Renzi, Delrio e la favola degli 80 miliardi per il sud
E’ notizia di stamattina, i giornali la sbandierano ai quattro venti, per bocca della ministra allo sviluppo Guidi, Renzi e Delrio promettono investimenti di 80 miliardi di euro per il Sud. Non tutti danno gli stessi numeri, però Repubblica dice 80, il Corriere 12, il Mattino 22, ma quando si danno i numeri, ciò è normale. Secondo la Guidi, questa sarebbe la risposta del governo, che al sud avrebbe sempre pensato, all’appello di Saviano. Più realisticamente è la risposta alla fifa che hanno di una ribellione generalizzata del Sud, da loro già bollata come “rigurgito borbonico reazionario”, prima ancora che avvenga. La goccia che fa traboccare il vaso è la pubblicazione dei dati dello Svimez. Ribellione ben “riscaldata” dai movimenti meridionalisti che agiscono da anni come il campanello d’allarme della lista Mo alle regionali campane, Unione Mediterranea e altri, dalle pagine fb poderose di Briganti e Terroni e tante altre minori si fanno sentire.
Comunque sia, gli 80 miliardi sarebbero distribuiti nei prossimi 15 anni, il che significa circa 5 miliardi di euro l’anno che, a spulciare l’elenco dei provvedimenti in cui sarebbero impiegati, coprono esattamente i soldi già promessi per la realizzazione di infrastrutture al Sud, per industria pubblica, ferrovie, strade e altro, soldi promessi e mai stanziati dai governi italiani. Dopotutto, ammesso che tali cinque miliardi l’anno siano concessi per davvero, si tratterebbe della restituzione di una piccola parte di quella trentina di miliardi di euro l’anno che lo Stato italiano toglie al Sud, cui a fronte del 33% della popolazione italiana e del 40% del territorio, destina meno del 20% degli investimenti pubblici nazionali.
A me pare l’ennesima presa in giro per frenare la possibile e prossima ribellione dei meridionali contro uno stato avverso, a trazione nordista, in cui la lega nord è solo la punta di diamante di una generalizzata attività contro il Sud.
In ogni caso, ove vi siano investimenti per il Mezzogiorno, dobbiamo pretendere che siano destinati ai suoi bisogni reali, all’industria pubblica sì, ma innanzitutto per risanarla e non farci morire di cancro, treni ad alta velocità fino a Lecce e Palermo. Aeroporti da triplicare dando loro la stessa presenza che hanno sul territorio del nord, strade da fare e rifare, considerato che non solo la Calabria ne è priva ma tutto il Sud montano e non. E poi università e scuole.
In quanto allo sviluppo reale del Sud, vanno favorite le sue vocazioni, non solo quelle agricola e turistica, ma anche quella tecnologica, dai poli aeronautici di Campania e Puglia a quelli di nanotecnologia del Salento alle altre mille innovazioni tecno-scientifiche inventate dai giovani cervelli meridionali negli ultimi anni. Basta dare soldi agli imprenditori, anzi i prenditori del nord, che prendono milioni per aprire industrie al Sud e le chiudono dopo pochi anni portandosi le macchine al nord o all’estero.
Più di tutto, il Sud ha bisogno che lo Stato italiano la smetta di fare patti mafiosi e combatta seriamente le mafie, anziché favorirle, poiché funzionali al controllo del popolo meridionale e al trasferimento dal Sud di molti miliardi di euro l’anno, da investire al nord, per mano di sciur Brambilla prestanome. Ottanta miliardi di euro, sì, il Sud ne ha maledettamente bisogno per sopravvivere, ma che siano nuovi, veri e spesi in due anni dove servono, creando una task force di economisti e imprenditori meridionali scelti tra i migliori. Altro che l’ennesima rassicurante presa per il culo del governo in carica.
Politici italiani: responsabili da decenni del mancato sviluppo dell’Italia del sud. Non ci credete? Chiedete a Cavour!
E’ storia vecchia; l’Unità d’Italia ha condotto “Il regno delle due Sicilie” nelle mani del “nord”: “Saluto Re Vittorio Emanuele Re d’Italia”, disse Garibaldi il 26 ottobre 1860 a Teano. Probabilmente Cavour tirò un gran sospiro di sollievo, temeva, difatti (e tanti meridionali invece lo speravano), che Garibaldi si ponesse a capo dell’Italia meridionale e la rendesse indipendente dal resto della nazione. Si preoccupò, invece che i suoi volontari garibaldini fossero”assunti” nell’esercito regolare sardo, con il medesimo grado rivestito nella spedizione e, prudentemente, si ritirò a Caprera. Mentre i soldati delle truppe borboniche, allo sbando, si davano alla macchia e molti si associavano alle bande di briganti. Garibaldi, con il suo saluto disse addio alle speranze della fondazione di una repubblica meridionale di stampo mazziniano, che avrebbe dovuto in seguito estendersi anche ai domini papali, conquistando Roma. In proposito qualcuno afferma che le ultime parole espresse da Camillo Benso Conte di Cavour in punto di morte non fossero soltanto “L’Italia è fatta”, ma che avesse aggiunto:-“Non dimenticate il meridione d’Italia”. Quel meridione che –“Per quanto riguarda invece la circolazione monetaria del Regno, questa fino al 1860 era il doppio di quella di tutti gli altri Stati della penisola sommati tra loro. La “Zecca” disponeva di uomini, materiale e macchine di grande prestigio, ma tutto ciò scomparve dopo il 1870” . Restando in tema di gossip storico, uno dei raccontini circolanti sulla regina Maria Antonietta è quello per cui, nel sentirsi dire che al popolo mancava il pane, rispondesse: “Che mangino ciambelle”, o qualcosa di simile. E’ ovvio: chi non deve fare i conti con le problematiche quotidiane di ordine economico, non PUO’ comprenderle. Con tutta la buona volontà. Ma l’Italia del meridione, oggi più che mai fa invece i conti li fa, ogni giorno (e non tornano mai), senza essere davvero compresa da quanti, invece, i propri conti li fa, magari mettendo anche qualche cosina da parte. Rifacendoci ancora al passato e ai politici, ricordiamo le parole di Giustino Fortunato: «Che esista una questione meridionale, nel significato economico e politico della parola, nessuno più lo mette in dubbio. C’è fra il nord e il sud della penisola una grande sproporzione nel campo delle attività umane, nella intensità della vita collettiva, nella misura e nel genere della produzione, e, quindi, per gl’intimi legami che corrono tra il benessere e l’anima di un popolo, anche una profonda diversità fra le consuetudini, le tradizioni, il mondo intellettuale e morale.» Senza che sia cambiato nulla nei secoli: Il rapporto Svimez difatti, riportando i dati sul Sud italiano riferisce che vi sia il:”Rischio di sottosviluppo permanente”. Chiarisce che un meridionale su tre è povero, mentre al Nord lo è uno su dieci e che l’anno passato i consumi nell’Italia meridionale siano stati i due terzi di quelli del Centro-Nord. E non si facciano più figli. Vivendo nel meridione d’Italia, ad esempio a Napoli, non c’è bisogno di rifarsi a quei dati, in quanto le difficoltà sono evidenti. Potremmo considerare “divertente” la scenetta di una bimba, tenuta per i piedi dalla madre, che pesca nel recipiente per i panni e resta incastrata? Il detto “mal comune mezzo gaudio” non corrisponde al vero: qualche anno fa si trovavano “gettati”, con e senza il numero dell’Asia mobili ed altri oggetti che potevano fare comodo a qualcuno, mentre attualmente, chi disperatamente e con metodo, cerca nella spazzatura, vi trova ben poco. Molto, dell’usato, è in vendita sui vari siti. Vi si vende davvero di tutto, quel tutto che un tempo veniva gettato e adesso diviene per tanti, speranza di un rientro economico in tempi difficili. Ogni cinque metri, per le strade di Napoli, c’è “un povero” in cerca di elemosina. Non soltanto i classici immigrati clandestini o meno, ma anche distinti signori col capello tra le mani e vecchiette dalla pensione invivibile. D’altra parte, quando a seguito della richiesta da parte degli artisti napoletani,sostenuta da una petizione, il Sindaco De Magistris ha accolto l’ iniziativa assegnando come luogo possibile i portici antistanti la Galleria Principe Umberto di Napoli, ci si è presto resi conto che rappresenta il luogo dove vanno a dormire persone senza tetto. Problema casa. Dice in proposito Domenico Lopresto, della Unione Inquilini Napoli: “Alle famiglie senza casa e senza lavoro di fatto vengono negati i diritti fondamentali dei cittadini come quelli alla salute, all’istruzione, alla dignità , alla cittadinanza. Lavoro, casa, dignità e cittadinanza nell’agenda dei governi liberisti non esistono se non nella forma precaria e con alto tasso di sfruttamento: politiche attive per il lavoro e la casa non sono al centro dell’iniziativa dei governi e di conseguenza del Comune di Napoli e del suo hinterland e/o della Regione Campania .”- Non è facile neanche per chi “guadagna” e un tetto ce l’ha. Difatti, togliendo da uno stipendio “normale” circa il 45% di tasse all’origine NON si è certo chiuso il conto con le tasse. Giunge quella della spazzatura (facciamo 510 euro?), intanto scade l’assicurazione auto (a Napoli grande mazzata, si aggira dai 1800 ai 2300 euro annue, per un’auto neanche di gran lusso), occorre pagare luce, acqua, gas, telefono. Per i fortunati possessori di (UNA) casa, le spese condominiali (e quelle del mutuo). Giunge (inaspettata), una multa di 170 euro per qualcosa che è successo ad un figlio mesi prima? E’ una tragedia. Si avvicina la data in cui occorrerà pagare la tassa universitaria per uno o più figlioli? Dove prendere il denaro? E per i libri? Il sorriso si va a fare una passeggiata già così, ma, se accadono gli straordinari di ordine sanitario lo si dimentica in un cassetto a tempo indeterminato. Chiaramente, come specificano i dati, Il Mezzogiorno è la Grecia d’Italia e si avvia verso “un sottosviluppo permanente”. E’ cosa nota che: “Se il Paese ellenico dal 2000 al 2013 è cresciuto del 24%, il Sud della Penisola si ferma al 13%. Contro il 53,6% che rappresenta la media dell’Europa a 28.”- Inoltre: “Il numero degli occupati nel Mezzogiorno, ancora in calo nel 2014, arriva a 5,8 milioni, il livello più basso almeno dal 1977, anno di inizio delle serie storiche Istat”. Tutto ciò riguarda, appunto, una parte dell’Italia. Ma c’è l’altra Italia che questi problemi non ne ha. Quella che paga uno e prende quattro ogni giorno. Tra tanta brava gente di quest’altra Italia, c’è anche chi, “per tenersi su” annusa polverine bianche in quanto “si annoia.” E c’è l’Italia dei nostri politici che, forse a causa nostra, sono divenuti politicanti. Quelli che, parlano parlano parlano… ma, a conti fatti, vogliono tutti la stessa cosa: soldi e potere. Nell’ordine. Non possiamo stupirci se “l’Italietta” che ogni giorno combatte con il quotidiano bisogno si sia “un tantinello” stufata di farlo e non creda più ai politici che promettono, in tempi più o meno brevi, quello che da decenni, ossia perlomeno dall’Unità d’Italia, non hanno “ancora” mantenuto: un paese che non sia spaccato in due tra chi ha diritto di vivere bene e chi questo diritto, previsto dalla nostra ugualitaria Costituzione, non ce l’ha. Bianca Fasano.