Author Archives: Sebastiano Intelisano

Buon anno scolastico a (quasi) tutti!

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Dispersione scolastica e carenza di tempo pieno al Sud: la denuncia di “Save the Children” cade nel vuoto politico.

La scuola meridionale comincia il nuovo anno scolastico con molte ferite aperte. A mettere il dito nella piaga questa volta è l’associazione “Save the Chidren”, che ha pubblicato il rapporto “(Non) tutti a scuola”, il risultato di un’indagine sul servizio di ristorazione scolastica per la scuola primaria in Italia.
Si tratta di un’analisi molto particolareggiata. Infatti, sono stati presi in esame 45 comuni capoluoghi di provincia con più di centomila abitanti, sui quali si sviluppa un’analisi composta di diverse variabili: alunni ammessi alla mensa; costi a carico delle famiglie; tariffe; criteri di esenzione e agevolazione; restrizioni ed eventuali esclusioni a causa di morosità.

Per evidenziare l’esistenza di “due Italie” anche a proposito delle mense scolastiche basta prendere in esame la prima voce: gli accessi. In ben otto regioni più di un alunno su due non accede alla mensa, che spesso al Sud non è proprio prevista. Accedono al servizio mensa il 19,96% degli alunni siciliani; il 26,90% di quelli pugliesi; il 30,66% dei molisani; il 35,42% dei campani e il 36,89% degli alunni calabresi.
“Save the Children” sottolinea “la forte associazione tra le regioni in cui la mensa è poco presente e le regioni in cui è fortemente diffusa la dispersione scolastica: la mensa, quando associata al tempo pieno, al contrario, diviene un forte strumento di contrasto alla dispersione e alla povertà, così come riconosciuto nel IV Piano Nazionale Infanzia”.
Questa indagine – e la sua conclusione – confortano le iniziative “dal basso” che al riguardo si stanno mettendo faticosamente in piedi. Scrivo faticosamente, perché i comitati impegnati nella rivendicazione del tempo pieno e prolungato al Sud stanno trovando ostacoli nelle stesse istituzioni locali. Denuncia Rocco Civitelli della Rete Sanità: “Il 25 luglio abbiamo incontrato il Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale, presente Marco Rossi Doria, in qualità di delegato del Ministro. Tutte le nostre proposte sono state respinte, anche quella sull’attuazione del tempo prolungato nella scuola media del Rione: 40 ore di lezione invece di 30”.

La Regione Campania, con l’assessora Lucia Fortini, si disinteressa del tempo pieno e prolungato ma riesuma – con un nuovo nome – vecchi progetti già rivelatisi fallimentari: una volta era “Scuole Aperte”, ora è “Scuola Viva”, che utilizza finanziamenti del Fondo Sociale Europeo: interventi limitati e dispersivi che non hanno inciso nemmeno superficialmente sulla dispersione scolastica.
Ciliegina sulla torta: le scuole aperte d’estate. La Campania era la prima regione per scuole ammesse ai finanziamenti (fondi PON), ma per i pasticci e la lentezza del Ministero tutto è stato rinviato all’anno prossimo.

In questa solitudine comincia il nuovo anno della scuola meridionale.

Auguri.

Lettera ai Napoletani

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Cari Napoletani,
no non mi rivolgo a voi che, magari con ammirevole fatica, siete riusciti a liberarvi dalle catene mentali -ideologiche e psicologiche- e adesso ai vostri occhi tutto appare diverso, mi rivolgo a quell’altra fetta della città: quella che, come le tre scimmiette, non vuole vedere, non vuole sentire e non vuole parlare diversamente.
Oggi è la vostra festa: 7 settembre. L’anniversario del giorno in cui il vostro amico Peppe Garibaldi, con le spalle protette dalla camorra, entrò in città e andò ad affacciarsi da quel balcone, ancora esistente, di Palazzo Doria d’Angri. Al largo dello Spirito Santo che, poi, fu ribattezzato piazza VII Settembre.
Auguri! Buon anniversario!
Avevate ragione a tenere duro e a credere ancora, dopo ben 157 anni, che non fu invaso uno stato indipendente di cui Napoli era la capitale, ma si trattò di una liberazione. I buoni vennero a cacciare via i cattivi, vennero ad aiutarci. Perciò sono fratelli e sorelle d’Italia.
E ancora oggi sanno dimostrare che ci amano e ci rispettano. Infatti, non sono razzisti con noi, non ci insultano, non ci discriminano nell’erogazione dei fondi pubblici, non permettono che abbiamo ferrovie diverse dalle loro, né ospedali meno attrezzati, né zero asili nido. Valorizzano i nostri beni culturali, non vengono ad inquinare e a trivellare la nostra terra e i nostri mari, non invocano disgrazie naturali (che so… un’eruzione del Vesuvio, tanto per dirne una). Del resto, quando ci capita qualche brutta avventura, magari un terremoto, un terremoticchio va’, la prima cosa che fanno è raccogliere fondi, esprimere solidarietà, invitare a non affossare la già compromessa (da loro) economia, e non si permettono certo di pensare subito che la colpa possa essere nostra.
Già perché, invece, la colpa è sempre la nostra. Questo, voi dell’altra fetta della città, lo sapete bene, lo sapete così bene che il senso di colpa, iniettato nelle vostre vene come un vaccino contro la libertà, vi tiene ben lontani dal virus di un pensiero mediterraneo e indipendente. La dipendenza da Peppe è un dogma intoccabile.
Vi ho scritto questo biglietto, per ricordarvi di organizzare la vostra festa. Sono sicuro che oggi, 7 settembre, ci metterete la faccia e vi recherete sotto a quel balcone ad applaudire e lanciare baci verso colui che non c’è più ma che, in compagnia di tutta la sua banda -Vittorio, Camillo, Enrico, Nino, l’altro Giuseppe, eccetera- è ancor vivo nelle vostre coscienze vaccinate.
Auguri, allora, buona festa! Se mi troverò a passare per largo dello Spirito Santo, oh scusate, per piazza VII Settembre volevo dire, sono sicuro di trovarvi a ringraziare per le condizioni di vita che ci ha regalato l’avventuriero barbuto. Sì, lui, che con quella faccia da straniero ha navigato il mondo intero distribuendo libertà.
Voi non siete mica come quegli ambigui meridionalisti sui quali non si sa cosa pensare: gente che pareva seria e che invece si è messa in testa di essere nata in una colonia. Quelli, addirittura, vanno dicendo che la pace è frutto della giustizia e che nascondere le discriminazioni che passano sotto al naso equivale ad esserne complici. Che gente!
Un caro saluto
Antonio Lombardi

SE UNA MEMORIA E’ PIU’ INUTILE DI UN’ALTRA

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Di Annamaria Pisapia

“Sud, no alla memoria inutile”. Così titola “Il Mattino”, il dibattito tra Massimo Adinolfi e Gianfranco Viesti riguardo alla proposta approvata dalla Regione Puglia di istituire una giornata della memoria, per commemorare le vittime del Regno delle Due Sicilie. Un articolone scritto a due mani in cui l’uno rafforza le tesi dell’altro, che definire dibattito, senza un contraddittorio, suona mostruosamente beffardo. Laddove la memoria della perdita di quanti furono sacrificati per l’unità acquista lo stesso valore di un insetto, inutile e fastidioso. Sorprende che Adinolfi affermi: “ Come se la storia non fosse altro che una macelleria di uomini e popoli. E come se l’unica posizione moralmente legittima fosse quella che si pone sempre solo dalla parte degli sconfitti…” Non so se se n’è accorto ma ha appena disconosciuto l’Olocausto. Tranquillo, non verrà tacciato di negazionismo, reato punito con la detenzione, perché sono sicura che il riferimento era riservato solo a quelli del Sud, facilmente intuibile dall’ affermazione successiva: “ Insomma, è come se fare l’unità d’Italia-uno dei più grandi risultati dell’età moderna- non rendesse oggi meno accettabili i fucili piemontesi puntati contro l’esercito borbonico…” Io non so in base a quale perverso meccanismo mentale si possa arrivare a simili affermazioni. La legittimazione di un’aggressione di un territorio, di uno Stato libero e indipendente, di una Nazione, di un popolo, la depredazione, l’abominio subito, la devastazione, gli stupri, l’annientamento, la perdita di una capitale,( Napoli, retrocessa a capoluogo di provincia, in favore di una insignificante città come Torino, da cui distava 900 km, per non parlare dei 1600 km di distanza che la nuova capitale aveva con la Sicilia) con l’aggravio del decimo di guerra , esteso a tutto il Regno, per le spese sostenute per la “liberazione”,ed infine la colonizzazione, tuttora in atto. Eppure la sorpresa più sconcertante arriva proprio da Viesti: “ L’ampia evidenza storica non giustifica particolari nostalgie. Non era l’inferno, comparato al paradiso sabaudo, ma la ricerca converge ad esempio nel valutare come infimo, molto più basso che negli altri stati preunitari, fosse il livello di alfabetizzazione. Un divario, quello dell’istruzione elementare, che sarà colmato solo dopo un secolo e che peserà enormemente sul ritardo economico e civile del Sud…” Di quali nostalgie va cianciando se parla di evidenza storica? E di quale analfabetizzazione? Dimentica il 90% di analfabeti della Sardegna, appartenente al Regno dei Savoia, la quale, per un “oscuro” motivo, viene accorpata al Sud nelle statistiche dell’analfabetismo facendo innalzare la percentuale e per contro aumentare il livello di alfabetizzazione del nord. Nientedimeno che occorse un secolo per “colmare” questo divario? Viesti non si indigna? Non pensa che, invece, occorse un secolo per deprivare e impoverire sempre più il Sud a vantaggio del nord,( come dimostrato anche da Francesco Saverio Nitti in “Napoli e la Questione Meridionale”, o dall’ unitarista Maddaloni nella sua mozione d’inchiesta del 20 novembre 1861) ed instillare quella forma mentis di un Sud povero, arretrato, ignorante, sporco, analfabeta e… vennero a liberarci? Ma se Viesti ha cercato di dare un colpo al cerchio e uno alla botte( capita quando non si hanno le idee chiare e si risente di quel copione che preme sulla coscienza, impedendo un’analisi lucida e priva da condizionamento), Adinolfi chiude con una “chicca”: “Infine vorrei porre una domanda sul significato di una memoria condivisa. Questo tema è stato posto in Italia a proposito del discrimine sul fascismo-antifascismo e a quel riguardo Giorgio Napolitano, da Presidente della Repubblica, ha più volte messo in guardia dalle false equiparazioni e banali generalizzazioni. Non è lo stesso avviso che bisogna tenere nei confronti delle vittime meridionali dell’unificazione per evitare di dare la 1861 il significato di una morte della Patria meridionale?”. In che modo definirebbe la cancellazione di uno Stato- Nazione libero indipendente, come già esposto, annesso con la forza e tenuto in stato di colonia, se non come la morte di una Patria, (tale era prima dell’arrivo dei piemontesi)? E perché mai le migliaia o centinaia di migliaia, (forse che fa differenza?)di vittime che si batterono, per legittima difesa, contro chi , a suon di fucilate, era venuto a liberarli, non avrebbero pari diritti alla rimemorazione come gli ebrei, gli armeni, gli istriani, i cileni, i giapponesi, i cambogiani, i nativi americani… Cosa li distingue dalle vittime dell’ex Regno delle Due Sicilie (diamogli il nome giusto, perché essi facevano parte di uno Stato che andava sotto tale denominazione e non c’entra un fico secco la nostalgia)? Il numero delle perdite? Qual è il limite minimo garantito, da cui si può “avanzare” il diritto a richiedere di poter elaborare un lutto ( intrappolato nello spazio e nel tempo, soffocato e sostituito da una macabra euforia, imposta dai liberatori) un riconoscimento al loro sacrificio senza che qualcuno si arrampichi sugli specchi nel tentativo maldestro di protrarre l’occultamento di una verità scomoda , pesante? E non è forse proprio quel Giorgio Napolitano, che menziona Adinolfi, ad aver affermato, in occasione della giornata della memoria della Shoah: “bisogna sempre guardare al passato per non dimenticare, affinchè sia di monito per le generazioni future” . L’unità d’Italia porta i segni di una conquista violenta e cruenta celata, come è d’uso, dagli stessi conquistatori. Prima se ne prenderà coscienza e meglio sarà per tutti.

Come investire per 10 minuti!

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In questo paese si sono finanziati progetti per ponti e linee di super-alta velocità di non provata utilità che saranno il più grande investimento pubblico della storia di questa nazione pur interessando solo parte di essa. La stessa alta velocità a cui la Germania ha saggiamente già rinunciato considerando sufficiente la velocità di 250 chilometri all’ora e valutando troppo costosi i pochi minuti guadagnati in quelle poche tratte dove si sarebbero potuti raggiungere i 300 all’ora: Colonia-Francoforte e Norimberga-Ingolstadt.

Nel nostro paese le due tratte più lunghe che i treni possono percorrere a 300 all’ora sono quelle da Tavazzano (tra Milano e Lodi) a Modena (circa 150 km) e tra Roma e Napoli (poco meno di 200). Su 150 km di percorso la perdita di tempo rallentando da 300 a 250 all’ora è di sei minuti. Tenuto conto che da Bologna a Firenze la differenza è irrisoria e che da Firenze a Roma la linea è comunque limitata a 250 all’ora, la perdita di tempo da Milano a Roma sarebbe compresa tra i 5 e i 10 minuti (fonte ilsole24ore).

Milioni di fondi pubblici per 10 minuti in mezza Italia mentre da Trieste a Palermo in media si perde il 50% di acqua per mancata manutenzione degli impianti. In parole povere, 10 minuti che rischiano di lasciare per 8 ore senza acqua milioni di cittadini (quelli del nord potranno rivolgersi a quelli del sud per le istruzioni sul come fare visto che qui il razionamento dell’acqua è l’appuntamento fisso di ogni estate), 10 minuti che rischiano di mandare in fumo intere aree di macchia mediterranea per mancanza di mezzi e piani di prevenzione/interventi per gli incendi che sistematicamente si ripetono ogni anno.

Sembra che “la giovine Italia” si diverta di più a giocare 10 minuti con ponti e trenini piuttosto che guardare in faccia le reali esigenze della popolazione, tutta dal nord al sud.

Massimo Mastruzzo.

 

Vacanza di ritorno: il tempo scorre ma nulla cambia

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Ed è vacanza, di ritorno.

Ecco arrivato, dopo il Natale, l’altro momento dell’anno dove milioni di “turisti” tornano a casa. Come per ogni viaggio di ritorno si ricorre sempre più all’uso dei Bus come mezzo di trasporto ma “trasporto meridionali” con destinazione sud.

Non solo viaggi di piacere, ma soprattutto rientri in cerca d’amore, un amore pagato a caro prezzo alle compagnie aeree, alle poche rimaste che ancora operano negli aeroporti del sud, a Trenitalia, quella che la freccia rossa c’è ma non per tutti, e alle compagnie di trasporto su gomma, cresciute sempre più negli ultimi anni poiché fungono da alternativa economica.

Uno Stato cosciente della disomogenea condizione economica all’interno dei propri confini dovrebbe assumersi la responsabilità di creare condizioni più vantaggiose che permettano ai milioni di migranti interni un ritorno in famiglia economicamente più agevole piuttosto che compiere l’operazione opposta: sembra quasi che i nostri governanti siano d’accordo con le diverse compagnie per cercare di trarre maggior profitto da quei lavoratori migranti/vacanzieri che da oltre un secolo compiono periodicamente il loro lungo viaggio tra la terra madre ed il luogo, subdolamente imposto, del loro lavoro. La maggiore conseguenza di questo modus operandi è stata l’aver portato alcuni dei suoi territori ad essere a rischio estinzione demografica mentre altri a rischiare di scomparire proprio fisicamente a causa dell’eccessivo consumo di suolo per sfruttamento delle risorse (Basilicata docet).

Senza cadere in una smielata retorica, mi piace immaginare le tante mamme che si adoperano in cucina nella preparazione delle prelibatezze tradizionali in attesa di ospitare i figli per le vacanze, consce che il tempo che passeranno con loro sarà comunque insufficiente a colmare il vuoto d’amore fatto di anni di distanza.

E poi, padri e nonni che raccontano orgogliosi ad amici e parenti di figli che “si sono sistemati” e di nipoti tanto bravi e belli. Quanto è grande l’impazienza di vedere “quanto si sono fatti grandi” e quanto il rimpianto di non poterli vedere crescere o, come ogni nonno vorrebbe in fondo fare, di non poterli accompagnare a scuola o al parco!

Fortunatamente non abbiamo più le valigie di cartone ma, non per fare la solita retorica sul terrone che ritorna a casa, avremmo soltanto voluto poter scegliere se essere cittadini del mondo invece di essere costretti ad esserlo da questo Stato che, consapevolmente dal 1861, ci ha condannato ad avere un segno meno davanti ad ogni diritto ed anche davanti ai sentimenti. Siamo diventati cittadini di serie B.

Non saranno le cipolle che faranno scendere le lacrime a madri e padri davanti a figli e nipoti che a vacanze finite ripartiranno, ma sarà il sintomo della consapevolezza di uno Stato che ci ruba anche l’amore e di cui risulta difficile fidarsi.

Il tradimento dei sentimenti di un popolo porterà alla rivoluzione per il riscatto della propria esistenza.

Massimo Mastruzzo.

THE SUN: Napoli tra le città più pericolose al mondo? Ma famme ‘o piacere…

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ADDIRITTURA?

Il giornale inglese The Sun con una classifica a dir poco infondata ,inserisce Napoli tra le città più pericolose al mondo.

Eppure recenti dati Eurostat pongono in Europa proprio la Gran Bretagna sul podio più alto di questa triste classifica, e tralasciamo i dati sugli omicidi di Chicago negli USA.

l’ambasciata italiana a Londra ha protestato contro l’assurda classifica del Sun, ma il silenzio assenso dei nostri organi governativi fa più male dello stesso giornale inglese che probabilmete ha tra i suoi redattori molti appassionati delle varie serie Tv di Gomorra.

Ho riflettuto, dopo l’infelice uscita del THE SUN, se e in che modo prendere posizione, alla fine  ho deciso di far tesoro delle mie esperienza personale tralasciando dati e tabelle che potrebbero smentire, confermare, ribaltare ogni classifica semplicemente sottolineando un particolare dato piuttosto che un altro.

Sono stato a Londra poche settimane prima del triste attentato sul ponte Westminster, come ogni turista medio ho visitato i luoghi turisticamente più conosciuti e su quel ponte, non in una pericolosa zona di periferia comune ad ogni grande metropoli, ho fatto le classiche foto ricordo da far vedere ad amici e parenti.

Quando la Bbc ha trasmesso le immagini dell’auto dell’attentatore che attraversava il ponte di Westminster, investiva i pedoni, mostrando una donna che si buttava nel Tamigi, ho provato un brivido di paura. Sapendo che mia nipote vive a Londra, ciò mi fece temere per la sua incolumità. Fortunatamente, da provinciale quale sono, non ho ben presente le dimensione di una grande metropoli come Londra e mi tranquillizzai soltanto più tardi pensando che mia nipote vive lontano da quel bellissimo luogo meta di tanti turisti: Westminster con il suo Big Ben.

Pochi giorni dopo l’attentato, le indagini portarono a Birmingham, la seconda città inglese per grandezza dopo Londra, e un altro momento di paura mi assalì: il fratello minore di mia moglie lavora a Birmingham.

Bruxelles, 20 giugno 2017, una piccola esplosione e alcuni colpi d’arma da fuoco intorno alle 2 nella stazione centrale sono stati un attentato confermato dalle forze dell’ordine: meno di 48 ore prima mi trovavo in quella stazione alla ricerca del binario 1 per recarmi all’aeroporto.

Parigi: ho deciso, lasciandomi colpevolmente influenzare dai ripetuti attentati terroristici, che per il momento non farò viaggi nella bellissima capitale francese.

Napoli: attraente come una bella donna che si mostra disponibile ma non si concede, scoprire ad ogni “appuntamento” un angolo della sua bellezza è la sua arma di seduzione. Eventi spiacevoli? Personalemete nessuno, e non vuol dire che non ce ne siano, come in ogni altra grande metropoli qualche incoveniente  può accadere, ma da qui ad inserirla tra le città più pericolose al mondo, addirittura alla pari di luoghi tragici come Raqqa, governata dall’Isis… No, sono certo che i redattori del THE SUN hanno visto Napoli solo in qualche serie TV, immaginando qualche immagine di periferia come rappresentativa di una delle città più belle al mondo.

Cari redattori del THE SUN con una bella donna andateci a cena, accarezzatela, inebriatevi del suo profumo, ubriacatevi del suo sorriso, provate a corteggiarla e a fine serata tornate a letto sperando di sognarla. Se la guardate in TV …?

 

Massimo Mastruzzo

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