Perché (non) pagare il Canone Rai
di Roberta Zaccuri e Fabio Vitiello
Dieci rate da dieci euro ciascuna. È questa l’ultima novità introdotta in materia di “Canone Rai”, che, ormai pare certo, a partire dal 2016 verrà addebitato direttamente nella bolletta della luce di migliaia di italiani. Condizione per l’addebito automatico sarà l’aver attivato un contratto per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui è registrata la propria residenza anagrafica: sulla base di questi due presupposti lo Stato sarà autorizzato a presumere l’esistenza in casa di un apparecchio TV. Il che equivale a dire che, se il privato cittadino ritiene di non essere tenuto al pagamento del canone, dovrà essere lui ad attivarsi per dimostrare l’insussistenza di quei presupposti, mediante invio di un’autocertificazione a cui potrà seguire il controllo di un funzionario dell’Agenzia delle Entrate. Quindi, in sostanza, a ciascuno di noi sarà automaticamente imposto il versamento di questi 100 euro, senza che lo Stato debba fare nulla per dimostrare che siamo effettivamente tenuti a farlo e basandosi sulla semplice presunzione dell’esistenza nelle nostre case di una TV – che, è appena il caso di ricordarlo, è un oggetto per il quale non esiste alcun registro dei beni, o elenco dei proprietari, nulla.
Ma su quali basi lo Stato pretende da noi questo pagamento?
Sul sito ufficiale della Rai (www.canone.rai.it) si legge che la Rai è concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ed è quindi obbligata a trasmettere programmi di attualità, cultura e approfondimento, dovendo nel contempo attenersi a “rigorosi limiti di affollamento pubblicitario” (chi non se ne era accorto?); vengono poi elencate tutte le trasmissioni che alimentano questa ricca offerta e che giustificano la nostra contribuzione al servizio, e alla fine è citato anche “un nuovo Televideo”… Fanno sul serio??
Ma allora, direte voi, se questo pagamento è dovuto per un “servizio” offerto dalla Rai, sarà sufficiente chiederne l’oscuramento e rinunciare alla visione di tutti i loro numerosi canali culturali e del loro Televideo e usare la TV soltanto per le reti private o a pagamento. Eh no, sarebbe troppo facile: non importa se di fatto guardi o no i canali Rai, quello che conta è solo che probabilmente in casa tua esista una TV.
E solo di passaggio, quasi per caso, questo “canone” o “abbonamento” viene chiamato per ciò che realmente è, e cioè un’imposta: sì, perché di fatto il “canone Rai” non è altro che un’imposta sul possesso della TV, dovuta allo Stato – e non alla Rai –, proprio come l’imposta sugli immobili che deve versare chi è proprietario di una casa (ma qui, badate bene, tra i presupposti del pagamento nemmeno si parla di “proprietà della TV”!). Tanto è vero che il versamento va effettuato direttamente all’Agenzia delle Entrate, che in caso di omissione può affidare l’incarico a Equitalia. Sì, avete capito bene, Equitalia: la società che si occupa della riscossione dei tributi in Italia. Più chiaro di così…
Una sola curiosità rimane aperta: cosa succederebbe se, vedendoci arrivare una bolletta della luce improvvisamente gonfiata senza alcuna ragione logica e oggettiva, tutti noi, mediterranei e non, decidessimo in massa di spedire all’Agenzia delle Entrate l’autocertificazione di cui parlavamo prima? Ci ritroveremmo davvero con i citofoni intasati dai funzionari che chiedono di entrare nelle nostre case per verificare che non abbiamo la TV?…
…e se ci rifiutassimo di aprire?