto (ad esempio, se il limite viene superato per 5.164,60 € la sanzione andrà da un minimo di 2.582,28 € sino ad un massimo di 15.493.71 €).

Per tutto il materiale tipografico o per l’allestimento delle manifestazioni politiche attinente alla campagna elettorale si applica l’aliquota iva del 4%.

Per ulteriori informazioni e la modulistica consultare il sito istituzionale: http://www.ca.napoli.giustizia.it

 

Modulistica in allegato

Ricorso vinto. A Napoli ci sareMO!

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Ieri lunedì 23 maggio il Consiglio di Stato ha accettato il ricorso della lista MO! Napoli Autonoma, dando ufficialmente il via libera al reinserimento della nostra lista nella competizione elettorale.
Non è stata una grande sorpresa poiché la ricusazione era dovuta a un mero assurdo burocratico, frutto dell’interpretazione ambigua di una norma. Tutti i nostri candidati, ricusati per aver autenticato le firme di accettazione fuori dal Comune di Napoli, sono stati riammessi.
La ricusazione ha rischiato di compromettere gravemente lo sviluppo della campagna elettorale, eppure i nostri candidati e attivisti non hanno smesso di avere fiducia nella giustizia, continuando coraggiosamente a scommettere sulla lista. A loro, al nostro avvocato Antonio Parisi e alla solidarietà mostrata dalle altre liste ricusate, vanno i nostri più sinceri ringraziamenti.
Di seguito il testo completo della sentenza:

N. 02140/2016 REG. PROV. COLL.

N. 03964/2016 REG. RIC.

 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 3964 del 2016, proposto dal signor Peperoni Pierluigi, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Parisi, con domicilio eletto presso Pellegrino Studio Legale Associato in Roma, corso del Rinascimento, 11;
contro
U.T.G. – Prefettura di Napoli, Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Elettorale Circondariale di Napoli, II Sottocommissione Elettorale Circondariale di Napoli, III Sottocommissione Elettorale Circondariale di Napoli, IV Sottocommissione Elettorale Circondariale di Napoli, XI Sottocommissione Elettorale Circondariale di Napoli, VIII Sottocommissione Elettorale Circondariale di Napoli, XV Sottocommissione Elettorale Circondariale di Napoli, Comune di Napoli, Ufficio Elettorale Centrale Presso La Corte di Appello di Napoli, Iuliano Galia;
per la riforma
della sentenza n. 2485 del 2016 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Napoli, Sezione II.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Napoli e di Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella up speciale elettorale del giorno 23 maggio 2016 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato Antonio Parisi e l’avvocato dello Stato Attilio Barbieri.

FATTO e DIRITTO
1.– Alcuni candidati del Movimento «Mo Napoli Autonoma» , a sostegno del candidato Sindaco Luigi De Magistris, all’atto della presentazione delle liste per il rinnovo del Consiglio comunale e delle Municipalità alle elezioni fissate per il 5 giugno, hanno presentato l’accettazione delle candidature con dichiarazioni corredate da firme autenticate dai funzionari dei Comuni di rispettiva residenza e non dai funzionari del Comune alle cui elezioni concorrono i candidati stessi. Gli organi preposti ha escluso detti candidati dalle liste, con conseguente ricusazione della lista stessa in ragione della riduzione del numero dei candidati presenti in liste inferiore al numero minimo prescritto dalla legge.
2.– Il delegato di lista ha impugnato tale provvedimento di ricusazione innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania.
3.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 17 maggio 2016, n. 2485, ha respinto il ricorso, affermando che che, alla luce di quanto previsto dall’art. 14 della legge 21 marzo 1990 n. 53, «la funzione certificativa del Consigliere comunale (e/o del funzionario) va inteso nel senso che egli può esercitare il potere conferitogli esclusivamente all’interno del territorio dell’ente di appartenenza e con effetti che non devono travalicarne i limiti», in quanto «il territorio è l’elemento costitutivo del Comune, sicchè necessariamente i suoi organi esercitano le proprie funzioni nei limiti di questo».
4.– Il ricorrente in primo grado ha proposto appello.
5.– La causa è stata decisa all’udienza pubblica del 23 maggio 2016.
6.– L’appello è fondato.
L’art. 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53 (Misure urgenti atte a garantire maggiore efficienza al procedimento elettorale) prevede che «sono competenti ad eseguire le autenticazioni», fra gli altri, «i presidenti delle province, i sindaci, gli assessori comunali e provinciali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti e i vice presidenti dei consigli circoscrizionali, i segretari comunali e provinciali e i funzionari incaricati dal sindaco e dal presidente della provincia. Sono altresì competenti ad eseguire le autenticazioni di cui al presente comma i consiglieri provinciali e i consiglieri comunali che comunichino la propria disponibilità, rispettivamente, al presidente della provincia e al sindaco».
L’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, con la sentenza n. 22 del 9 ottobre 2013, ha affermato che i pubblici ufficiali menzionati dall’art. 14 della l. n. 53 del 1990 sono titolari del potere di autenticare le sottoscrizioni esclusivamente all’interno del territorio di competenza dell’ufficio di cui sono titolari o ai quali appartengono (come nel caso di specie è pacificamente avvenuto).
Questa Sezione, con la sentenza 16 maggio 2016, n. 1990, ha affermato che, oltre al suddetto vincolo territoriale, non può ritenersi sussistente anche il vincolo della “pertinenza della competizione elettorale’ sia per la mancanza di una norma che espressamente lo preveda sia per non frustrare la ragione giustificativa del potere di autenticazione che è quello di «agevolare e semplificare lo svolgimento del procedimento elettorale» (Cons. St., sez. V, 16 aprile 2014, n. 1885). E ciò vale, in particolar modo, «per le sottoscrizioni relative alle accettazioni delle candidature (quali quelle in esame), essendo contrario alle finalità di semplificazione che ispirano la legislazione elettorale costringere i candidati, che non necessariamen te devono essere elettori nel Comune al quale si candidano, a sottoscrivere le accettazioni e a farle autenticare dal solo ufficiale dell’ente territoriale alle cui elezioni intendono partecipare».
7.– L’accoglimento dell’appello, per le ragioni indicate, comporta – in riforma della sentenza impugnata – l’annullamento dei provvedimenti di ricusazione della lista “Mo Napoli Autonoma” ed ammissione della stessa alla prossima competizione elettorale per l’elezione diretta del Sindaco e per il rinnovo del Consiglio comunale di Napoli.
8.– Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Terza, definitivamente pronunciando:
a) accoglie l’appello n. 3964 del 2016 proposto con il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, ammette la lista «Mo Napoli Autonoma» alla prossima competizione elettorale per l’elezione diretta del Sindaco e per il rinnovo del Consiglio comunale di Napoli;
b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Comunali, MO! ricorre al CDS con piena fiducia.

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La lista MO! ha già pronto il ricorso al Consiglio di Stato contro la bocciatura delle sue liste al comune e in alcune municipalità decisa dal Tar della Campania. Il ricorso – segnala il movimento guidato da Flavia Sorrentino – è stato preparato dall’avvocato Antonio Parisi e si confida che sia accolto, visto che il 16 maggio è stato accettato quello di una lista di Cosenza che era nelle identiche condizioni di MO, cioè con candidati ricusati perché hanno autenticato le firme di accettazione nel proprio Comune di residenza e non nel posto dove si vota. Il Consiglio di Stato ha appena chiarito che tali firme sono valide. “Ciò vale, in particolar modo – si legge nella sentenza relativa alla lista di Cosenza – per le sottoscrizioni relative alle accettazioni delle candidature (quali quelle in esame), essendo contrario alle finalità di semplificazione che ispirano la legislazione elettorale costringere i candidati, che non necessariamente devono essere elettori nel Comune al quale si candidano, a sottoscrivere le accettazioni e a farle autenticare dal solo ufficiale dell’ente territoriale alle cui elezioni intendono partecipare”.

I nostri giovani hanno voglia di riscatto. Aiutiamoli. Lettera di una mamma del Sud.

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Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere. Giovanni Falcone

Scrivo perché delusa (a prescindere dal voto che si voleva esprimere) dalla totale assenza di partecipazione della nostra gente all’ultimo referendum, penso non sia solo disinteresse alle politiche sociali, penso sia molto di più:
-siamo scettici, stanchi di ascoltare chiacchiere, anche perché i fronti opposti sono sempre ingannevoli e poco chiari;
-siamo disamorati e indifferenti perché abbiamo i nostri personali problemi che ci paiono enormi, e poi guardiamo indifferenti carrette del mare che distribuiscono morte a chi già viveva una realtà di vero dolore;
-siamo, me compresa, ignoranti e disinformati: non abbiamo nessuna vera voglia di sapere e tantomeno di fare;
-siamo apatici, vogliamo sì che qualcosa funzioni, ma deve essere fatto da altri;
-siamo populisti e superficiali, ci esaltiamo con una partita di pallone e non conosciamo né sappiamo divulgare un qualsiasi nostro buon primato (ad es. nel comparto agricolo il nostro primato del vino campano);
ecco allora che mi rivolgo alla nostra unica e ultima fonte di speranza: i nostri figli,
i nostri giovani che, a dispetto di vecchi luoghi comuni o petulanti litanie di anziane bocche, sono loro i meglio informati, hanno forza e volontà, hanno più tolleranza e rispetto, hanno voglia di riscatto e amore per la propria terra, e sanno come rivolgersi e coinvolgere chi non lo è.
Loro ci credono e vi assicuro che chi ci crede lo fa per se e anche per chi non ci crede.
Se noi siamo stanchi dei vecchi personaggi, delle vecchie lobbies politiche, delle speculazioni, delle camorre, degli interessi di pochi… ecc. ecc. loro potranno dire basta, basta a questo ed a tutto il vecchio “andazzo”.
Io ho conosciuto alcuni di questi giovani, li ho conosciuti perché me li ha presentati mio figlio: sono i ragazzi del movimento MO-Unione Mediterranea, e di loro mi ha colpito l’amore: studiano e si preparano con amore, lottano con amore, ci credono con amore, si riuniscono e si organizzano con amore.
Allora ho pensato che sì possono provarci, possono essere l’alternativa, ho pensato che anche noi, disillusi e stanchi, possiamo dar loro spazio e fiducia, chissà forse sono il cambiamento, la svolta, o forse no, non ci riusciranno, forse tra 10 o 20 anni anche loro cambieranno, ma perché non farli provare ora, perché non aiutarli per aiutare noi stessi, la nostra terra, la nostra economia, il nostro futuro. Ascoltiamoli.
Abbiamo pur sempre l’arma regina per “dare e per togliere” ovvero il nostro voto! (ahimè sempre che abbiamo voglia di farne uso)
Forse anche la politica, quella vera, intesa come governo delle città, può ancora dare tanto. Proviamoci e facciamoli provare.
Alle amiche mamme dico: se i vostri ragazzi hanno voglia di esprimersi e le loro idee possono coincidere con quelle di questi ragazzi, incanaliamo queste forze e facciamoli conoscere. Loro amano profondamente la loro terra e vogliono farla rispettare ed evolvere e vogliono dimostrare che, con una buona conoscenza delle nostre problematiche, (si confrontano e studiano) si può gestire (hanno riferimenti competenti) e far fronte alla sistematica ghettizzazione del Sud. Hanno numeri, dati, hanno competenze, hanno entusiasmo e volontà, sono preparati e fanno tutto autonomamente, in squadra.
Di me sapete, di loro ho detto…
cliccate sul link della pagina ufficiale se volete sapere di più.
oppure contattate l’indirizzo mail ufficiale info@unionemediterranea.info

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Elezioni Amministrative 2016. MO come ci si candida?

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Qui non si parla di politica

(mo contano i fatti)

A giugno si scelgono i sindaci. A Napoli e in tanti municipi del Sud.

E’ tempo di esser fieri della nostra identità:

non lasciamo le città a chi prende ordini da Milano, Torino, Firenze, Genova…

Lavoro, cultura, turismo, trasporti, ambiente fioriscono se le ricchezze del territorio sono gestite in autonomia.

Liberiamo le nostre polis

MO partecipa: proponi la tua candidatura, forma la tua lista. Con poche regole chiare.

Nulla a che fare con il malaffare. Mai alleati con i responsabili del disastro del Sud. Mai con Salvini.

Scrivi a “info@unionemediterranea.info” entro il 13 marzo 2016.

Astenersi perditempo e ascari

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Il presidente Francesco Tassone a Napoli

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Il giudice Francesco Tassone sarà presente domani 13 Dicembre dalle ore 10.00 alle ore 13.00 in Via Toledo a Napoli, al gazebo del movimento meridionalista MO-Unione Mediterranea, di cui è Presidente, per promuovere “NA-Napoli Autonoma”, progetto di autonomia fiscale e politica della città di Napoli. Francesco Tassone, anima dei “Quaderni Calabresi”, attraverso il suo impegno ha contributo in maniera determinante al lavoro di crescita del sentimento di identità dei cittadini del Sud e da quasi mezzo secolo rappresenta la voce del “Movimento Meridionale” nato dalla collaborazione con lo scrittore meridionalista Nicola Zitara e dall’impegno sociale e politico profuso da un gruppo di intellettuali calabresi del “Circolo Salvemini” di Vibo Valentia.

Progetto NA: se si sveglia Napoli, si risveglia il Sud

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di Salvatore Legnante

Un progetto che parla a tutto il Sud. E’ questo il senso più alto di NA – Napoli Autonoma, il programma di governo per la città emblema del meridione, che MO – Unione Mediterranea ha presentato assieme al sindaco partenopeo Luigi De Magistris.

Perché l’autonomia che vogliamo non è soltanto un’autonomia fiscale, tributaria.
L’autonomia che vogliamo è innanzitutto liberatoria: dagli stereotipi che ci vogliono città assistita, come tutto il Sud, dal convincimento, a volte introiettato, che non siamo capaci di governare i nostri territori, e che perciò abbiamo bisogno sempre di un ‘liberatore’ esterno che venga a salvarci.

L’autonomia che vogliamo è positiva, propositiva, non recriminatoria: una grande capitale del Mediterraneo quale è Napoli sente fortemente di poter dare molto di più, in termini di cultura, di sviluppo umano, di espressione di sé, liberandosi da quella che in questi ultimi anni è stata percepita sempre più spesso come un’elemosina da parte dello Stato italiano, che attuando il federalismo fiscale in salsa leghista ha sistematicamente dimenticato la solidarietà, tendendo invece ad accentuare le distanze economiche e sociali tra le due Italie.

L’autonomia che vogliamo, inoltre, è costituzionale, perché siamo consapevoli che la nostra deve essere una battaglia seria e pragmatica, non propagandistica. E per far ciò dobbiamo rispettare la Costituzione, anzi darne piena attuazione, anche di quegli articoli spesso dimenticati. L’art. 119 della carta costituzionale infatti declina già il concetto di autonomia per le Città Metropolitane, ed è nel solco di tale visione che intendiamo muoverci, per far sì che il nostro progetto si concretizzi.

L’autonomia che vogliamo è soprattutto assunzione di responsabilità, affinché le forze sane del meridionalismo si affranchino da un’idea eternamente minoritaria, e comincino a capire che è arrivato il momento di scrivere per davvero il futuro della nostra terra, al fianco di attori politici che hanno dato prova evidente di essere totalmente alternativi ad un sistema partitico italiano che ha sempre dimenticato il Mezzogiorno.

L’autonomia che vogliamo guarda finalmente al futuro di Napoli, e di tutto il Sud, avendo sempre impresso il ricordo di una terra storicamente indipendente, che a partire dalla sua città simbolo può tornare ad essere uno snodo centrale e cruciale del grande pensiero mediterraneo.

Presentata “NA-NapoliAutonoma”: mai più città assistita

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Alleanza per il Comune tra MO-Unione Mediterranea e DemA

Rinunciare a 259 milioni di sussidi e trattenere due tasse legate al territorio per liberare Napoli dall’etichetta immeritata di città assistita e scommettere sul rilancio dell’economia locale. E’ il succo del progetto NA-NapoliAutonoma presentato questa mattina da MO-Unione Mediterranea e da DemA, alla presenza del sindaco di Napoli Luigi de Magistris.

“NA-NapoliAutonoma – ha spiegato Flavia Sorrentino, portavoce nazionale di MO-Unione Mediterranea – è un’iniziativa rivoluzionaria e allo stesso tempo tecnicamente fattibile. Chiude con la stagione dell’assistenzialismo e dice basta a un federalismo pasticciato, che ha danneggiato in modo serio le popolazioni del Mezzogiorno. NA-NapoliAutonoma significa avere il coraggio di credere in se stessi, nella nostra identità, e non a caso il progetto prenderà forma di una legge d’iniziativa popolare con la raccolta di 50mila firme”.

Così si esprime Luigi De Magistris a proposito del progetto Napoli Autonoma: «Questa non è un’alleanza elettorale, ma la costruzione di un progetto comune che ci vede insieme nella scrittura del programma». Il sindaco ha inoltre specificato che quando sarà il momento di scrivere le liste «sarà un discrimine l’impegno dei singoli nella lotta in favore dei diritti, del riscatto di Napoli».

All’incontro ha preso parte anche il responsabile cittadino di MO-Unione Mediterranea, Pierluigi Peperoni. “A Napoli città – ha spiegato – la nostra lista ha conseguito l’1,4% alle scorse regionali dando per la prima volta una voce al meridionalismo. In occasione delle prossime amministrative saremo presenti in molti Comuni della Campania e delle altre regioni del Sud e a Napoli avremo sia una lista per il Comune, sia liste di MO-Unione Mediterranea per ciascuna delle dieci Municipalità”.

 

Bassolino si candida. Il PD supera se stesso: dalla rottamazione alla supervalutazione dell’usato.

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Di Eva Fasano

C’era una volta un piccolo rottamatore fiorentino. Prima di diventare capo del Governo e dei ‪#‎nogufi‬ del PD, l’ex Sindaco di Firenze Matteo Renzi saltellava da una poltrona televisiva all’altra per promuovere la sua ricetta social e giovanilistica della politica e della sinistra in particolare, auspicando la rottamazione dei “vecchi dinosauri della politica”. Per alcuni Renzi era l’immagine del “nuovo che avanza” e forse lo è ancora.

A conti fatti però, i risultati e le proposte del giovanissimo presidente del consiglio non paiono tanto innovative: la questione meridionale è ancora ignorata e rimandata a data da destinarsi, le famiglie stentano ad arrivare a fine mese, il Jobs Act ha cancellato i diritti dei lavoratori, la burocrazia delle PA è tutt’altro che snellita, l’Italia conta ancora poco nell’Unione Europea, nessun progetto di legge sulle unioni civili è mai stato discusso e così via. Eppure se controlliamo sul dizionario Treccani online leggiamo
“(iron.) Per antonomasia, Matteo Renzi, esponente politico del Partito democratico”.

Dal punto di vista della rottamazione delle persone, largo ai giovani e agli onesti, notiamo che il nuovo Presidente della Regione Campania è il piddino Vincenzo De Luca, ex Sindaco di Salerno per vent’anni, con qualche difficoltà di comunicazione e ancor più trascurabili problemi giudiziari pendenti. Un neonato della politica, insomma.

Oggi, sabato 21 novembre 2015, Antonio Bassolino annuncia la sua candidatura a Sindaco di Napoli. In tal senso il PD ha superato sé stesso, passando dalla rottamazione alla supervalutazione dell’usato. Se De Luca è stato il sindaco sceriffo per vent’anni, Bassolino cos’è, il “nonno che avanza”?

Antonio Bassolino (Afragola, 1947), ex esponente del Partito Comunista Italiano, del PDS e dei DS, oggi nel Partito Democratico. È stato deputato, sindaco di Napoli dal 1993 al 2000, Ministro del lavoro e della previdenza sociale nel primo governo D’Alema dal 1998 al 1999, Presidente della Regione Campania dal 2000 al 2010.

Non sappiamo some andranno le primarie del PD per individuare il candidato sindaco di Napoli, ma una cosa è certa: Bassolino ha asfaltato il Partito Democratico con due parole: “Mi candido”.

MO-Unione Mediterranea è felice per la candidatura di Bassolino, poiché essa ci sembra un’opportunità che i napoletani dovrebbero cogliere al volo. E’ arrivato il momento di scegliere da che parte stare e noi l’abbiamo già fatto.
La lista Mo! di Unione Mediterranea alle scorse regionali campane ha ottenuto la fiducia di 18 mila persone, che ringraziamo ancora, partendo dal nulla, ignorata da certi canali nazionali d’informazione, ricordiamo a tal proposito i casi Matrix di Canale 5 e Ansa, raccogliendo prima 7500 firme nelle piazze, tra i pendolari, poi facendo una campagna elettorale di soli 45 giorni con pochissimi mezzi e nessun finanziamento pubblico.

Con il progetto “Na – Napoli Autonoma” abbiamo realizzato l’unica, vera proposta innovativa per i partenopei e non prende ordini né da Roma né da Milano.

NA – Napoli Autonoma

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Noi
cittadini di Napoli e delle terre del Sud
non ci rassegniamo
al fatto di vivere in un Paese spaccato in due per lavoro, servizi pubblici,
diritto allo studio, alla salute, alla mobilità;

ci sentiamo offesi
dal sentire giudicato il Mezzogiorno come inguaribile palla al piede del Paese
e come luogo di rassegnazione e lamenti;

siamo convinti
che nessun popolo del mondo sia privo della capacità di governarsi;

denunciamo
i seguenti atti e omissioni dello Stato a causa dei quali da anni
aumenta il divario nel Paese:

1. Asili nido e istruzione: valutati zero i bambini del Sud.
Dal 2015 i fabbisogni standard comunali sono conteggiati in
modo palesemente distorto: si misurano non i bisogni della
popolazione ma i servizi erogati in passato, anche quando tali
servizi sono inadeguati o addirittura nulli. Il fabbisogno di
asili nido è stato conteggiato zero in città come Giugliano,
Pozzuoli, Casoria, Portici, Ercolano, San Giorgio a Cremano.

2. Sanità: meno risorse dove ci si ammala di più.
Dal 2012 si utilizza nel reparto del fondo sanitario la “formula
Calderoli” con il criterio della pesatura per età: si poche
persone raggiunto la vecchiaia si tagliano risorse per le cure
con la conseguenza che nei luoghi come la Terra dei Fuochi o
Taranto dove la speranza di vita è più bassa ci sono meno
servizi sanitari e si fa meno prevenzione.

3. Trasporti locali: treni e autobus vecchi e inquinanti al Sud.
Il governo è venuto meno a un dovere preciso: non ha attuato
la legge che gli impone di calcolare i livelli di servizio di
trasporto locale. Se non fissi il livello minimo non fai mai
scattare gli investimenti sul trasporto pubblico previsti dalla
legge sul federalismo e senza il rinnovo di treni e autobus il
servizio deperisce e aumenta l’inquinamento.

4. Manutenzione strade: meno soldi se ci sono più disoccupati.
Dal 2015 si utilizza l’irrazionale parametro del tasso di
occupazione Istat per dividere i fondi pubblici per la
manutenzione delle strade provinciali e metropolitane. In altre
parole si riducono le risorse dove ci sono meno occupati, in
base alla sola logica di favorire le aree più ricche.

5. Università: borse di studio e turnover dei prof minori al Sud.
Le borse di studio sono erogate in modo saltuario al Sud
anche agli aventi diritto: uno scandalo mai affrontato. Inoltre
dal 2013 c’è un tetto al turnover dei docenti universitari più
stringente dove i redditi familiari sono bassi, con l’effetto di
aver spostato l’assunzione di 700 ricercatori dagli atenei del
Sud a quelli del Centronord e favorito un drammatico calo di
iscrizioni nelle Università del Mezzogiorno.

6. Infrastrutture e porti: da “prima il Nord a “solo il Nord”.
Lo Stato ha partecipato al bando comunitario “Meccanismo
per connettere l’Europa” presentando progetti da realizzare
entro il 2020 esclusivamente per il Nord: i treni merci di
nuova concezione collegheranno il Brennero solo con i porti
dell’alto Tirreno e dell’alto Adriatico. Si rendono meno
competitivi i porti e gli interporti del Mezzogiorno, che è il
centro del Mediterraneo.

7. Livelli essenziali di assistenza: quindici anni di attesa.
Lo Stato dal 2001 non ha mai definito quanto previsto
all’articolo 117 lettera m della Costituzione, e cioè la
“determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale” facendo inceppare i
meccanismi solidali previsti in Costituzione.

8. Perequazione: c’è in Costituzione ma nessuno l’ha vista.
Nei commi 3 e 4 dell’articolo 119 si dice che “la legge dello
Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di
destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per
abitante” e che quelle risorse “ai Comuni, alle Province, alle
Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente
le funzioni pubbliche loro attribuite”. Quindi al Sud i servizi
pubblici non sono garantiti.

9. Produzione: sede dell’Alenia spostata da Pomigliano alla provincia di Varese.
Nel 2012 la fusione tra Alenia e la ben più piccola Aermacchi
ha visto lo spostamento della sede legale dalla sede storica di
Pomigliano d’Arco a Venegodo, in provincia di Varese. Nel
giro di pochi anni il top management è quasi tutto proveniente
dagli stabilimenti del Nord.

10. Fondi Ue: impegno statale ridotto a un terzo in Campania, Calabria e Sicilia.
Con il ciclo di fondi europei 2014-2020 il governo ha deciso
di ridurre a un terzo il cofinanziamento ai progetti europei in
tre regioni del Sud. In pratica un progetto finanziato in
Lombardia aggiunge a ogni euro di Bruxelles un euro italiano
mentre se lo stesso progetto è realizzato in Campania
l’impegno nazionale per ogni euro europeo scende a 33
centesimi.

Per tutto quanto sopra
noi, cittadini di Napoli e delle terre del Sud
consapevoli dei nostri doveri, dei nostri diritti e della
nostra identità
esigiamo
l’apertura di una specifica sessione parlamentare che, entro la
fine dell’attuale legislatura, esamini, valuti e corregga le
storture fin qui evidenziate;
proponiamo
la seguente legge d’iniziativa popolare che entro il 2016
faccia di Napoli, metropoli simbolo del Mezzogiorno, una
Città Autonoma

Istituzione di NA-Napoli Autonoma

(disegno di legge)

Articolo 1
1. Il Comune di Napoli, in quanto città capitale del maggiore stato preunitario italiano e metropoli con una sua specifica identità, legata a peculiarità storiche, ambientali e demografiche riconosciute dagli organismi internazionali, in applicazione dell’art. 118, secondo comma, della Costituzione è definito Città Autonoma e assume la denominazione Napoli Autonoma, in sigla NA. Il Consiglio comunale assume la denominazione di Assemblea Partenopea.

Articolo 2
1. Napoli Autonoma è un ente territoriale i cui attuali confini sono quelli del Comune di Napoli e dispone di speciale autonomia, statutaria, amministrativa e finanziaria, nei limiti stabiliti dall’art. 119 della Costituzione. L’ordinamento di Napoli Autonoma è diretto a garantire il miglior assetto delle funzioni che Napoli è chiamata a svolgere quale principale metropoli e motore di sviluppo dell’Italia meridionale, patrimonio Unesco nonché sede nazionale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

2. Oltre a quelle attualmente spettanti al comune di Napoli, sono attribuite a Napoli Autonoma le seguenti funzioni amministrative:
a) concorso alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali, culturali previo accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali;
b) sviluppo economico e sociale di Napoli Autonoma, nell’interesse di tutta l’area metropolitana, con particolare riferimento alla programmazione dei fondi comunitari e alla valorizzazione dei settori produttivo, portuale, turistico, commerciale, universitario e delle comunicazioni;
c) sviluppo urbano, pianificazione e riqualificazione territoriale;
d) edilizia pubblica e privata;
e) organizzazione e funzionamento dei servizi urbani, con particolare riferimento al trasporto pubblico e alla mobilità dell’area metropolitana;
f) protezione civile, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri e la Regione Campania;
g) ulteriori funzioni conferite dallo Stato e dalla regione Campania, ai sensi dell’art. 118, secondo comma, della Costituzione.
3. L’esercizio delle funzioni di cui al comma 2 è disciplinato con regolamenti adottati dall’Assemblea Partenopea, nel rispetto della Costituzione, dei vincoli comunitari ed internazionali, della legislazione statale e di quella regionale nel rispetto dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione, nonché in conformità al principio di funzionalità rispetto alle speciali attribuzioni di Napoli Autonoma.
4. L’Assemblea Partenopea, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, approva, ai sensi dell’art. 6, commi 2, 3 e 4, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con particolare riguardo al decentramento municipale, lo statuto di Napoli Autonoma, che entra in vigore il giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
5. Con uno o più decreti legislativi è disciplinato l’ordinamento, anche finanziario, di Napoli Autonoma, con specificazione delle funzioni di cui al comma 2, definizione delle modalità per il trasferimento a Napoli Autonoma delle relative risorse umane e dei mezzi, trasferimento, a titolo gratuito, a Napoli Autonoma dei beni appartenenti al patrimonio dello Stato non più funzionali alle esigenze dell’Amministrazione centrale.

Articolo 3
1. In via sperimentale, nelle more di una piena e corretta applicazione del federalismo fiscale e in particolare da quanto previsto nella Costituzione all’articolo 117 lettera m (determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale) e 119 terzo e quarto comma (la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante, tale da consentire insieme alla risorse proprie di finanziare integralmente le funzioni pubbliche attribuite ai Comuni), e fermo restando quanto previsto dai decreti di cui all’articolo 2 comma 4 a Napoli Autonoma viene attribuita una quota di tributi propri di importo pari per il 2016 a quanto attribuito dal Fondo di solidarietà comunale per il 2015 e cioè 258.899.633 euro, quale saldo tra finanziamento e contributo.

2. Napoli Autonoma per il 2016, 2017 e 2018 non partecipa né in modo attivo né in modo passivo alla quota solidaristica del Fondo di solidarietà comunale di cui all’articolo 1, comma 380, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, ma soltanto al ristoro integrale dell’Imu e della Tasi, in base a quanto previsto dall’articolo 1 comma 17 della legge 208/2015 (legge di Stabilità 2016) e in particolare a quanto dovuto al Comune di Napoli al fine di tenere conto dell’esenzione di cui ai commi da 10 a 16, 53 e 54 dell’articolo 1 della legge 208/2015, prevista per l’Imu e la Tasi.

3. Per effetto di quanto previsto dal comma precedente, per ciascuno dei medesimi anni 2016, 2017 e 2018 dal Fondo di solidarietà comunale il governo può effettuare con decreto del Ministero dell’economia e finanza un prelievo straordinario in favore delle finanze statali fino a un massimo di 258.899.633 euro.

4. Per gli anni 2016, 2017 e 2018 le imposte sui trasferimenti di immobili (Iva, Registro e bollo, ipotecaria e catastale e successioni o donazioni) relative a beni ricadenti nel Comune di Napoli sono integralmente assegnate a Napoli Autonoma.

5. Per il 2016 a Napoli Autonoma è assegnata una percentuale di compartecipazione al gettito Irpef relativa ai redditi del 2015 dei residenti nel Comune di Napoli di una quota tale da pareggiare, unitamente a quanto previsto dal comma 4, l’importo di 258.899.633 euro: i versamenti effettuati al Comune di Napoli nel 2016, prima dell’entrata in vigore della presente legge, sono considerati acconti di quanto previsto in questo e nel comma precedente. La percentuale di gettito Irpef, individuata con decreto dal Ministero dell’economia e finanza entro il 30 settembre 2016, sarà assegnata a Napoli Autonoma nel 2017 e nel 2018 in misura invariata, indipendentemente dalle eventuali variazioni di gettito sia dell’Irpef stessa, sia delle imposte indicate al comma 3.

Articolo 4
1. La presente legge, che non ha oneri per lo Stato, entra in vigore il primo luglio 2016.
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Introduzione

Napoli era di gran lunga la maggiore città italiana al momento dell’Unità, sia per abitanti, sia per ricchezza in valore assoluto. Il suo declino politico è stato repentino, ma era inevitabile in un processo d’unificazione e ha colpito anche città come Torino, Firenze e, in precedenza, Venezia. Il declino economico di Napoli, invece, non era affatto scontato e dopo il 1861 è proseguito per decenni: l’assenza o la debolezza di un ruolo guida nazionale riconosciuto tra i tanti possibili per Napoli – economico, finanziario, commerciale, industriale, turistico, culturale, giuridico – hanno fiaccato il tessuto sociale della principale metropoli italiana fino ad attribuire a Napoli un’etichetta negativa: città assistita.

logoummona

1. L’Autonomia? E’ già in Costituzione

Prima di avventurarsi in una riforma di forte impatto come NA occorre valutare se è in linea con i principi della Costituzione repubblicana. L’articolo 114, secondo comma, fa cadere i dubbi.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.
Inoltre l’articolo 118, secondo comma, dice espressamente che è possibile differenziare le funzioni per specifici Comuni.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
Di particolare valenza è l’articolo 119 della Costituzione, composto da sette commi. Ecco il primo.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
Perfetto. Quindi l’autonomia finanziaria è la regola. Ora il secondo comma.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
E anche qui ci siamo. Le risorse dei Comuni, come degli altri enti territoriali, devono essere autonome e di due tipologie: entrate proprie e compartecipazioni al gettito di tributi erariali
riferibili al territorio. Ora il terzo comma.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Il fondo perequativo non è mai stato istituito. Al suo posto ora c’è un fondo di solidarietà comunale, pagato dagli stessi Comuni in rapporto al gettito dell’Imu. Il fatto che la perequazione sia “senza vincolo di destinazione” conferma il principio di autonomia degli enti. Tuttavia, da un punto di vista sostanziale, un Comune che ha bisogno della perequazione per sostenersi è meno autonomo. Passiamo al quarto comma.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni
pubbliche loro attribuite.
Qui c’è una dichiarazione di principio importante: una volta attribuite le funzioni a un ente locale, questo deve ricevere tra entrate proprie, compartecipazione e perequazione una somma tale da coprire al 100% la spesa, intesa come spesa a costo standard, quindi efficiente. E’ lo Stato che ha il compito (articolo 117, lettera m della Costituzione) di determinare i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Tali livelli non sono mai stati indicati, per cui non è possibile determinare con esattezza la somma che occorre per “finanziare integralmente” le funzioni pubbliche attribuite agli enti locali né è possibile determinare l’importo necessario per il fondo di perequazione. Passiamo poi al quinto comma, sempre dell’articolo 119.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse
aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
Qui c’è spazio per interventi straordinari, che esulano dalle funzioni normali di un ente locale e che quindi non incidono sulla loro autonomia. Ora i commi sei e sette, che chiudono il 119 e che sono anch’essi perfettamente in linea con il principio di autonomia.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato.
Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E’ esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.

2. Federalismo fiscale: un mostriciattolo

Come funziona oggi il federalismo fiscale per i Comuni? Non si sbaglia a descriverlo come un mostriciattolo, un essere dalle sembianze ben diverse da quelle che erano state previste sia nella Costituzione (così come modificata nel 2001), sia nella legge delega, la 42 del 2009, così come nei decreti attuativi del federalismo municipale del 2011. Non sono stati individuati i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Non è stato istituito il fondo di perequazione. I fabbisogni standard comunali sono stati calcolati per i 6.707 Comuni delle quindici regioni a statuto ordinario; tuttavia per istruzione e asili nido si è proceduto in modo irrazionale e dannoso per il Mezzogiorno: in assenza dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni) si è considerato come livello di riferimento quello effettivamente erogato nel 2010, con risultati paradossali. Laddove un Comune non aveva erogato alcun servizio di asilo nido, per esempio, il fabbisogno standard di quel Comune è stato posto a zero, in evidente contraddizione sia con la logica (il fabbisogno misura il bisogno della popolazione) sia con quanto prevede la legge, che chiede di superare il principio della spesa storica.
Napoli, in particolare, si è vista attribuire un fabbisogno standard di asili nido e istruzione pari ad appena un terzo di quanto è stato assegnato a Torino, città che ha meno abitanti.
Va considerato che per altre voci, come i servizi sociali per anziani, si è invece valutato l’effettivo bisogno della popolazione e non la spesa storica, assegnando quindi un fabbisogno anche nei comuni che non erogavano alcun servizio in merito. La mancata determinazione dei Lea inceppa anche il meccanismo che dovrebbe portare a investimenti omogenei sui territori relativi al trasporto locale.
E’ un mostriciattolo anche il fondo di perequazione che, per legge, per i Comuni doveva partire nel 2013. In attesa del fondo di perequazione era stato istituito un fondo sperimentale di riequilibrio. Con la legge Salva Italia del governo Monti di fine 2011 si è disposto un taglio di 2 miliardi a valere sul fondo sperimentale di riequilibrio e, una volta istituito, sul fondo di perequazione. Con il taglio preventivo del fondo di perequazione lo Stato ha violato in modo esplicito la Costituzione perché l’importo della perequazione non può essere determinato a priori ma deriva in modo matematico dalle scelte effettuate sul livelli essenziali delle prestazioni e dal calcolo dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali. Se, per ipotesi, il livello delle prestazioni da garantire in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale è fissato a una quota così bassa che anche il Comune con la minore capacità fiscale riesce a pagare i servizi, allora la perequazione necessaria è zero e non è pertanto tagliabile. Se invece il livello delle prestazioni è posto a una quota tale che per alcuni Comuni è necessario integrare le risorse proprie, allora il fondo di perequazione ha un valore maggiore di zero, ma non è tagliabile perché altrimenti si violerebbe il comma quattro dell’articolo 119, cioè quello che afferma come il fondo di perequazione insieme alle altre voci di entrata comunali deve consentire il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche attribuite.
Tagliare la perequazione equivale a negare l’uguaglianza dei cittadini di fronte ai diritti fondamentali.
Nel 2013 il fondo sperimentale di riequilibrio ha cambiato denominazione in fondo di solidarietà comunale. Al contrario del fondo di perequazione previsto dall’articolo 119, il fondo di solidarietà comunale non è alimentato dallo Stato bensì dai singoli Comuni con una quota pari al 38% dell’Imu. Lo Stato quindi è venuto meno al suo compito di assegnare la
perequazione e, addirittura, nel 2015 lo Stato ha succhiato per esigenze di cassa 1,2 miliardi dal fondo di solidarietà comunale, quindi ha “perequato” a favore di se stesso.

3. Napoli città assistita?

I trasferimenti pubblici ai Comuni si sono fortemente ridotti negli anni recenti, cioè da quando è entrato in vigore il federalismo fiscale. A Napoli, il Comune più sussidiato d’Italia in valore assoluto, si è registrato il seguente andamento.
2010 Trasferimenti erariali 646.437.167
2011 Fondo sperimentale riequilibrio 514.143.937
2012 Fondo sperimentale riequilibrio 426.012.328
2013 Fondo solidarietà comunale avere 382.166.815
2013 Fondo solidarietà comunale dare -67.639.651
2014 Fondo solidarietà comunale avere 375.032.449
2014 Fondo solidarietà comunale dare -65.012.266
2015 Fondo solidarietà comunale avere 323.931.978
2015 Fondo solidarietà comunale dare -65.032.315
In pratica si è passati da 646 milioni nel 2010 della situazione ante federalismo fiscale a 259 milioni nel 2015 considerando il saldo tra dare e avere del Fondo di solidarietà comunale.

Un taglio del 60% pari a 387 milioni!

I 259 milioni di euro fanno di Napoli ancora una città assistita? Nell’opinione generale sì, tuttavia le imposte riferibili al territorio napoletano, cioè le tasse pagate dai contribuenti napoletani, sono superiori alle somme che restano in città sotto forma erogazioni dirette o di servizi pubblici, perché questi ultimi sono inferiori alla media procapite nazionale per pensioni, sanità, trasporti, investimenti. Napoli, insomma, può pagarsi da sola i servizi che riceve e liberarsi dall’etichetta di città assistita.

4. NA, un passo verso la piena autonomia

Come primo passo verso una più ampia autonomia, il Comune di Napoli deve diventare autonomo dal punto di vista fiscale, in linea con la Costituzione. Non bisogna cessare di chiedere l’applicazione della Carta costituzionale e quindi livelli di servizi omogenei sul territorio nazionale, la perequazione e, quando necessario, interventi speciali per rimuovere gli squilibri economici e sociali e per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona. Tuttavia, nella situazione attuale, è necessario intanto individuare risorse proprie per 259 milioni di euro per liberare Napoli da un fondo di solidarietà che pesa sugli altri Comuni ed è soggetto a continui interventi legislativi che ne rendono aleatorio sia l’importo sia i tempi di
erogazione.
La proposta di NA è attribuire al Comune di Napoli, in linea con l’articolo 119 della
Costituzione, due imposte strettamente riferibili al territorio e cioè:

– Imposte sui trasferimenti di immobili

-Compartecipazione Irpef

La prima vale a livello nazionale 8.930 milioni di euro tra Iva (4.260 milioni), Registro e bollo (2.640 milioni), ipotecaria e catastale (1.420 milioni) e successioni o donazioni (620 milioni). Nel decreto legislativo 23 del 2011 sul federalismo municipale si prevedeva la devoluzione ai Comuni di tale imposta, norma poi cassata con il comma 729 della legge di Stabilità del 2014 (legge 147/2013). Il suo valore per la città di Napoli è stimabile in 150 milioni.
La compartecipazione Irpef (cosa diversa dall’addizionale) ha per effetto la cessione al Comune dove sono residenti i contribuenti Irpef di una quota del gettito. Se il valore di 150 milioni dovesse essere confermato, resta da coprire un gettito di 109 milioni che a Napoli equivale a 1,2 punti di Irpef. In ogni caso la legge è costruita per pareggiare esattamente i 258.899.633 euro del saldo netto del Fondo di solidarietà comunale del 2015 e fa salvo quanto dovuto dallo Stato al Comune di Napoli a titolo di rimborso per l’Imu e la Tasi prima casa (comma 17 legge di Stabilità 2016).
Il saldo per la città di Napoli per il 2016 è per definizione zero: rinuncia dal 2016 al Fondo di solidarietà comunale e aumento delle entrate tramite le imposte sui trasferimenti di immobili e la compartecipazione nell’ordine di 1,2 punti di Irpef.

Ecco gli effetti di NA:
– per il contribuente partenopeo non c’è alcun aggravio, né economico né burocratico, ma c’è la soddisfazione di sapere che una quota maggiore delle imposte che paga resta nella sua città;
– per i Comuni diversi da Napoli c’è un guadagno netto di 259 milioni come saldo tra minore gettito Imu di Napoli (65 milioni) e minore esborso del Fondo di solidarietà (324 milioni);
– per lo Stato c’è un minore gettito di entrate proprie di 259 milioni, che può recuperare (lo prevede l’articolo 3, comma 3 del disegno di legge) in tutto o in parte con un prelievo dal Fondo di solidarietà comunale, portando a zero anche il saldo per i Comuni;
– per il Comune di Napoli c’è un collegamento diretto tra miglioramento delle condizioni economiche generali e gettito tributario.
Un Comune che saprà ben amministrare se stesso punterà sulla riqualificazione urbana del centro come delle periferie, sul miglioramento della rete di trasporto pubblico, sull’attrazione di investimenti e di flussi turistici, sulla programmazione e spesa dei fondi europei, sulla valorizzazione di specificità come la presenza della sede nazionale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e di un polo universitario con tradizione millenaria. Nel disegno di legge d’iniziativa popolare si prevede l’istituzione di Napoli Autonoma e si punta su un incremento di funzioni e di responsabilità, sulla falsariga di quanto accaduto per Roma Capitale. A sottolineare l’innovazione, il Consiglio comunale di Napoli viene ridenominato Assemblea Partenopea. Gli effetti economici di un rilancio della città di Napoli saranno un aumento dei valori immobiliari e delle compravendite, nonché una crescita delle attività economiche e quindi dei redditi dei residenti. L’avvio di un circuito virtuoso, spinto anche dall’orgoglio di una città che ricomincia da se stessa senza aspettare sempre aiuti esterni, potrà avere effetti diretti positivi, con un aumento del gettito dalle imposte sugli immobili e dalla compartecipazione Irpef.
Tale maggiore flusso di risorse potrà essere utilizzato sia per ridurre la pressione fiscale sulle imposte proprie del Comune (come addizionale Irpef e Tasi), sia per erogare servizi di migliore qualità e accelerare la riqualificazione urbana.

La responsabilità, però, è una medaglia con due lati: se Napoli non sarà capace di investire su se stessa, il gettito fiscale diminuirà e il quadro finanziario diventerà più pesante rispetto
a un meccanismo basato sui sussidi. Ma non è proprio di questo che ha bisogno una comunità per mettersi alla prova? Le sfide rendono forti.
=========la citazione===========

“La città di Napoli, come tutte le grandi città che cessano di essere centri di un governo di un grande Stato, la città di Napoli ha fatto all’Italia un immenso sacrificio; l’Italia ha in questo modo contratto un grande debito verso la città di Napoli e l’Italia dovrà soddisfarlo”.

(Ubaldo Peruzzi, fiorentino, primo ministro dei Lavori pubblici, discorso in Parlamento del 1861 – tratto da G. Galletti, P. Trompeo, Atti del Parlamento italiano: sessione del 1861, VIII legislatura, p. 163, Tipografia Eredi Botta, Torino 1862)

 

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