Voti No? Sei populista
Nel torpore di una notte troppo breve passata a seguire exit poll e proiezioni, sono inavvertitamente passato davanti allo specchio. Non saprei descrivere il fastidio che ho provato nel rendermi conto conto che lì, a pochi centimetri da me, si trovava l’immagine di qualcuno che, senza possibilità di errore, rifletteva in tutto e per tutto i caratteri morfologici del populista.
Accendo il computer, ricontrollo i dati. Non c’è dubbio: i populisti hanno vinto il referendum con percentuali di 60 a 40 a livello nazionale, e addirittura 70 a 30 nelle principali regioni del Sud (poco oltre il 70 per il No in Sicilia e Sardegna).
Perché è chiaro che io, in quanto votante per il No, come del resto altri 19 milioni di cittadini italiani, sono un populista.
Questo, almeno, è stato uno degli argomenti forti della campagna per il Sì: “Non votate No, perché Salvini e Grillo votano No. Grillo e Salvini sono populisti. Quindi chi vota No è populista”. Ogni tanto si aggiungeva, in ambienti di sinistra filogovernativa, che anche Casapound aveva dato indicazioni per il No, e che quindi qualcuno che si professasse di sinistra avrebbe dovuto votare Sì. Argomento che ricorda la battuta secondo cui, poiché Hitler aveva un naso, allora chi era contro Hitler non poteva avere un naso, altrimenti sarebbe stato come Hitler.
Una trovata geniale, quella dell’argumentum ad personam contro Grillo e Salvini, che però si è rivoltata contro chi l’aveva partorita, ermettendo ai due personaggi di avere un risalto mediatico molto maggiore del dovuto. Grillo e Salvini, per inciso, ringraziano: oggi, approfittando dell’assist fornito dalla campagna per il Sì, si dichiarano i vincitori assoluti del referendum. È un circolo vizioso che quasi nessuno sembra interessato a spezzare: del resto ci guadagnano tanto il PD, che in qualche modo può appellarsi al populismo innato della maggioranza italiani per giustificare la sconfitta, tanto Lega e M5S, che avranno per un po’ gli onori della cronaca.
Solo che in questa narrativa c’è un problema. E il problema – serio – nasce dal fatto che, oltre ai 5 Stelle e alla Lega, un buon numero di altri movimenti e partiti, fosse per il No. Lo siamo stati noi di MO; lo è stata tutta la sinistra a sinistra del PD – e anche la sinistra interna al PD; lo è stato la già citata destra sociale. Lo è stato il centrodestra berlusconiano. Del resto l’aveva riconosciuto lo stesso (ormai ex) premier, quando aveva parlato di un’ ‘accozzaglia’ per definire la schiera di istanze politiche contro cui si sarebbe dovuto battere. Un’accozzaglia irriducibile ai due spauracchi populisti. Qualcuno ha fatto menzione di quest’accozzaglia? Sì, ma con scarso risalto mediatico. Del resto, dati Agcom alla mano, è evidente in che direzione siano andati i media televisivi durante la campagna. Eppure diversi osservatori esteri hanno ben chiaro che molti di coloro che hanno votato No non hanno nulla a che fare né con Salvini né con Grillo, e che non li voterebbero in caso di elezioni politiche, come sottolinea per esempio il britannico The Guardian.
Sembra quasi superfluo ricordare – ma, alla luce di quanto detto, giova invece farlo – che, in primo luogo, gli argomenti in favore del No sono stati molto più variegati e complessi di quanto la campagna per il Sì abbia tentato di far credere (altri articoli su questo blog li hanno esaminati a dovere). E che in secondo luogo noi, in quanto meridionalisti, molto difficilmente potremmo condividere le basi ideologiche della posizione di un Salvini, che dichiara come suo primo nemico il Meridione.
Ma al di là dei programmi ideologici, uno sguardo ai dati mostra per esempio come a Napoli, tutt’altro che una roccaforte leghista o pentastellata, le percentuali di No abbiano raggiunto livelli di molto al di sopra della media nazionale. Idem dicasi per Bari, Palermo (anche se, nel caso della Sicilia, va detto che il M5S locale è uno dei più agguerriti a livello nazionale) e Cagliari. Un altro dato interessante? Nella Parma fiore all’occhiello dei 5 Stelle e del sindaco pentastellato Pizzarotti, ha vinto il Sì (i dati disaggregati comune per comune li trovate qui).
La risposta alla domanda se la modalità comunicativa della campagna per il Sì abbia pagato è sotto gli occhi di tutti. La strategia deliberata di riduzione della complessità discorsiva (voti No sei un populista), al fine di costruire dei facili uomini di paglia contro i quali focalizzare l’attenzione degli elettori, è stata devastante per il Sì. E, a dirla tutta, non ha neanche denotato una grande onestà intellettuale. Nonostante la presunzione di cavalcare il caro vecchio sistema clientelare tricolore, guardando i risultati, è stata una strategia che non sembra aver influenzato minimamente il voto degli elettori meridionali. Forse le fritture di pesce sono diventate indigeste.