Foggia: indagine su una città assassinata

Distruzione totale del timido tessuto industriale a vantaggio del nord, come gli zuccherifici Eridania, chiusi per salvare quelli padani e la cartiera dello Stato, già ridotta al lumicino e destinata alla chiusura, seppure la migliore d’Italia a detta dei responsabili romani. Agricoltura in sofferenza premorte, seppur da sempre la prima in Italia per via della più vasta pianura del Sud, la prima produzione al mondo di grano duro, pomodori, carciofi e quant’altro, per un miliardo di euro l’anno, messa in crisi dalla concorrenza delle importazioni selvagge internazionali, permesse dall’UE, che riduce talmente i prezzi da rendere sconveniente il raccolto. Il tutto a vantaggio delle esportazioni industriali, armi comprese, del nord Italia. Senza dire delle migliaia di gigantesche, mostruose pale eoliche che fanno scempio del paesaggio, degli inceneritori e discariche selvagge.
Una disoccupazione giovanile del 65%, per le donne è l’84%, il Pil pro capite più basso d’Italia, e dunque del Sud che in questa nazione è condannato alla cittadinanza di serie B, 2.000 euro al di sotto di quello greco, grazie a lega nord e governi paraleghisti passati e vigenti. Foggia, ultima in Italia per ricchezza e qualità della vita, è paradigma di un Sud condannato al sottosviluppo funzionale e al conseguente disastro antropologico, come lo definisce lo studioso meridionalista calabrese Francesco Tassone. Un aeroporto abbandonato da sempre, grazie al “Baricentrismo” vendoliano e il colpo finale di una delle principali stazioni ferroviarie d’Italia, il nodo più importante del Sud, posto al centro di ben quattro regioni, destinata alla chiusura, per essere “telecomandata” da Bari, ed essere addirittura bypassata da un “baffo” posto sulla linea futura ad “alta capacità” (non alta velocità, si badi bene poiché qui si cela l’inganno) Bari-Roma, la cui messa in esercizio è prevista per il 2030, poi anticipata al 2027, a nostro avviso mai, in vigenza di questo Stato.
Dire siamo alla frutta è già tanto, siamo alla desertificazione, alla morte per dissanguamento di una città, un tempo la seconda del Regno di Napoli, assassinata nella totale indifferenza, anzi complicità dei politici locali che non hanno mai espresso una sola parola di condanna per l’assassino, lo Stato italiano. Lo stesso Stato che negli investimenti ferroviari stabilisce che i 5 miliardi di euro destinati alle ferrovie vadano per il 98,8% al nord e solo l’1,2% al sud, lo stesso Stato che su 7 miliardi e 9 milioni di euro stanziati dall’Europa per le infrastrutture in Italia, li destina interamente al centronord, tranne l’insultante elemosina di 4 milioni di euro lasciata al Sud. E’ di questi giorni la protesta del sindaco di Barletta contro Trenitalia per l’uso del nome di Pietro Mennea sul frecciarossa 1000, che fa Roma Milano in due ore e venti, un treno che il Sud non vedrà mai.
E’ di ieri l’incontro convocato in città del comitato “un baffo per Foggia” che si batte nel lodevole tentativo di trovare una soluzione alla soppressione del nodo ferroviario, sperando di coinvolgere l’insipiente ceto politico cittadino, ieri del tutto assente al convegno, tranne il “monumento ai caduti” Pino Lonigro, reiterato consigliere regionale, ignaro di questione meridionale, al pari del Psi-Pd in cui milita e degli altri partiti nazionali. Dicevamo lodevole, ma tuttavia destinato in un vicolo cieco il tentativo di salvataggio del comitato che spera nell’aiuto di questi politici di basso conio, subalterni, anzi complici dei partiti nazionali, e non vede nell’unità e nella forza del popolo meridionale, nel suo insieme, l’unica possibilità di riscatto. Esempio ne è Oscar Scalfarotto, foggiano che rivendica orgogliosamente la propria omosessualità, sottosegretario PD, che conduce in città da 11 giorni uno sciopero della fame per le unioni civili dei gay. Nulla contro, ovviamente, fa benissimo a battersi per i diritti degli omosessuali, cittadini al pari degli altri, ma farebbe altrettanto bene a battersi per i diritti dei foggiani che lo hanno eletto e dei meridionali in genere, condannati dallo Stato a vivere da cittadini di serie B, per il quale giammai ha speso una parola.
A quando uno sciopero della fame, quando un incatenamento a Montecitorio di un parlamentare meridionale per protestare contro le mille discriminazioni economiche e culturali dell’Italia paraleghista nei confronti del Sud? Lo sanno lor signori che per un cittadino meridionale lo Stato spende mediamente il 40% in meno che per uno del nord? Non solo in ferrovie, strade, aeroporti, porti, ma anche in assistenza sanitaria, sicurezza, formazione scolastica e quant’altro di pubblica competenza?
Di Raffaele Vescera
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Ottimo articolo! Perchè non ne ricaviamo un manifesto da affiggere a Foggia?