Tag Archives: lombroso

Lombroso e lo stato senza nazione

Share Button

di Antonio Lombardi

Dobbiamo in qualche modo ringraziare i tifosi dell’Atalanta se, in questi giorni, sta riemergendo la figura inquietante di Cesare Lombroso (che in realtà si chiamava Marco Ezechia Lombroso), il medico di fine ottocento considerato il fondatore dell’antropologia criminale. Li dobbiamo ringraziare –dopo aver abbondantemente stigmatizzato il loro comportamento offensivo allo stadio San Paolo di Napoli il 2 Gennaio, dove hanno esposto una bandiera della loro squadra con l’effige appunto del Lombroso- perché hanno srotolato sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vedere, la persistenza nella società italiana dell’idea di improbabili giustificazioni biologiche del razzismo.

Nei suoi studi criminologici, Lombroso si opponeva alla cosiddetta scuola classica che ascriveva un’importanza fondamentale alla libertà dell’individuo nel determinarsi, nello scegliere tra azioni criminose e non criminose. Egli, invece, focalizzava l’attenzione su caratteristiche ereditarie (“l’atavismo criminale”) che facevano del delinquente un involuto a stadi primitivi della razza umana e perciò ineluttabilmente spinto, destinato, a delinquere: un delinquente nato.
Il segno chiaro e decisivo di questa degenerazione biologica in senso criminogeno, Lombroso ritenne di scorgerlo durante l’autopsia del calabrese Giuseppe Villella, nella “fossetta occipitale mediana”: correva l’anno 1870.
In realtà, come scrive Maria Teresa Milicia docente di antropologia culturale all’università di Padova, quella dell’autopsia a Villella fu parte della costruzione mediatica del personaggio Lombroso, dal momento che il cosiddetto “brigante” morì nel 1864 e il medico veronese non effettuò l’autopsia, ma solo ebbe a disposizione il cranio [“Lombroso e il brigante”, 2014]. Questo la dice lunga sul rapporto tra autopromozione e inconsistenza, tema quanto mai attuale in politica.

L’interpretazione lombrosiana del fenomeno criminale è stata ampiamente smentita, gli stessi suoi risultati sono basati su criteri metodologici distanti dai moderni approcci e inficiati da approssimazione, grossolanità, assenza o errori nei gruppi di controllo. Tuttavia ci fu un influsso delle idee lombrosiane non solo sulla scienza criminologica per decenni, ma anche sulla politica e –persino oggi lo rileviamo con l’episodio dei tifosi bergamaschi- sull’immaginario razzista.
Lombroso espresse i suoi interessi e studi in materia in un’Italia che si era appena costituita –con i mezzi che attualmente la ricerca storica sta evidenziando nella loro crudeltà – e che vanamente cercava un collante per unire e un supporto per distruggere. Suzanne Stewart-Steinberg, docente di Italian Studies and Comparative Literature alla Brown University di Providence, ha pubblicato un poderoso studio sulla produzione scritta di alcuni autori dell’Italia postunitaria fino all’avvento del fascismo [“The Pinocchio Effect. On making Italians, 1860-1920”, 2007], attraverso il quale esplora la complessità di uno stato appena fondato, alla ricerca di una nazione inesistente: quella italiana.

Tra gli autori che la studiosa rilegge, c’è anche Lombroso, che sembra l’epigone della paura del diverso, della maledizione oscura dell’altro perduto e ritrovato nei suoi dettagli che lo decostruiscono da essere umano moderno e lo ricostruiscono, primitivo, come folle e criminale: uno stigma indelebile come un tatuaggio.

E nell’Italia unita, forzatamente unita e pertanto perdutamente disunita, l’opera di Lombroso sembrava adatta a fornire un sostrato utile a quella ricerca disperata di un’idea di italianità e di un disfacimento di tutto ciò che la negava, anzi che ne mostrava l’impossibilità. Il meridionale delinquente per nascita, sovversivo per arretratezza, biologicamente irredimibile, offriva una sponda forte ad uno stato senza nazione, che tale è rimasto dopo 157 anni.

Comitato NO Lombroso

Share Button

di Luca Frezza

Resoconto della partecipazione del Circolo Giacinto de’ Sivo alla presentazione del libro “Cento città contro il Museo Cesare Lombroso” tenutasi a Lecco il 18/02/2016.

Il Circolo “Giacinto de’ Sivo” aderente a MO! Unione Mediterranea ha partecipato ad un evento importante organizzato dal Comitato No Lombroso.

Nella giornata del 18/02 ha avuto luogo a Lecco, presso la sala convegni della Libreria IBS, a partire dalle ore 18.00, la Presentazione del libro “Cento città contro il Museo Cesare Lombroso – La barbarie della falsa scienza inventa le due Italie” che vede come coautori Domenico Iannantuoni, Rossana Lodesani e Francesco Antonio Schiraldi, edito da Magenes. L’evento è stato presentato dal Sindaco di Lecco, Dott. Virginio Brivio, mentre la conduzione dello stesso è stata curata dal Dott. Lorenzo Del Boca, già Presidente dell’Ordine dei Giornalisti.

Il Dott. Domenico Iannantuoni è tra i fondatori, nel 2010, del Comitato Tecnico Scientifico No Lombroso (www.nolombroso.org) “avente lo scopo di giungere alla rimozione conclamata delle false teorie criminologiche di Cesare Lombroso e la promozione di un disegno di legge per la messa al bando della memoria di uomini colpevoli, direttamente o indirettamente, di delitti connessi con crimini di guerra o di razzismo”.

Durante il convegno, protrattosi per circa un’ora e mezza, Iannantuoni ha esposto in sintesi i contenuti del testo in questione il cui ricavato della vendita contribuirà a sostenere il Comitato No Lombroso. Il testo rappresenta un memoriale del percorso svolto finora dal Comitato. Iannantuoni ha messo in risalto come, da piccolo gruppo quale era inizialmente, il Comitato è cresciuto in seguito grazie anche all’appoggio di molte città italiane che ne sono diventate testimonial. In questo senso la Presentazione a Lecco ha un valore simbolico in quanto proprio Lecco è stata la prima città a dichiarare il proprio sostegno al Comitato aderendo al Progetto “Cento città”. Allo stesso modo simbolica, considerata la strana coincidenza, appare, secondo Iannantuoni, l’adesione di Assisi quale centesima città. Il numero di adesioni a tale progetto è andato ben oltre gli esiti sperati raggiungendo addirittura la cifra complessiva di centocinquanta città.

Iannantuoni ha ricordato che il Comune di Motta Santa Lucia (CZ) e il Comitato No Lombroso avrebbero vinto la battaglia legale contro il Museo Lombroso dell’Università di Torino. I resti di Giuseppe Villella, seconda l’ordinanza del Tribunale di Lamezia Terme del 03/10/2012 dovrebbero essere restituiti al suo paese natale. In realtà l’esito definitivo di questa battaglia si avrà quest’anno avendo l’Università di Torino presentato istanza di appello in seguito alla suddetta sentenza. I punti salienti sui quali, come spiega Iannantuoni, si fonda la battaglia legale del Comitato, che mira alla restituzione di tutti i resti umani conservati nel Museo, sono due. Il primo aspetto fondamentale è costituito dal fatto che tali resti non sono “materiale di proprietà” da esposizione, non sono stati “acquistati”. Si tratta bensì di resti trafugati da vari luoghi e con varie modalità tutte illecite. Secondo aspetto saliente è che tali resti sono identificabili in quanto accompagnati da nomi e cognomi. L’obiettivo è restituire questi resti ai loro discendenti o ai luoghi d’origine e dare loro finalmente una degna sepoltura cristiana.

Iannantuoni evidenzia come la stampa, che inizialmente è stata piuttosto indifferente nei confronti dell’attività del Comitato, abbia in seguito mostrato maggiore interesse attraverso la pubblicazione di diversi articoli su varie, importanti testate giornalistiche. Inoltre, oggi il Comitato può vantare anche l’appoggio della Chiesa e della Prefettura. Iannantuoni espone anche quello che il Comitato si prefigge di attuare in futuro ovvero la creazione di una delegazione parlamentare.

Il Dott. Lorenzo Del Boca è intervenuto a sottolineare il fatto che i resti umani conservati al Museo appartengono a persone che non hanno espresso una volontà in tal senso ed anzi, per le ragioni su menzionate, a loro è stato persino negato un rito funebre. In merito a Cesare Lombroso, Del Boca mette in rilievo come le sue teorie pseudo-scientifiche abbiano costituito il punto di partenza delle azioni politiche successive volte a soggiogare il popolo meridionale. In tal senso Iannantuoni evidenzia come la chiusura del Museo Lombroso potrebbe rappresentare un punto di partenza sul cammino di una unificazione tra Nord e Sud che finora non ha ancora effettivamente avuto luogo.