Liberi di migrare per farsi curare e mantenere alta l’efficienza e i bilanci delle strutture del nord.
Prendo il caffè, e come tutte le mattine, guardo la rassegna stampa e, facendo zapping tra Tgcom 24, rai news24 e sky Tg24, mi cade l’occhio su un articolo de il Giornale a firma Stefano Zurlo:
Stretta sui rimborsi alle Regioni virtuose contro il «turismo sanitario»: ci rimettono i pazienti.
Spengo la TV, finisco il caffè e mentre mi reco a lavoro mi riprometto di leggere l’articolo.
Lo faccio e dopo l’illusione delle prime righe : “Un testo che, se approvato, assesterebbe un colpo gravissimo al diritto alla salute di migliaia di italiani e toglierebbe a uomini e donne del Centrosud ” dove sembra che si avanzi una critica ad un testo che vuole limitare la mobilità sanitaria da una regione all’altra e così facendo togliere a migliaia di pazienti il diritto a curarsi nei più importanti ospedali del Nord, mi accorgo che in realtà la vera preoccupazione che si nasconde tra le righe dell’articolo è legata al flusso di denaro, circa 4,6 miliardi di euro che coinvolge quasi 800mila italiani… del Sud che migrano in treno o in aereo da Napoli o da Reggio Calabria per farsi operare nei poli d’eccellenza della Lombardia e dell’Emilia Romagna che se bloccato penalizzerebbe le cliniche all’avanguardia dell’asse Milano-Bologna.
Trascinando nel baratro anche l’indotto sorto a ridosso delle cittadelle della salute: alberghi, negozi, appartamenti.
La Lombardia, in testa al ranking dei virtuosi, importa 161.000 pazienti l’anno e vanta un credito di 808,6 milioni di euro; all’opposto la Calabria è in rosso per 319 milioni. A seguire, in questa black list, la Campania che deve saldare prestazioni, tecnicamente Drg, per 302 milioni fuori dai propri confini. La stretta ai rubinetti del turismo sanitario porterebbe al ridimensionamento o addirittura, in prospettiva, al crollo di questo fenomeno: un sistema efficiente sempre più ragionevolmente efficiente grazie ai contributi che arrivano dalle regioni più deboli.
Certo non mancano nell’articolo cenni al fatto che le regioni più arretrate dovrebbero alzare l’asticella della qualità (come ? Visto che al momento è un cane che si morde la coda) ma nulla viene detto sul diritto dei pazienti del Sud di avere un servizio pubblico qualitativamente equo lungo tutta la penisola, mentre non si manca di sottolineare la necessità di dover garantire a questi poveri pazienti del sud la “libertà” di poter migrare per farsi curare e naturalmente di mantenere alta l’efficienza e i bilanci delle strutture del nord.
Massimo Mastruzzo Portavoce MO Unione Mediterranea.