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La mezz’ora più lunga – Lettura del confronto fra De Magistris e Salvini ospiti di Lucia Annunziata

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Partiamo subito chiarendo una cosa: Lucia Annunziata è interprete di un certo giornalismo che si finge scomodo e fuori dagli schemi ma che spesso, ad uno sguardo più attento, risulta chiaramente “sotto padrone”, e quello che in un primo momento era sembrata provocazione ficcante finisce per rivelarsi una conduzione sottilmente tendenziosa. Un modo di fare alla Cruciani teso a screditare l’interlocutore non gradito o a rendere comoda la vita a quello gradito (che quasi sempre è in area maggioritaria PD).

Questa volta non è esattamente il caso, ma è anche vero che durante la doppia intervista di oggi, 19 marzo, a Luigi de Magistris e Matteo Salvini la verve faziosetta della Annunziata ha fatto spesso capolino, rendendo scarso servigio al Giornalismo inteso come nobile mestiere.

Ad ogni modo i tentativi di mettere in cattiva luce il sindaco di Napoli in merito ai fattacci della settimana scorsa è stato puntualmente e chiaramente controbattuto da un sereno de Magistris, che con equilibrio e pragmatismo si assume la sua responsabilità politica senza nascondere ed anzi esaltando il fatto che fra la sua esperienza politica e quella dei centri sociali napoletani esiste una mai taciuta e proficua collaborazione. La sinergia fra i vari elementi del corpo politico napoletano, orchestrata dal sindaco in qualità di mediatore, ha ottenuto in questi anni splendidi risultati, e de Magistris non fa altro che elencarne qualcuno rivendicando la partecipazione attiva di tutti i movimenti politici e culturali coinvolti. La serenità di chi ha ragione (e che verrà poi contestata a sparate dal ciarlatano padano, come vedremo) fa scempio del sillogismo “centri sociali/black block”. Certo nessuno può negare che le violenze ci siano state, tanto meno de Magistris, ma le parole del sindaco sulle motivazioni del suo diniego a Salvini, della sua vicinanza ai centri sociali e sulle inopportune prese di posizione di Minniti dovrebbero aver depotenziato le scandalose strumentalizzazioni a cui abbiamo assistito ( ed alle quali, comunque, si doveva evitare di prestare il fianco)

Da questa prima mezz’ora emerge ancora più fortemente come Dema e Luigi de Magistris possano essere interlocutori estremamente interessanti assieme ai quali percorre una parte del nostro cammino. Difficilmente ci sarà mai un totale allineamento di tematiche e ricette politiche, ma le coordinate di base sono comuni.

Salutato de Magistris la Annunziata passa a Salvini. Rileviamo innanzitutto come un ipotetico contraddittorio terzo, da parte del sindaco di Napoli, sia negato dalla incomprensibile conduzione della puntata che non prevede il diritto di replica del primo intervistato. La conseguenza naturale è il grottesco spettacolo di Salvini che replica con le solite sparate vacue e retoriche agli argomenti concreti precedentemente buttati sul tavolo. L’esempio più lampante vede il segretario della lega criticare l’amministrazione comunale che – a suo dire – non si cura delle buche in strada mentre concede chissà quali privilegi di natura immobiliare ai centri sociali. Salvini ignora totalmente i termini in cui si è espresso il suo predecessore ai microfoni, ed oppone calunnie incontrastate a termini come riqualificazione urbana e collegialità della cura cittadina. Ma questa è la sua cifra politica, e ci siamo abituati.

Le panzane si attestano a livelli ragguardevoli. E’ proprio il caso di dire che Matteo da i numeri: “centinaia di circoli”, “migliaia di iscritti”, “2000 convenuti al comizio a napoli” (in una struttura che ne ospita al massimo 1150), 35 mila voti a Roma (11.880 in realtà) etc. il tutto condito dal sempre evidente – anche se scandalosamente negato – preconcetto antimeridionale. Non mancano infatti i richiami alle solite fanfaluche di stampo padano: gli sprechi al sud (e mai al nord), la sanità disastrata (ricordiamoci che la lega è fra le principali cause), quartieri di napoli in mano ai clandestini (dove?). Forse ne azzecca una quando parla delle truffe sssicurative, ma per una che ne indovina i toni rovinano tutto: “Napoli capitale mondiale delle truffe assicurative”. Ellallà!

Non manca nemmeno l’ennesima autoassoluzione del suo razzismo che, come al solito, viene derubricato a banale mancanza di educazione da ultras.

Gli argomenti concreti, invece, stanno a quota zero. Nessun accenno alle ricette concrete. Non vole l’Euro, i nemici sono gli immigrati, i genitori devono essere mamma e papà e non genitore 1 e genitore 2 e via dicendo con la solita ridda di fumogeni politici colorati quanto evanescenti. Pretenderebbe anche che Minniti cambiasse in mezza giornata le direttive alla marina militare in merito all’emergenza migranti nel mediterraneo. Risposte semplici a problemi complessi. Tipico della lega.

Non mancano poi le citazioni alla Le Pen, a cui concede la verginità dall’estremismo di destra. I Lepenisti in francia hanno allargato il consenso proprio grazie ad un populismo di estrema destra, ma a Salvini conviene negare l’evidenza perché spera di replicare in Italia e diventare ministro degli interni (sic.)

Dio ce ne scampi e liberi!

Ad inizio intervista Salvini si dice preoccupato per Napoli che è amministrata da quel poveretto che c’era in studio. De Magistris risponderà per conto suo, a questo, ma da parte nostra valga un chiarissimo: “Stai pure a casa tua, Matteo, ché a noi badiamo noi stessi!”

La calata dei lanzichenecchi leghisti è fallita, ma…

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LA “MARCIA SU NAPOLI” E’ FALLITA, MA CONTRO SALVINI SI POTEVA FARE DI MEGLIO

Facciamola breve. La marcia (dell’11/03 ndr) su Napoli dei leghisti è fallita. Qualche centinaia di amici di Salvini provenienti dalle regioni del Sud, composti da capiclan elettorali del centrodestra che offrono i loro voti al miglior acquirente e i pochi fascisti e neonazisti che condividono l’ideologia xenofoba dei leghisti, si sono rintanati nei padiglioni della Mostra d’Oltremare protetti da 1200 poliziotti, mentre fuori un grande corteo di protesta contro la sua venuta sfilava pacificamente, a parte i soliti esagitati che, scatenando episodi violenti hanno dato modo a Salvini e ai giornali di oscurare tutto il resto.

Il corteo ha visto uniti napoletani di ogni ideologia, dai militanti di DeMa, il movimento di De Magistris, che ripropone i temi classici della sinistra, ai neomeridionalisti che, ponendosi al di là di sinistra e destra si battono per il riscatto del Mezzogiorno, rifacendosi ai temi enucleati, seppure con sfumature politiche diverse, da Gramsci, Salvemini, Nitti, Dorso, Zitara e altri, fino ai “neoborbonici” che fanno del recupero della verità storica sulle reali condizioni di civiltà delle due Sicilie e sulla malfatta unità d’Italia il loro cavallo di battaglia. Tutti uniti da un sentimento trasversale di avversione a Salvini e alla lega Nord, memori degli insulti razzisti antimeridionali e del dirottamento verso le regioni del Nord di fondi europei e statali destinati al Sud, di cui gli eredi di Bossi si sono resi responsabili. Dai fondi Fas utilizzati per pagare le quote latte, fino alla ripartizione del 95% dei fondi ferroviari al Centronord, per alta velocità e altre note ruberie, lasciando il Sud in condizioni infrastrutturali e sociali pietose.

Un sentimento trasversale che, per queste ragioni, va oltre l’avversione a Salvini, debordando in un diffuso convincimento sulle ragioni del Sud, che conquista anche la jacquerie dei centri sociali i quali, paladini della lotta alle ingiustizie planetarie, riconoscono nella questione meridionale la più grande ingiustizia italiana. Peccato solo per la loro estrema esagitazione che li spinge alla degenerazione dei metodi della protesta civile mettendoli dalla parte del torto e rendendo, a loro e all’insieme dei manifestanti, un cattivo servigio.

E’ pur vero che il giornalista antifascista Francesco Maratea, mio conterraneo garganico, segretario degli “aventiniani” nel 1924, ricordando le giornate della “mala” marcia su Roma, diceva: “Se dieci persone fossero uscite decise da Aragno con ombrelli e bastoni, puntando su Montecitorio, non avremmo avuto il fascismo”.
Tuttavia, per fortuna non siamo, perlomeno non ancora, a quel punto di violento assalto del potere della destra estrema. Non credo che al Sud si possa arrivare a tanto. Una nuova calata padana del fascismo non troverebbe le condizioni sociali, il blocco storico industriali del nord-agrari del sud, denunciato da Gramsci, non esiste più, e a parte neonazisti e venditori di voti clientelari legati alle mafie, non vedo una grande possibilità di affermazione al sud per un partito che ha “prima il nord” come motto.

A Napoli i movimenti anti Salvini potevano e dovevano fare di meglio. Rinunciando magari al classico corteo, che solitamente permette infiltrazioni di ogni genere, per convocare a Piazza del plebiscito una grande kermesse con la trentina di artisti aderenti al manifesto contro Salvini, da Eugenio Bennato ai 99Posse, a Gragnaniello e altri grandi musicisti, kermesse, questa sì, che avrebbe raccolto decine di migliaia di napoletani, i quali avrebbero potuto seppellire Salvini con un colossale pernacchio corale di eduardiana memoria. Uccide più il ridicolo che la spada.

A proposito di Piazza del plebiscito, Salvini ha dichiarato che il suo prossimo raduno lo farà proprio nella piazza principale, “per liberare Napoli”, dice. La battuta che circola tra i napoletani, in larghissima maggioranza a lui avverso, è “ma chi l’ha liberato a ‘sto Salvini?”

Raffaele Vescera

Delitto di cronaca

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A guardare i telegiornali, quella di oggi a Napoli è stata una manifestazione violenta e, per questo, degna di essere respinta, delegittimata, magari irrisa come velleitaria e buona ad essere contrapposta alla serietà, sana passione e festosità del comizio di Salvini alla Mostra d’Oltremare.

Fin qui l’informazione ufficiale che, come sappiamo, concentra sistematicamente le sue telecamere e i suoi commenti sui pochi violenti, trascurando (di proposito, ritengo) la grande massa dei manifestanti che, con la loro presenza pacifica e appassionata, lanciano un messaggio di protesta e di cambiamento.

Come si dice in questi casi: “Io c’ero” e ho visto un’altra cosa. Ho visto bandiere di tanti colori diversi, striscioni e cartelli soprattutto ironici, ho visto gente che suonava e, soprattutto, non ho visto le scene di guerriglia: perché il corteo era lungo, molto lungo e chi non era nelle immediate vicinanze degli scontri, neppure se n’è accorto.
Già, era tanto lungo: anche questo non è stato riferito dai telegiornali.

Più che di diritto di cronaca, a me pare un delitto di cronaca.
E una vecchia vignetta di Marco Marilungo spiega meglio di mille parole la dinamica di questo delitto.

Antonio Lombardi