Catalogna: 5 domande a… Marco Esposito

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Abbiamo chiesto a vari esponenti del mondo meridionalista cosa ne pensano della recente elezione in Catalogna. Nei prossimi giorni provvederemo a pubblicare le risposte che ci sono pervenute.

Iniziamo da Marco Esposito, giornalista, esperto di economia, autore di “Chi paga la devolution?”, “Federalismo Avvelenato” e “Separiamoci”. Candidato Presidente alle scorse elezioni regionali in Campania con la lista civica MO!, di cui è fondatore.

1. Cosa ne pensa del percorso indipendentista catalano? È un modello riproducibile per il mezzogiorno d’Italia?

La Catalogna è un modello per i popoli di tutto il mondo: un percorso pacifico, trasparente, inarrestabile. Potranno fermarlo solo i catalani stessi.

2. Quali sono i punti in comune tra il nostro sud e la Catalogna?

Non molti, purtroppo. Da noi c’è una progressiva presa di coscienza della forza e delle potenzialità della nostra terra che può far pensare, in nuce, a un percorso catalano. C’è anche lo sforzo di agire superando le tradizionali differenze tra destra e sinistra, come per “Convergencia i Union”. Ma, se siamo franchi, dobbiamo ammettere che oggi prevalgono le differenze.

3. Quali sono, invece, le differenze?

Il territorio dell’ex Regno delle Due Sicilie ha subìto un’opera sistematica di cancellazione dell’identità che non ha paragoni in Europa. Anche perché Napoli, per dimensione e peso culturale, era una delle dieci città maggiori del mondo e, nel Continente, seconda solo a Parigi e Londra. L’umiliazione subita da un popolo si traduce, ancora oggi, nell’idea che non si possa fare, che non ci sia alcun “podemos” ma che il futuro sia segnato da quel passato. Ecco, credo che questa sia la sola differenza di rilievo.

4. La differente solidità dell’economia di queste due macroregioni non impone riflessioni diverse sull’opportunità di una secessione?

No. Il Sud Italia non è povero, più povero della Bulgaria o della Polonia, e non era più povero di quanto non lo fossero la Spagna o la Catalogna stessa pochi decenni fa. C’è stata una sistematica sottrazione di risorse – si pensi alla mancata spesa dei fondi europei – e oggi ci sono azioni governative che indeboliscono il Sud, a partire dall’attacco al sistema universitario e da quello fiscale. Ecco: un percorso verso l’indipendenza permetterebbe di liberare tutte le risorse che abbiamo. Il Sud dovrebbe proclamare l’indipendenza per autodifesa.

5. L’UE come si comporterebbe di fronte ad una tale possibilità? In particolare accetterebbe il rientro tra i Paesi membri di una nuova nazione, già ex-regione?

E’ comprensibile che i singoli stati non vedano di buon occhio le secessioni e che quindi facciano pressione sulla Ue, come ha fatto la Spagna, per creare incertezza sul futuro di chi è tentato dall’indipendenza. L’Unione europea, in realtà, ha dimostrato nel tempo di essere quanto mai pragmatica cioè di prendere atto delle situazioni di fatto. Se la Catalogna diventerà indipendente dovrà ricontrattare l’ingresso nella Ue, certo, ma ciò avverrà nel periodo di transizione che ogni separazione pacifica comporta. Non è immaginabile un’Europa che faccia a meno di Barcellona, di Edimburgo così come di Atene e, ovviamente, di Napoli. 

Piuttosto, ma qui il discorso si fa lungo, si dovrebbe cogliere l’occasione delle secessioni macroregionali per ripensare l’Europa, cosa della quale si avverte la necessità. Diciamo che è una ragione in più per guardare con simpatia a quel che accade in Catalogna. E per costruire un sentiero di libertà anche da noi.

Un commento

  • Giuseppe Bismuto

    Le grandi opere si costruiscono poco per volta. Ho sempre desiderato che nascesse un partito che potesse difendere gli interessi del Sud, a fronte dello strapotere delle regioni del nord, favorite dalla Storia, dai Governi sostenuti dai poteri finanziari ed industriali, dalla umiliante e servile opera dei politici meridionali dei partiti di destra e di sinistra. Con MO l’obiettivo è fissato, possibile, raggiungibile. AVANTI !

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