Quel pensiero del Sud inviso agli intellettuali italiani.

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Il professor Paolo Macry, sull’edizione odierna del Corriere del Mezzogiorno, rileva la nascita a Sud di una nuova “questione meridionale” basata sul “NO PROGRESS”, e cioè sull’opposizione tout court a qualsiasi ipotesi di modernizzazione: “in Puglia trivelle ed acciaierie, in Basilicata i pozzi petroliferi, in Campania i termovalorizzatori e la ristrutturazione delle aree dismesse”. A tutto si dice no, scrive Macry, e a mettersi di traverso sono “leader politici, amministratori pubblici, movimenti”. La personificazione politica di questo Meridionalismo No Progress , secondo Macry, è Luigi de Magistris, che sta conducendo la sua campagna elettorale sull’immagine dell’uomo solo contro i poteri forti.

La visione di Macry appare quantomeno limitativa, per svariati motivi. Non è il caso qui di questionare, alla Pasolini, sul significato filologico, etico e politico della parola “progresso”, se essa risulta svincolata dallo “sviluppo”: riteniamo che il professor Macry abbia studiato a fondo gli Scritti Corsari dell’intellettuale friulano e sia giunto alle sue conclusioni credendo che oggi, a rappresentare il progresso nel Sud, possano essere le trivelle e le acciaierie della Puglia, i pozzi petroliferi della Val d’Agri, i termovalorizzatori di Acerra o Napoli Est e gli interventi espropriatori e calati dall’alto su Bagnoli.

Noi non siamo d’accordo: noi non riteniamo affatto che a Sud stia nascendo un meridionalismo che si vuole opporre al progresso.

Noi riteniamo al contrario che il Sud stia acquisendo una consapevolezza forte su ciò che gli è stato per decenni spacciato per sviluppo e che invece ha significato anche e soprattutto devastazione ambientale, continuo ricatto tra lavoro e salute (come nel caso Ilva di Taranto), cattedrali nel deserto slegate dalle naturali vocazioni dei territori, arricchimento di pochi (i “prenditori” spesso denunciati da de Magistris) e sostanziale impoverimento dei tessuti urbani.

E’ questa consapevolezza che sta iniziando a fare paura ai soliti noti, ai gruppi editoriali di potere, ai politici teorici del ghe pense mi , dimentichi della pratica democratica del confronto. Questa presa di coscienza del Sud non è affatto un ostacolo al progresso, è al contrario una richiesta pressante di una nuova idea di progresso, di sviluppo sostenibile, di nuove pratiche sociali.

Editorialisti, professori universitari, intellettuali dovrebbero salutare con entusiasmo il risveglio democratico del Sud, e imparare a vedere al di là delle contingenze di turno: finalmente il Sud sta riscoprendo la sua vera vocazione, essere soggetto di pensiero e non semplice oggetto di potere.

Il Sud oggi vuole pensare e pensarsi da sé, senza interventi esterni. E’ una questione di orgoglio, senso d’appartenenza, identità, chiamatela come volete: il Sud inizia a chiedere finalmente autodeterminazione, autonomia, ricerca continua e costante delle risposte che più possono favorire l’uscita dalla drammatica crisi di questi anni, attraverso le proprie risorse, le proprie idee, le proprie intelligenze.

Allo stato italiano non chiede altro che un semplice principio: equità. Mettere i territori meridionali nelle stesse condizioni infrastrutturali, scolastiche, sociali degli altri, attraverso politiche di redistribuzione di dignità, essenzialmente.

Un caso esemplificativo è Bagnoli. Al governo Renzi è stata chiesta la bonifica, secondo un principio riconosciuto dal consiglio di Stato, e cioè che chi inquina paga. Poi, il modello di sviluppo di quell’area non può essere politicamente espropriato dalle prerogative della città. È un colpo di mano che lede i diritti democratici di una comunità. Bagnoli è un simbolo, non può essere oggetto di scambio.

E’ per questo che la parola d’ordine della campagna elettorale di Napoli, città emblema del mezzogiorno, è AUTONOMIA.

L’immagine di Napoli è stata finalmente riscattata in questi anni, e questo lo sentono i cittadini comuni più che i professori universitari che pontificano dalle pagine di giornali asserviti a taluni poteri: ora è il momento di continuare a lavorare, sapendo benissimo che enormi problemi restano da affrontare, che ci sarà bisogno di tempo e determinazione costante.

La strada, però, è tracciata: Napoli e il Sud hanno intrapreso il cammino che li porterà ad essere territori liberi, nuovamente protagonisti di quel Mediterraneo che riscoprirà di essere il faro, il porto e l’àncora della civiltà occidentale e mondiale.

Di Salvatore Legnante

2 commenti

  • È innegabile , noi abbiamo provato a partecipare e sentirci italiani, l’abbiamo fatto per 150 e passa anni di delusioni e cocente sottomissione politica, economica, culturale .
    Non è più aria , dobbiamo pensare ai nostri figli e ai nostri nipoti .

  • Condivido, un Sud che pensa e soprattutto agisce fa paura. La storia va riscritta ma innanzitutto il futuro va pianificato con la consapevolezza degli errori passati.

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