TRIVELLAZIONI LUNGO LA COSTA CALABRESE? Il Circolo UM “Federico II” chiede giustificazioni al Presidente della Regione Calabria

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Grazie al lavoro della dott.ssa Rosella Cerra del Circolo Territoriale “Federico II” che ha coordinato le osservazioni contro le trivellazioni nell’Alto Ionio cosentino per conto anche di altre associazioni, Unione Mediterranea ha presentato all’inizio del mese di gennaio al Ministero dell’Ambiente le osservazioni allo Studio di Impatto Ambientale della Istanza di prospezione in mare definita “d3 F.P- S.C” nel golfo di Taranto della Schlumberger Italiana. Ma attualmente qual è la situazione lungo la costa ionica calabrese? L’unico permesso di ricerca attualmente presente nel Golfo di Taranto riguarda la “D.R. 74.AP”, concesso con decreto di conferimento Ministeriale del 9 giugno 2014, precedentemente definito permesso di ricerca “d.150 D.R-.CS”, alla Società Apennine Energy S.p.A.. Nella figura che riportiamo è l’area verde. Tale istanza era stata già rigettata in passato con la nota ministeriale n. 15283 del 19 luglio 2011, perché ricadente in area interdetta ai sensi del Decreto Legislativo 29 giugno 2010, n. 128, quando era definita come istanza “d.150 D.R-.CS”. Anche quasi tutti i Comuni coinvolti nel progetto, quali quelli di Amendolara, Trebisacce, Villapiana, Cassano allo Ionio, Corigliano Calabro, Rossano, Calopezzati, avevano rigettato l’istanza. Si erano astenuti dall’esprimere invece un parere i comuni di Albidona e Crosia, la Provincia di Cosenza e l’Unione dei Comuni dell’Alto Ionio.
Il Ministro Guidi ha invece ritenuto di dovere procedere con il consenso, ignorando e scavalcando i pareri altamente critici e negativi degli enti locali.
Prendendo atto che l’originaria istanza prodotta per il conferimento del permesso era stata presentata in data 28 marzo 2007, quinti antecedente all’entrata in vigore del decreto 128, e considerando che la prima fase di ricerca di fatto consiste nel solo acquisto e rielaborazione di linee sismiche già esistenti, il Direttore Generale per le Risorse Minerarie ed Energetiche, Franco Terlizzese, ha ritenuto di potere dare parere positivo. Questa prima fase dovrebbe durare 12 mesi dalla data di pubblicazione del Decreto.
La seconda fase in progetto prevede invece la vera e propria perforazione per la realizzazione del pozzo esplorativo, ma questo previa procedura di VIA.
La perforazione del pozzo esplorativo partirà con una postazione dalla terraferma, con pozzi esplorativi orizzontali, e dovrà avvenire entro tre anni dal conferimento del permesso.
Di fatto quello che evidentemente è un aggirare l’ostacolo di ricerca direttamente in mare, così come denunciato dall’Organizzazione Ambientalista Lucana OLA, potrebbe costituire un pericolo maggiore in quanto andrebbe a sollecitare una area costiera soggetta a liquefazione e ad erosione, come evidenziato dalla Relazione Geologica del PSA (Piano Strutturale Associato) della Sibaritide e dallo stesso Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Cosenza. Mentre, sempre dalle stesse carte, in quelle aree risulta molto elevato il rischio inondazione.
Si tenga presente che anche l’area costiera sulla terraferma è interessata da un’altra istanza di permesso di ricerca della stessa multinazionale Apennine Energy S.p.A. definita “Torre del Ferro” (in giallo nella figura).
Vogliamo ricordare che la SEN (Strategia Energetica Nazionale), a pagina 11, definisce uno stretto legame fra riforma del Titolo V della Costituzione e politica energetica. Infatti nella sezione Modernizzazione dei sistemi di Governance , afferma che: “Per quanto riguarda il rapporto tra Stato, Regioni e Enti locali, nell’ambito della SEN è stata sottolineata l’importanza di affrontare la modifica della Costituzione, invocata da più parti e recentemente proposta dal Governo, per riportare in capo allo Stato le competenze legislative in materia di energia, per quanto riguarda le attività e le infrastrutture energetiche di rilevanza nazionale. Una siffatta riforma sarebbe utile per assicurare una legislazione e scelte di fondo omogenee. Essa può essere attuata mediante una limitata modifica dell’Art.117 della Costituzione (Titolo V) che assegni di nuovo allo Stato la competenza esclusiva per tale tipo di infrastrutture. Tale modifica non implicherebbe l’esclusione delle Regioni dal processo decisionale, ma riporterebbe a un livello unitario la legislazione in tali settori e semplificherebbe il processo autorizzativo, mantenendo e rafforzando il ruolo del territorio nella formazione della decisione statale in merito. Questo favorirebbe il prevalere dell’interesse nazionale rispetto a quello di carattere più locale, oggi messi legislativamente sullo stesso piano.”
Il fatto che le politiche energetiche e quelle del governo del territorio siano a legislazione concorrente non è gradito ovviamente alle multinazionali del petrolio ed a tutti quegli uomini di governo compiacenti. Il Decreto “sblocca Italia” cerca di favorire l’impostazione della SEN, esautorando i governi locali del loro potere decisionale e legislativo.
Nel Decreto di concessione viene anche precisato che è possibile ricorrere al TAR o al Presidente della Republica entro 60 e 120 giorni rispettivamente dalla data della notificazione.
Sono passati abbondantemente i 120 giorni. Ci chiediamo se tutto è stato fatto per bloccare questo ennesimo disastro ambientale annunciato ai danni di un Sud sempre più usato come colonia a favore del capitalismo mondiale delle multinazionali del petrolio. Unione Mediterranea chiede dunque al Presidente della Regione di giustificare l’inerzia della Regione e della Provincia di Cosenza che ha governato fino a pochi mesi fa, ed auspica inoltre che non venga eletto Presidente della Repubblica il sig. Prodi, che recentemente in un intervento pubblico ha invitato il Governo ad incrementare lo sfruttamento del petrolio presente nelle viscere della Magna Grecia.

Circolo Territoriale “Federico II” di Unione Mediterranea

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