Regionalismo differenziato: la trappola nascosta per il sud
Del perché il sud deve votare no al referendum ne abbiamo già parlato. Creare un’Italia a due velocità, che selezioni chi può avere scuola, turismo e ambiente di serie A e chi di serie B è l’obiettivo della nuova costituzione Renzi-Boschi.
La riforma toglie molti poteri alle Regioni, ma ne restituisce altrettanti alle sole Regioni ricche, cioè quelle che possono far quadrare il bilancio. In questo modo tutto il Nord ricco e perciò virtuoso, potrà decidere in autonomia che fare della scuola, del territorio, come tutelare l’ambiente, i beni culturali, promuovere il turismo, il lavoro e il commercio con l’estero. Il Sud povero invece, dovrà arrangiarsi con quel che passa la mensa dei servizi minimi nazionali. Si introduce così un “regionalismo differenziato” che nega alle popolazioni meridionali il diritto di scegliere per il proprio futuro privandole delle autonomie locali.
A proposito di questo, è bene entrare nel merito di alcune osservazioni fuorvianti che abbiamo letto in giro.
Il “regionalismo differenziato” è giusto, perché è giusto premiare chi ha i conti in ordine e punire chi i conti in ordine non li ha.
NO! Non lo è per due ragioni. In primo luogo perché non è corretto introdurre nella costituzione una norma che determina delle differenze tra i cittadini di quella che si suppone essere una stessa nazione.
In secondo luogo c’è una ragione più tecnica, ma fondamentale: le regioni del sud non possono raggiungere il pareggio di bilancio. Questo avviene perché l’imposta principale che viene trattenuta sul territorio è l’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive). Si tratta dell’imposta distribuita in maniera meno uniforme sul territorio italiano, molto bassa al sud, molto alta al nord. Questo vuol dire il gettito a disposizione delle regioni del sud per far quadrare i propri bilanci è molto più basso di quelle del centro-nord. Ad esempio la Calabria ha a disposizione 310 euro per ciascun abitante della Regione, il Veneto 652. La Campania circa 371, la Lombardia 862.
In pratica la quota necessaria per garantire i servizi minimi è superiore alle entrate delle Regioni del mezzogiorno ordinario (più l’Umbria).
Vi opponete ad una cosa che va contro la Lega.
È vero che l’attuale assetto del titolo V della costituzione è voluto da Calderoli, ma il punto è che con questa riforma non si torna ad una situazione precedente la modifica leghista del 2001. Piuttosto la si annulla per le sole regioni meridionali e lo si fa sulla base di principi voluti dagli stessi leghisti.
In altre parole se vincesse il sì le regioni del mezzogiorno perderebbero sovranità, ma lo Stato non risparmierebbe un solo euro. Le regioni del centro-nord, invece, potrebbero continuare a legiferare.
E allora perché la Lega vota no?
Lo fa per due ragioni: la prima è di natura squisitamente politica. Salvini vuole che Renzi perda per potersi proporre come premier del centrodestra. La seconda è che, qualunque sia l’esito, loro vincono lo stesso!
Se vincesse il no, allora le cose resterebbero come stanno. Se vincesse il sì, le regioni del nord conserverebbero comunque la propria autonomia.