Georisorse: forse non tutti sanno che…
a cura di Giada Lieto
L’ultimo decreto del governo Renzi “Sblocca Italia” ammette la possibilità di procedere con le trivellazioni del sottosuolo marino alla ricerca di giacimenti di idrocarburi di cui, secondo l’amministrazione della Leopolda, il meridione sarebbe letteralmente ricca.
Unione Mediterranea Calabria si è occupata della spinosa questione durante il convegno tenutosi lo scorso 27 Novembre con il titolo “Il destino di una Georisorsa. Workshop sullo sfruttamento ecosostenibile del Mare Jonio”.
Durante il convegno , hanno presentato i loro interventi esperti e personalità varie i cui contenuti hanno avuto un unico fil rouge: la preoccupazione dell’impatto che siffatte operazioni potrebbero avere sul patrimonio geo marino del Mar Mediterraneo con gravissimi danni non solo alla fauna e alla flora ma anche e soprattutto alla salute dell’uomo , fruitore ultimo del patrimonio marino.
I dati mostrati nel convegno lasciano presagire che il sottosuolo marino mediterraneo non sarebbe così ricco di idrocarburi come vogliono farci credere.
Si stima addirittura che si tratti di circa 10 mila migliaia di tonnellate di petrolio, quantità piuttosto irrisoria a fronte dell’invasività degli strumenti utilizzati per la relativa estrazione.
La domanda che ci siamo posti è: è davvero così fondamentale pregiudicare una delle ricchezze più grandi del Meridione e dell’Italia in genere per ottenere una così irrisoria quantità di georisorse che basterebbe appena per qualche mese?
Ebbene, i grafici di seguito possono rendere di immediata evidenza le ragioni delle preoccupazioni nutrite a riguardo:
Nella tabella si legge che il consumo medio di idrocarburi in un mese nel 2015 è pari a 4.982 migliaia di tonnellate, ossia la metà di quello che si suppone ci sia in tutto il Mar Mediterraneo.
Conclusioni simili possono essere raggiunte anche considerando i dati raccolti dal Mise e pubblicati dall’Unione Petrolifera Italiana:
A fronte di questi dati incontrovertibili, risulta d’uopo procedere con un bilanciamento di interessi: da un lato , l’interesse (prettamente economico e speculativo) di estrarre una presunta quantità X di idrocarburi dal Mar Mediterraneo; dall’altro, quello di indubbia rilevanza economica, sociale e biologica di salvaguardare i nostri mari.
In particolare, tra i relatori riconosciamo Rosella Cerra, responsabile Ambiente di UM per la Calabria ed autrice di diverse osservazioni contro le istanze di ricerca nel mar Ionio, la quale ha rimarcato che la necessità di continuare l’azione di informazione fra la popolazione perché è ingiustificata sia l’attività di ricerca che quella di estrazione stando ai dati della Direzione Generale delle Risorse Minerarie ed Energetiche .
Quanto asserito dalla nostra Rosella risulta poi condiviso da personalità come Gianni Pavan, membro del gruppo di lavoro internazionale che ha steso le linee guida ACCOBAMS (Agreement on the Conservation of Cetaceans in the Black Sea, Mediterranean Sea) che attualmente sono in fase di aggiornamento, direttore del CIBRA (Centro Interdisciplinare di Bioacustica e Ricerche Ambientali) dell’Università di Pavia; Salvatore Critelli , ordinario di geologia all’Unical il quale ha, peraltro, preso parte nel 2005 al gruppo di lavoro che, a bordo della nave Explora dell’Istituto Nazionale di Oceonografia e Geologia Sperimentale, ha scandagliato i fondali del crotonese alla ricerca di faglie e vulcani sottomarini.
Accanto a tali esperti, ci sono poi coloro che del mare ci vivono come pescatori professionisti i quali temono che da tali trivellazioni possano derivare seri danni all’equilibrio della flora e fauna marina con effetti incontrollabili ed irreversibili.
La Calabria, come si nota dal convegno tenutosi, è particolarmente attenta a tale tema caldo tanto che ha intrapreso svariate azioni rivolte alla salvaguardia del nostro mare e territorio, dall’impugnazione del famoso articolo 38 dello sblocca Italia che svuota di valore e significato i ruoli stessi della regione in materia energetica, fino alla recentissima delibera di indizione del refendum “no-triv” (ad oggi dieci sono le regioni firmatarie).
Per questa ragione , si auspica di porre tale tematica al centro del dibattito pubblico per dare una buona volta rilevanza alle ricchezze che il nostro territorio offre invece che limitarsi a depredarlo in maniera vile e senza senso.