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I giovani del Sud costituiscono il peggiore incrocio possibile per i partiti nazionali, perché ?

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di Massimo Mastruzzo
Portavoce Nazionale di MO Unione Mediterranea.
Ecco perché i giovani del Sud costituiscono il peggiore incrocio possibile per i partiti nazionali in particolare per chi ha governato l’ultima legislatura.
La Calabria, la Sicilia, la Campania e la Puglia riescono ad essere tutte e quattro tra le sei Regioni europee che hanno i più bassi tassi di occupazione tra le 270 nelle quali l’EUROSTAT divide l’Unione Europea per seguirne i principali indicatori.
Ancora peggiori sono i tassi di occupazione nella fascia di età tra i 25 e 34 anni (che è migliore del “tasso di disoccupazione giovanile” che essendo relativo alla fascia 15 – 24 anni è influenzato dagli studenti). Calabria, Sicilia e Campania – tutti e tre con valori inferiori al 40% – sono agli ultimi tre posti assoluti anche se si allarga il confronto, come fa EUROSTAT, alla Turchia, all’Albania e al Montenegro.
Da nessuna parte – persino in un’Europa allargata ai Paesi che hanno chiesto di farne parte – sono meno di 4 su 10 i trentenni che lavorano.
Nei Paesi dell’area del famigerato EURO sono quasi otto.
Ciò che però è grave è che, nell’ultima legislatura questi numeri sono assai peggiorati: in Calabria c’è stato un crollo verticale dal 44 al 36%; in Puglia dal 52 al 45%. 
Questi dati confermano la necessità di costruire una forza politica territoriale che si ponga a difesa di un territorio ignorato, oltre ogni logica costituzionale, da chiunque abbia governato fino ad oggi e con probabilità quasi certe da chi lo farà dopo il 4 marzo.
MO Unione Mediterranea, dopo aver presentato una petizione a Bruxelles per denunciare le condizioni del Mezzogiorno, da lunedì 5 marzo 2018 inizierà un percorso per rivolgere, con le prossime elezioni Europee, le istanze del Mezzogiorno direttamente a Bruxelles. 
I governi italiani sono sordi da 160 anni.

Sud 2.0 – Due chiacchiere con Pino Aprile

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Il progetto Sud 2.0, architettato dallo scrittore meridionalista Pino Aprile è ormai sulla rampa di lancio. Sud 2.0 è un progetto sociale che mira al lancio di start up innovative meridionali, giovanili e non, da finanziare e assistere allo scopo di favorire il rilancio economico del Mezzogiorno, facendo da sé, senza più aspettare e senza nulla chiedere. Insieme, Sud 2.0 si propone di fare informazione slegata dagli stereotipi e dai pregiudizi sul Mezzogiorno diffusi dai media nazionali. Sull’iniziativa, che sarà lanciata ufficialmente il 27 maggio a Campobasso, cui seguiranno altre presentazioni pubbliche nelle maggiori città, abbiamo intervistato Pino Aprile.


Ciao Pino. Raccontaci cos’è Sud 2.0

«Uno strumento per creare una rete di giovani imprenditori al Sud. Lanceremo una raccolta fondi (crowdfunding) per un milione di euro e con quei soldi (dipenderà dalla somma raccolta) faremo incubatori per aziende innovative di giovani del Sud (a regime, uno in ogni regione) e un quotidiano online che sostenga diritti e ragioni del Mezzogiorno. Su www.sud2-0.it c’è tutto. I giovani le cui idee saranno selezionate e finanziate, dovranno impegnarsi a non de-localizzare l’azienda, né a cederla ad altri, per almeno cinque anni, e ad avere intrecci societari, anche minimi, con le altre start up che nasceranno e con Sud 2.0. In modo da avviare una rete che si radichi nel territorio. I giovani aspiranti imprenditori riceveranno un finanziamento metà in servizi (ufficio, segreteria, assistenza legale, commerciale, bancaria e ogni consulenza necessaria, tutoraggio) e metà in soldi.  Il nostro intento è rafforzare la comunità meridionale e per questo c’è bisogno delle condizioni economiche per fermare l’esodo dei giovani e offrire una alternativa a chi volesse tornare. Capito che l’Italia non darà mai al Sud le stesse infrastrutture e opportunità che al Nord, il cui benessere si regge sulla subordinazione imposta al Mezzogiorno, l’unica strada per uscirne è far da soli».

Ma non è tutto qui. Parlaci del giornale. Qual è il suo scopo principale?

«Sud 2.0 è concepito per ricostruire la comunità meridionale che ha bisogno di lavoro (altrimenti i giovani se ne vanno), ma soprattutto di sapere e capire perché è desiderabile restare o tornare al Sud. E per questo, è necessario riscoprire i valori della nostra storia, della nostra terra, delle sue diversità, dei legami con gli altri.»

L’obiettivo finale di Sud 2.0? Qual è?

«Non c’è: è una linea spostata sempre più avanti. Abbiamo idea di dove si può arrivare; anzi, dove vogliamo arrivare, ma non ha senso parlarne ora. Quanto lontano andare dipenderà dalle adesioni al progetto (quindi aderite, aderite, aderite). Io avevo paura: la mia competenza è altra e il mio solo patrimonio è quel pizzico di credibilità conquistata in quasi mezzo secolo fra giornali e libri. La reputazione è come la verginità: si perde una volta sola e per sempre. Alla fine, mi hanno convinto: la tua bella faccia, lucida e al sicuro in un cassetto non è utile a nessuno. I soldi che raccoglieremo saranno restituiti al territorio nel modo che ho detto. Altre risorse ed eventuali guadagni, per statuto, saranno tutti reinvestiti. Dopo tre anni, si avrà un’idea di quanto vale Sud 2.0 e si metterà in vendita almeno metà delle quote, mirando a un azionariato popolare. Ma per altri due anni, tutti gli introiti saranno essere usati per creare lavoro, ricerca, sviluppo. Sud 2.0 e quel che ne deriverà deve esser “conveniente” o non servirà ad attrarre i giovani e generare futuro. Tutti devono esser pagati per quel che fanno, al meglio che si può (il volontariato se lo può permettere chi ha comunque un reddito). Chi scrive per il giornale avrà compensi decorosi, non i tre euro ad articolo che umiliano tanti ragazzi colpevoli di voler diventare giornalisti. Sud 2.0 è un progetto che poggia sulla fiducia in se stessi e negli altri. La campagna di crowdfunding parte il 15 giugno»