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Il peso delle parole – Il terremoto e la danza dei Soloni

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di Massimo Mastruzzo

Il peso delle parole è pari a quello delle tante macerie ancora presenti all’Aquila, ad Amatrice, ad Arquata del Tronto. La comunicazione può essere, alle volte, fuorviante e quando è gestita con leggerezza o peggio ancora con malizia il suo impatto può essere devastante.

Quanto essa possa far male ad un determinato territorio lo abbiamo purtroppo già constatato in altre circostanze. L’esempio più lampante riguarda gli allarmismi in merito ai prodotti agro-alimentari Campani spesso indiscriminatamente ed ingiustificatamente legati alla terra dei fuochi. Naturalmente nessun giornalista o presunto tale si è mai preso la briga di affermare esplicitamente corbellerie simili, ma chi dovrebbe fare “informazione” in questo maledetto paese spesso preferisce cavalcare i pregiudizi dell’opinione pubblica più che stroncare sul nascere una scemenza. I pennivendoli italiani hanno capito che tira di più un pelo di bufala che un carro di onesti buoi, i quali avranno il boriosissimo vizio di verificare scientificamente le fonti ed i fatti prima di pubblicare qualsiasi cosa. Vuoi mettere?

Con il terremoto di Ischia si è ripetuto questo protocollo. La comunicazione “arricchita” di informazioni slegate dai reali avvenimenti e collegate pindaricamente ad altre situazioni che, se non completamente, sono perlomeno non direttamente relazionate all’avvenimento in oggetto. Abbiamo dovuto aspettare la veemente reazione di Vincenzo Ferrandino (sindaco di Ischia) e di Vincenzo De Luca (bontà sua) per notare un generale ma troppo timido rientro nei ranghi del carrozzone mediatico nazionale.

Con buona pace dei teorici del piagnisteo nessuno ha mai negato il fenomeno dell’abusivismo, problema che è presente adesso, lo era sicuramente prima e, con molte probabilità, lo sarà anche dopo. A noi sembra strano che però esso sia diventato il protagonista della narrazione televisiva più che un eventuale co-fattore dell’attuale situazione. Non che ci si aspettasse una particolare solidarietà da una nazione che considera tutto ciò che sta sotto la linea gotica come “nordafrica” (nell’accezione denigratorioa salviniana; noi meridionali consideriamo quelle terre sorelle e bellissime). Cionondimeno ci saremmo accontentati di una cronaca dei fatti più legata alle stretta attualità.

Le immagini ci mostrano chiaramente che, (e lo ribadiamo con forza) il pur presente abusivismo non c’entra nulla, o se c’entra lo fa in minima parte. Naturalmente questa è una nostra sensazione che – al contrario dei nostri omologhi più titolati -, non vorremmo trattare da verità rivelata prima che venga confermata dalle indagini tecniche. Purtroppo certe penne (anche molto quotate) non hanno usato ad Ischia questa cortesia prima di esprimersi in senso contrario e totalmente dimentico dei (sacrosanti) moti solidaristici dimostrati in occasione di eventi verificatisi un po’ più a nord del golfo di Napoli.

Ma mentre Tiberio Timperi si erge a paladino di una libera(mente faziosa) informazione apprendiamo che probabilmente i crolli hanno interessato immobili antichi e non abusivi. Questi sono i fatti (che comunque aspettiamo di veder certificati), il resto è una forma già purtroppo consueta di sciacallaggio condita da siparietti indegni.

Riteniamo ovvio il fatto che l’abusivismo edilizio vada contrastato e non condonato, così come dovrebbe essere ovvio ed incentivato il puntare sulla prevenzione e sulle ristrutturazioni per mezzo di tecniche e materiali antisismici. Non altrettanto ovvio sembra essere l’avvio di una immediata campagna di solidarietà nei confronti degli ischitani. Eppure in altre circostanze – più “settentrionalmente connotate” diciamo -, il meccanismo era stato questo: prima la solidarietà e poi, se del caso, le polemiche.

Il Sud che sta provando lentamente ad alzare la testa è un elemento alieno nella coscienza popolare italiana. Nel sentire nazionale il Meridione è povero ed incapace, è cialtrone ed assenteista, è la parte negativa della nazione e deve stare al suo posto. Perché lacerare il quadro così perfettamente acquisito e rassicurante? Perché mettere a repentaglio le cospicue tirature ottenute dicendo ciò che la gente è abituata a sentirsi dire?

Ma attenzione! Non ci permetteremmo mai di asserire concetti contrappositivi. Questi giochini squallidi li lasciamo a matteo salvini. Pensiamo più che altro al pregiudizio di cui parlavo poco sopra e del quale è responsabile non tanto chi lo subisce passivamente (noi meridionali piccoli e neri) o attivamente (l’ultras veronese che ci reputa materiale da “lava”-re via), ma chi lo alimenta e cavalca a fini strumentali trasformando un terremoto in una sorta di ispezione catastale in mondovisione.

Ci si auspica che nessuno neghi il problema dell’abusivismo e dello stupro perpetrato ai danni del nostro suolo. Ma mentre noi Meridionali ci assumiamo l’onere dell’autocritica (come se le storture avvenissero solo da Roma in giù) che almeno i Soloni tanto interessati al nostro mea maxima culpa imparino l’abc della comunicazione dacché dimostrano carenze a dir poco sospette in relazione alla propria onestà intellettuale e deontologia.

PS: mi scuso con chi possa trovare fuori luogo e “pesanti” le immagini associate a questo articolo. Non sono foto “shock” di macerie o di bimbi intrappolati. Quelle le potrete googlare per conto vostro. Ho usato immagini diffuse durante un periodo buio della Storia e che spero possano farvi capire quanto terribilmente possa nuocere una cattiva (quando non proprio orientata) informazione.

Delitto di cronaca

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A guardare i telegiornali, quella di oggi a Napoli è stata una manifestazione violenta e, per questo, degna di essere respinta, delegittimata, magari irrisa come velleitaria e buona ad essere contrapposta alla serietà, sana passione e festosità del comizio di Salvini alla Mostra d’Oltremare.

Fin qui l’informazione ufficiale che, come sappiamo, concentra sistematicamente le sue telecamere e i suoi commenti sui pochi violenti, trascurando (di proposito, ritengo) la grande massa dei manifestanti che, con la loro presenza pacifica e appassionata, lanciano un messaggio di protesta e di cambiamento.

Come si dice in questi casi: “Io c’ero” e ho visto un’altra cosa. Ho visto bandiere di tanti colori diversi, striscioni e cartelli soprattutto ironici, ho visto gente che suonava e, soprattutto, non ho visto le scene di guerriglia: perché il corteo era lungo, molto lungo e chi non era nelle immediate vicinanze degli scontri, neppure se n’è accorto.
Già, era tanto lungo: anche questo non è stato riferito dai telegiornali.

Più che di diritto di cronaca, a me pare un delitto di cronaca.
E una vecchia vignetta di Marco Marilungo spiega meglio di mille parole la dinamica di questo delitto.

Antonio Lombardi