di Mattia Di Gennaro
Era il pomeriggio afoso del 7 agosto scorso, quando uomini in maniche di camicia e donne in vesti leggiadre si alternavano, su di un predellino dalla sede del PD, per dire la propria su come risollevare le sorti del Mezzogiorno. Questi individui avevano saputo, qualche settimana prima delle agognate ferie estive, dello stato comatoso in cui versava l’economia meridionale, grazie alla pubblicazione delle anticipazioni del Rapporto Svimez 2015. Me lo ricordo bene, perché fu proprio quel giorno che sua eccellenza il primo ministro, Matteo Renzi, rassicurò i piagnoni meridionali che, entro metà settembre, il Governo sarebbe uscito con un MasterPlan di interventi per sconfiggere la depressione economica di quest’area geografica. Da allora, sotto agli ombrelloni non si parlava che di questione meridionale, più del calciomercato, più degli amori estivi dei VIP. Quella che, pian piano, sembrava essere diventata l’emergenza nazionale per eccellenza, però, è ben presto scomparsa dalle agende politiche, diventando argomento di secondo ordine, indietro nella lista delle priorità alla detassazione di ville faraoniche e castelli, piatto forte della Legge di Stabilità 2016.
Ma andiamo per ordine.
Prima del ddl Stabilità, bisogna ammettere che gli uomini e le donne del PD si sono riuniti ancora sul tema “emergenza Sud”. Era un sabato di inizio settembre, a Milano, durante la festa dell’Unità. Tra un selfie e una salsiccia, gli organizzatori hanno trovato tempo pure per il Seminario sul Sud, in cui una raggiante quanto fuori luogo Debora Serracchiani, la romana governatrice del Friuli Venezia Giulia, annunciava l’organizzazione di incontri tematici per risolvere i punti critici causa dell’arretratezza del Mezzogiorno: fondi europei, infrastrutture e rivalutazione del capitale umano. Dopo quel sabato di fine estate, nessuno ne ha più saputo nulla di questi incontri e, semmai avessero avuto luogo, sarebbe imbarazzante per il PD rivendicarne l’esistenza, dati gli sterili effetti prodotti. Metà settembre, però, era ormai vicino, e con lui sarebbe finalmente arrivato il tanto atteso MasterPlan per il Sud, di cui tutti aspettavano, con ansia febbrile, la presentazione; e, invece? Nulla. O meglio, qualcosa fu dichiarato in quei giorni: il rinvio ufficiale del MasterPlan all’emissione della disegno di Legge di Stabilità, prevista un mese più tardi, a metà ottobre. Nel frattempo sui giornali era iniziata la caccia al colpo di genio che il Governo avrebbe messo in atto per stimolare l’economia meridionale. Si è iniziato a dire e a scrivere tutto e il contrario di tutto: dal redivivo Ponte sullo Stretto di Messina a meno fantascientifiche idee come il taglio dell’IRES, la decontribuzione delle nuove assunzioni o l’incentivazione agli investimenti sotto forma di credito d’imposta per le imprese meridionali. Ad un certo punto ci si aspettava una manovra finanziaria (il ddl Stabilità, appunto) tutta e solo incentrata sul Mezzogiorno, con decine di miliardi di investimenti ad aggiungersi a quelli già previsti con la programmazione della spesa dei fondi comunitari. E poi arriva metà ottobre, arriva il tempo della verità e Renzi, invece di presentare un testo serio del ddl Stabilità alle Camere, si presenta davanti ai giornalisti con delle sgargianti slide, colorate come i fuochi di artificio che ci si aspettava per il Sud; tre di queste parlano, in effetti, di Mezzogiorno: fondi alla Salerno – Reggio Calabria, interventi per la bonifica della Terra dei Fuochi e fondo di garanzia per l’Ilva di Taranto. Praticamente, i fuochi di artificio per il Sud hanno ancora una volta fatto “fetecchia”!
Insomma, questo è il MasterPlan per il Sud che abbiamo atteso per tutta l’estate, per questo primo scorcio d’autunno o, come qualcuno direbbe, per 155 anni? Secondo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, sì, o meglio, anche. Come lo stesso ha raccontato a “La Stampa”, quelli delle slide sono solo gli interventi prioritari, che in un certo senso non fanno parte del MasterPlan per il Sud vero e proprio che, invece, è ancora in fase di definizione (meno male che doveva essere pronto a settembre!).
Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha spiegato che sono ancora in corso di svolgimento gli incontri con i presidenti di regione e i sindaci delle principali città meridionali per mettere a punto i cosiddetti “Patti per il Sud”, che conterranno, quelli sì, interventi e obiettivi per il rilancio dell’economia meridionale. Naturalmente, questi patti non saranno pronti prima del 2016 e la cosa, ormai, non ci stupisce più. Dopotutto, che il Governo fosse impreparato sul Mezzogiorno era cosa assodata, dopo che Renzi, durante quell’incontro del 7 agosto aveva detto che quello sarebbe stato solo il primo incontro sul Sud, ammettendo implicitamente che, prima d’allora, né il PD né il Governo si era mai posto il problema della risoluzione della questione meridionale. De Vincenti, però, ha parlato anche di 7 miliardi pronti per il Sud, o meglio ha detto “abbiamo attivato la clausola per lo 0,3% di PIL, ossia, per 5 miliardi di euro di spesa nazionale, con un effetto leva complessivo di oltre 11 miliardi di investimenti di cui almeno 7 saranno destinati al Mezzogiorno”. Il sottosegretario, però, dice anche altro, ossia che questi finanziamenti saranno impiegati su progetti cofinanziati ed è subito chiaro tutto: i 7 miliardi andranno a finanziare opere e progetti la cui costruzione ed esecuzione è già stata prevista nei Piani Operativi Nazionali e Regionali di spesa dei fondi comunitari. Insomma, il Governo ha sbloccato del denaro (o, meglio, ne ha previsto lo sblocco, che è ben diverso) per investimenti già programmati prima del Rapporto Svimez, all’epoca in cui non si sapeva (o non si voleva sapere) della drammatica situazione dell’economia meridionale. Niente di eccezionale, nulla di rivoluzionario! Il solito storytelling tendenzioso del governo più anti-meridionale di sempre, che, ricordiamo nelle infrastrutture, negli incentivi alle imprese e ai cittadini ha sempre guardato sempre e solo a una parte del Paese, quella a nord del Tronto. Esempi: gli ottanta euro in busta paga, mossa populista a vantaggio della popolazione degli occupati, in maggior numero al Centro-Nord che non al Sud, o gli investimenti per le infrastrutture CEF presentati a Bruxelles con 7 miliardi e 5 milioni di euro destinati al Centro Nord e 4 milioni al Sud. Per non parlare dei fondi per il piano di prevenzione del dissesto idrogeologico, che nonostante la strage di Rossano in Calabria o del Gargano, o quelle recenti dell’Irpinia e del Sannio sono stati destinati in maggioranza alle aree settentrionali. Intanto, i 54 miliardi di Fondi per lo Sviluppo e la Coesione previsti nella legge di stabilità 2014 si erano ridotti già ai 42 miliardi degli Accordi di partenariato. Una drastica cura dimagrante per un paziente, Il Mezzogiorno, già anemico e sottopeso, il tutto per distogliere i fondi per le aree sottosviluppate ad altri scopi, alla maniera della Lega Nord e di Tremonti, che con i fondi FAS destinati al Mezzogiorno ci pagava le multe per le quote latte dei produttori padani. Qualcosa destinata in maggioranza al Sud, però, c’è: il famigerato PON “Infrastrutture e reti”, approvato dalla Commissione Europea lo scorso 29 luglio, che si occupa di finanziare progetti infrastrutturali a valere sulle tratte ferroviarie Napoli-Bari, Catania-Palermo oltre ad investimenti per la Salerno-Reggio Calabria e per alcuni porti del Mezzogiorno. Un bel librone di 120 pagine abbondanti che da un lato spiega quali sono i gap infrastrutturali del Sud e dall’altro fornisce le ricette per la loro soluzione, stanziando complessivamente 1 Mld e 800 Milioni per tutto il Mezzogiorno, che è poco più della metà di quanto stanziato per la contestatissima TAV Brescia-Verona-Padova. Tanto cosa importa, presto ci sarà il MasterPlan per il Sud, presto da Brescia si andrà a Verona in un (costosissimo) batter d’occhio. Tanto cosa importa se a Matera, Capitale Europea della Cultura 2019, ancora non arriva il treno nazionale! Altro che #zerochiacchiere, il Governo ancora una volta ha dimostrato che quando si tratta di Mezzogiorno è bravo a fare #solochiacchiere (e qualche slide colorata)!
Credete ancora che questo Governo e questo Parlamento abbiano ancora credibilità quando parlano di Mezzogiorno?