Manna avvelenata per Vincenzo De Luca

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di Raffaele Vescera dalla pagina Terroni di Pino Aprile

Chiuso in una torre di ferro, De Luca “allucca”: “Olio bollente contro chi m’attacca, io questo Manna non lo conosco” e scarica tutte le colpe sul suo braccio destro, Mastursi, che avrebbe condotto a sua insaputa la trattativa, sullo scambio sentenza assolutoria-posto all’Asl, con Manna, marito della giudice Scognamiglio, che doveva giudicare sull’applicazione della legge Severino per De Luca, e a sentenza avvenuta lo avvisa via sms con un “è fatta”. Il coniuge a sua volta avvisa immediatamente “il braccio destro” del governatore con un “è andata come previsto”. Unica incognita la sede da dirigente Asl, a lui non piace Napoli, chissà perché, ma vuole la provincia, Benevento o Avellino. Scoperta la trattativa, la giudice Scognamiglio afferma: “Io non sapevo niente, con mio marito sono separata in casa.” Separata in casa ma non al telefono, visto che, andata in porto “la buona sentenza” per De Luca, lei dice al coniuge “Ora ti potrai mettere in vacanza”.

De Luca ribadisce la propria estraneità alla pantomima, in un incontro con i giornalisti, in cui però fornisce la propria versione ma non accetta domande. Insomma, sarebbe tutta colpa del fido segretario Mastursi che, per fare un favore non richiesto al governatore, sarebbe andato oltre il suo mandato. “Sì, gira e vota sì, chillo ‘o fatto è niro niro” si cantava un tempo. Fatto sta che il segretario s’è dimesso e, a meno che non parli, sarà difficile dimostrare il diretto coinvolgimento di De Luca. Che volete, il braccio sinistro non deve sapere quel che fa quello destro, e una mano lava l’altra. Dopotutto, sono state pagati appartamenti principeschi con vista Colosseo ad insaputa dell’acquirente, che volete che sia un posto da dirigente Asl con vista Irpinia?

Queste le notizie diffuse oggi, ancora da accertare. Intanto, mentre Renzi, in viaggio a Malta chissà se con il nuovo aereo da 200 milioni, tace, il ministro alla giustizia Orlando, già commissario PD in Campania, afferma che lui De Luca non l’avrebbe mai scelto. Al paese mio, si chiama scaricabarile per salvare la poltrona. Alla fine, detto per paradossale fantapolitica, chissà se Renzi scaricherà il tutto sui “gufi” dei giornali e sui politici dell’opposizione, facendo chiudere i primi e facendo dimettere in massa dal parlamento i secondi, per non avere più fastidi. Fatto sta che lo stesso De Luca ha invocato la chiusura del Fatto Quotidiano, unico grande giornale libero dai lacci della casta. Tuttavia le bravate ducesche di De Luca non ci meravigliano, ne ha dette e fatte tali e tante, non si sa se per caratteriale incontinente arroganza, o se per garantite protezioni dall’alto. Indimenticabili il suo incontro con Salvini e le sue frasi contro donne, Rom e immigrati.

Al di là dell’episodio, ciò che colpisce è la guerra in atto all’interno del PD, già spaccato con copiosa fuoruscita di capi, ma la cui resa dei conti è ancora tutta da venire, visto che lo stesso Orlando, dopo aver scaricato De Luca, se la prende anche con Renzi, che non avrebbe un progetto per il Paese ma che, per restare in sella, segue i desiderata dei partiti minori di Governo. Rosy Bindi contro Renzi e contro De Luca, Renzi contro Marino, chissà chi contro Crocetta, Bersani s’accontenta del nulla e tutti contro tutti. Resta la spina Emiliano, che non sanno ancora come affrontare. Divisioni politiche che mascherano una feroce guerra finanziaria per la gestione di mega appalti, cifre miliardarie da gestire a Milano, per il dopo-Expo, con la candidatura del suo stesso commissario unico, Giuseppe Sala, a Roma per fondi del Giubileo, a Napoli per i fondi all’area di Bagnoli, che Renzi vuole sottrarre alla legittima gestione di De Magistris, per affidare tutto il potere a un commissario da lui scelto.

E’ uno spettacolo, questo sì, “indecoroso”, nel paese più corrotto d’Europa, governato da Nord mediante una centrale del malaffare. Giustamente, nel paese più corrotto la capitale non può essere che Milano. Non che il Sud se la passi meglio, dopo i fatti di Sanremo dove 35 dipendenti comunali marcavano il cartellino a sbafo, è notizia di oggi che nella tormentata Messina, pur governata da un bravo sindaco, dodici consiglieri falsificavano la loro partecipazione alle riunioni di commissioni, per arrivare a fottersi oltre 2.000 euro di gettoni al mese, per una spesa di un milione di euro l‘anno.
Ovvio che, come diceva Salvemini, un governo ladro deve lasciare che si rubi in periferia, per garantirsi complicità e poter ricattare i feudatari, al Sud più di tutto per garantirsi l’assenso del ceto politico al sistema antimeridionale. Questa pseudo nazione ha bisogno di una rigenerazione totale, se mai sia stata generata, è necessario l’azzeramento e il rinnovamento dell’intero ceto politico, a Nord come a Sud. Tuttavia, abbiamo la sensazione che non mancherà molto alla cacciata dei mercanti dal tempio che liberi il Paese da questa razza padrona e il Sud dalla condizione coloniale cui quella l’ha ridotta.

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