Tag Archives: elezioni

Il 4 MARZO SI VOTA, IL MEZZOGIORNO È NEI PROGRAMMI ELETTORALI ?

Share Button

di Massimo Mastruzzo
Portavoce Nazionale MO Unione Mediterranea

Basta dare uno sguardo ai programmi dei partiti per accorgersi che, salvo Potere al Popolo (punto 14 – UNA NUOVA QUESTIONE MERIDIONALE) che inserisce la sua questione meridionale tra le universali battaglie contro capitalismo e neoliberismo, in nessuna forza politica si affronta quella storica Questione Meridionale che da Giustino Fortunato a Gramsci fino a Nicola Zitara è rimasta tuttora irrisolta.
Passi pure la new Lega di Salvini che, da statuto, ha fatto dell’antimeridionalismo e dell’egoismo territoriale nordista un punto fermo e che ora, in cerca di consenso, si presenta nelle regioni meridionali come l’ennesimo nuovo salvatore disceso, non dal cielo, ma dal più vicino nord. Ma le altre forze politiche che, travestite nel significato stesso della parola ipocrisia, hanno versato fiumi di lacrime sul destino del Mezzogiorno, come si pongono verso la questione meridionale, che sia quella storica o quella attuale?
Per Berlusconi, ovvero Forza Italia, nulla è cambiato rispetto alla discesa in  campo del 2004: promessa più, promessa meno, sono le stesse che nell’ormai storico salotto di Bruno Vespa consegnò sotto forma di contratto con tanto di autografo agli italiani, le stesse clamorosamente smentite negli anni successivi dai dati sull’aumento della disoccupazione e la progressiva desertificazione delle aree meridionali.
Più a destra del Cavaliere, Giorgia Meloni e suoi Fratelli d’Italia ricorrono ai ricordi della letteratura, del grande impegno, nei fatti tradito, del dopoguerra per il recupero delle differenze infrastrutturali tra il nord e il sud.
Il PD è alle prese con il bilancio di fine legislatura e con le varie aree politiche staccatesi. Queste, in vista delle prossime politiche, sono confluite nel cartello elettorale di LeU, pur avendo governato e proposto insieme varie inconcludenti soluzioni per il Mezzogiorno. Come, ad esempio, la creazione di un ministero per il Mezzogiorno (a proposito: il ministro uscente si candiderà al centronord…), le Zes e l’ultimo provvedimento “Resto al Sud”: tutto inutile se non si “tolgono i sassi” per migliorare i collegamenti! Infine il masterplan, presentato come la panacea di tutti i mali meridionali, ma penosamente fallito: come dimostrato dai recenti dati dell’Eurostat, che ha piazzato la Calabria, la Sicilia, la Campania e la Puglia tra le sei Regioni europee con i più bassi tassi di occupazione tra le 270 nelle quali l’Eurostat stesso divide l’Unione Europea.
Proseguono tutti, compatti e divisi, nell’ignorare che senza giustizia sociale e senza lavoro non c’è libertà e nel nostro Sud non si respira aria di libertà da oltre un secondo e mezzo.
Mentre il mondo politico tutto si concentra sul problema immigrazione: accogliamo, respingiamo, identifichiamo, integriamo. Quello della emigrazione interna non si è mai arrestato e da generazione in generazione ha portato il sud al rischio concreto di desertificazione umana e industriale (dati Svimez).
Deve essere chiaro il concetto che alcuni provvedimenti dei partiti nazionali seppur universalmente condivisibili ( Legge Fornero, art. 18, reddito di cittadinanza, ecc.) non possono confondersi con le specifiche istanze necessarie per il Mezzogiorno dove solo con un’azione meridionalista si può contribuire alla causa della Questione Meridionale.

No meridionalismo? no sud

Share Button

di Massimo Mastruzzo
Portavoce Nazionale di MO Unione Mediterranea.

Solo chi matura una coscienza meridionalista può contribuire alla nostra causa. Il resto pur, essendo battaglie condivisibili, non possono essere declinate al concetto di meridionalismo.

Tra un mese dovremo scegliere  a quale partito o movimento dare il nostro voto, ho sia amici che “tendono” a sinistra, sia amici che “bazzicano” a destra o che “credono” nei cinquestelle, tutti loro hanno le loro convinzioni e su alcuni punti ognuno di loro ha anche argomenti  condivisibili, ma nessuno verte verso la più grande questione italiana irrisolta: la Questione Meridionale.
Non è retorica, l’Italia ha nel suo sud le Regioni più povere d’Europa e seppur ogni nazione abbia al suo interno territori più o meno ricchi la disomogeneità territoriale presente in Italia non ha eguali in Europa.
Flax Tax, espulsioni, altri 80 euro, università gratis, reddito di cittadinanza, creeranno più occupazione nel Mezzogiorno o quanto meno renderanno almeno equa la disoccupazione?
Miglioreranno le infrastrutture ferroviarie autostradali?
Renderanno degna di uno Stato civile la sanità anche nel sud ?
No, nessuna delle proposte, condivisibili o meno, presente nei programmi dei partiti nazionali, sembra andare incontro alle esigenze di un meridione a rischio desertificazione umana e industriale; i bus che da sud a nord trasportano gli emigrati “Terroni” non subiranno improvvisi cali di clientela; il porto di Gioia Tauro, il più grande porto in Italia per il throughput container, il 9° in Europa ed il 6° nel Mediterraneo, continuerà a non avere le infrastrutture di terra che ne garantirebbero un futuro certo; Matera continuerà ad essere un capoluogo di provincia senza autostrada e senza ferrovia.
L’ elastico della disomogeneità tra il nord e il sud non si accorcerà ed il rischio che si spezzi diventa sempre più concreto.
Solo chi matura una coscienza meridionalista può contribuire alla causa del sud. Il resto saranno anche battaglie condivisibili ma non possono essere declinate al concetto di quel meridionalismo necessario, se non fondamentale, per le necessità del Mezzogiorno.

 

Com è strana la politica italiana

Share Button
di Massimo Mastruzzo
Confrontarsi con un italiano che vive all’estero, o meglio direttamente con uno straniero, serve per capire come ci vedono oltre i confini nazionali.
Quello che all’estero non riescono a capire è come abbiano fatto gli italiani a resuscitare Berlusconi.
È stato “espulso” dal parlamento,  è stato coinvolto in vicende amorali come il bunga bunga.
Termini come “ad personam” sono diventati di uso comune proprio grazie ai funambolismi legislativi dell’ex cavaliere che ha cercato di sfruttare – con alterne fortune -, le sue maggioranze per garantirsi condizioni favorevoli in aula.
Non si capisce, all’estero, come possa ritornare sulla scena un simbolo così esplicitamente legato all’ex presidente del Milan.
Il cognome di Berlusconi campeggia tronfiamente al centro della grafica, ed appare totalmente fuor di senso il fatto che ad esso sia associata la dicitura “presidente”. Pubblicità ingannevole, dato che il buon Silvio non è candidabile, ed oltreconfine sfugge il motivo per il quale si tolleri questa pratica anche in un settore nominalmente più nobile come la politica.
Il fenomeno dell’incongruo berlusconiano è assolutamente incomprensibile, all’estero, anche perché noi stessi che lo subiamo di persona fatichiamo a spiegarcelo. Spiegare i controsensi del signor biscione ci costringerebbe ad ammettere che il popolo di questa ridicola nazione sia incongruente esso stesso, e forse questo è troppo per l’orgoglio italiano. Eppure è così. Come spiegare altrimenti l’enormità del bacino elettorale berlusconiano da Roma in giù?
Bacino elettorale che sembra ignorare i tre lustri di sostanziale alleanza politica col carroccio, formazione concretamente nordcentica, che propugna politiche a sostanziale svantaggio del sud. Non è retorica se, ad esempio, due mammasantissima padani come Zaia e Galan (veneti) si occupano di un accordo commerciale di interscambio col Canada per il quale vengono presi in considerazione SOLO 3 olî d’oliva, e guardacaso, tutti e 3 veneti.
Si potrebbe obiettare che le recenti ipocrisie salviniane abbiano sdoganato il terrone, e che quindi ora un meridionale possa votare l’accozzaglia lombardo-veneta senza farsi troppi problemi di coscienza, ma – ammesso e non concesso di voler mortificare così tanto le nostre intelligenze – il Matteone nazionale non ha spostato in maniera così massiccia il consenso a mezzogiorno.
Insomma, Berlusconi andava forte al sud anche quando Bossi ce l’aveva duro e spalava platealmente sterco sul sud stesso. Come la spieghi questa cosa, ad uno straniero? Come si può spiegare la posizione dell’indiano che tifa per i cowboy?
Ma anche il Movimento cinque stelle appare, per chi ci osserva, politicamente poco comprensibile. Al primo exploit ci si interrogava sul travolgente successo politico di un comico di professione.
Ora, assodata quest’altra stranezza (già molto più comprensibile, se pensiamo a Ronald Reagan, ad esempio), il dubbio che rimane riguarda l’assoluta refrattarietà (in parte ridimensionata da un cauto quanto incoerente Giggino Di Maio) al compromesso dei pentastellati.
Come può apparire sensato che una forza politica nuova, e dai consensi vastissimi se non oceanici, possa bollare il resto degli italiani come una massa di incompetenti o disonesti? Insomma, una persona poco versata nelle vicende nazionali (e pure io, a dire la verità) si chiederebbe dove siano stati questi Soloni, negli anni passati; dove si nascondeva questa debordante armata di fini intenditori della politica, di portatori sani del senso civico, di paladini dell’onestà. Possibile che l’uomo nuovo italico aspettasse solo la venuta del messia genovese per destarsi da un letargo così ben dissimulato?
Queste sono le alternative ad una sinistra che nei recenti anni di governo si è dimostrata inadeguata. Il 4 marzo si avvicina, ed i dubbi restano. Prima di sciogliere quelli dei nostri amici stranieri, credo faremmo meglio a fare due ragionamenti “in casa”.

Politiche 2018 – La questione per noi è MO!

Share Button

di Massimo Mastruzzo

Portavoce Nazionale MO Unione Mediterranea

Dopo quasi 160 anni, non solo non sono stati fatti gli italiani, ma – senza nessuna retorica e stando al riscontro dei dati concreti -, non è stata fatta neanche l’Italia. Almeno a Sud non ce ne siamo accorti.

Ma tralasciamo l’antica questione della mala unificazione ottocentesca. Quelli sono fatti assodati. Concentriamoci sulla fase repubblicana di questa nazione: neanche in questo caso il Sud ne esce bene, e basta constatare quanto la carta costituzionale sia disattesa. Leggiamo l’articolo 3:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.

Appurata, si spera, l’assenza di responsabilità antropologiche a carico dei meridionali, vi sembra che oggi ci siano le condizioni per poter affermare che questa Repubblica abbia rimosso “ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano di fatto l’eguaglianza dei cittadini“?

Ultimamente non è riuscita nemmeno a rimuovere quattro sassi per provare a ridurre l’ iniquità tra le infrastrutture autostradali e ferroviarie del sud e del nord. Nel solo 2016 hanno lasciato l’Italia 124mila giovani: il 40 per cento ha tra i 18 e i 24 anni e parte per lo più dalle grandi città del sud. Cosenza, Salerno, Agrigento, Napoli, Catania e Palermo  sei tra le prime dieci città che si svuotano senza che ci sia un ricambio (Rapporto Caritas-Migrantes).

Quanto alla crescita, nel terzo trimestre del 2017 il tasso di occupazione dei giovani under 34 in Italia è del 41,3, solo che al Nord è del 50,7 e a Sud 29,5, dice l’Istat. Una donna residente al Sud ha meno della metà delle possibilità di trovare un lavoro rispetto a una nata o emigrata a Nord, dove il tasso di occupazione femminile è del 44,9 per cento a fronte del 22,3 per cento del Sud.

Tra gli under 34 i disoccupati a Sud sono “solo” il 27,9…“solo” perché l’Istat considera “disoccupati”  quelli che cercano lavoro.  I Neet, quelli che non studiano e non lavorano, sono aumentati in modo vertiginoso negli anni della crisi: sono 3 milioni e 300 mila in totale, un giovane italiano su 4, e un milione e 800mila solo a Sud.

Ma non è finita, andando avanti con gli anni il dato peggiora: nella fascia tra i 25 e i 29 anni, a Sud, quelli che hanno terminato gli studi e che ancora non hanno trovato un lavoro sono il 46 per cento del totale. Nella fascia tra i 30 e i 34 anni la quota sale al 47 per cento del totale e al 57 per cento tra le donne.

Il sud è, secondo dati Svimez, a rischio concreto di desertificazione umana.

Non ci sarà nessuna salvezza senza una razionale politica di rilancio del Mezzogiorno che investa e si assuma i rischi di questo investimento. Lo stato a Sud si vede quando deve venire a proteggere gli interessi (certi) di qualcun altro. La questione TAP è emblematica: opera certamente strategica, dal ritorno sicuro, utile a tutti (senza distinzione di latitudine), dannosa per pochi (sempre i soliti, geograficamente ben loclizzati). Ma questo non è un investimento. Queste opere non hanno prospettiva. Il sud non crescerà facendo da culla ai tubi interrati. Bisogna chiedere politiche coraggiose, fidarsi delle popolazioni meridionali. Almeno una volta, in 160 anni.

Abbiamo bisogno di uno stato che si assuma il rischio dell’investimento; uno stato che – ad esempio -, ritenga strategica una rete autostradale e ferroviaria sulla costa ionica calabrese, che punti sullo sviluppo interportuale dell’hub di Gioia Tauro oltre che su quello di Genova e Trieste.

Nella probabilmente inutile attesa di questa assunzione di responsabilità non ci sembra sbagliato affermare che finora non si è realizzata nessuna Italia e questa non è retorica ma triste realtà.