Mozione politica generale (18/20)
La presente mozione è risultata vincente al IV congresso nazionale di MO! Unione Mediterranea tenutosi a Riace giorno 2 giugno 2018. In coda al documento è possibile scaricare il verbale dell’assemblea in formato PDF.
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MERIDIONALISMO: TRA IDENTITA’ E PARTECIPAZIONE
Tutti credo siamo d’accordo nel sostenere che, rispetto al passato, nei nostri territori (e a dire il vero, anche al di fuori), si stia assistendo ad un lento e graduale risveglio di una coscienza identitaria e meridionalistica.
Parlo soprattutto di un risveglio delle coscienze, che pian piano ha portato alla percezione di far parte di una nazione erede di una storia, di una cultura, di un’appartenenza assai diverse da quelle che ci venivano e ci vengono ancora continuamente propinate attraverso i media, i giornali ed i libri. Attraverso questa presa d’atto, in tanti, iniziano a rifiutare e rigettare quella cultura che ha spinto per decenni molti di noi ad accettare l’idea dell’inferiorità delle nostre tradizioni rispetto ad altre.
Alcuni anni fa il meridionalismo non poteva purtroppo godere di tali opportunità, né poteva addirittura nemmeno sollevarsi una voce che raccontasse e descrivesse una realtà diversa da quella del pensiero unico, e cioè di un’Italia nata e composta dalla fusione di un Nord ricco, benestante ed acculturato ed un Sud povero, sudicio, ignorante e irrimediabilmente mafioso.
Questo nuovo scenario, in sé certamente positivo, pone il meridionalismo però di fronte a nuove sfide e apre scenari che prima sembravano impossibili.
Oggi il meridionalismo può finalmente andare oltre e può rivendicare legittimante uno spazio, anche politico, che prima sembrava precluso.
A mio modo di vedere, la crisi dello stato nazionale, ha comportato anche un risveglio delle coscienze identitarie non solo nel Mezzogiorno d’Italia, ma anche in altre realtà, quali la Corsica e la Catalogna, giusto per citarne un paio.
A questo risveglio, a questo rigurgito del sentimento meridionalistico, non ha ancora fatto seguito, almeno per ora, ed almeno in Italia, un successo elettorale: non è ancora nato insomma un movimento, un partito che sia stato capace di convogliare e catalizzare questi sentimenti sul piano sociale e, soprattutto, politico.
Io sono fortemente convinto che Unione Mediterranea, in un tale contesto, debba per forza accettare questa sfida e proporsi come soggetto politico centrale, destinato a fare in modo che la voce del Sud arrivi in Italia, in Europa e nel mondo.
Porsi come soggetto centrale, vuol dire creare strutture capillari sul territorio, essere capace di parlare alle persone, raccontare la storia del Sud e, soprattutto, fornire soluzioni a questa secolare diaspora, a questa innaturale desertificazione che ci sta colpendo ed annientando lentamente, ma inesorabilmente.
Non possiamo nasconderci la scarsità di mezzi economici che ci caratterizza e nemmeno la povertà di risorse umane che ci penalizza, ma, se vogliamo davvero dare una speranza alle nostre terre, non possiamo far altro che impegnarci al massimo per fare in modo che il nostro patrimonio di idee, tradizioni e cultura si diffonda nel modo più capillare possibile.
Tutto ciò comporterà uno sforzo immane, ma secondo me imprescindibile.
Noi dobbiamo essere il volano attraverso il quale possa essere colmata una lacuna innaturale: la mancanza di una rappresentanza politica vera, seria e pulita del Sud nel panorama politico italiano.
Italiano e non solo!
Non dimentichiamoci di essere in Europa: noi rappresentiamo in questo contesto il Mediterraneo, quel Mediterraneo che oggi, purtroppo, risulta completamente assente nelle scelte di mercato e politiche di tutta la UE.
Saperci porre come forza politicamente diffusa, ma alternativa a tutti i movimenti e partiti nazionali, dare voce al Sud, contribuire al risveglio delle coscienze, fornire risposte, essere sul territorio e partecipare a tutte le competizioni elettorali, anche europee: questi devono essere i nostri obiettivi.
Il meridionalismo deve uscire dal ghetto in cui ci hanno voluto rinchiudere per decenni e non deve avere paura di sfidare chi oggi appare molto più forte e radicato di noi: la nostra forza saranno le nostre idee, accompagnate dalla presenza sul territorio e dalla capacità di fornire soluzioni all’allontanamento coatto dalle nostre terre e alla rapina costante delle nostre risorse e del nostro patrimonio.
LA STRADA DEL RISCATTO
La strada del riscatto del Sud non può che partire da una semplice ed elementare constatazione: non siamo mai stati uguali e non abbiamo mai avuto le stesse possibilità di altri cittadini di questa stessa nazione.
Quante volte ci siamo sentiti dire, ad esempio, che la nostra è la Costituzione più bella del mondo?
Con un pizzico di ironia, ricordo che lo ha sostenuto anche chi l’ha difesa a spada tratta a gennaio e poi l’ha criticata e riformata in peius a febbraio.
Quante volte, anche nelle aule scolastiche, abbiamo sentito declamare decine di articoli della nostra Costituzione con orgoglio e soddisfazione?
Ma cos’è la Costituzione?
Tutti rispondono che rappresenta la legge fondamentale di uno stato.
Io invece mi chiedo che Stato è quello stato che ritiene di avere la Costituzione più bella del mondo, ma che poi si dimentica, per larga parte, di applicarla? Pensiamo ad esempio all’art. 3 della nostra carta costituzionale.
Lasciamo per un attimo da parte il primo comma (egualmente importante), dove si enuncia un principio generale di parità sociale di tutti i cittadini, senza alcuna distinzione, e proviamo invece, per un attimo, a soffermarci sul secondo comma: “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza tra i cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
La mia domanda, a questo punto, è semplice: come deve sentirsi un cittadino del Sud, un lavoratore del Sud nel leggere il secondo comma dell’art. 3 della Costituzione Italiana?
Cosa deve provare?
Stupore, sarcasmo, dispiacere, rabbia, dolore?
Cosa?
La percentuale di disoccupazione più alta?
Spetta al Sud.
Il lavoro ha rappresentato, e ancor più rappresenta oggi, per molti meridionali, non solo giovani, un vero e proprio miraggio, un qualcosa di estraneo e di quasi impercettibile.
E che dire della Sanità?
E delle strutture scolastiche?
E dei trasporti?
Sono passati più di settant’anni dalla stesura del dettato costituzionale, ma, se voglio operarmi alla ghiandola del timo devo ancora recarmi a Bergamo, se cerco strutture scolastiche decenti devo ancora andare in Emilia Romagna e se voglio spostarmi velocemente devo recarmi a Milano, ma se voglio girarmi la Sicilia o recarmi a Matera, sono costretto a prendere l’auto, ammesso che vi siano strade percorribili o ponti non ancora crollati.
Che dire della durata necessaria per la realizzazione di un’opera pubblica? Vogliamo parlare della Salerno-Reggio Calabria, e di quanto tempo c’è voluto invece per realizzare la BreBeMi?
E diciamoci ora la verità: quale partito o movimento ha cercato di invertire queste linee di tendenza?
Quale partito ha cercato di eliminare quegli ostacoli che di fatto hanno compresso i diritti dei cittadini e dei lavoratori del Sud?
Intendiamoci: il mio è un giudizio politico, non personale.
Che la politica italiana, in passato, abbia potuto contare su personalità eminenti e di spessore, alcune meridionali, è innegabile: ma è altrettanto innegabile che a nessuno di loro è stata data la possibilità di intervenire profondamente nel contesto sociale ed economico del sud, al fine di evitare che si creassero o addirittura si ampliassero condizioni di svantaggio e di ritardo.
E badate bene!
Questo colpevole e voluto disinteresse nei riguardi del Mezzogiorno d’Italia, si è poi trasferito tal quale in Europa!
Il Mediterraneo, le sue rotte economiche e commerciali, la sua importanza politica, in quest’Europa sono del tutto marginali, se non per il volgare sfruttamento di centinaia di migliaia di migranti.
Tutto questo, e cioè, lo sfruttamento coloniale del Sud, da parte dello stato italiano prima, e la marginalità del Mediterraneo in Europa poi, hanno fatto sì che tra le 270 regioni europee, nelle ultime sei, siano presenti ben quattro regioni del Sud Italia (dati Eurostat).
Per anni, i partiti nazionali, hanno avuto buon gioco in Italia: vogliamo concedere loro lo stesso vantaggio anche in Europa?
Nel rispetto delle regole democratiche, il meridionalismo in genere e Unione Mediterranea in particolare, devono sforzarsi di chiedere, anzi, pretendere che quelle rotte economiche che oggi in Europa sono quasi del tutto dimenticate, vengano riscoperte e che possano rappresentare per chi in quei territori ci abita, occasione di sviluppo e benessere sociale ed economico.
Non spaventiamoci di questo: può sembrare un obiettivo irraggiungibile, ma ricordiamoci che man mano che si alza il livello, meno il voto dipende da conoscenze dirette e influenze personalistiche e più si può contare sul voto di opinione, più libero ed indipendente.
Porsi come referente politico del Sud vuol dire potere un giorno chiedere forme istituzionali maggiormente autonome e rappresentative del Sud e che le risorse europee che vengono destinate al Sud siano effettivamente gestite dal Sud.
LE PROSSIME SFIDE:
LE ELEZIONI EUROPEE, I CIRCOLI E IL TERRITORIO.
Tra circa un anno avremo modo di assistere al prossimo impegno elettorale di una certa importanza: le elezioni europee.
Senza voler tralasciare nulla e strade diverse, mi chiedo: quale migliore occasione per far sentire la nostra voce?
Certo, è un impegno gravoso, che oggi forse può sembrare quasi impossibile da attuare, ma, pensiamoci bene tutti, dove, se non in Europa, possiamo farci sentire e denunciare che in alcuni territori, che pure appartengono all’UE, vengono sistematicamente, volutamente e cinicamente calpestati i diritti di alcuni cittadini europei a vantaggio di altri, o, addirittura, a svantaggio di tutti?
Si potrà pensare che l’Europa lo sappia e che di tutto questo sia anche partecipe: può darsi, ma se nessuno si pone come rappresentante politico di alcune regioni Europee, crediamo che le regioni maggiormente presenti nelle istituzioni siano disposte spontaneamente a rinunciare ad una fetta della torta per destinarla a noi?
Se non andiamo a prendercela, nessuno ce la regalerà, stiamone certi!
Ma non possiamo sperare di arrivare alle elezioni europee senza aver fatto tutto un lavoro teso a far conoscere Unione Mediterranea sul territorio.
Creare nuovi circoli, partecipare e promuovere iniziative devono essere uno dei nostri obiettivi principale.
Quando parlo di nuovi Circoli mi riferisco al Sud, ma non solo: Unione Mediterranea deve essere capace di dialogare con tutto il meridionalismo e deve essere presente su tutto il territorio del Mezzogiorno d’Italia, ma il suo fine deve essere ancora più ambizioso!
Dobbiamo certamente essere presenti al Sud, e in maniera capillare, ma pensate anche per un attimo agli effetti devastanti che un secolo e mezzo di colonizzazione hanno prodotto!
Pensiamo per un attimo a quanti meridionali sono sparsi per l’Italia, al Nord, oppure in Europa, oppure ancora in tutto il Mondo!
A quanti di loro potrebbe far piacere poter mantenere un legame forte con quella che sentono ancora come la loro madrepatria?
A quanti di loro potrebbe servire un partito, un movimento che gli riconosca una rappresentanza, in un mondo dove quella rappresentanza c’è invece tutto l’interesse a negarla, se non a patto di rinunciare alle proprie radici e alla propria dignità?
Quanti meridionali all’estero hanno conservato una forte coscienza identitaria, magari anche più di chi al Sud continua a vivere?
Concediamo loro una possibilità!
I Circoli al Sud vanno potenziati, creati in ogni regione e provincia, coordinati tra loro, nella piena coscienza di rappresentare un’area unita da una stessa storia, stesse tradizioni, stessa cultura e stessi obiettivi sociali, economici e politici.
I Circoli al Nord, in Europa e nel Mondo serviranno a fare in modo che non si realizzi l’effetto peggiore della colonizzazione e dell’emigrazione: la perdita del senso di appartenenza e, soprattutto, a lanciare un messaggio fortissimo, e cioè far capire ai nostri confratelli, che sono per forza di cose dovuti emigrare, che il Sud non li ha dimenticati e che non sono e non saranno mai soli.
In un periodo di forte globalizzazione e di espansione dei confini territoriali, il Meridionalismo e Unione Mediterranea devono essere capaci di porsi questi obiettivi, accettare queste nuove sfide e indicarsi come motore per affrontare e i risolvere tutti i problemi di un’area geografica sinora in Italia ed Europa considerata poco meno di una colonia da sfruttare.
Parlare alle persone, quello deve essere il nostro obiettivo: rivolgerci alle persone.
Dimentichiamoci per un attimo di Partiti e Movimenti, Associazioni e Sindacati!
Noi dobbiamo essere capaci di smuovere le coscienze dei singoli e dobbiamo per questo farci conoscere, uscire dai confini di quello che una volta era il nostro Regno, contattare tutti i meridionali ad uno ad uno e fare in modo che il nostro simbolo, il nostro logo, il nostro Movimento, siano conosciuti ed apprezzati da tutti.
Ci vorrà tempo, ma è l’unico obiettivo al quale non possiamo sottrarci: dobbiamo far conoscere il meridionalismo alla più ampia platea possibile.
Dirò di più: non pensiamo al Nord come un’entità unica ed indivisibile.
Vi è un’ampia fetta del Nord dove benessere e ricchezza sono diffuse (pensiamo alla Lombardia, al Veneto e all’Emilia Romagna), ma vi è anche una fetta del Nord che comincia a mordere il freno!
Ci sono persone del Nord che sono sensibili a tematiche che potrebbero essere comuni: parliamo alle persone, parliamo di Sud, parliamo di meridionalismo.
La nostra è una scommessa difficile, ma forse non impossibile, se riusciremo a non spezzare mai il filo del dialogo con le persone, ovunque esse si trovino.
SUDISFACTION
Indipendenza.
Interroghiamoci sul significato profondo di questa parola: quante cose che appaiono semplici quando un popolo, una nazione, godono della libertà di autogestirsi, diventano invece impossibili, quando essi vengono trattati da colonie?
Pensiamo per un attimo ai nostri prodotti, alle nostre eccellenze, ai nostri piccoli e medi imprenditori, strozzati da scelte di mercato che appaiono illogiche, ma che invece hanno purtroppo un fine ben preciso e criminale: privare le persone addirittura di mangiare e commercializzare i propri prodotti e le proprie colture, tagliandoli fuori da ogni circuito e/o filiera commerciale.
Sudisfaction rappresenta il tentativo di rompere questo isolazionismo a cui il Sud è stato condannato: promuovere ed incentivare presso attività commerciali già presenti sul territorio, sia del nord che del sud, prodotti e produttori del Mezzogiorno (facendo valere sempre e comunque la regola dello stabilimento e della sede legale al Sud), attraverso un logo tutto nostro che, attaccato alle vetrine, identificherà le attività o i reparti specializzati nella vendita di prodotti del Sud.
Ogni Circolo territoriale si occuperà di mappare le attività che già trattano questi prodotti, e, a queste attività, offriremo la possibilità di attaccare alle loro vetrine il nostro logo di Sudisfaction, impegnandoci a promuoverne l’attività, anche attraverso la predisposizione di un apposito sito web.
Attraverso questo sito si provvederà a raccogliere le attività e i produttori, fornire un elenco ed anche la posizioni geografica che occupano.
Dobbiamo ottenere insomma il risultato di sviluppare un prodotto che permetta a chi voglia promuovere la propria attività di raggiungere chi lo sta cercando.
Chi ha una sia pur minima esperienza di commercio, conosce benissimo le difficoltà e i costi che deve sopportare un’azienda che cerca di reclamizzare e far conoscere i propri prodotti.
Spesso, si ricorre anche a forme di pubblicità che si rivelano poi inutili, con estremo danno per l’azienda e sappiamo inoltre che Associazioni di Categoria e Sindacati Nazionale, nel predisporre ciclicamente le loro filiere agroalimentari, escludono sempre e sistematicamente i prodotti meridionali.
Ed il fine ultimo di questo progetto deve tendere proprio a questo: riuscire a creare un data base così ampio da poter realizzare la Prima Fiera online, dove piccoli produttori e piccoli rivenditori possano incontrarsi per dar vigore ai loro scambi commerciali.
E’ un passo, un primo piccolo passo: aiutiamo il Sud ad uscire fuori dal buco nero del silenzio e della marginalità a cui è stato condannato.
Sono certo che se saremo in grado di farlo, il Sud ci sarà riconoscente!
Vittorio Terracciano
Massimo Mastruzzo
Salvatore Merolla
Michele Dipace
Giuseppe de Cicco
Luigina Favale
Chiara Porcelluzzi
Liliana Stea
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