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Unione Mediterranea: verso il referendum NO TRIV

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Unione Mediterranea aveva già espresso la propria opinione riguardo la necessità di referendum “NO-TRIV” ed alla luce delle ultime evoluzioni rilancia l’appello rivolto ai singoli consiglieri di approvare la delibera referendaria. L’Assemblea plenaria della Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali, l’11 settembre 2015, ha approvato all’unanimità la predisposizione dei quesiti referendari in materia petrolifera, relativi all’art. 35 del decreto sviluppo del 2012 e all’art. 38 del decreto Sblocca Italia. Prendiamo atto quindi della considerazione del coordinatore dell’Assemblea delle Regioni, Franco Iacop, secondo cui: “L’unanimità condivisa nella decisione di predisporre i quesiti referendari sottolinea come indipendentemente dall’essere direttamente toccati dal tema delle trivellazioni, tutte le Regioni hanno voluto esprimersi in merito alla difesa dei territori e alla rivendicazione della loro partecipazione alle decisioni che riguardano la loro sostenibilità economica e sociale“. Ricordiamo che varie Regioni hanno impugnato davanti la Corte Costituzionale il decreto Sblocca Italia, riguardo proprio all’articolo 38 che di fatto esautora le Regioni del potere decisionale e legislativo nelle politiche energetiche. L’articolo 35, comma 1, invece riapre le procedure di diverse istanze di ricerca che erano state precedentemente congelate dal Decreto Prestigiacomo all’interno delle 12 miglia, ossia a ridosso delle coste italiane.

Unione Mediterranea quindi, nel rilanciare l’appello ai consiglieri che in questi giorni saranno chiamati a discutere e deliberare in merito, rimarca il proprio impegno e la propria caratterizzazione nella difesa dei territori e del mare dallo sfruttamento coloniale insensato e devastante delle multinazionali del petrolio.

Dipartimento Ambiente UM

Rosella Cerra – Lucio Iavarone

Il progetto pilota “Scarfoglio”. L’analisi

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Il progetto Pilota “Scarfoglio” prevede la realizzazione di un impianto geotermico pilota nell’area del Permesso di Ricerca “Scarfoglio”, nella Solfatara di Pozzuoli, nel cuore dei campi flegrei dove insiste il supervulcano più pericoloso del pianeta.

L’avvio della procedura per la realizzazione di tale impianto è stato promosso con la legge SbloccaItalia, voluta dal governo Renzi in carica.

Si riporta di seguito la scheda tecnica prevista per l’impianto:image002

 

L’impianto prevede una tecnica sperimentale di reimmissione in profondità dei fluidi ad alta pressione.

La situazione geomorfologica del territorio dei Campi Flegrei è in costante variazione ed assestamento.

Nell’immagine seguente il confronto tra due grafici omologhi; in alto quello riportato nella “Relazione geologico-geotermica AMRA/INGV”, in basso quello estratto dal “Bollettino di Sorveglianza Vulcani Campani Maggio 2015” dell’Osservatorio Vesuviano. In tale confronto si nota che negli ultimi due anni le variazioni di quota per l’attività di sollevamento del suolo, connessa al fenomeno del bradisismo,sono sempre in incremento.

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Dalle relazioni tecniche a supporto delle osservazioni al progetto emerge quanto segue:

Il Prof. Mastrolorenzo, vulcanologo dell’Istituto di Vulcanologia, afferma che: “per il principio di precauzione e per l’assoluta imprevedibilità degli effetti , le attività di perforazione sono assolutamente da escludere in un’area in cui sono a rischio 3 milioni di persone”.

Dati scientifici elaborati dallo stesso prof. Mastrolorenzo confermano l’imprevedibilità del Vulcano dei Campi Flegrei: “Ricerche recenti mie e di altri esperti di livello internazionale dimostrano che, a causa dell’elevatissime temperature e pressioni dei fluidi, sistemi geotermici come la caldera dei Campi Flegrei sono estremamente suscettibili a sollecitazioni naturali o indotte come le trivellazioni le quali possono causare sequenze sismiche, esplosioni del pozzo, esplosioni freatiche e addirittura eventi eruttivi. I rischi sono più elevati nel caso in cui si proceda l’iniezione di fluidi in profondità, come previsto per le centrali geotermiche. “Perforazioni analoghe come quelle condotte negli ultimi anni nelle Azzorre, hanno provocato esplosioni e devastazioni di vaste aree intorno ai pozzi” continua l’esperto e ancora: “casi simili sono stati registrati in altri vulcani ed esplosioni si sono verificate proprio nei Campi Flegrei in precedenti attività di trivellazione. In assenza di un piano d’emergenza, per l’alta densità di popolazione e per

Prosegue il Prof. Ortolani, geologo all’Università Federico II di Napoli: “La reiniezione dei fluidi ad alta pressione induce normalmente attività sismica di non elevata magnitudo. In un sottosuolo particolare come quello flegreo già normalmente interessato da sismicità specialmente quando l’attività bradisismica è caratterizzata da sollevamento, da fluidi molto caldi, da discontinuità litologiche e geomeccaniche orizzontali e verticali le reiniezioni di fluidi ad alta pressione rappresenterebbero un problema antropico aggiunto a quelli naturali. Certamente non costituirebbero un intervento migliorativo! E’ inutile ricordare che l’area flegrea è densamente urbanizzata”.

Nell’immagine seguente i limiti della zona rossa e della zona gialla per il vulcanismo dei Campi Flegrei; l’area “Scarfoglio” è proprio al centro dell’ellisse disegnato:

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Secondo quanto comunicato dall’INGV e dall’Osservatorio Vesuviano nel Bollettino di Sorveglianza Campi Flegrei del 21 dicembre 2012, “la rete permanente di controllo mostra una netta ripresa del processo di sollevamento dell’area flegrea” e la velocità di sollevamento registrata nel bollettino del 21 dicembre è pari a 2.5/3.0 cm al mese alla stazione GPS del Rione Terra. Si tratta di un dato considerato dagli scienziati il “valore massimo ad oggi rilevato a partire dalla fase di sollevamento iniziata nel 2005“. Nel Bollettino del 28 dicembre, invece, è stato segnalato dalla stazione GPS un incremento visibile del suolo pari a 0.5 cm nell’ultima settimana.

In base a questi dati, ai Comuni flegrei è stata inviata una nota ufficiale nella quale,  è stato comunicato il passaggio dal livello di allerta vulcanica ‘base’ al livello di ‘attenzione nell’allerta.’  L’assegnazione di  tale livello  indica che si sono verificate variazioni significative nei parametri monitorati quali incrementi significativi della sismicità, deformazioni del suolo e variazioni delle caratteristiche fisico-chimiche delle fumarole della solfatara e dell’area idrotermale di Pisciarelli.  Tale livello è stato riconfermato per il 2013 e per il 2014 confermando il trend di sollevamento dell’area.

Nella zona in questione non esiste alcun piano di sicurezza né tantomeno un piano di evacuazione per la popolazione.

La documentazione presentata dai professori Ortolani e Mastrolorenzo verte su un principio precauzionale. L’area è sovrappopolata, l’avvio di un progetto pilota potrebbe sottoporre il territorio ad uno stress pericoloso, considerando che ad oggi non esiste un piano di evacuazione in caso di sfollamento. UM ha sottoscritto innanzitutto una richiesta di chiarimenti da parte dei cittadini nei confronti del ministero dell’ambiente. Il nostro non è un no preconcetto, ma come cittadini del Sud siamo allarmati dallo sblocca Italia, che decentra il potere decisionale delle istituzioni locali a vantaggio delle scelte strategiche nazionali. Saremo vigili e attenti sulla questione.

di Lucio Iavarone

No alle trivelle a Pozzuoli

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Un secco no alle trivellazioni al Sud ed alle lobby che hanno precisi interessi nella più grande operazione di distruzione dell’ambiente degli ultimi anni: è questa la posizione di Unione Mediterranea, movimento politico attivo per il riscatto e lo sviluppo del Mezzogiorno.
E la ferma posizione del movimento viene espressa di fatto nel sostegno alla cittadinanza attiva impegnata nel “No trivelle a Via Pisciarelli e nella zone flegrea”, con la partecipazione di Flavia Sorrentino , portavoce nazionale di Unione Mediterranea, e di Lucio Iavarone ambientalista ed ex portavoce comitati fuochi, all’Assemblea Pubblica prevista per domenica 28 giugno 2015.
Il segretario nazionale di Unione Mediterranea , Enrico Inferrera da sempre attivo in tutte le iniziative di tutela e salvaguardia del territorio ritiene ” assolutamente rischioso ed illogico procedere con le trivellazioni in un’area ad alta densità abitativa, tra le più belle e storicamente importanti in Campania, anche in virtù della sismicità della zona. Ancora una volta dobbiamo constatare come non si tenga in minima considerazione quanto affermato e sottoscritto da studiosi e cittadinanza attiva, ignorando dunque le istanze della popolazione residente. Questo aspetto è gravissimo e ci vedrà molto attenti agli sviluppi della questione”.

“Con Unione Mediterranea – afferma Flavia Sorrentino portavoce nazionale UM – abbiamo appena presentato all’europarlamento una petizione sui diritti fondamentali al Sud, in cui chiediamo di istituire una commissione straordinaria che si occupi di monitorare lo stato di salute dei nostri territori. Sarebbe il caso di chiamare lo sblocca Italia di Renzi più semplicemente lo sblocca trivelle: ancora una volta, lo stato italiano dimostra di non aver alcun interesse per la tutela del Mezzogiorno, che continua ad essere utilizzato come fonte di guadagno in spregio alla salute del territorio e dei cittadini”

TRIVELLAZIONI LUNGO LA COSTA CALABRESE? Il Circolo UM “Federico II” chiede giustificazioni al Presidente della Regione Calabria

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Grazie al lavoro della dott.ssa Rosella Cerra del Circolo Territoriale “Federico II” che ha coordinato le osservazioni contro le trivellazioni nell’Alto Ionio cosentino per conto anche di altre associazioni, Unione Mediterranea ha presentato all’inizio del mese di gennaio al Ministero dell’Ambiente le osservazioni allo Studio di Impatto Ambientale della Istanza di prospezione in mare definita “d3 F.P- S.C” nel golfo di Taranto della Schlumberger Italiana. Ma attualmente qual è la situazione lungo la costa ionica calabrese? L’unico permesso di ricerca attualmente presente nel Golfo di Taranto riguarda la “D.R. 74.AP”, concesso con decreto di conferimento Ministeriale del 9 giugno 2014, precedentemente definito permesso di ricerca “d.150 D.R-.CS”, alla Società Apennine Energy S.p.A.. Nella figura che riportiamo è l’area verde. Tale istanza era stata già rigettata in passato con la nota ministeriale n. 15283 del 19 luglio 2011, perché ricadente in area interdetta ai sensi del Decreto Legislativo 29 giugno 2010, n. 128, quando era definita come istanza “d.150 D.R-.CS”. Anche quasi tutti i Comuni coinvolti nel progetto, quali quelli di Amendolara, Trebisacce, Villapiana, Cassano allo Ionio, Corigliano Calabro, Rossano, Calopezzati, avevano rigettato l’istanza. Si erano astenuti dall’esprimere invece un parere i comuni di Albidona e Crosia, la Provincia di Cosenza e l’Unione dei Comuni dell’Alto Ionio.
Il Ministro Guidi ha invece ritenuto di dovere procedere con il consenso, ignorando e scavalcando i pareri altamente critici e negativi degli enti locali.
Prendendo atto che l’originaria istanza prodotta per il conferimento del permesso era stata presentata in data 28 marzo 2007, quinti antecedente all’entrata in vigore del decreto 128, e considerando che la prima fase di ricerca di fatto consiste nel solo acquisto e rielaborazione di linee sismiche già esistenti, il Direttore Generale per le Risorse Minerarie ed Energetiche, Franco Terlizzese, ha ritenuto di potere dare parere positivo. Questa prima fase dovrebbe durare 12 mesi dalla data di pubblicazione del Decreto.
La seconda fase in progetto prevede invece la vera e propria perforazione per la realizzazione del pozzo esplorativo, ma questo previa procedura di VIA.
La perforazione del pozzo esplorativo partirà con una postazione dalla terraferma, con pozzi esplorativi orizzontali, e dovrà avvenire entro tre anni dal conferimento del permesso.
Di fatto quello che evidentemente è un aggirare l’ostacolo di ricerca direttamente in mare, così come denunciato dall’Organizzazione Ambientalista Lucana OLA, potrebbe costituire un pericolo maggiore in quanto andrebbe a sollecitare una area costiera soggetta a liquefazione e ad erosione, come evidenziato dalla Relazione Geologica del PSA (Piano Strutturale Associato) della Sibaritide e dallo stesso Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Cosenza. Mentre, sempre dalle stesse carte, in quelle aree risulta molto elevato il rischio inondazione.
Si tenga presente che anche l’area costiera sulla terraferma è interessata da un’altra istanza di permesso di ricerca della stessa multinazionale Apennine Energy S.p.A. definita “Torre del Ferro” (in giallo nella figura).
Vogliamo ricordare che la SEN (Strategia Energetica Nazionale), a pagina 11, definisce uno stretto legame fra riforma del Titolo V della Costituzione e politica energetica. Infatti nella sezione Modernizzazione dei sistemi di Governance , afferma che: “Per quanto riguarda il rapporto tra Stato, Regioni e Enti locali, nell’ambito della SEN è stata sottolineata l’importanza di affrontare la modifica della Costituzione, invocata da più parti e recentemente proposta dal Governo, per riportare in capo allo Stato le competenze legislative in materia di energia, per quanto riguarda le attività e le infrastrutture energetiche di rilevanza nazionale. Una siffatta riforma sarebbe utile per assicurare una legislazione e scelte di fondo omogenee. Essa può essere attuata mediante una limitata modifica dell’Art.117 della Costituzione (Titolo V) che assegni di nuovo allo Stato la competenza esclusiva per tale tipo di infrastrutture. Tale modifica non implicherebbe l’esclusione delle Regioni dal processo decisionale, ma riporterebbe a un livello unitario la legislazione in tali settori e semplificherebbe il processo autorizzativo, mantenendo e rafforzando il ruolo del territorio nella formazione della decisione statale in merito. Questo favorirebbe il prevalere dell’interesse nazionale rispetto a quello di carattere più locale, oggi messi legislativamente sullo stesso piano.”
Il fatto che le politiche energetiche e quelle del governo del territorio siano a legislazione concorrente non è gradito ovviamente alle multinazionali del petrolio ed a tutti quegli uomini di governo compiacenti. Il Decreto “sblocca Italia” cerca di favorire l’impostazione della SEN, esautorando i governi locali del loro potere decisionale e legislativo.
Nel Decreto di concessione viene anche precisato che è possibile ricorrere al TAR o al Presidente della Republica entro 60 e 120 giorni rispettivamente dalla data della notificazione.
Sono passati abbondantemente i 120 giorni. Ci chiediamo se tutto è stato fatto per bloccare questo ennesimo disastro ambientale annunciato ai danni di un Sud sempre più usato come colonia a favore del capitalismo mondiale delle multinazionali del petrolio. Unione Mediterranea chiede dunque al Presidente della Regione di giustificare l’inerzia della Regione e della Provincia di Cosenza che ha governato fino a pochi mesi fa, ed auspica inoltre che non venga eletto Presidente della Repubblica il sig. Prodi, che recentemente in un intervento pubblico ha invitato il Governo ad incrementare lo sfruttamento del petrolio presente nelle viscere della Magna Grecia.

Circolo Territoriale “Federico II” di Unione Mediterranea

La Puglia che si ribella andrà avanti per difendere la terra nostra.

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Ambientalisti e meridionalisti pervenuti ieri da tutte le province pugliesi, hanno partecipato ad un incontro a Bari, nella sede del Circolo Ostro, sul che fare per fermare il decreto sblocca Italia, che condanna il Sud alla devastazione ambientale, per estrazioni petrolifere selvagge, sversamento di rifiuti tossici ed emissioni velenose dagli impianti industriali monstre, quali l’Ilva di Taranto e la centrale a carbone di Brindisi, e alla totale negazione di finanziamenti dello stato, dirottati interamente verso il nord, per ben 5 miliardi di euro alle infrastrutture e 2 miliardi di euro per lo sviluppo, oltre i 4 miliardi di fondi europei scippati alle regioni meridionali da utilizzare in quelle settentrionali.
E’ emersa, da parte di tutti i partecipanti, la volontà di proseguire nella lotta per il diritto alla salute ed al lavoro pulito dei pugliesi, che vedono nella distruzione dei settori agricolo e turistico, conseguente alla devastazione ambientale, la “soluzione finale” della già povera economia regionale.
Dopo la presentazione del barese Agostino Abbaticchio, responsabile del circolo, e l’introduzione del foggiano Raffaele Vescera, moderatore dell’incontro, sono iniziati i vari interventi. Particolarmente significativa la testimonianza del tenente della guardia ambientale di Potenza, Giuseppe di Bello, che ha denunciato il massacro territoriale della Lucania e il conseguente impoverimento degli abitanti, per via delle selvagge estrazioni petrolifere in atto da decenni, oltre all’aumento vertiginoso della mortalità tumorale, dovuta all’inquinamento delle acque che colpisce altresì i tre milioni di pugliesi che bevono l’acqua inquinatissima della diga del Pertusillo.
A seguire, ha parlato Gregorio Mariggiò, portavoce dei verdi per l’ambiente di Taranto, il quale ha evidenziato gli irrisolti problemi ambientali dell’Ilva, così rovinosi per la città, proponendo inoltre, in virtù del ruolo negativo dei partiti, la formazione di una lista civica per le prossime elezioni regionali che si batta per la difesa dell’ambiente, tenendo alta la bandiera dell’onestà.
A lui ha fatto seguito Vittoria Orlando, del movimento “Taranto respira” che ha evidenziato il crescente tasso di mortalità per cancro in città, più di tutto al Rione Tamburi, prossimo all’Ilva, dove non v’è famiglia che non sia stata segnata da tale cattiva sorte.
Anche la brindisina Marzia Mastrorilli, rappresentante del movimento “No carbone”, ha calcato l’accento sulle disastrose conseguenze per la salute per le abnormi emissioni inquinanti della centrale di Cerano e per la persistenza della megadiscarica tossica di Micorosa, posta a pochi metri dal mare.
Ha continuato con la disamina degli altrettanto preoccupanti problemi ambientali della Capitanata, Vincenzo Rizzi, consigliere comunale a Foggia. A lui facevano seguito il salentino Crocifissso Aloisi, il quale ha messo in rilievo la questione del gasdotto Tap, che approdando sulla riva di Melendugno rovinerebbe un incantevole e finora incontaminato tratto di costa, e il barlettano Ezio Spina, che in rappresentanza della sesta provincia ha evidenziato la rovinosa presenza del cementificio, auspicando una politica indipendente per il Sud.
Per finire, l’avvocato lucano Antonio Romano ha elencato le possibilità legali di ricorrere avverso il decreto “trivella sud”, ponendo in rilievo la necessità di ricorrere ad una class action contro le multinazionali petrolifere.
Dopo questo primo incontro, i partecipanti si sono dichiarati intenzionati a costituire un coordinamento regionale dei vari comitati al fine di concordare forme ed obiettivi di lotta, dandosi un nuovo appuntamento, sempre a Bari, per sabato 29 novembre. Anche in vista della partecipazione alla prevista manifestazione regionale contro il decreto Renzi del 4 dicembre a Bari.
Dai partecipanti è altresì emersa l’intenzione di far pesare la volontà di salvare la Puglia dalla programmata devastazione ambientale ed economica anche alle prossime elezioni regionali nelle forme che saranno in seguito concordate.
Raffaele Vescera

 

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