Le nostre feste del ritorno.

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“Paola, stazione di Paola”. I Calabresi che rientrano la conoscono bene. Ma quante stazioni metaforiche esistono nel nostro Sud?

Natale per molti vuol dire casa.

Puoi vivere altrove, costituire in altri luoghi il centro dei tuoi interessi, la casa è però dove sta il cuore; e puoi andar lontano, molto lontano con le gambe, ma il tuo cuore resterà sempre a Sud.

In quegli odori, in quei sapori, in quei riti che si fanno e ripetono ogni anno. Il fumo dai comignoli che rilasciano quel tipico “odore di camino” per le strade, il saluto della gente, caldo e appassionato.
Gli anni passano, ma certe cose no, e i falò sulle strade si fanno ancora con la gente intorno a scaldarsi e sorridersi, alla Vigilia di Natale.

“Sembra che tutto nasca da quel fuoco crepitante e dallo sciame di scintille sollevate dal vento notturno”, scrive Carmine Abate a proposito della sua festa del ritorno.
Ma chi di noi, non ha una sua festa, o qualcuno che torna per la festa del ritorno.
La storia che si ripete, siamo migranti figli di migranti, spesso immersi in vite che in realtà non del tutto ci appartengono, ma ci sovrastano. In fondo lo sappiamo, ma d’altra parte, cos’altro possiamo fare?
Catapultati in un’altra storia, il Natale ci permette di rientrare con un piede nella nostra reale storia.

E allora chiudiamo gli occhi e pensiamo alla nostra futura festa del ritorno, quella che c’è già stata, ci sarà, oppure quella che per quest’anno non si verificherà. Se anche quest’anno non possiamo viverla, proviamo a riviverla nella nostra mente: sentire gli odori, vederne i colori.

I rami possono essere tagliati, ma le radici no, non vengono sradicate. Non importa quanto lontano saremo, quanto i nostri piedi cammineranno: ci sarà sempre una festa del ritorno.

Carmen Altilia

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