Giancarlo Siani e gli altri: la mafia teme la verità più delle leggi
di Eva Fasano
Il 23 settembre dovrebbe essere lutto nazionale in un paese che combatte realmente le mafie e non dimentica i suoi martiri. Oggi ricorre il trentesimo anniversario della morte del giovane Giancarlo Siani, giornalista napoletano assassinato sotto casa sul sedile della sua auto, una Citroen Mehari verde.
Siani è morto per amore, quello per la verità, perché egli non era un semplice cronista di nera, ma uno che scavava, collegava, cercava e denunciava. Su di lui sappiamo tutto. Conosciamo il suo volto, la sua auto, le sue preziose inchieste e anche i nomi dei suoi assassini. Quello che spesso dimentichiamo è che la verità raccontata così com’è, nuda e cruda, spaventa i sistemi mafiosi, politici ed affaristici molto più dei presidi militari.
Sicuramente spaventano più di una commissione antimafia presieduta da una presidente, l’onorevole Rosy Bindi, che in visita nella Napoli che si ribella, quella di Siani e tanti altri, afferma fatalista “La camorra è un dato costitutivo della città partenopea” ma non dichiara guerra vera alla malavita, non la colpisce negli interessi come suggerivano gli indimenticati Falcone e Borsellino. Prova ne sono i 2351 gornalisti italiani minacciati dal 2006 ad oggi, alcuni dei quali attualmente sotto scorta, con un picco di 506 nel 2014.
(dati consultabili su www.ossigenoinformazione.it)
Cosa fa lo stato italiano a parte insultare la nostra intelligenza e disquisire sul DNA dei napoletani ignorando la verità storica? Discute la cosìdetta legge bavaglio sulle intecettazioni, senza le quali inchieste come Mafia Capitale e scandali corruzione dell’Expo non sarebbero mai esistiti.
Tante parole abbiamo speso su Siani. Ben vengano i premi, le iniziative di commemorazione, i film, le targhe, ma noi di Unione Mediterranea preferiamo credere che Siani lotti ancora grazie al lavoro di giornalisti come lui, minacciati e screditati.
A loro va la nostra immensa gratitudine e proprio oggi vogliamo ricordarne solo alcuni. Vogliamo celebrare grazie a loro e a Siani l’amore per la vita e la verità.
Sandro Ruotolo, napoletano, dal maggio 2015 sotto scorta dopo aver ricevuto minacce da Michele Zagaria, boss dei Casalesi, a causa delle sue inchieste sul traffico di rifiuti tossici in Campania.
Lirio Abbate, palermitano, nel 2012 con un’inchiesta giornalistica su l’Espresso ha svelato, due anni prima dell’inchiesta giudiziaria,l’esistenza di “mafia Capitale” e il potere del clan di Massimo Carminati che per questo motivo inizierò a minacciarlo. L’organizzazione internazionale Reporters Without Borders nel 2014 lo ha inserito nella “top dei 100 eroi dell’informazione nel mondo” perché «Le minacce di morte e la sua presenza nella lista nera di Cosa nostra non lo hanno intimidito». Nel 2015 l’associazione Index on Censorship lo ha nominato fra le 17 persone al mondo che lottano per la libertà di espressione.
Salvatore Minieri, casertano, da anni si occupa di inchieste eco ambientali, in particolare dell’area tra Casal di Principe e Castel Volturno. A Calvi Risorta scopre una delle più grandi discariche illegali d’Europa. Nel 2012 da un’auto in corsa sotto casa sua vengono urlati insulti e minacce.
Gennaro Tedesco, foggiano di San Giovanni Rotondo, in trincea per le vicissitudini della sua città e dintorni, quest’anno ha subito un attentato incendiario.