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Il sistema museale della città metropolitana di Napoli: una risorsa ancora inespressa

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di arch. Antonio Avano

Il 2016 è stato “un anno nero” per il Louvre (135.000 mq), il museo più visitato in assoluto, con i suoi 7,3 milioni di visitatori, il 15% in meno rispetto al 2015, quando l’affluenza si era attestata a 8,6 milioni, di cui il 75% internazionali. Per fare una comparazione tra i musei più visitati, ad esempio, il British Museum (54.000 mq), lo scorso anno, ha registrato più di 5 milioni di visitatori, confermando la sua attestazione tra i primi quattro musei più visitati al mondo! Il 2015 e ancora di più il 2016, invece, sono stati anni eccezionali, da record di afflusso di visitatori, soprattutto stranieri, per i musei napoletani. Il Museo Archeologico Nazionale (12.650 mq) con 381.632 visitatori nel 2015 e ben 452.736 nel 2016, con un incasso di 1,3 milioni di euro, il Museo di Capodimonte con 145.091 visitatori nel 2015 e 175.365 visitatori nel 2016, il Museo di Castel Sant’Elmo che ha avuto 202.203 visitatori nel 2016, 50 mila in più del 2015, (diventando il secondo sito statale più visto di Napoli), sono questi i dati che provano la riscoperta dei nostri musei e che obbligano i napoletani a fare i conti con il proprio patrimonio culturale, risorsa anche economica, inestimabile e ancora molto inespressa. Bisogna avere consapevolezza di questa ricchezza ancora troppo potenziale, difenderla, organizzarla, innescarla. Considerando che il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN), è uno dei più importanti musei archeologici al mondo se non il più importante per quanto riguarda la storia dell’epoca romana e per la quantità, nonché la qualità di reperti di epoche greca, romana, egizia, resta un dato preoccupante la potenzialità inespressa di questa risorsa e con essa degli altri musei cittadini. L’annoso problema della mancanza di spazi espositivi, per la collezione più grande del mondo (soprattutto per la statuaria pompeiana e i reperti di epoca greca) che in una percentuale tre volte superiore rispetto ai reperti esposti e che occupano allo stato attuale tre livelli dei sotterranei del palazzo ed un piano del sottotetto, restando, purtroppo, ancora mai fruiti dal pubblico! Quanta ricchezza sprecata! Quante potenzialità inespresse! E’ ora di creare ed aprire al pubblico poli museali “messi a sistema”, in nome della massima fruibilità, con tutti i musei della città Metropolitana di Napoli, compresi il Museo Archeologico dei Campi Flegrei e la Reggia di Portici, con il suo Museo Pompeiano dove Carlo III di Borbone, (come testimonia il contenuto della sua Prammatica relativa al patrimonio archeologico rinvenuto ad Ercolano), nel 1738, lo volle nella Reggia “Vesuviana”, ancora in attesa di essere annoverata nel patrimonio Mondiale dell’Unesco. Reggia di Portici, dunque, con un museo ancora inspiegabilmente vuoto, al momento, con un mero “contenuto pseudo-virtuale”, (foto retroilluminate dei reperti archeologici)… ma privo dei reperti archeologici. Ancora, nel “Sistema Musei” dell’Area Metropolitana di Napoli, dovrà essere compresa anche la Reggia di Caserta. Il Palazzo Fuga, il Real Albergo dei Poveri, anch’esso voluto da Carlo III di Borbone e progettato nel 1749 dall’Architetto Ferdinando Fuga, in seguito, all’inizio dell’800, rivisto dall’Architetto Francesco Maresca (che nel 1799 progettò la realizzazione di un ampliamento del Real Museo Borbonico), potrebbe costituire la soluzione, diventando il polo museale più grande e rappresentativo del suddetto “Sistema Musei”. Palazzo Fuga, con i suoi oltre 100.000 metri quadri di superficie utile (e pensare che fu un’opera incompiuta, infatti, la sua mole è solo un quinto del progetto originale) potrebbe finalmente ospitare tutte le opere, i reperti archeologici che ad oggi non trovano spazi espositivi! Considerando anche le infrastrutture nascenti in Piazza Carlo III, come la nuova linea della metropolitana che collegherà direttamente con la stazione ferroviaria dell’alta velocità ad Afragola, il “Sistema Musei” della Città Metropolitana di Napoli, farebbe invidia e concorrenza anche al Louvre! Costituendo, in tal modo, uno dei più forti “motori di sviluppo”, in tutti i sensi, culturale, economico, lavorativo ecc.. per Napoli e il Sud Italia! In questa prospettiva l’attrattore “Sistema Musei”, da solo, basterebbe a rendere Autonoma la Città Metropolitana di Napoli! Altro che Comacchio e “infelici protocolli d’intesa”… a nostro svantaggio! Bisogna accendere questo motore! Allora… lo facciamo?

Manutenzione strade, più soldi al Nord: lo stratagemma per fregare il Sud.

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Dopo l’inchiesta sui costi standard e i trucchi utilizzati per favorire il Nord, sulle pagine de “Il Mattino” Marco Esposito torna a parlare di fabbisogni e servizi essenziali, smascherando le evidenti disparità nel riparto di risorse per la manutenzione di 130 mila chilometri di strade provinciali. Il servizio pubblico preso a campione mette a confronto i criteri di assegnazione dei fondi per la Città metropolitana di Milano e la Città metropolitana di Napoli, la prima con meno strade da manutenere e più soldi da spendere, la seconda con più strade da mettere a posto e la metà dei fondi da gestire. <<La Determinazione dei fabbisogni standard per le Province e le Città metropolitane>> nasconde in 88 pagine-spiega Esposito-delle vere e proprie trappole per il Mezzogiorno. Le strade gestite dalla Città metropolitana di Milano ammontano a circa 800 chilometri; quella di Napoli gestisce 1.629 chilometri, il doppio. Eppure a Milano vengono assegnati 27 milioni per la manutenzione mentre alla Città metropolitana di Napoli appena 15 milioni. Come si spiega una tale disparità?

La formula per la ripartizione di risorse  viene calcolata dalla Sose (società del Ministero del Tesoro) e approvata dalla Commissione tecnica sui fabbisogni standard (Ctfs). Il parametro per l’assegnazione dei fondi è stabilito in base al numero di chilometri da manutenere, e pertanto, a Napoli come <<fabbisogno base>>  viene destinato almeno il doppio del finanziamento necessario per Milano. Ma è qui che scatta lo stratagemma per fregare il Sud. I tecnici della Sose hanno applicato due bonus aggiuntivi di finanziamento: il primo proporzionale ai chilometri di strada in montagna, l’altro legato al numero di occupati sul territorio, che da solo vale più di tutte le somme destinate per la riparazione dei tratti stradali.

Come chiarisce l’inchiesta, per ogni chilometro di strada in montagna scatta un bonus di 2.744 euro. Nonostante vi siano ben tredici Comuni che superano i 1000 metri di quota sia per la presenza del Vesuvio che del Faito, con il massimo a Pimonte (che arriva a una vetta di 1.444 metri), per la Città metropolitana di Napoli non è previsto nessun incentivo, garantito altresì per le Province meno montane di Pavia, Rimini e Cesena. E’ calcolato invece in 17,87 euro il gettone aggiuntivo per ogni occupato: per riparare le buche, Milano riceve 34 mila euro per chilometro, Napoli solo 9 mila euro senza che venga spiegata la ratio di tale illogica sperequazione.

“Cosa c’entri il tasso di occupazione con la riparazione delle buche non si capisce. Ma gli occupati guarda caso, hanno il non trascurabile merito di essere presenti più al Nord che al Sud e così tornando al confronto Milano-Napoli con quasi 1,4 milioni di occupati la città lombarda riceve un bonus di 25 milioni, ossia 10 volte il fabbisogno di base, mentre Napoli deve accontentarsi di appena  10 milioni”, conclude Esposito.