Primarie Pd. Renzi riprende forza e vince? No, è solo dopato.

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di Raffaele Vescera

Primarie Pd. Renzi vince facile nelle sezioni Pd governate dai capetti suoi dipendenti, anche al Sud, ahinoi. in Campania, per dire, c’è De Luca, in Sicilia Crocetta, in Basilicata Pittella e così via, le cui carriere politiche, e anche giudiziarie, in un partito di nominati, dipendono dal capo del partito che, con un sì e con un no, può decidere del loro destino. Solo in Puglia, dove Emiliano è scarsamente ricattabile dal capo e ha la forza per sfidarlo, le cose vanno diversamente, vince il governatore pugliese.

Qualcuno ha fatto il raffronto tra il risultato plebiscitario del Sud contro Renzi del referendum costituzionale del 4 dicembre e quello a suo favore di questi giorni nelle sezioni di partito, leggendolo impropriamente come una “rivincita” dell’ex premier dato in forte rimonta, che dal 70% contro dei voti meridionali sarebbe passato ad averne quasi altrettanti a favore. Il raffronto tra i due voti è però improponibile. Il 4 dicembre hanno votato elettori veri, liberi da incarichi e ricatti di potere, nelle sezioni invece ha votato un folto ceto politico di dirigenti di partito, amministratori locali, sindaci, consiglieri provinciali, comunali e di circoscrizione, portaborse e faccendieri, tutta gente più o meno interessata alla reiterazione del sistema renziano.

Ma non si illudano, il Sud è altro da loro, il M5S è ampiamente la prima forza politica, i movimenti meridionalisti sono in avanzata fase di costruzione e crescita, il Mezzogiorno è in uno stato avanzato antisistema, non certamente contro il sistema democratico, ma contro quello dell’alleanza tra potere finanziario del nord e quello clientelare mafioso del Sud, entrambi minoritari eppure dominanti, in virtù della conquista del maggiore partito dell’ex sinistra che un tempo frenava gli appetiti degli uni e degli altri.

Il Sud vive un momento di riscatto culturale e politico, frutto della consapevolezza dello stato di minorità economico-sociale cui è costretto dallo stato che si fa beffe della costituzione e nega parità di diritti ai cittadini meridionali. Finanziamenti pubblici, per il lavoro, i trasporti, l’istruzione, la salute e quant’altro, tutto è ampiamente meno al Mezzogiorno. Checché ne dicano leghisti e affini. La spesa pubblica dello Stato per il Sud è di appena il 22%, a fronte del 34% della popolazione italiana che vi risiede. Il restante 78% è destinato al 66% di cittadini del Centronord. La sproporzione è vergognosa, persiste da un secolo e mezzo, e spiega l’arretratezza delle regioni meridionali. Vedi i dati pubblicati ieri dal giornalista economico Marco Esposito su Il Mattino di Napoli.

La protesta del Mezzogiorno a tali discriminazioni esplode e si riversa ovunque, dal respingimento di Salvini a Napoli, alla lotta contro la devastazione petrolifera in Basilicata, fino allo scempio del gasdotto in Puglia e ad altre battaglie territoriali. I meridionali non più “sudditi” di clientele politiche ma cittadini consapevoli dei propri diritti, sanno quello che vogliono e non sono più controllabili dai partiti “tradizionali” (affezionati all’italica tradizione della pagnotta, per dire).

Detto ciò, Renzi non avrà vita facile al Sud nei prossimi appuntamenti elettorali, dalle primarie popolari del 30 aprile, alle amministrative di giugno fino alle prossime elezioni politiche. Non si illuda. A proposito di primarie popolari del Pd del 30 aprile, tra gli elettori non iscritti al Pd gira la battuta che una spesa di due euro val bene la soddisfazione di mandare a casa Renzi per sempre. Ne gioverà Emiliano? Vedremo, vero è che il governatore pugliese è molto meno inviso all’elettorato meridionale di quanto lo sia Renzi, visto come il rappresentante del potere finanziario del nord.

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