Perché la riforma Renzi-Boschi costituzionalizza il colonialismo interno

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di Flavia Sorrentino

Con la modifica della Carta Costituzionale numerose “materie concorrenti” tornano ad essere di competenza esclusiva dello Stato. Tra queste: ambiente, tecnologia, istruzione, gestione di porti e aeroporti, trasporti e navigazione, produzione e distribuzione dell’energia, politiche per l’occupazione, sicurezza sul lavoro, ordinamento delle professioni. Ciononostante, le Regioni più ricche, in equilibrio di bilancio tra entrate e spese, su tali materie avranno maggiore autonomia legislativa secondo il cosiddetto “regionalismo differenziato” con cui si attribuiscono formalmente per qualità e quantità poteri diversi alle regioni ordinarie (art.116). Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, potranno scegliere come proteggere il proprio patrimonio paesaggistico; se consentire trivellazioni; prenderanno decisioni proprie su come organizzare l’istruzione scolastica, il turismo, i rapporti commerciali con l’estero e così via. La Calabria invece, maglia nera di povertà tra le regioni italiane, su materie come energia, attività turistiche, tutela dell’ambiente, dipenderà in tutto e per tutto dalle scelte dello Stato Centrale.

Si consuma in tal modo il disegno monopolista dei commissariamenti e delle ricette nord-centriste applicate ai territori meridionali. Ciò che si cela dietro millantate applicazioni di meritocrazia amministrativa, coincide con l’interpretazione punitiva e non perequativa delle autonomie locali previste e disciplinate della Costituzione. La supremazia decisionista del potere politico di Roma è uno dei veri e più insidiosi pericoli di questa riforma. Non stupisce, ma deve far riflettere, il totale disinteresse degli organi di informazione sulla modifica del titolo V. Imbarazzante, il totale disinteresse dei politici meridionali di maggioranza e di opposizione, eterodiretti dai propri partiti di riferimento.

Le disquisizioni sul Senato delle Regioni, sul numero dei parlamentari o sul Cnel sono tutte interessanti, peccato che qui si stia decidendo altrove il futuro della parte più debole e sacrificata del paese. Sappiamo quanto ci sia da preoccuparsi quando l’Italia sceglie al posto nostro, ma soprattutto quanto sia importante difendere le autonomie locali in riferimento ad argomenti che non possono essere affrontati senza tener conto della volontà delle popolazioni e dei territori. Il 4 Dicembre andiamo a votare il potere di forza della nostra autodeterminazione. Sottovalutare questa occasione rappresenterebbe un peccato imperdonabile per chi vuole fare dell’autonomia la costruzione di un modello coraggioso di autogoverno, che metta al centro dei processi decisionali il volere del popolo sovrano, non solo con il fascino delle parole ma attraverso l’audacia e la forza concreta dei fatti.

Un commento

  • “La supremazia decisionista del potere politico di Roma è uno dei veri e più insidiosi pericoli di questa riforma. ”
    Per quello che ci riguarda è il naturale proseguimento della colonizzazione del Meridione. L’unica risposta è quella di lavorare (ma sarà dura) per raggiungere quell’autonomia (limitiamoci a definirla così) che ci è stata scippata 155 anni fa. Come qualcuno ha spiegato, il Sud ha tutte le potenzialità per cavarsela da solo e affrancarsi (finalmente!) dal giogo a cui è quotidianamente sottoposto dal potere centrale filo-ovviamente-nordcentrico.
    Tuttavia, non si può nascondere che c’è ancora non tanto disinformazione, quanto carenza di informazione vera e propria. Penso che su quest’ultimo punto bisogna impegnarsi molto.
    Amedeo

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