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Politiche 2018 – La questione per noi è MO!

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di Massimo Mastruzzo

Portavoce Nazionale MO Unione Mediterranea

Dopo quasi 160 anni, non solo non sono stati fatti gli italiani, ma – senza nessuna retorica e stando al riscontro dei dati concreti -, non è stata fatta neanche l’Italia. Almeno a Sud non ce ne siamo accorti.

Ma tralasciamo l’antica questione della mala unificazione ottocentesca. Quelli sono fatti assodati. Concentriamoci sulla fase repubblicana di questa nazione: neanche in questo caso il Sud ne esce bene, e basta constatare quanto la carta costituzionale sia disattesa. Leggiamo l’articolo 3:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.

Appurata, si spera, l’assenza di responsabilità antropologiche a carico dei meridionali, vi sembra che oggi ci siano le condizioni per poter affermare che questa Repubblica abbia rimosso “ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano di fatto l’eguaglianza dei cittadini“?

Ultimamente non è riuscita nemmeno a rimuovere quattro sassi per provare a ridurre l’ iniquità tra le infrastrutture autostradali e ferroviarie del sud e del nord. Nel solo 2016 hanno lasciato l’Italia 124mila giovani: il 40 per cento ha tra i 18 e i 24 anni e parte per lo più dalle grandi città del sud. Cosenza, Salerno, Agrigento, Napoli, Catania e Palermo  sei tra le prime dieci città che si svuotano senza che ci sia un ricambio (Rapporto Caritas-Migrantes).

Quanto alla crescita, nel terzo trimestre del 2017 il tasso di occupazione dei giovani under 34 in Italia è del 41,3, solo che al Nord è del 50,7 e a Sud 29,5, dice l’Istat. Una donna residente al Sud ha meno della metà delle possibilità di trovare un lavoro rispetto a una nata o emigrata a Nord, dove il tasso di occupazione femminile è del 44,9 per cento a fronte del 22,3 per cento del Sud.

Tra gli under 34 i disoccupati a Sud sono “solo” il 27,9…“solo” perché l’Istat considera “disoccupati”  quelli che cercano lavoro.  I Neet, quelli che non studiano e non lavorano, sono aumentati in modo vertiginoso negli anni della crisi: sono 3 milioni e 300 mila in totale, un giovane italiano su 4, e un milione e 800mila solo a Sud.

Ma non è finita, andando avanti con gli anni il dato peggiora: nella fascia tra i 25 e i 29 anni, a Sud, quelli che hanno terminato gli studi e che ancora non hanno trovato un lavoro sono il 46 per cento del totale. Nella fascia tra i 30 e i 34 anni la quota sale al 47 per cento del totale e al 57 per cento tra le donne.

Il sud è, secondo dati Svimez, a rischio concreto di desertificazione umana.

Non ci sarà nessuna salvezza senza una razionale politica di rilancio del Mezzogiorno che investa e si assuma i rischi di questo investimento. Lo stato a Sud si vede quando deve venire a proteggere gli interessi (certi) di qualcun altro. La questione TAP è emblematica: opera certamente strategica, dal ritorno sicuro, utile a tutti (senza distinzione di latitudine), dannosa per pochi (sempre i soliti, geograficamente ben loclizzati). Ma questo non è un investimento. Queste opere non hanno prospettiva. Il sud non crescerà facendo da culla ai tubi interrati. Bisogna chiedere politiche coraggiose, fidarsi delle popolazioni meridionali. Almeno una volta, in 160 anni.

Abbiamo bisogno di uno stato che si assuma il rischio dell’investimento; uno stato che – ad esempio -, ritenga strategica una rete autostradale e ferroviaria sulla costa ionica calabrese, che punti sullo sviluppo interportuale dell’hub di Gioia Tauro oltre che su quello di Genova e Trieste.

Nella probabilmente inutile attesa di questa assunzione di responsabilità non ci sembra sbagliato affermare che finora non si è realizzata nessuna Italia e questa non è retorica ma triste realtà.