Tag Archives: NA-Napoli Autonoma

Elezioni Amministrative 2016. MO come ci si candida?

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Qui non si parla di politica

(mo contano i fatti)

A giugno si scelgono i sindaci. A Napoli e in tanti municipi del Sud.

E’ tempo di esser fieri della nostra identità:

non lasciamo le città a chi prende ordini da Milano, Torino, Firenze, Genova…

Lavoro, cultura, turismo, trasporti, ambiente fioriscono se le ricchezze del territorio sono gestite in autonomia.

Liberiamo le nostre polis

MO partecipa: proponi la tua candidatura, forma la tua lista. Con poche regole chiare.

Nulla a che fare con il malaffare. Mai alleati con i responsabili del disastro del Sud. Mai con Salvini.

Scrivi a “info@unionemediterranea.info” entro il 13 marzo 2016.

Astenersi perditempo e ascari

logoummo

Apple investe a Napoli. Polito: un passo verso la fine dell’assistenzialismo e del sudismo accattone.

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di Flavia Sorrentino

“Altro che denaro pubblico, spesa assistenziale, sussidi e incentivi, e tutta la litania di doglianze e richieste che un sudismo d’accatto, quando non accattone, snocciola di continuo da convegni, simposi e pagine di giornali.” Così Antonio Polito commenta, con un editoriale uscito su “Il Corriere della Sera”,  l’investimento fatto dalla Apple a Napoli, dove sarà aperto il primo centro di formazione per lo sviluppo e la ricerca di App in Europa. Per il vice direttore del quotidiano milanese, la richiesta di diritti da parte dei cittadini del Sud e la consapevolezza di vivere in un Paese fortemente diseguale, è da considerarsi una “litania di doglianze” , un fritto misto di elemosina e furbizia marpiona, che da qualche tempo invece interessa il dibattito sociale, culturale e per fortuna, politico.

Per Polito infatti, il futuro di Napoli deve superare l’affannosa e vana rincorsa del divario storico accumulato nel passato senza perder tempo a guardarsi indietro. Bisgona andare avanti, certo. Ma in che modo?  La notizia che il colosso Apple investe nel capoluogo partenopeo è senza dubbio una opportunità di formazione straordinaria per i nostri giovani, vero incentivo di investimento per l’azienda di Cupertino che ad essi riconosce creatività e preparazione professionale di qualità. Ma ancora una volta la città di Napoli riceve un riconoscimento da chi la osserva con la lente di ingrandimento delle chances, non con lo sguardo distorto e distante dell’Italia, che punta all’annientamento delle sue potenzialità, attraverso un federalismo truccato (che ha drenato risorse agli enti territoriali più poveri), aggravato da una riduzione scandalosa dell’intervento pubblico statale, tutto proteso a favore del Centronord.

Serve avere capitale umano di prim’ordine in uno Stato che lo sacrifica, penalizza e sminuisce? Ma soprattutto, è possibile prescindere dal contesto in cui operano le aziende? L’investimento dei privati non dipende da esclusive ragioni di volontà, ma da molteplicità di fattori che rispondono anche a logiche di convenienza e profitto che un territorio più sviluppato e meglio collegato, con una buona copertura infrastrutturale, più garantire. Un territorio con grandi sacche di disoccupazione può competere e crescere solo se le politiche di governo sono concentrate sulla definizione di una strategia di sviluppo strutturale e sull’ adeguata ripartizione dei finanziamenti. Invece per dirne una, l’esecutivo, ha ridotto ad un terzo la programmazione dei fondi europei 2014-2020 in Campania, Puglia e Sicilia e ha utilizzato il reddito delle famiglie come indicatore di “merito” per stabilire tetti al turnover dei docenti universitari, favorendo di fatto lo spostamento di 700 ricercatori al Nord e un calo di iscrizioni negli atenei del Sud: se non si cambiano le regole, i validi e creativi giovani di Napoli cui Polito fa riferimento, potrebbero non formarsi più e abbandonare l’università, complici i costi e le rette da pagare, visto che anche le borse di studio per i meridionali sono sempre più saltuarie.

Ecco perchè definire “risibile, autarchica e provinciale una classe politica che vuole governare Napoli con la presunzione del fai-da te”, dimostra tutta la miopia di un pensiero caricato di pregiudizio, incapace di comprendere il processo di rinnovamento che il capoluogo partenopeo sta vivendo, dissetato culturalmente dalla riscoperta dell’identità e rappresentato politicamente dall’autonomia. Di pensiero e di azione. Che porta in sé l’audacia del cambiamento e la determinazione del riscatto di chi si assume il coraggio e la responsabilità di tornare a pensare in grande. Napoli porta stampata addosso da sempre, l’etichetta di città assistita. Ma dal 2010 al 2015 i trasferimenti statali sono stati decurtati del 60% con una perdita complessiva di circa 400 milioni di euro per la città, con il risultato che i servizi che riceve può pagarseli da sola. La Costituzione, nelle parti in cui disciplina i principi di coesione e solidarietà sociale atti a rimuovere gli squilibri territoriali, è stata puntualmente violata. Chiedere a quest’ Italia di comportarsi da Nazione sarebbe una richiesta oggettivamente eccessiva, ma dinanzi ad una evidente sperequazione e disomogeneità nella distribuzione delle risorse non si può pretendere che il Sud non decida di fare da sè.

Per decenni ci hanno convinto che con un’invasione armata “vennero a liberarci”. Di sicuro i giornali del Nord e i loro direttori, talvolta meridionali solo di nascita, continueranno nell’opera italiana di persuasione alla minorità. Toccherà a noi essere pronti: mo sappiamo che la nostra liberazione non può dirsi realmente libera, se non parte da qui. Da Napoli. Dalle nostre terre. Da Sud per il Sud.

Napoli Autonoma, un’Alternativa Mediterranea

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L’Istituto italiano per gli Studi Filosofici è stata la sede del forum ‘La responsabilità della cosa pubblica’, organizzato dall’associazione VivoANapoli.

Il sindaco Luigi De Magistris si è confrontato con vari esponenti della società civile partenopea, tra cui lo scrittore Maurizio De Giovanni e il professor Daniele Pitteri: un bilancio della sua prima esperienza amministrativa e i primi spunti sulle linee guida del programma da presentare in vista delle elezioni amministrative della prossima primavera.

Filo conduttore delle parole di De Magistris è il tema dell’autonomia politica di Napoli, una città che nel 2011 non era ancora uscita dalla terribile crisi dei rifiuti e che presentava un bilancio vicinissimo al dissesto, ‘falsificato’ da crediti in realtà inesigibili e considerato ‘spazzatura’ da tutte le agenzie di rating più importanti.

De Magistris può oggi rivendicare, tra le mille difficoltà incontrate, una Napoli rinata: e rinata solo e soltanto con le sue forze. Il sindaco che secondo alcuni si è ‘isolato’ ha ridato dignità alla città partenopea, come stanno a mostrare i tantissimi turisti che hanno riempito le strade di Partenope nel periodo natalizio.

Oggi l’esperienza amministrativa partenopea può essere presa a modello per la nascita di un’alternativa di governo ‘mediterraneo’, rispetto ai ‘renzismi’ di destra e di sinistra, che sostanzialmente hanno le stesse basi ideologiche: iperliberismo economico, chiusura sociale e impostazione nordcentrica: il Sud e la questione meridionale sono spariti dall’orizzonte politico.

In un’alternativa mediterranea di governo possono essere integrate azioni quali la crescita di democrazia dal basso (L’Asilo, in ambito culturale, o il lavoro sinergico tra Comune, Università e Comitato Vele di Scampia, in ambito urbanistico), e azioni quali la difesa delle prerogative costituzionali della città di Napoli, che non può vedere pezzi di territorio espropriati da manovre politiche romane (è il caso del commissariamento di Bagnoli).

Napoli non deve elemosinare aiuti dallo Stato centrale: non è accettabile, come ha ben detto anche Maurizio de Giovanni,  un’impostazione e una campagna mediatica che tende a far passare l’idea di un sindaco ‘nemico’ di altre figure istituzionali, il tutto per tirare la volata a candidati allineati in partiti tradizionali e di governo. A governare i rapporti istituzionali devono essere le leggi dello stato, non simpatie e antipatie personali. Ingiustificabile quindi l’atteggiamento del premier Renzi, che dichiara di non venire a Napoli per lo scarso senso istituzionale del suo primo cittadino. Più verosimilmente Renzi evita Napoli per la sua anomalia, per l’irriducibilità di una città e di un’amministrazione che non si è piegata ai suoi diktat, e nel contempo ha dimostrato che anche coi drammatici tagli che ha dovuto subire ha saputo tenere alta la testa, senza quelle compromissioni immorali e disoneste che hanno visto protagoniste altre grandi città italiane, a guida PD.

Napoli deve oggi essere protagonista dell’Autonomia meridionale. Da una Napoli Autonoma, economicamente, socialmente, culturalmente, può e deve oggi crescere una classe dirigente innovativa per il Mezzogiorno, consapevole della storia e dell’identità mediterranea dei territori meridionali, e proiettata a governare con competenza e visione strategica il nostro Sud.

E’ per questo motivo che MO – Unione Mediterranea sosterrà con convinzione la ricandidatura a sindaco di Luigi De Magistris. Protagonisti, assieme, del riscatto della nostra terra.

Corsica, Catalogna e…Napoli: se identità e autonomia fanno vincere le elezioni

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di Mattia Di Gennaro

In Corsica hanno vinto gli autonomisti di “Pe’ a Corsica”, lista elettorale nata dalla fusione del partito nazionalista “Femu a Corsica” con gli indipendentisti di “Corsica Libera”. “E’ la vittoria della Corsica e di tutti i corsi” ha dichiarato il leader dei nazionalisti Gilles Simeoni che ha pensato fosse opportuno creare una federazione tra le forse autonomiste, indipendentiste e identariste per lanciare l’attacco al governo della regione. E ha avuto ragione.

Simeoni e il leader di “Corsica Libera”, Jean-Guy Talamoni, si sono messi alle spalle decenni di conflitti fratricidi riservando la carica critica ai partiti nazionali e scrivendo un programma di governo credibile, condiviso e pragmatico con l’obiettivo di fare della Corsica una regione a statuto speciale o, addirittura, un nuovo stato indipendente nel più breve tempo possibile.

“Governeremo per tutti i cittadini dell’Isola, anche per chi non ci ha votato” ha dichiarato Simeoni, già sindaco di Bastia, tra le principali città corse, che da governatore ha gia chiaro quali siano i temi prioritari a cui lavorare fin da subito: infrastrutture e trasporti all’interno dell’Isola e tra l’Isola e il Continente; la messa in opera di un piano di rilancio e sviluppo economico e sociale; la piena unità amministrativa tra il Nord e il Sud dell’Isola, presupposto per lo snellimento e il miglioramento dei processi burocratici e normativi.

I corsi, tuttavia, non sono stati l’unico popolo di Francia che ha voluto legittimare alle urne la propria identità e il proprio status di nazione. La lista “Oui la Bretagne” – in Bretagna, appunto – ha cercato di federare le forze regionaliste locali sotto la guida di Christian Trodec, sindaco di Carhaix, cuore culturale e politico della regione bretone. La lista, purtroppo, non potrà contare su alcun rappresentante nella prossima assemblea regionale; tuttavia, la stessa coalizione bretone ha raggiunto e superato il 10% in molte località, arrivando ad essere in alcuni centri la prima forza politica.

Programma politico improntato sull’identità e l’autonomia politica e finanziaria, superamento degli interessi dei singoli per perpetrare più generali interessi comuni, guida politica già legittimata politicamente, unità: questi sembrano essere stati gli ingredienti per il successo delle forze autonomiste alle urne corse e per il buon risultato a quelle bretoni, dove, se gli autonomisti non hanno avuto una vittoria nell’immediato, avranno sicuramente da raccogliere nelle prossime votazioni i frutti del loro lavoro politico.

In questo contesto, dunque, sembra quasi che più lo Stato cerchi di accentrare poteri e prerogative, togliendole alle istituzioni locali, più i popoli rispondono con una voglia di maggiore autonomia. Il caso storico ed eclatante è quello della Catalogna, che lo scorso settembre ha rinnovato il mandato di “Presidente della Generalitat” ad Artur Mas, leader storico dell’indipendentismo catalano, che è riuscito con la sua coalizione “Junts per Si” ad ottenere la maggioranza. Come vi abbiamo già raccontato, “Junts pel Si” rappresenta il paradigma delle unioni di scopo, giacchè è arrivata a mettere d’accordo forze catalane di destra e di sinistra in nome dell’interesse superiore dell’indipendenza da Madrid.

Il processo, ormai, è segnato: a un’Europa di Stati si sta affermando sempre più un modello di Europa di Nazioni, con popoli diversi per lingua e cultura impegnati nella cooperazione civile ed economica, in cui nessuno debba più sentirsi periferia, ma in cui tutti possano sentirsi al centro della vita civile e politica. Questo hanno detto le urne in Corsica, in Catalogna ma anche in Scozia e in sempre più regioni d’Europa. E le forze regionaliste, autonomiste e indipendentiste di questi territori lo hanno capito: si vince se ci si unisce, ossia se si antepongono gli interessi generali di chi si vuole rappresentare alle bramosie e gli interessi personali.

L’esperienza della lista civica “MO!” alle scorse regionali in Campania si inserisce perfettamente in questo processo, laddove il movimento promotore, Unione Mediterranea, propose a singoli e ad altre forze meridionaliste di presentare insieme un programma scritto con il contributo degli attivisti e dei cittadini comuni, improntato alla riscossa del Mezzogiorno. Resta, al di là del risultato, un avvenimento di portata storica, giacchè mai in un elezione regionale si era potuto votare per una lista a vocazione meridionalista e indipendente dalla partitocrazia italiana.

Lo stesso disegno di legge popolare “NA – Napoli Autonoma” va verso la stessa direzione: dotare di autonomia amministrativa e finanziaria il territorio dove risiede un popolo – nella fattispecie quello partenopeo – che a buon grado può riconoscersi nazione, posta in essere grazie alla rinuncia dei trasferimenti dallo Stato centrale in cambio della trattenuta di buona parte delle imposte prodotte dai residenti.

Questi sono solo i primi passi, sebbene siano dei passi importanti. Dopotutto, era il 1769 quando le milizie di Pasquale Paoli, presidente della Repubblica Corsa, cadde sotto i colpi dell’esercito del Re di Francia nella battaglia di Ponte Nuovo, mettendo fine all’indipendenza corsa. Pasquale Paoli, eroe nazionale corso, che si formò militarmente e intellettualmente a Napoli – culla dell’Illuminismo – per il quale Regno combatté valorosamente e da cui partì nel 1755 per fondare la Repubblica indipendente, che 247 anni dopo la sua fine sembra, finalmente, tornare realtà.

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