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Le promesse di Renzi e De Luca sulla Terra dei Fuochi

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Lo scorso 13 ottobre il Presidente De Luca ha incontrato il premier Renzi alla conferenza Stato – Regioni sul riparto dei fondi per la sanità ed ha annunciato fiducioso la disponibilità del Governo a impegnarsi per le bonifiche e la Terra dei Fuochi. Il premier Renzi, infatti, ha rassicurato De Luca sulla precisa volontà di proferire un impegno straordinario, su base pluriennale, a inserire le bonifiche programmate in Campania come capitolo centrale nell’agenda di Governo. Renzi ha inoltre affermato di voler trovare entro il 2015 i fondi necessari per cominciare le opere di smaltimento della Terra dei Fuochi, i famosi 500 milioni di euro che De Luca vorrebbe impegnare per i primi trasporti di eco balle fuori Regione. L’operazione dovrebbe essere gestita in collegamento diretto con la Presidenza del Consiglio e l’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone.

Unione Mediterranea ha chiesto un parere a Lucio Iavarone, coordinatore dei comitati per la Terra dei Fuochi e candidato alle scorse regionali campane nella lista MO! “I fondi che sta chiedendo oggi De Luca a Renzi sono risorse aggiuntive che dovrebbero servire solo e unicamente per togliere le eco balle dal nostro territorio. De Luca fa però una serie di errori strategici poiché identifica Terra dei fuochi con le sole eco balle e sappiamo bene che non è così”. La Terra dei fuochi è molto di più, è avvelenamento costante del territorio da parte d’imprenditori che smaltiscono illegalmente i propri scarti di produzione. “De Luca non ha mai proferito parola su questo”, continua Iavarone, “Le eco balle sono invece il disegno criminale e scellerato di amministrazioni precedenti, come quella Berlusconi al governo nazionale e Bassolino a quello regionale, che hanno posto una cambiale insolvibile sui nostri territori. Ce ne dobbiamo sì liberare ma non come vorrebbe De Luca. Il semplice spostamento fuori regione comporterebbe un enorme costo di spostamento su gomma a vantaggio di chi fa questo per mestiere e spesso coincide con chi ha inquinato”.

Noi pensiamo che i 500 milioni di euro per il trasporto delle eco balle che De Luca sbandiera da un po’ siano pura utopia, non è possibile trovarli entro dicembre 2015, stando all’impegno di Renzi, delle cui promesse i meridionali conoscono bene il valore.

I comitati impegnati nella lotta alla Terra dei Fuochi da anni propongono alternative più economiche ed efficaci. Sempre Iavarone afferma: “Per le eco balle da anni proponiamo progetti di separazione e vagliatura che potrebbero recuperare il 70% di materia presente, ma ciò va fatto con un apposito impianto in loco”.

Nel frattempo, la Città Metropolitana e il Comune di Napoli, con atto deliberativo approvato dal sindaco De Magistris, hanno deciso di istituire un Osservatorio permanente per il monitoraggio di tutte le questioni riguardanti la Terra dei Fuochi, in contatto diretto con i decisori politici. Lo scopo è di garantire un maggiore controllo delle aree della regione Campania a rischio smaltimento abusivo di rifiuti speciali e di fornire informazioni utili per definire le strategie da mettere in campo rispetto alle esigenze del territorio.

Secondo Iavarone l’Osservatorio permanente sulla Terra dei Fuochi è un’ottima iniziativa. Città Metropolitana e Comune di Napoli hanno tutto l’interesse affinché l’Osservatorio funzioni, ma rimane sempre il problema di reperire le risorse da usare in ciò che esso propone per il monitoraggio e la prevenzione degli smaltimenti illegali.

A questo proposito, ci viene in mente che le risorse inizialmente destinate al monitoraggio e al presidio del territorio, con il decreto “Milleproroghe” sono invece state dirottate al finanziamento della sicurezza per l’Expò.

Eva Fasano

Renzi a Bari ? No scappa a New York…

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di Raffaele Vescera

Aveva annunciato la sua partecipazione all’inaugurazione oggi a Bari della Fiera del Levante, dove sarebbe venuto per svelare il suo piano, anzi il masterplan, per la rinascita del Sud. E invece vola a New York, per assistere alla finale mondiale di tennis delle due pugliesi Pennetta e Vinci, per l’occasione “sorelle d’Italia”. Guarda un po’ che cosa deve fare Renzi per vedere due meridionali, andare fino a New York. Sai com’è, quelli che abitano a Sud sono rompiscatole. I sagaci baresi non risparmiano battute: “Invece di raccontare palle a noi, è andato a vedere quelle da tennis a New York”, e anche: “Renzi a New York, fornitore ufficiale di palle al Sud”.

A Bari, lo aspettavano imprenditori preoccupati del precipitare della situazione economica e amministratori spauriti dalla caduta di quella politica, ma lo aspettavano anche i contestatori dei “comitatini” come li chiama il fiorentino, sul piede di guerra per gridargli in faccia no alle trivelle, no al Tap, all’Energas, al carbone, all’Ilva inquinante, agli inceneritori, alla frode xylella, ai depositi scorie nucleari e a tutti i progetti che devastano la terra più bella del mondo. E lo aspettava anche Emiliano per dirgli che le trivelle a mare non le vuole, perché il turismo è ormai tutto per la Puglia e per dirgli anche che la “buona scuola” a lui sembra proprio una cattiveria.

Aspettavamo tutti di sentirgli dire con quella bocca ciò che avrebbe fatto per il Sud, condannato ormai a essere la regione più povera d’Europa, come la Svimez gli ha ricordato, rovinando le vacanze a sua eccellenza. Che cosa avrebbe detto l’emissario della finanza del nord che noi non sappiamo? Avrebbe forse promesso equità di investimenti tra nord e sud? Avrebbe garantito l’arrivo dell’alta velocità ferroviaria a Lecce e a Palermo? Avrebbe presentato un piano per migliorare i porti, aprire nuovi aeroporti, magari internazionali, fare nuove strade e rifare quelle vecchie, impedire il fallimento delle università meridionali programmato dal governo, dare una fiscalità di vantaggio alle imprese che investono al Sud per creare lavoro, debellare la mafia e concesso altri benefici che riscattino il Pil del Mezzogiorno?

Non lo sappiamo, anzi sì, ha detto tutto a De Tomaso, direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, nella lunga intervista pubblicata oggi. Ha detto che bisogna sbloccare i lavori per il tratto ferroviario Napoli Bari, ma per farlo bisogna che si accetti lo “sblocca Italia” e ha detto che verranno accelerati i lavori sulla tratta adriatica, ma niente alta velocità sia chiaro, si tratta solo di vecchi lavori di raddoppio del binario unico, previsti da oltre un secolo. Ha detto che il Tap è solo un tubo, e poi ha detto che il Sud deve riprendere fiducia in se stesso, smetterla di piangere e “rimboccarsi le maniche”, imparando dai pugliesi, perché esistono diversi Sud, uno per ogni regione, e non va bene che le regioni meridionali si uniscano per fare fronte comune.

Insomma, sfottuti a casa nostra con una caterva di allucinanti banalità, di chiacchiere un tanto al chilo, meno male per lui che è volato in America, sospettiamo che se queste cose le avesse dette a Bari, ci sarebbe stata una mezza rivolta.

A contorno, ci ha finiti di sfottere l’amministratore di Trenitalia, Elia, che ha fatto esporre sul binario uno di Bari il Frecciarossa Mennea, il treno più veloce d’Italia che non correrà mai né al Sud e né tantomeno in Puglia, la regione di Mennea, che in cambio avrà solo un vecchio Frecciarossa, uno solo che farà su e giù da Milano a Bari correndo sul vecchio binario adriatico a metà della velocità che gli consentirebbero i motori se ci fosse un binario per l’alta velocità, e che per passare una mattinata di lavoro a Milano, obbligherà i baresi a due pernottamenti. Per protesta, molti amministratori pugliesi hanno disertato la cerimonia. Fosse che il Sud cominci a svegliarsi sul serio?

Sud, roba da chiacchiere sotto l’ombrellone

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di Pierluigi Peperoni

Si chiudono i lavori parlamentari per le vacanze estive, il premier parla di mezzogiorno. Dopo i proclama di Matteo Renzi alla chiusura dei lavori, che hanno il sapore del solito bla bla bla sul Mezzogiorno, si accende il dibattito sulle possibili ricette di governo per ridurre il divario economico tra le differenti aree della penisola.

È di oggi l’intervista al sottosegretario Baretta che ci parla, attraverso le pagine de Il Mattino, di sud e sviluppo. Ci dice quindi che secondo lui la ripresa è un’operazione di lungo periodo, che il job act ha dato come prevedibili, i suoi frutti nelle aree già più ricche del paese, che serve una politica industriale attentamente pianificata. Il comune denominatore sembra essere il tempo, tempo che ormai dalle nostre parti è agli sgoccioli. Dopo 154 anni di storia unitaria sembra abbastanza evidente che di tempo per pianificare i “nostri” governi ne hanno avuto fin troppo, siamo sicuri che ce ne sia ancora a disposizione?

Nel corso dell’intervista si accenna anche ad una fiscalità di scopo, agevolata per chi investe a sud, ma che va concordata con la UE. Parole che sanno di beffa per chi conosce un po’ di storia. Le zone franche urbane furono accettate dall’UE nel 2008, quindi nel 2009 pareva che dovessero finalmente partire. A 2 giorni dell’entrata in vigore il governo decise di introdurre alcune modifiche all’impianto normativo che aveva ottenuto l’ok, vanificando di fatto tutto il lavoro svolto fino a quel momento. Cosa successe? Pare che i comuni scelti, dislocati principalmente al centrosud, non fossero graditi ad alcuni membri dell’allora Governo che preferirono mandare a rotoli l’intero piano, piuttosto che accettare l’idea che una parte del Paese potesse godere di un importante vantaggio fiscale.
Caro Baretta, la formula vincente esiste già ed è stata già approvata dall’UE. Cosa aspettate ad introdurla?

L’intervista si conclude con la certezza che un federalismo fiscale più equo sarebbe il miglior strumento possibile per il rilancio del mezzogiorno. Finalmente io e Baretta siamo d’accordo!
Dal momento che l’attuale formula federalista è frutto anche del lavoro del centrosinistra, la domanda sorge spontanea: chi deve garantire l’equità fiscale?

Domanda retorica, ovviamente, ma intanto il dibattito continua. In fondo bisogna pur riempire i giornali anche in estate. Come dire, sud? Roba da dibattito sotto gli ombrelloni.

Renzi, Delrio e la favola degli 80 miliardi per il sud

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di Raffaele Vescera

E’ notizia di stamattina, i giornali la sbandierano ai quattro venti, per bocca della ministra allo sviluppo Guidi, Renzi e Delrio promettono investimenti di 80 miliardi di euro per il Sud. Non tutti danno gli stessi numeri, però Repubblica dice 80, il Corriere 12, il Mattino 22, ma quando si danno i numeri, ciò è normale. Secondo la Guidi, questa sarebbe la risposta del governo, che al sud avrebbe sempre pensato, all’appello di Saviano. Più realisticamente è la risposta alla fifa che hanno di una ribellione generalizzata del Sud, da loro già bollata come “rigurgito borbonico reazionario”, prima ancora che avvenga. La goccia che fa traboccare il vaso è la pubblicazione dei dati dello Svimez. Ribellione ben “riscaldata” dai movimenti meridionalisti che agiscono da anni come il campanello d’allarme della lista Mo alle regionali campane, Unione Mediterranea e altri, dalle pagine fb poderose di Briganti e Terroni e tante altre minori si fanno sentire.

Comunque sia, gli 80 miliardi sarebbero distribuiti nei prossimi 15 anni, il che significa circa 5 miliardi di euro l’anno che, a spulciare l’elenco dei provvedimenti in cui sarebbero impiegati, coprono esattamente i soldi già promessi per la realizzazione di infrastrutture al Sud, per industria pubblica, ferrovie, strade e altro, soldi promessi e mai stanziati dai governi italiani. Dopotutto, ammesso che tali cinque miliardi l’anno siano concessi per davvero, si tratterebbe della restituzione di una piccola parte di quella trentina di miliardi di euro l’anno che lo Stato italiano toglie al Sud, cui a fronte del 33% della popolazione italiana e del 40% del territorio, destina meno del 20% degli investimenti pubblici nazionali.

A me pare l’ennesima presa in giro per frenare la possibile e prossima ribellione dei meridionali contro uno stato avverso, a trazione nordista, in cui la lega nord è solo la punta di diamante di una generalizzata attività contro il Sud.

In ogni caso, ove vi siano investimenti per il Mezzogiorno, dobbiamo pretendere che siano destinati ai suoi bisogni reali, all’industria pubblica sì, ma innanzitutto per risanarla e non farci morire di cancro, treni ad alta velocità fino a Lecce e Palermo. Aeroporti da triplicare dando loro la stessa presenza che hanno sul territorio del nord, strade da fare e rifare, considerato che non solo la Calabria ne è priva ma tutto il Sud montano e non. E poi università e scuole.

In quanto allo sviluppo reale del Sud, vanno favorite le sue vocazioni, non solo quelle agricola e turistica, ma anche quella tecnologica, dai poli aeronautici di Campania e Puglia a quelli di nanotecnologia del Salento alle altre mille innovazioni tecno-scientifiche inventate dai giovani cervelli meridionali negli ultimi anni. Basta dare soldi agli imprenditori, anzi i prenditori del nord, che prendono milioni per aprire industrie al Sud e le chiudono dopo pochi anni portandosi le macchine al nord o all’estero.

Più di tutto, il Sud ha bisogno che lo Stato italiano la smetta di fare patti mafiosi e combatta seriamente le mafie, anziché favorirle, poiché funzionali al controllo del popolo meridionale e al trasferimento dal Sud di molti miliardi di euro l’anno, da investire al nord, per mano di sciur Brambilla prestanome. Ottanta miliardi di euro, sì, il Sud ne ha maledettamente bisogno per sopravvivere, ma che siano nuovi, veri e spesi in due anni dove servono, creando una task force di economisti e imprenditori meridionali scelti tra i migliori. Altro che l’ennesima rassicurante presa per il culo del governo in carica.

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