Qualcosa non funziona

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Sergio Ragone è un blogger attualmente molto quotato e – nonostante orbiti in area PD – molto attento alle tematiche meridionali.

Se anche lui cede alla trappola del “piagnisteo”, allora è proprio il caso di dire che qualcosa non sta andando per il verso giusto, eufemisticamente parlando. In un articolo del 15 marzo pubblicato sull’Huffington Post Ragone parla della “pentola a pressione”, ovvero di quelle potenzialità che il meridione sta portando in ebollizione da tempo, e che non aspettano altro se non di essere liberate. Chiede ai suoi referenti politici, però, di non cedere al c.d. “piagnisteo”. Lui la chiama “retorica del riscatto” dipingendo implicitamente come un disfattista rassegnato chi denuncia le solite storture che gravano sul meridione.

Se è vero (e purtroppo lo è) che l’azione politica del meridionalismo moderno si esaurisce spesso nei rivoli dispersivi delle frasi fatte e dello sventolio autoreferenziale di vessilli della Real Casa, è altrettanto vero che non si può fare di tutta l’erba un fascio. Anzi, non si deve, perché oltre a questo atteggiamento ne esiste uno più costruttivo, basato su attente analisi e sull’impegno concreto. Parlare semplicisticamente di “retorica del riscatto” appiattisce una realtà estremamente variegata e complessa, e derubrica l’attivismo meridionalista di stampo più concreto a “buffonata per nostalgici o rassegnati”.

Negare la legittimità di certe istanze significa, indirettamente, negare gli stessi problemi che quelle istanze intendono affrontare. Come fa, Ragone, a spacciare per risolta la questione meridionale?

Questo Mezzogiorno non deve riscattarsi da nulla, anzi ha già pagato lo scotto di errori fatti da altri, ma ne è venuto fuori con la forza delle proprie idee, con la passione che lo racconta, con le intelligenze che lo animano“.

Si rimane molto perplessi a leggere certe frasi, soprattutto se – come ripetiamo – si tende a riconoscere una certa attenzione a chi le scrive. Concordiamo naturalmente sull’estrema presenza e vitalità delle nostre forze, ma come si può dire che il Sud sia “venuto fuori” se le infrastrutture sono inesistenti a causa del totale disinteresse della classe politica meridionale? Come si fa ad assolvere tale classe politica facendo passare per buono il fatto che se errori ci sono stati essi sono avvenuti nel passato?

Non abbiamo capito, leggendo Ragone, come mettere a frutto le nostre innegabili qualità in assenza di una infrastruttura produttiva equipollente a quella settentrionale fermo restando che – a quanto pare – chiedere di ottenerla si configura come “retorica del riscatto”.

Qualcosa non funziona. Non si capisce cosa però. Sarà un calo d’attenzione di Ragone, o il fatto che la nostra fonte di notizie sul sud sia diversa dalla sua, ma non ci capacitiamo di come si possano deresponsabilizzare i nostri amministratori, sostenendo che tanto bastano “le idee, la passione, l’intelligenza”. Sarà, molto più probabilmente, la solita, dannata colonizzazione mentale che ci impedisce di ritenere legittima la nostra voglia di riscatto.

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