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Il Segretario di MO Unione Mediterranea Vittorio Terracciano a “Rinascita in festa”, organizzata lo scorso 19 agosto a Cinquefrondi dall’Associazione Rinascita Per

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L’intervento del Segretario di MO Unione Mediterranea, Vittorio Terracciano, nella giornata conclusiva di “Rinascita in festa”, organizzata lo scorso 19 agosto a Cinquefrondi dall’Associazione Rinascita Per.
All’evento, di portata nazionale, hanno preso parte diverse realtà del Sud, e non solo, come Il Sud che Sogna con il sindaco di Cinquefrondi Michele Conia, Dema con il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, Rinascita per Cinquefrondi, Potere al Popolo, Cambiamenti, il sindaco uscente di Messina Renato Accorinti e tante Associazioni che operano sul territorio per parlare di autodeterminazione del Sud e degli strumenti per uscire da una logica di tipo coloniale che toglie ogni speranza di rinascita.

 

 

Terroni o coglioni.

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Meridionalismo, un concetto ancora in cerca di risposte .

ll Meridionalismo è il complesso degli studi, sviluppatisi nel corso del XX secolo, riguardanti le problematiche del periodo postunitario connesse all’integrazione del Mezzogiorno d’Italia nel contesto politico, economico e culturale, originatosi nel nuovo Stato unitario.

I meridionalisti da Giustino Fortunato deputato, poi senatore del Regno d’Italia che, con Pasquale Villari, fu il primo fra i grandi meridionalisti propriamente detti che evidenziò come l’Unità d’Italia fosse stata la rovina economica del Mezzogiorno: «…L’unità d’Italia è stata e sarà – ne ho fede invitta – la nostra redenzione morale. Ma è stata, purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, il 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L’unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all’opinione di tutti, che lo Stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali, ai recenti Nicola Zitara (1927 – 2010) che ha descritto l’Unità d’Italia come un’operazione di colonialismo, prima militare (la legge Pica e la campagna militare contro il brigantaggio) e, successivamente, economico e commerciale, passando da, Nitti, Salvemini e Gramsci solo per citarne alcuni tra i più noti denunciatori della Questione Meridionale, fino agli attuali Marco Esposito e Pino Aprile, che hanno rivitalizzato dalle nuove finestre informative offerte dal web e dai testi di libri tematici come Terroni (Pino Aprile) e Separiamoci (Marco Esposito), attualizzando l’annosa Questione con un linguaggio più comprensibile per il lettore, ricco di esempi concreti, misurabili e per questo non opinabili soprattutto per chi vive al nord, hanno descritto il fenomeno cercando soluzioni per porvi rimedio.

Diverse sono le realtà politiche meridionaliste che ispirate dalle azioni di queste personalità si sono impegnate nell’affrontare la Questione, ma come intendono le odierne realtà meridionaliste il meridionalismo ?

Quante di queste condividono il concetto che meridionalismo, per potersi definire tale, deve essere dichiaratamente alternativo ai partiti nazionali ?

Alcune sono nate come costola di partiti nazionali che nelle intenzioni dovrebbero, grazie al supporto di questi, dare maggior voce alle esigenze delle agonizzanti Regioni del sud Italia, ultime tra le 270 della UE.

L’esperienza però di come i partiti nazionali antepongano sempre gli interessi di carattere nazionale alle esigenze delle Regioni meridionali, con buona pace dei parameridionalisti, dovrebbe aver prodotto i naturali anticorpi al perenne sopraggiungere (siamo oramai ben oltre il secolo e mezzo) degli interessi nazionali che imbrigliano anche le migliori intenzioni delle frange meridionaliste interne dei partiti nazionali.

Si potrebbe giustamente affermare che sia normale far prevalere gli interessi di carattere nazionale rispetto a quelli locali,  ma è facilmente intuibile dal mancato rispetto dell’articolo 3 della Costituzione, specie nel secondo comma, che per il Mezzogiorno d’Italia si tratta in realtà di mascherare il colonialismo come azione di interesse nazionale: un camuffamento ad arte, un inganno. Comprendere questo equivoco corrisponde a trovare la chiave del concetto di meridionalismo

 

Oggi partiti/movimenti meridionalisti come MO Unione Mediterranea, Meridem , Insorgenza o Sud che Sogna, solo per citarne alcuni,  sono la dimostrazione che la frammentazione è purtroppo uno degli elementi caratteristici del mondo meridionalista ed è vista come uno dei suoi maggiori limiti se non, addirittura, l’ostacolo maggiore ad un successo più consistente della causa.

Chi vuole o spinge per questa frammentazione offre, per alimentarla, spazio all’interno di partiti nazionali alle istanze meridionaliste di fatto fagocitandole e diluendole in tematiche di carattere nazionale che, allo stato attuale, nulla hanno portano alla risoluzione della nostra Questione Meridionale.

 

A fronte, mediamente, di una sopraggiunta pari condizione sociale tra le classi medie della UE, e dalle già smentite teorie Lombrosiane sulla “diversità” del Meridione frutto dell’inferiorità antropologica, la condizione attuale del Mezzogiorno d’Italia dimostra che il vero ostacolo alla risoluzione della Questione Meridionale sta nella politica nazionale che ripete a loop il concetto di colonialismo (oggi esigenze nazionali) del nord verso sud del paese così come pensato fin dalla prima fregatura che presero i liberali, anch’essi come Giustino Fortunato in buona fede 157 anni fa e poi diventati semplici Terroni.

Ripetere oggi gli stessi errori ci farà fare il passo a livello superiore:

da Terroni a coglioni.

 

Massimo Mastruzzo

Portavoce Nazionale MO Unione Mediterranea

IL MERIDIONE CERCA SE STESSO

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MA DEVE FARLO DA SOLO.

Deve essere stato l’incontro tra il Governatore del Veneto, il Leghista Luca Zaia, e la neo Ministra degli Affari Regionali e delle  Autonomie, la leghista veneta Erika Stefani, avvenuto per siglare l’intesa in cui si stabiliscono per legge, più poteri ma soprattutto più soldi, 35 miliardi di euro,  per il nord a destare le attenzioni dei governatori delle Regioni del mezzogiorno : Vincenzo De Luca (Campania), Nello Musumeci (Sicilia), Mario Oliverio (Calabria), Marcello Pittella (Basilicata), e Donato Toma (Molise). In collegamento c’è Michele Emiliano (Puglia), che aderisce al “ Patto per sud” .

Un accordo politico per tutelare al meglio gli interessi del Sud attraverso “una grande battaglia comune per il Mezzogiorno”. La proposta è stata del governatore campano Vincenzo De Luca ci sono tutti i presidenti delle regioni del Sud chiamati a raccolta a Napoli per verificare la possibilità di varare politiche economiche comuni all’interno di un accordo politico.

Ma cos’è IL SEQUEL di Ritorno al Futuro – Il patto per il sud ?

Rewind: Il 20 marzo 2000, a Napoli, Bassolino ed altri rappresentanti del territorio del Mezzogiorno come  Giovanni Di Stasi (Molise), Giannicola Sinisi (Puglia), Nuccio Fava (Calabria), Filippo Bubbico (Basilicata)  sottoscrivono il Patto di Eboli, un “Manifesto” che doveva tradursi in  un accordo politico per tutelare al meglio gli interessi del Sud attraverso “una grande battaglia comune per il Mezzogiorno”.                          ”Non prenderemo ordini dai partiti, ne’ in sede locale ne’ in sede nazionale”. Con questo messaggio, i cinque candidati per la presidenza delle Regioni del Mezzogiorno si avviavano ad una stretta e forte collaborazione, che implicava una sorta di affrancamento dai partiti nazionali.

Doveva  rappresentare la via d’uscita  alla condizione coloniale del territorio meridionale.

Ma della indicazione exit non vi si è trovata traccia in nessuna realtà amministrativa del sud, forse perché  amministrate da esponenti espressione di partiti nazionali che hanno preso ordini dai loro partiti sia in sede locale  che in sede nazionale?

Tra il dire e il fare c’è di mezzo, ancora, il partito nazionale

Voglio credere nella buona fede delle intenzioni, seppur stranamente ciclicamente ventennali, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo, ancora, il partito nazionale ovvero l’equilibrio nazionale duale costruito su un sistema coloniale.

“… L’unità non era avvenuta su una base di eguaglianza, ma come egemonia del nord sul Mezzogiorno…”   “ … il nord concretamente era una piovra  ce si arriccia alle spese del sud…”    (cit. Antonio Gramsci)

Il Sud è sempre stato “oggetto” di politiche pubbliche decise altrove, mai “soggetto” determinate di esse semplicemente perché dietro ad ogni azione di politica locale, seppur  ricca di buoni propositi, si nascondono le reali intenzioni del sistema politico italiano: il mantenimento dello status quo che “garantisce” la stabilità di un sistema nazionale collaudato da 157 anni.

Meridionalismo alternativa possibile

I partiti nazionali, ed i loro rappresentanti, sono inadatti ad affrontare la Questione Meridionale in quanto ne sono stati la causa o quanto meno sono stati fortemente collusi con chi l’ha favorita, e soprattutto perché lo stato dei fatti, inclusi i vari Patti per il sud,  ne offre una conferma a prova di smentita.                   la Questione Sud non può essere affrontata da chi contemporaneamente deve pensare al nord, questo perché la disomogeneità territoriale è talmente ampia che se chi ha meno non si costruisce una propria rappresentanza autonoma dai partiti nazionali difficilmente otterrà più di quanto gli viene già “concesso”.
La mia vuole essere una dichiarazione universale del concetto di meridionalismo. Il Meridionalismo deve darsi un’identità essere dichiaratamente alternativa ai partiti nazionali.

NO ai Partiti nazionali, perché?

Una azienda gestisce due società: una milita perennemente ai vertici del campionato nazionale e compete alla pari con le altre realtà della UE, l’altra milita perennemente in terza serie e lotta, ultima tra le 270 presenti in UE, per non retrocedere definitivamente.
Come può questa azienda, avendo a disposizione lo stesso bilancio, mantenere la competitività della società che compete ai vertici nazionali ed europei e aiutare la società intrappolata in terza serie ?         Nella migliore delle ipotesi, e sperando nella buona fede di chi amministra questa azienda, si procederà con il mantenere alta la competitività della società più ricca, prevedendo per la società più povera di mantenere  “dignitosamente” l’ultimo posto in UE.

Meridionalismo ok, ma cos’è ?

Meridionalismo è prendere coscienza della condizione in cui versa il territorio meridionale e chi ci vive. È considerare se questa condizione di minorità ha delle responsabilità politiche nazionali o è da addebitare ad una incapacità antropologica dei meridionali.
È ragionare sulla possibilità che il mancato rispetto dell’art. 3 della Costituzione sia una distrazione dei vari governi che si sono alternati oppure una assurda volontà di mantenere lo status quo.
È riflettere sulla possibilità che la condizione di minorità possa essere risolta da chi, avendo governato, l’ha causata oppure partendo dalla costruzione di una realtà territoriale che, in quanto tale, non può che essere definita Meridionalista.
Credere ancora che la soluzione per il Mezzogiorno possa arrivare da partiti nazionali (anche quelli in buona fede) è rincorrere un luce in fondo ad un tunnel per scoprire che si tratta, ancora una volta, dell’ennesima lampadina accesa.

 

Massimo Mastruzzo

Portavoce Nazionale MO Unione Mediterranea

 

 

Cosa c’entra il fascismo con il meridionalismo? Niente.

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di Raffaele Vescera

Che c’entra il fascismo con il meridionalismo?
Se qualcuno crede che l’ormai impetuosa consapevolezza neo-meridionalista possa avere un’anima reazionaria, nostalgica, fascista o comunque violenta si sbaglia di grosso. La cultura della violenza politica, del razzismo, del nazionalismo esasperato e del militarismo si è storicamente affermata al Nord dello stivale. Il fascismo, come universalmente riconosciuto, è un fenomeno violento nato tra gli agrari padani che organizzavano squadre armate per reprimere il forte movimento bracciantile. Stessa cosa, è vero, accadeva al Sud, dove gli agrari facevano ricorso alle bande mafiose, ma questo sistema segreto non poteva affermarsi come ideologia politica, cosa che invece avvenne al Nord, dove il fascismo conquistò presto il consenso degli industriali che lo usarono per fermare la ribellione della classe operaia, anche questa violenta in verità. Ma forse quest’ultima aveva l’attenuante della legittima difesa.
Consenso ricevuto anche dal liberalismo italiano, compreso quello di Benedetto Croce, che seppur pentito, ha prodotto danni enormi alla sua gente.

Insieme al controllo degli operai, il capitalismo italiano, uscito rafforzato dalla grande guerra, (costata un milione di morti vieppiù meridionali mandati al macello nelle trincee poiché i settentrionali servivano quale forza lavoro nel triangolo industriale) mirando all’ulteriore espansione produttiva, sposava in pieno la vieta ideologia “imperiale” dei Savoia, coltivata da secoli in Piemonte. Piemonte definito dal Amadeo Bordiga, sodale di Gramsci, uno staterello militarista. Il modello coloniale adottato dal Piemonte, a partire dal ‘700 in Sardegna, una terra letteralmente desertificata, con i Sardi, trattati quale razza inferiore da sfruttare, fu riproposto un secolo dopo nelle Due Sicilie, e il secolo successivo in Africa e nei Balcani.

“L’Italia settentrionale ha soggiogato l’Italia meridionale e le isole, riducendole a colonie di sfruttamento”. Scriveva Antonio Gramsci, e ancora: “Lo Stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di briganti.”
Ma la sinistra italiana dimenticava presto queste elementari verità storiche enunciate da Gramsci e sposava essa stessa la teoria interessata di un Sud colpevole della propria povertà. La classe operaia del Nord veniva così messa contro i contadini del Sud, impedendo l’alleanza propugnata da Gramsci, mentre il capitalismo industriale del Nord, votato al fascismo, ben si saldava con quello agrario del Sud. Ancora una volta a rimorchio degli interessi subalpini, dopo l’alleanza “risorgimentale”.

Quando il Piemonte, in guerra permanente da decenni, munito di un esercito mercenario al servizio delle potenze europee, invase le Due Sicilie, si trovò di fronte uno stato pacifico da secoli, dove la retorica militarista di stampo franco-prussiano non aveva mai attecchito tra le classi colte, più propense alla crescita intellettuale illuminata e all’uso delle arti più che delle armi, com’è giusto che sia in uno stato civile. Questa propensione, unita alle convinzioni cristiane della dinastia borbonica, facevano delle Due Sicilie uno stato moderato, comunque in crescita economica e proiettato verso traguardi di civile modernità, com’è accaduto ad altri stati europei di pari condizione che non hanno subito tale devastante, ancorché “fraterna”, occupazione.
L’animo pacifico dei meridionali cozzava con la retorica militarista fascista, capeggiata in gran parte da gerarchi di provenienza padana, come lo stesso Mussolini che, come riporta il diario di Giuseppe Bottai, nel 1935 sosteneva: “Bisognerà fare una marcia su Napoli, per spazzare via chitarre, mandolini, violini e cantastorie.” Poi, nel luglio del 1941, quando Napoli fu colpita dai primi attacchi aerei degli Alleati, Mussolini, secondo quanto riportato nel diario di Galeazzo Ciano, disse: “Sono lieto che Napoli abbia delle notti così severe. La razza diventerà più dura. La guerra farà dei napoletani un popolo nordico”.

Non è un caso che, il divario economico tra Nord e Sud, inesistente nel 1860, come dimostrato da vari studi economici, cresciuto via via a causa dello sfruttamento coloniale imposto al Sud dall’Italia unita, raggiunse il suo massimo storico, durante il ventennio nero: il 50%. Risalito al 68% negli anni ’80, grazie alla pur vituperata azione della Cassa del Mezzogiorno, e ridisceso in seguito, tornava all’attuale 53% . Ciò grazie all’azione politica, in accordo col berlusconismo e la complicità della sinistra, della Lega Nord, altra creatura del capitalismo subalpino, utile a stroncare sul nascere lo sviluppo industriale del Sud, concorrenziale a quello settentrionale. I valori adottati, sempre gli stessi del fascismo: razzismo e disprezzo verso gli “indolenti meridionali”. Tanto indolenti da essere estranei alla violenza fascista e al successivo terrorismo, di sinistra o di destra che fosse, ma tanto coraggiosi da essere stati i primi a ribellarsi, nel ’43 a Napoli, alla belve naziste, cacciate dalla città da donne e scugnizzi partenopei. Ma questa è un’altra storia.

No meridionalismo? no sud

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di Massimo Mastruzzo
Portavoce Nazionale di MO Unione Mediterranea.

Solo chi matura una coscienza meridionalista può contribuire alla nostra causa. Il resto pur, essendo battaglie condivisibili, non possono essere declinate al concetto di meridionalismo.

Tra un mese dovremo scegliere  a quale partito o movimento dare il nostro voto, ho sia amici che “tendono” a sinistra, sia amici che “bazzicano” a destra o che “credono” nei cinquestelle, tutti loro hanno le loro convinzioni e su alcuni punti ognuno di loro ha anche argomenti  condivisibili, ma nessuno verte verso la più grande questione italiana irrisolta: la Questione Meridionale.
Non è retorica, l’Italia ha nel suo sud le Regioni più povere d’Europa e seppur ogni nazione abbia al suo interno territori più o meno ricchi la disomogeneità territoriale presente in Italia non ha eguali in Europa.
Flax Tax, espulsioni, altri 80 euro, università gratis, reddito di cittadinanza, creeranno più occupazione nel Mezzogiorno o quanto meno renderanno almeno equa la disoccupazione?
Miglioreranno le infrastrutture ferroviarie autostradali?
Renderanno degna di uno Stato civile la sanità anche nel sud ?
No, nessuna delle proposte, condivisibili o meno, presente nei programmi dei partiti nazionali, sembra andare incontro alle esigenze di un meridione a rischio desertificazione umana e industriale; i bus che da sud a nord trasportano gli emigrati “Terroni” non subiranno improvvisi cali di clientela; il porto di Gioia Tauro, il più grande porto in Italia per il throughput container, il 9° in Europa ed il 6° nel Mediterraneo, continuerà a non avere le infrastrutture di terra che ne garantirebbero un futuro certo; Matera continuerà ad essere un capoluogo di provincia senza autostrada e senza ferrovia.
L’ elastico della disomogeneità tra il nord e il sud non si accorcerà ed il rischio che si spezzi diventa sempre più concreto.
Solo chi matura una coscienza meridionalista può contribuire alla causa del sud. Il resto saranno anche battaglie condivisibili ma non possono essere declinate al concetto di quel meridionalismo necessario, se non fondamentale, per le necessità del Mezzogiorno.

 

Lettera ai meridionalisti

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Con il referedum per l’autonomia di Veneto e Lombradia abbiamo avuto l’inequivocabile prova che l’Unità non esiste. Siamo una colonia e sono stati i Veneti e i Lombardi a dimostrarcelo. Essi hanno avuto la possibilità di farlo tramite un referendum, ma cosa succederebbe se anche Emilia Romagna, Piemonte e Liguria votassero? In Sud Tirolo c’è chi già da tempo lotta per ritornare ad essere austriaco.

Diverse sono le spinte autonomiste ed indipendentiste in Europa e in Italia. La gente ha capito che sono i popoli a fare la storia e che nessuno scenario rimane immutabile. Nemmeno i confini di una Nazione sono definiti per l’eternità.

La Lega Nord crea un partito leghista al Sud (Noi con Salvini) e vi cerca consensi nello stesso tempo in cui, al Nord, persegue il suo obiettivo storico: sancire il diritto di indipendenza/autonomia delle regioni settentrionali in favore di una tanto proclamata superiorità antropologica (noi diremmo che il risultato è stato quello di aiutarci a dimostrare la situazione di colonialismo esistente).

I partiti nazionali, per non perdere consenso nelle lande settentrionali, sostengono e promuovono il referendum (5 stelle compresi), mentre Renzi viene a fare una vacanza in treno (e in bus dove i treni non possono arrivare) nelle regioni meridionali.

Il malcontento è ovunque diffuso nel Mezzogiorno e non esistono più le condizioni per far finta che tutto possa andare avanti stante l’attuale stato delle cose.

Siamo consapevoli che il tempo è scaduto!

Non dobbiamo più aspettare il Messia, la figura talmente affascinante dietro cui tutti i meridionalisti possano unirsi per arrivare il più lontano possibile.

È il momento di essere disposti a sacrificare un pezzo della propria indipendenza e unirsi. Mettere da parte vecchi rancori e individualismi.

È il momento di unire le forze e muoversi, alzarsi in piedi e far sentire la nostra voce!

Con questo gesto soltanto, molte iniziative, non più esclusivamente sul web ma nella vita reale, potranno e dovranno essere intraprese. Esse saranno più incisive e coinvolgenti poiché saranno coordinate e più capillari.

Nessuno dovrà perdere la propria identità ma, ADESSO, è il momento di riappropriarsi del dovuto e prendere ciò che ci spetta. Basta separazioni, agiamo tutti insieme!

Michele Pisani per Mo! Unione Mediterranea.

 

Avranno Memoria anche per le altre Questioni?

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di Massimo Mastruzzo

Il fascino del meridionalismo sembra aver abbagliato anche gli “attenti partiti nazionali” di colpo illuminati da una Questione Meridionale in realtà ben identificabile nel suo periodo storico di nascita: all’indomani dell’Unità d’Italia.

L’impegno del movimento 5 stelle in favore di una giornata dedicata alle vittime meridionali dell’Unità è indiscutibilmente lodevole, al Consiglio regionale pugliese il M5S ha promosso una «giornata della memoria per le vittime meridionali dell’Unità d’Italia e i paesi rasi al suolo» per il 13 febbraio, il giorno in cui nel 1861 cadde per ultima Gaeta, ed  è  già stata approvata.

Una mozione su cui si è registrato il consenso anche di Michele Emiliano, e anche Nunzia De Girolamo di Forza Italia ha presentato una proposta per il ricordo delle vittime innocenti.

A una prima lettura, si potrebbe essere contenti che finalmente anche la “politica che conta” si sia accorta che il Sud esiste, vederla abbracciare battaglie che, ad esempio, Il Movimento neoborbonico combatte fin dalla sua nascita nel 1993, fa comunque piacere.  Ma dopo 157 anni di distrazione di tutti i partiti nazionali, un mah vogliamo concedercelo: senza voler apparire schizzinosi e sottolineando che meglio tardi che mai, sorge spontaneo sospettare, e solo l’amore per la nostra terra sa quanto vorremmo sbagliarci, che qualcuno possa pensare che regalare una, sacorosanta e auspicabile anche per noi,  giornata della Memoria possa distrarci dai, non me ne voglia nessuno, concreti problemi di una irrisolta Questione Meridionale .

Unione Mediterranea nasce per affermare un  Meridionalismo 2.0 che denunci la disomogeneità nazionale unica in Europa.

Marco Esposito fondatore e primo segretario di Unione Mediterranea ha tracciato con le sue denunce il percorso che intendiamo percorrere, questo percorso non esclude assolutamente iniziative come quelle della giornata della memoria, che è anche la nostra memoria e che quindi appoggiamo indiscutibilmente, ma se dai partiti nazionali, dai quali abbiamo imparato dopo quasi 160 anni a difenderci diffidando a priori da ogni qualsivoglia promessa, soprattutto nei periodi pre-elettorali, ci aspettiamo che oltre alla gradita giornata della Memoria, si espongano su altre Questioni come quella che vede due porti del nord collegati dalla TAV e all’interno degli stessi confini nazionali il più importante porto del sud, quello di Gioia Tauro che  al contrario il suo futuro lo vede fortemente precario per l’assoluta assenza delle necessarie infrastrutture extraportuali.

In  un articolo del 2015 Beatrice Lizza scriveva come Nel «Piano strategico nazionale della portualità e della logistica», approvato dal governo, si specificasse la necessità di creare le condizioni per il transito di treni porta container da 750 metri in su per i porti di Gioia Tauro, Taranto e Napoli-Salerno.

Ancora oggi però, i porti di Gioia Tauro e Taranto sono adibiti esclusivamente al trasbordo su altre navi, poichè non dispongono dei collegamenti via terra adeguati alle nuove esigenze commerciali, ed i sassi trovati da Delrio sembra abbiano defitivamente indotto Gentiloni a consigliare ai cinesi di puntare sui porti di Genova e Trieste.

Ad onor del vero, bisogna però ricordare che in Cina anche il sud ha ricevuto le dovute attenzioni: alla cerimonia di apertura del Forum non è mancato nella ‘scaletta’ dello spettacolo previsto un tenore che intonava ‘O sole mio’… A riguardo i partiti nazionali fulminati dal meridionalismo come si sentono di intonare?

Rispetto al gennaio 2015 quando La Commissione Bicamerale sul federalismo fiscale ha approvato le tabelle che assegnano zero asili nido nei Comuni del Mezzogiorno (La relazione finale  del provvedimento è stata scritta a quattro mani dalla relatrice del Pd di Modena, la senatrice Maria Cecilia Guerra e per i Cinquestelle dal deputato di Belluno Federico D’Incà), è cambiato qualcosa? Nella Bicamerale sul federalismo fiscale (dove si parla di asili nido, per capirci) i 5 Stelle hanno quattro rappresentanti.

Se lo spirito meridionalista è sincero, potrebbero iniziare a battere un colpo lì, visto che un pochino, quando ne avevamo denunciato l’anomalia, si erano risentiti e l’On. Luigi  Gallo aveva seccatamente affermato: “Cerchiamo di fare chiarezza su una balla che sta circolando in rete e su un giornale perchè strumentale a screditare il M5S nelle regioni del SUD…”  Affermazioni alle quali il Dott. Marco Esposito che aveva sgamato l’inghippo ,  rispose con chiarezza e trasparenza a quanto affermato dal parlamentare dei Cinquestelle.

Altra questione di interesse meridionale:  rispetto alla prospettiva di un percorso politico meridionalista quale la creazione di una Macroregione del sud, i partiti nazionali come si pongono? Nel caso volessero approfondire trovano indicazioni da pagina 111 del libro SEPARIAMOCI di Marco Esposito.

In ultimo, solo per non apparire troppo schizzinosi,  di fronte all’esodo di decine di migliaia di insegnanti del Sud costretti a migrare perchè sembra che “i posti sono al Nord” e di conseguenza davanti alle cifre fornite dalla Svimez relative al rischio desertificazione demografica del meridione, quali provvedimenti la politica nazionale intende prendere?

Fonti:

Viaggio in Neoborbonia tra i nostalgici del Regno del Sud (il venerdì di Repubblica del 29 settembre)

Grillo-Neoborbonici: la strana alleanza “per difendere il Sud” (Repubblica.it di martedì 3 ottobre )

Lettera ai Napoletani

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Cari Napoletani,
no non mi rivolgo a voi che, magari con ammirevole fatica, siete riusciti a liberarvi dalle catene mentali -ideologiche e psicologiche- e adesso ai vostri occhi tutto appare diverso, mi rivolgo a quell’altra fetta della città: quella che, come le tre scimmiette, non vuole vedere, non vuole sentire e non vuole parlare diversamente.
Oggi è la vostra festa: 7 settembre. L’anniversario del giorno in cui il vostro amico Peppe Garibaldi, con le spalle protette dalla camorra, entrò in città e andò ad affacciarsi da quel balcone, ancora esistente, di Palazzo Doria d’Angri. Al largo dello Spirito Santo che, poi, fu ribattezzato piazza VII Settembre.
Auguri! Buon anniversario!
Avevate ragione a tenere duro e a credere ancora, dopo ben 157 anni, che non fu invaso uno stato indipendente di cui Napoli era la capitale, ma si trattò di una liberazione. I buoni vennero a cacciare via i cattivi, vennero ad aiutarci. Perciò sono fratelli e sorelle d’Italia.
E ancora oggi sanno dimostrare che ci amano e ci rispettano. Infatti, non sono razzisti con noi, non ci insultano, non ci discriminano nell’erogazione dei fondi pubblici, non permettono che abbiamo ferrovie diverse dalle loro, né ospedali meno attrezzati, né zero asili nido. Valorizzano i nostri beni culturali, non vengono ad inquinare e a trivellare la nostra terra e i nostri mari, non invocano disgrazie naturali (che so… un’eruzione del Vesuvio, tanto per dirne una). Del resto, quando ci capita qualche brutta avventura, magari un terremoto, un terremoticchio va’, la prima cosa che fanno è raccogliere fondi, esprimere solidarietà, invitare a non affossare la già compromessa (da loro) economia, e non si permettono certo di pensare subito che la colpa possa essere nostra.
Già perché, invece, la colpa è sempre la nostra. Questo, voi dell’altra fetta della città, lo sapete bene, lo sapete così bene che il senso di colpa, iniettato nelle vostre vene come un vaccino contro la libertà, vi tiene ben lontani dal virus di un pensiero mediterraneo e indipendente. La dipendenza da Peppe è un dogma intoccabile.
Vi ho scritto questo biglietto, per ricordarvi di organizzare la vostra festa. Sono sicuro che oggi, 7 settembre, ci metterete la faccia e vi recherete sotto a quel balcone ad applaudire e lanciare baci verso colui che non c’è più ma che, in compagnia di tutta la sua banda -Vittorio, Camillo, Enrico, Nino, l’altro Giuseppe, eccetera- è ancor vivo nelle vostre coscienze vaccinate.
Auguri, allora, buona festa! Se mi troverò a passare per largo dello Spirito Santo, oh scusate, per piazza VII Settembre volevo dire, sono sicuro di trovarvi a ringraziare per le condizioni di vita che ci ha regalato l’avventuriero barbuto. Sì, lui, che con quella faccia da straniero ha navigato il mondo intero distribuendo libertà.
Voi non siete mica come quegli ambigui meridionalisti sui quali non si sa cosa pensare: gente che pareva seria e che invece si è messa in testa di essere nata in una colonia. Quelli, addirittura, vanno dicendo che la pace è frutto della giustizia e che nascondere le discriminazioni che passano sotto al naso equivale ad esserne complici. Che gente!
Un caro saluto
Antonio Lombardi

SE UNA MEMORIA E’ PIU’ INUTILE DI UN’ALTRA

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Di Annamaria Pisapia

“Sud, no alla memoria inutile”. Così titola “Il Mattino”, il dibattito tra Massimo Adinolfi e Gianfranco Viesti riguardo alla proposta approvata dalla Regione Puglia di istituire una giornata della memoria, per commemorare le vittime del Regno delle Due Sicilie. Un articolone scritto a due mani in cui l’uno rafforza le tesi dell’altro, che definire dibattito, senza un contraddittorio, suona mostruosamente beffardo. Laddove la memoria della perdita di quanti furono sacrificati per l’unità acquista lo stesso valore di un insetto, inutile e fastidioso. Sorprende che Adinolfi affermi: “ Come se la storia non fosse altro che una macelleria di uomini e popoli. E come se l’unica posizione moralmente legittima fosse quella che si pone sempre solo dalla parte degli sconfitti…” Non so se se n’è accorto ma ha appena disconosciuto l’Olocausto. Tranquillo, non verrà tacciato di negazionismo, reato punito con la detenzione, perché sono sicura che il riferimento era riservato solo a quelli del Sud, facilmente intuibile dall’ affermazione successiva: “ Insomma, è come se fare l’unità d’Italia-uno dei più grandi risultati dell’età moderna- non rendesse oggi meno accettabili i fucili piemontesi puntati contro l’esercito borbonico…” Io non so in base a quale perverso meccanismo mentale si possa arrivare a simili affermazioni. La legittimazione di un’aggressione di un territorio, di uno Stato libero e indipendente, di una Nazione, di un popolo, la depredazione, l’abominio subito, la devastazione, gli stupri, l’annientamento, la perdita di una capitale,( Napoli, retrocessa a capoluogo di provincia, in favore di una insignificante città come Torino, da cui distava 900 km, per non parlare dei 1600 km di distanza che la nuova capitale aveva con la Sicilia) con l’aggravio del decimo di guerra , esteso a tutto il Regno, per le spese sostenute per la “liberazione”,ed infine la colonizzazione, tuttora in atto. Eppure la sorpresa più sconcertante arriva proprio da Viesti: “ L’ampia evidenza storica non giustifica particolari nostalgie. Non era l’inferno, comparato al paradiso sabaudo, ma la ricerca converge ad esempio nel valutare come infimo, molto più basso che negli altri stati preunitari, fosse il livello di alfabetizzazione. Un divario, quello dell’istruzione elementare, che sarà colmato solo dopo un secolo e che peserà enormemente sul ritardo economico e civile del Sud…” Di quali nostalgie va cianciando se parla di evidenza storica? E di quale analfabetizzazione? Dimentica il 90% di analfabeti della Sardegna, appartenente al Regno dei Savoia, la quale, per un “oscuro” motivo, viene accorpata al Sud nelle statistiche dell’analfabetismo facendo innalzare la percentuale e per contro aumentare il livello di alfabetizzazione del nord. Nientedimeno che occorse un secolo per “colmare” questo divario? Viesti non si indigna? Non pensa che, invece, occorse un secolo per deprivare e impoverire sempre più il Sud a vantaggio del nord,( come dimostrato anche da Francesco Saverio Nitti in “Napoli e la Questione Meridionale”, o dall’ unitarista Maddaloni nella sua mozione d’inchiesta del 20 novembre 1861) ed instillare quella forma mentis di un Sud povero, arretrato, ignorante, sporco, analfabeta e… vennero a liberarci? Ma se Viesti ha cercato di dare un colpo al cerchio e uno alla botte( capita quando non si hanno le idee chiare e si risente di quel copione che preme sulla coscienza, impedendo un’analisi lucida e priva da condizionamento), Adinolfi chiude con una “chicca”: “Infine vorrei porre una domanda sul significato di una memoria condivisa. Questo tema è stato posto in Italia a proposito del discrimine sul fascismo-antifascismo e a quel riguardo Giorgio Napolitano, da Presidente della Repubblica, ha più volte messo in guardia dalle false equiparazioni e banali generalizzazioni. Non è lo stesso avviso che bisogna tenere nei confronti delle vittime meridionali dell’unificazione per evitare di dare la 1861 il significato di una morte della Patria meridionale?”. In che modo definirebbe la cancellazione di uno Stato- Nazione libero indipendente, come già esposto, annesso con la forza e tenuto in stato di colonia, se non come la morte di una Patria, (tale era prima dell’arrivo dei piemontesi)? E perché mai le migliaia o centinaia di migliaia, (forse che fa differenza?)di vittime che si batterono, per legittima difesa, contro chi , a suon di fucilate, era venuto a liberarli, non avrebbero pari diritti alla rimemorazione come gli ebrei, gli armeni, gli istriani, i cileni, i giapponesi, i cambogiani, i nativi americani… Cosa li distingue dalle vittime dell’ex Regno delle Due Sicilie (diamogli il nome giusto, perché essi facevano parte di uno Stato che andava sotto tale denominazione e non c’entra un fico secco la nostalgia)? Il numero delle perdite? Qual è il limite minimo garantito, da cui si può “avanzare” il diritto a richiedere di poter elaborare un lutto ( intrappolato nello spazio e nel tempo, soffocato e sostituito da una macabra euforia, imposta dai liberatori) un riconoscimento al loro sacrificio senza che qualcuno si arrampichi sugli specchi nel tentativo maldestro di protrarre l’occultamento di una verità scomoda , pesante? E non è forse proprio quel Giorgio Napolitano, che menziona Adinolfi, ad aver affermato, in occasione della giornata della memoria della Shoah: “bisogna sempre guardare al passato per non dimenticare, affinchè sia di monito per le generazioni future” . L’unità d’Italia porta i segni di una conquista violenta e cruenta celata, come è d’uso, dagli stessi conquistatori. Prima se ne prenderà coscienza e meglio sarà per tutti.

Camera a Sud – Festival itinerante di cultura meridionalista

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“Camera A Sud”, festival itinerante di cultura meridionalista (ispirato al titolo dell’omonima canzone di Vinicio Capossela), è un format che nasce da un’idea di MO! – Unione Mediterranea e che è patrocinato, in questa prima tappa a Manfredonia, dal Comune, dall’Agenzia del Turismo e dal Gal DaunOfantino.

Composto da sette serate (il programma è reperibile sull’evento facebook) è una manifestazione culturale dedicata alla Questione Meridionale, dalla sua nascita con l’unità d’Italia al suo progressivo aggravarsi, e sarà itinerante, affidando ad ognuno dei relatori un luogo specifico della città di Manfredonia. I libri degli autori saranno il punto di partenza di ogni serata e daranno il via a un confronto con il pubblico.

Perché organizzare un evento del genere? Per un motivo molto semplice: la cultura è potere.

E’ ormai giunta l’ora di mettere al corrente la popolazione delle ragioni delle continue ed ingiuste disparità Nord-Sud. E’ necessario far sì che il cambiamento nelle coscienze meridionali passi anche e soprattutto per la cultura, unica chiave di volta utile a far comprendere la verità storica. Capire meglio il presente, per poi modellare il futuro dipende esclusivamente da questo.

Manfredonia sarà dunque solo la prima di tante tappe del festival, che sarà riproposto in tutte le città interessate alla manifestazione. Il format sarà sempre lo stesso e cercherà di dare voce ai tanti artisti, musicisti e scrittori meridionalisti del nostro tempo, in modo che la nostra vicenda, costantemente soffocata dal pregiudizio diffuso, possa finalmente usufruire del panorama che si gode osservando il mondo dalla finestra della “Camera A Sud”.

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