Rosarno, come tutto il Sud, abbandonato dallo Stato

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Di Massimo Mastruzzo

Sono cresciuto a pochi chilometri da Rosarno ne conosco vizi e virtù, ed una cosa mi sento di dirla, i Rosarnesi, come la maggior parte dei cittadini del Sud, non sono razzisti.

Ed allora perché a distanza di 6 anni si ripetono avvenimenti che portano alla morte di vite umane ed agli inesorabili teatrini dove la scarsità di nutrienti delle capacità intellettuali non favoriscono un’analisi seria ed inducono altresì alle classiche, se non che banali, prese di posizione pro o contro immigrati?

Perché in quelle numerose baraccopoli, tendopoli, fabbriche abbandonate dove vengono stimate circa 2.500 presenze di bracciati stranieri, termini come: DIGNITÀ, DISPERAZIONE, DEGRADO, SFRUTTAMENTO, GHETTO, FATISCENZA, MISERIA, si impregnano dell’esistenza di questi condannati alla sopravvivenza, che sovente non hanno più nulla da perdere se non la loro stessa vita, rendendoli “brutti” ai loro stessi occhi, ma soprattutto agli occhi di chi li guarda. Tutto ciò che ci appare brutto non ci piace ed istintivamente non lo accettiamo, ed allora cos’è che ha indotto comunque un territorio, che già di suo tanto bello non appariva, alla forzata accettazione di questa manodopera a costo quasi zero?

Bisogna fare un breve passo indietro e senza avventurarsi in dettagliate analisi economiche, tornare al valore dell’agrume calabro negli anni ’70/2000, quando gli unici stranieri che si incontravano erano i marocchini venuti in Italia negli anni ’70, per lo più venditori ambulanti di tappeti e altri prodotti artigianali. In quegli anni il prezzo pagato ai produttori per un Kg di arance si aggirava intorno alle 300/400 lire, una importante fonte di reddito per un territorio dove la perenne assenza dello Stato non ha mai offerto nessun’altra alternativa alla nostrana emigrazione, il compenso dato ad un bracciante per una giornata di lavoro era di circa 50 mila lire, io stesso, come altri ragazzi allora studenti, andavo, durante le vacanze natalizie, a raccogliere le arance per racimolare qualche lira da spendere sotto le feste. L’avvento della globalizzazione, l’apertura delle frontiere l’abbattimento dei dazi per le importazioni, ma soprattutto il proseguo di quell’assenza dello Stato che ha continuato a non offrire alternative, ha portato progressivamente all’abbattimento del prezzo delle arance ed al conseguente margine di un giusto guadagno del produttore che permetta una, seppur modesta, giusta paga.

Qui entrano in gioco i disperati, gli immigrati che tolgono ai disoccupati locali l’ultimo dubbio sull’ unica scelta che questo Stato continua ad offrire: fare a loro volta gli emigranti, visto che i Briganti li ha già sterminati con l’unità di questa malnata nazione; i nuovi braccianti stranieri ridanno ai produttori quel minino margine di guadagno che gli eviti la scelta di abbandonare completamente gli aranceti.

Eppure dalla Comunità Europea accordi per compensare l’arrivo sul mercato comunitario di prodotti agroalimentari stranieri con il conseguente abbattimento dei prezzi di quelli locali si sono fatti, cos’è che non funzionato?

In Italia è abbastanza semplice spiegarlo, sostanzialmente questi accordi prevedono scambi commerciali, quindi si fanno accordi con il Marocco e la Tunisia per l’importazione di agrumi ed olio di oliva ed in cambio si esportano mezzi e macchinari industriali Made in Italy… dov’è l’inghippo? Pensate ai territori dove in Italia si producono le merci usate per questi accordi di scambi commerciali ed avrete le risposte.

Renderci conto del voluto fallimento nel sud della politica nazionale è il primo passo per ridare i nutrienti necessari alle nostre capacità intellettuali ed evitare di prendere posizioni a favore del povero carabiniere che svolge il suo lavoro alle dipendenze di uno Stato inesistente in questi territori martoriati o del povero migrante che non ha certo scelto di condurre un’esistenza che toglie ogni dignità di essere umano, essendo entrambi vittime di una male maggiore. Prendere coscienza del voluto fallimento di questo Stato non è un esercizio così arduo, e senza ancora una volta andare ad infilarsi in analisi su verità storiche oramai alla portata di tutti, si può osservare come questa nazione fin dalla sua nascita abbia favorito, per ovvia genitorialità, uno sviluppo economico non equo, scegliendo (in)coscientemente di far progredire una parte, il nord, del suo territorio a discapito di un’altra, il sud.

Farlo non è stato complicato è bastato che in poco di 150 anni diversificasse in modo oculato gli investimenti pubblici operando in tutto il sud per sottrazione verso quelle infrastrutture indispensabili allo sviluppo di un territorio, ed così che il mezzogiorno oggi ha: meno strade ed autostrade, meno ferrovie e aeroporti, meno scuole ed università, meno ospedali …

MO! Lo sai che carabiniere e immigrato sono vittime, al pari di tutto il sud, MO! Fai la tua scelta.

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