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Dossier Pendolaria 2016

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di Salvatore Merolla

In attesa del Rapporto Pendolaria 2016, che sarà presentato a gennaio, Legambiente anticipa un dossier in cui mostra le 10 peggiori linee ferroviarie per i pendolari italiani. Dai primi dati presentati arriva la conferma che per il trasporto su ferro, come praticamente per ogni servizio fornito in questo paese, se c’è un Nord messo male, ci sarà un Sud messo peggio. Il perchè è semplice, gli investimenti degli ultimi anni sono stati destinati quasi esclusivamente al potenziamento delle linee ad alta velocità… e di queste linee il meridione di certo non abbonda (per usare un eufemismo). La totale assenza di una strategia di potenziamento non può che portare a una differenza di offerta sempre maggiore tra la rete AV e quella ordinaria; ed è così che mentre sulla linea alta velocità Roma-Milano l’incremento di offerta dal 2007 è stata del 276%, regionali e intercity vedono tagli sui trasferimenti che hanno causato una riduzione dei servizi dal 2010 del 6,5% per i primi e del 19,7% per i secondi. Ogni giorno lavoratori e studenti sono costretti a subire gli effetti di questi tagli: diminuzione delle corse, aumento dei tempi di percorrenza, degrado dei treni e delle stazioni; disservizi che, sebbene presenti in tutto il territorio italiano, insistono maggiormente nelle regioni meridionali creando una forte disomogeneità che dovrebbe essere contrastata con interventi massicci da parte dello Stato.

Emblematico l’incidente del 12 luglio 2016, il drammatico scontro fra treni su una linea a binario unico tra Andria e Corato, che evidenziò ancora una volta la diversa situazione delle linee regionali nel paese, anche in termini di sicurezza. Proprio la regione pugliese piazza una linea all’ottava posizione tra le 10 peggiori: la Bari-Martina Franca-Taranto, 112 km quasi tutti a binario singolo (e un’imbarazzante velocità media di appena 41 km/h) per una linea che secondo la Regione Puglia dovrebbe servire 700 mila utenti tra pendolari e turisti.

Osservando le tabelle di Legambiente salta subito all’occhio la differenza tra regioni come Lombardia e Sicilia: la prima vanta 2300 corse al giorno per 10 milioni di abitanti; la seconda, nonostante di abitanti ne abbia 5 milioni, arriva a malapena a 429 corse giornaliere. Nel dossier la situazione siciliana viene definita testualmente “indegna di un paese civile che fa parte dell’Unione Europea”. La Sicilia sfiora il podio piazzando al quarto posto la Messina-Catania-Siracusa, linea che ha visto negli ultimi 15 anni una diminuzione dei treni del 41% e un abbassamento drastico della velocità media.

Medaglia di bronzo per la linea jonica che collega Reggio Calabria a Taranto. In questo caso “collega” è un parolone, parliamo di 4 corse giornaliere (di cui 1 sola diretta, con oltre 7 ore di viaggio), la più veloce impiega 6 ore e 15 minuti con 3 cambi (l’ultimo addirittura in pullman). Una linea disastrata, a binario unico e non elettrificata, che dal 2010 ha subito ulteriori tagli con la cancellazione di 2 intercity, 4 intercity notte, 5 treni espresso, 7 treni espresso cuccetta, 2 treni interregionali.

Sfiora il triste primato, superata solo dalla Roma-Ostia Lido, la Circumvesuviana. La rete ferroviaria, che si estende per 142 km distribuiti su 6 linee e 96 stazioni, fa parte del gruppo EAV e viene definita da Legambiente “la vergogna della mobilità in Campania”. I pendolari che si servono della Circumvesuviana devono fare i conti con i ritardi quotidiani, le corse soppresse (a centinaia in un anno), il degrado di treni e stazioni, la scarsa sicurezza. Negli ultimi anni il numero di treni a disposizione è sceso da 94 a 56, le corse da 500 al giorno a quasi la metà. Quasi identica la situazione delle altre linee gestite da EAV… e stiamo parlando di linee che servono un’area metropolitana di 3,5 milioni di abitanti! Ovviamente il calo di passeggeri dopo anni di disservizi non è tardato ad arrivare, i numeri dal 2010 ad oggi sono impietosi: da 40 a 27 milioni per la Circumvesuviana, da 20 a 11 milioni per Circumflegrea e Cumana, da 67 a 40 milioni per MetroCampania Nordest. L’altra linea del gruppo, l’Alifana, vede ormai l’utilizzo di solo 8 treni diesel, sostituiti nei festivi dal servizio bus.

Altro capitolo nero è quello dell’età dei treni. L’età media in Italia è 17,2 anni, migliorata rispetto allo scorso anno (18,6) solo perchè alcune regioni (come Lombardia, Toscana e Veneto… chi se lo può permettere insomma) hanno rinnovato il parco rotabile. Le prime 4 regioni nella mortificante classifica dei treni più obsoleti sono Abruzzo, Basilicata, Sicilia e Calabria, con un’età media che oscilla dai 22 ai 24 anni. Parliamo di treni dove manca il riscaldamento in inverno e l’aria condizionata d’estate, dove i servizi igienici lasciano a desiderare e la parola comfort diventa pura utopia. L’innalzamento dell’età media dei convogli ha portato anche a un sensibile rallentamento su alcune linee che, come nel caso della Siracusa-Gela, ha riportato i tempi di percorrenza a quelli di 20 anni fa!

Il dossier si chiude marcando bene la situazione del meridione, non occorre aggiungere altro a queste parole:
“Si tratta di un’Italia a due velocità: il successo dei Frecciarossa da una parte e i tagli a intercity e treni regionali dall’altra con una forte emergenza al Sud. In Italia aumentano le persone che viaggiano in treno, ma con dinamiche molto diferenti da Nord a Sud. Un Paese dunque con sempre più treni di serie A e B, dove si evidenzia in alcune città una vera e propria emergenza per i pendolari, mentre al sud come una grande questione nazionale”.

Fabbisogni standard: diritti zero al Sud, l’Italia garantisce solo il Nord.

Marco Esposito
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Sulle pagine de “Il Mattino” Marco Esposito spiega in dettaglio i parametri utilizzati per il calcolo dei fabbisogni standard. Ecco l’elenco dei diritti negati al Sud per convenienza del Nord:

-Sanità 108,6 miliardi. Il riparto dei fondi tra le regioni avviene dando un peso maggiore agli anziani. Così i posti in cui l’aspettativa di vita media è più bassa, Campania in testa, ricevono meno finanziamenti.

-Università 6,9 miliardi. Il costo standard per studente è calcolato sui soli studenti in corso, dando valore zero a chi è fuori corso. Negli atenei del Sud la quota di fuori corso è più consistente.

-Istruzione 4,1 miliardi. Il fabbisogno di servizi comunali di istruzione è calcolato sulla base della spesa storica (più alta al Nord) e non a livelli di prestazioni sociali omogenei sul territorio.

-Strade 1,5 miliardi. Tra i parametri per finanziare le strade provinciali e metropolitane c’è il numero di occupati sul territorio, il quale è ovviamente più altro nelle zone ricche.

-Asili nido 1,3 miliardi. Il fabbisogno comunale non è misurato in base al fabbisogno di bambini da zero a tre anni ma sugli asili nido esistenti nel 2013. Chi aveva zero asili si ritrova fabbisogno zero.

-Trasporti 0,9 miliardi. Il fabbisogno comunale è misurato solo per i comuni che avevano il servizio nel 2013. A Caserta quell’anno la società del Tpl era fallita, per cui nel 2017 il fabbisogno è zero.

Fonte Il Mattino.