Lo Stato latitante che incolpa il napoletano delinquente

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Spesso si tende a considerare l’analisi sociologica di un fenomeno, come una sorta di implicita giustificazione di esso. Così se si fa uno sforzo di valutazione più articolato sulla delinquenza a Napoli, immediatamente si grida al “giustificazionismo” o peggio ancora al negazionismo. La criminalità è una piaga sociale che va affrontata ed avversata senza mezze misure. Ma se è così predominante in talune realtà, è per colpa di uno Stato inefficiente e fin troppo corrotto, che concede al crimine organizzato di sostituirsi al potere statale nell’erogazione di servizi, facendo da cuscinetto ammortizzatore di necessità e bisogni delle fasce più deboli, realizzando un’economia sommersa e parallela che tiene a freno il tappo della disperazione.

La grave e perdurante assenza di Stato, nei quartieri cosiddetti a rischio, è la motivazione principale e non gregaria, dell’aumento del fenomeno criminale, che come facilmente intuibile, si irrobustisce se non subisce una decisa e decisiva opera di contrasto.

Chi con semplificazione o pregiudizio riduce tutto alla predisposizione endemica a compiere atti illeciti, presta il fianco a tesi inconcludenti e razziste, che definendo la questione una faccenda genetica di mentalità, rende quasi ineluttabile un fatto umano, che al contrario invece, come tutti i fatti umani ha un inizio ed una fine.

Laddove le Istituzioni abbandonano i cittadini al degrado, la miseria e persino all’autogestione, si può affermare con disinvoltura che il problema risieda negli effetti della delinquenza e non al contrario nelle sue cause?

Piuttosto che chiacchere e proclami, servono uomini, mezzi, misure di sicurezza e controllo sul territorio, anche con l’introduzione, di “reati promozionali” che abbiano la funzione di far considerare illecite condotte fino ad ora non avvertite come gravi dalla coscienza sociale. Ma questi tipi di provvedimenti che hanno una efficacia nel breve e medio termine, nel lungo periodo necessitano di accorgimenti alternativi: uno Stato degno di tale autorità, dovrebbe favorire iniziative ed attività di aggregazione e impiego nei territori più difficili,  sopratutto attraverso una attenta e capillare formazione scolastica, capace di sopperire all’indifferenza delle famiglie nell’educazione alla legalità.

Nonostante il preoccupante andamento del Mezzogiorno e in particolare della Campania riguardo al fenomeno della dispersione scolastica, il Governo nel 2013 con il “napoletano” Marco Rossi Doria, sottosegretario all’istruzione, ha scelto di investire maggiormente al Centronord i fondi per diminuire l’abbandono scolastico. Dinanzi a tali irragionevolezze, è possibile essere intellettualmente onesti e contemporaneamente ascrivere le problematiche meridionali a questioni di provenienza e latitudine?

La soluzione ad una simile domanda è molto meno cervellotica, anche se evidentemente più scomoda: alcuni quartieri della città, versano in condizioni di degrado per colpa di precise scelte politiche, che fanno delle clientele il più redditizio e conveniente serbatoio elettorale. Un Sud ignorante, non scolarizzato ed illegale è l’assicurazione sulla vita della politica egoista del Nord e di quella ascara del Sud.

Lo Stato silente e connivente, faccia ammenda, si assuma le sue responsabilità e cominci a fare lo Stato. Pretendere del resto, che faccia da Nazione in questa Italia mai nata, sarebbe davvero chiedere troppo.

Flavia Sorrentino.

 

 

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