RAPPORTO MIGRANTES 2016: FUGA DEI CERVELLI, UNA CRITICITA’ MERIDIONALE

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L’Italia si riconferma paese di emigranti, una terra dalla quale fuggire.

Non sono passati poi così tanti anni da quando i nostri antenati salpavano in nuovi mari, verso altre terre. Il lavoro scarseggiava, e ciò che i campi donavano non bastava più a sfamare le bocche di quei figli dall’incerto futuro. Così, padri di famiglia da un presente ormai segnato, imbracciata una speranza,  emigravano; partivano alla volta della Germania, dell’ America, della Svizzera, lontano dagli affetti, purché quegli affetti potessero crescere con i soldi inviati d’oltreoceano.

Sembra essere passata un’eternità, ma in fondo poi così tanto non è, siamo nel 2016, e  parliamo ancora di emigrazione,  la medaglia però cambia volto: a partire non sono più padri di famiglia, ma figli, giovani laureati che in Italia non hanno intravisto le premesse per restare e, ciò che ancor più preoccupa, per tornare. Il rapporto migrantes 2016 illustra una situazione allarmante: in 10 anni la mobilità italiana sembrerebbe essere aumentata del 54,9%; 107mila gli italiani espatriati all’estero nel 2015 e, di questi, un terzo sono giovani disoccupati. Come infatti evidenzia la Fondazione Migrantes “l’Italia vive un’emorragia di talenti: i giovani più preparati se ne vanno e il Paese è incapace ad attrarne di nuovi”, di modo che, se è vero che la mobilità rappresenti una risorsa, questa diventa dannosa se a senso unico, come si intravede nella fattispecie italiana. Un ulteriore aspetto però, porta ad interrogarsi maggiormente sul  Sud d’Italia, in quanto l’esodo nazionale, possiede in realtà una criticità tutta meridionale; il drenaggio per queste regioni è duplice: verso le regioni del nord Italia e verso l’estero, con una conseguente perdita in termini, non solo di talenti, ma anche di risorse economiche. Secondo lo studio realizzato dal Censis per Confcooperative, il depauperamento peserebbe per oltre 5 miliardi di euro dal 2006 al 2016; un campanello di allarme per lo stato italiano,il quale dovrebbe porgere una maggiore attenzione al settore giovanile e alla disoccupazione nel Sud Italia.

D’altra parte, il calo dello sviluppo infrastrutturale, dei servizi, induce giovani neodiplomati a scegliere la propria università in regioni settentrionali, con una conseguente perdita di risorse per il sistema universitario meridionale. Università eccellenti, occupanti posti di prestigio nelle liste di indagini europee,si ritrovano a dover fare i conti anche con i propri neolaureati, che invece di puntare sul territorio d’origine, si indirizzano verso il nord del paese o dell’Europa: dunque una duplice perdita di risorse per le università del Sud, quelli che partono prima e quelli che si allontanano dalla terra d’origine  conseguiti gli studi.

Salotti televisivi e dibattiti politici, stanno dando ormai spazio al tema della riforma costituzionale e, se è vero che la parte riguardante i Principi Fondamentali resti invariata dalla riforma, come costituzionalmente previsto, è pur vero che  il reale problema della Costituzione italiana  rimanga l’inattuazione, nonché le differenze di diritti sociali garantiti tra i cittadini presenti sul territorio, tra Nord e Sud del paese. “E’ compito della Repubblica promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro, così come rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale […] che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Carmen Altilia – Portavoce di MO Unione Mediterranea

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