Author Archives: Sebastiano Intelisano

Continua l’impegno di Unione Mediterranea al servizio del comitato del “Vespro 2019”!

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Domenica 16 giugno Unione Mediterranea era a Randazzo, al fianco del popolo Siciliano, per dare il proprio contributo anche all’ultimo ed importante appuntamento*, organizzato dalla rete indipendentista siciliana.
Due i momenti salienti, che hanno scandito l’intera giornata. Il primo nella mattinata, un’ora di raccoglimento presso il cimitero di Catania, per rendere omaggio alle spoglie mortali dei caduti. A seguire, nel pomeriggio, c’è stato un partecipato corteo commemorativo, per le vie della città di Randazzo, proprio lì infatti, avvenne l'”Eccidio di Murazzorotto”, dove con un agguato, trovarono la morte il comandante Antonio Canepa e due giovani guerriglieri dell’EVIS, Giuseppe Lo Giudice e Carmelo Rosano.

Antonio Canepa, professore ordinario dell’Università di Catania durante l’epoca fascista, fu un gigante dell’antifascismo! Preparò, ma in quell’occasione fallì, perfino un attentato a Mussolini, agevolò lo sbarco Alleato in Sicilia (assaltando treni di rifornimento munizioni e attaccando i depositi di carburante e di munizioni dei tedeschi, funzionali all’aviazione), costretto alla macchia dalla repressione, risalì la penisola rifugiandosi a Firenze dove fondò una nutrita e combattiva cellula di resistenza partigiana.
Ma perchè pur essendo stato talmente incisivo ed in contatto con le più grandi personalità antifasciste dell’epoca, nella vulgata comune non si parla mai della sua figura?
Il suo destino probabilmente fu deciso durante la Conferenza di Jalta pochi mesi prima della sua morte (avvenuta il 17 giugno 1945), ed affidato al CLN e al suo governo di “unità nazionale”, che oltre a metterlo fisicamente fuori gioco, si preoccupò di mascariare (cioè di infangare, tradotto dalla lingua siciliana!) la sua memoria e di condannarlo ad una ignobile “damnatio memorie” da parte partigiana.
La colpa del professore Canepa era una sola, quella di aver lottato, fondando l’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza Siciliana), contro i mali che affliggevano la Sicilia, ieri come oggi, di aver tentato armi in pugno la liberazione dei siciliani dal colonialismo italiano. Con la sua morte e l’immeritata condizione di “Partigiano Dimenticato”, vincitori e vinti speravano di soffocare per sempre l’aspirazione all’indipendenza dell’Isola.
Per la coscienza di molti siciliani fortunatamente non è andata così, ed oggi anche tramite l’impegno del sopracitato comitato “Vespro 2019” (che richiama in causa, già nel nome, la famosissima rivolta dei siciliani del 1282** e cui aderiscono, oggi, ben 28 realtà differenti radicate nell’Isola), la pagina più alta e più recente della storia separatista non è andata perduta.

   
Unione Mediterranea essendo un movimento che si batte per l’emancipazione dei popoli del Mediterraneo, non si è sottratta al dovere morale di sostenere, e di accompagnare anche in questo caso, il popolo Siciliano nella dura lotta contro tutte le forme di imperialismo che l’opprimono.
Nella consapevolezza che saper distinguere la Storia dalla Propaganda (del potere o dei vincitori) è un passo importante verso la riappropriazione della propria identità, ed è la prima tappa fondamentale per il pieno conseguimento della dignità e per la difesa della stessa!
UNITI O NIENTE!

 

 

* seguito a “CU’ CCI VENI A PALERMU?“, tenutosi a Palermo il 30 marzo per festeggiare, nell’antica capitale siciliana, la ricorrenza dell’insurrezione dei Vespri, momento nel quale tradizionalmente si fonda l’identità e lo spirito del fiero popolo di Sicilia.

** con la sconfitta della dinastia Normanno-Sveva si ha la fine del primo Regno di Sicilia (1130-1266), a cui fa seguito l’istaurazione della dominazione Angioina della parte continentale e di quella insulare del Regno. Ben presto però le vessazioni perpetrate nell’Isola dall’occupante francese, fomentarono la rivolta generale. Dopo alterne vicende locali ed internazionali, prese forza la prospettiva “legittimista” che proponeva nella forte figura di Pietro III d’Aragona, già consorte di Costanza II di Sicilia (discentente diretto del celeberrimo Federico II di Svevia) l’alternativa più valida in campo. Ovviamente questo stato di cose rese instabili i rapporti fra le due parti del vecchio Regno, che presero a guerreggiare per novant’anni pieni, fino alla piena risoluzione del conflitto avutasi nel 1372 con il Trattato d’Avignone.

EUROPEE 2019: la parola a CROCIFISSO ALOISI il candidato “VERDE” di UNIONE MEDITERRANEA

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EUROPEE 2019: BASTA CON LA DEVASTAZIONE DEL SUD!

Il Sud Italia è la più estesa area europea che presenta maggiori devastazioni sociali ed economiche: nel Sud Italia è in corso un processo di desertificazione economica ed umana che sembra non interessare a nessuno, ma che invece investe tutti i meridionali senza distinzione sociale. E, laddove ci sono maggiori criticità economiche, è più facile imporre ed accettare l’ignobile RICATTO LAVORO/SALUTE a scapito della tutela ambientale e paesaggistica.
Visto che l’Italia ha più volte dimostrato concreto disinteresse verso il Sud, anzi, per moltissimi aspetti, è stata causa della maggior parte dei mali che affliggono il meridione, occorre spostare direttamente nel Parlamento Europeo il problema Sud Italia e Sud Europa.

Siamo cittadini europei ? Bene, allora anche l’Europa dovrà preoccuparsi affinché i meridionali abbiano, nei fatti, gli stessi diritti fondamentali che sono riconosciuti agli altri cittadini: il diritto alla SALUTE, al LAVORO, allo STUDIO, ai TRASPORTI, all’ASSISTENZA SOCIALE non possono essere garantiti in base alla residenza geografica dei cittadini. Diritti riconosciuti dalla nostra Costituzione che, a quanto pare, per oltre 20.000.000 di meridionali sono diritti di carta, perché milioni di persone devono spostarsi altrove per vederseli riconosciuti.
Non è accettabile che, per volontà politiche nazionali, il Sud Italia sia destinatario di politiche economiche devastanti, impattanti, che non portano un progresso diffuso e strutturale, o che comportano costi sociali ed ambientali così elevati da compromettere anche il presunto beneficio economico.
Non è accettabile che il Sud sia svenduto sull’altare di interessi commerciali internazionali ed usato come merce di scambio per favorire altri interessi ed altri territori.
Le INFRASTRUTTURE, da realizzare per favorire uno sviluppo economico rispettoso ed in armonia con l’ambiente circostante, non sono le opere che stanno portando avanti le multinazionali cui sono state consegnate diverse aree del meridione, dal Salento alla Basilicata.
Le infrastrutture, anche quelle sociali, non devono realizzarle queste multinazionali come compensazione per i sacrifici imposti ai territori: è inaccettabile questo ricatto.
In Europa occorre portare, con forza, il problema del RISANAMENTO AMBIENTALE di diverse aree del Sud utilizzate per lo smaltimento illecito di rifiuti, ma anche il risanamento di quelle aree che hanno ancora poli industriali altamente impattanti. A tal proposito credo sia necessaria una COMMISSIONE DI INCHIESTA europea ad hoc, visto che più volte la Corte di Giustizia europea ha richiamato l’Italia per non aver tutelato la salute dei propri cittadini.
Si rende necessario RIVEDERE ALCUNI ACCORDI COMMERCIALI che stanno distruggendo l’economia agricola meridionale le cui eccellenze subiscono una oggettiva concorrenza sleale che non viene tutelata concretamente da nessun politico o associazione: occorre FAR SCATTARE LE CLAUSOLE DI SALVAGUARDIA anche per i prodotti agricoli meridionali che subiscono concorrenza sleale.
È urgente istituire una commissione parlamentare d’inchiesta europea sulla riconversione olivicola e sullo stravolgimento paesaggistico ed ambientale in atto in mezza Puglia a causa della FACCENDA XYLELLA.
Ogni anno l’UE destina delle risorse finanziarie per sostenere politiche agricole: secondo il rapporto Cambia la Terra del 2018, su un totale di circa 63 miliardi di euro (42 fondi europei e 21 di co-finanziamento nazionale) oltre il 97% è destinato all’agricoltura convenzionale/industriale che ha processi produttivi inquinanti, ed appena il 3% va all’AGRICOLTURA BIOLOGICA, malgrado che il 15% della superficie agricola utilizzata sia destinata al biologico ! Occorre dunque riequilibrare queste percentuali ed indirizzare alle produzioni bio almeno il 15% delle risorse pubbliche destinate all’agricoltura.
Solo uno SVILUPPO ARMONIZZATO E RISPETTOSO DELL’AMBIENTE CIRCOSTANTE può portare enormi benefici per tutti e, grazie anche ad un territorio di inestimabile valore, competere con le sfide nazionali e globali.

OLTRE LE CHIACCHIERE  LEGHISTE…
I prodotti agricoli meridionali da molti anni subiscono una micidiale concorrenza sleale. Le nostre eccellenze sono trattate come merce di scambio sull’altare degli accordi commerciali che hanno sempre favorito l’economia del Nord Italia. Caroppo e soprattutto l’Assessore all’agricoltura Di Gioia, dove erano mentre si adottavano i provvedimenti che hanno distrutto la nostra economia agricola ? Occorre, nell’immediato, imporre alla Lega l’applicazione delle clausole di salvaguardia per i prodotti agricoli meridionali.

CHI VUOLE VERAMENTE BENE AL SUD STIA ATTENTO AGLI IMBONITORI, CHE BEFFARDAMENTE USANO I NOSTRI MESSAGGI!
Ultimamente molti politici nazionali e loro referenti burattini locali sembra si siano accorti dello stato di agonia del Sud e usano gli stessi termini e gli stessi messaggi utilizzati da chi da anni denuncia lo status di colonia interna imposto al nostro meridione. Non lasciatevi ingannare: chi vuole veramente bene al Sud e vuole difenderlo,
deve bloccare il regionalismo differenziato;
deve approvare i LEP;
deve indignarsi perché “ogni giorno nella sola Lombardia circolano più treni regionali di tutte le regioni meridionali messe insieme”(dal rapporto Pendolaria di Legambiente);
deve bloccare le inutili opere impattanti per il territorio e smetterla di far credere che sono infrastrutture per il Sud;
deve indignarsi per lo stato pietoso delle infrastrutture e trovare fondi veri perché lo Stato faccia finalmente il suo dovere al Sud;
deve bloccare immediatamente il meccanismo perverso che elargisce ogni anno sempre di più fondi pubblici alle università del Nord aumentando il divario con gli atenei del Sud;
deve imporre all’UE l’applicazione delle clausole di salvaguardia per i prodotti agricoli meridionali che subiscono concorrenza sleale e che sono sacrificati sull’altare di interessi commerciali portati avanti dall’Italia per tutelare altri interessi territoriali;
deve impedire che si imponga il vergognoso ricatto lavoro/salute..
Devo continuare ??

Crocifisso Aloisi

EUROPEE 2019: CROCIFISSO ALOISI E’ IL CANDIDATO DI UNIONE MEDITERRANEA CON LA LISTA “EUROPA VERDE”

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PRESENTAZIONI

Ho accettato volentieri la candidatura alle prossime elezioni europee con i Verdi, perché la battaglia sui temi ambientali deve essere fatta ovunque, sui social, nella vita reale, in consiglio comunale o nel Parlamento europeo.

Le devastazioni ambientali vecchie e nuove riguardano l’intero Paese ma il nostro Territorio, il Sud Italia, presenta maggiori rischi di devastazione e saccheggio ambientale perché dove ci sono più difficoltà economiche maggiore è il rischio di sfruttamento e di imposizione del ricatto lavoro/salute. Purtroppo i due principali temi, di cui mi sto occupando quasi esclusivamente ormai da oltre 8 anni, si intrecciano: il Sud e l’ambiente. Occorre far capire, a chi prende decisioni che impattano sul Territorio, che i cittadini non sono più disposti a tollerare politiche imposte con la forza e con l’inganno, ed ogni decisione deve essere presa ascoltando il Territorio.

Siamo ormai allo stadio finale dello sfruttamento del Sud Italia, sempre più sacrificato sull’altare degli accordi commerciali ed usato come merce di scambio per privilegiare altri interessi e altre zone: il Sud sta perdendo sempre di più le proprie eccellenze umane e naturali.

Occorre invertire la tendenza dando un forte segnale politico dal Territorio. Un segnale che deve essere indirizzato a tutti i soggetti istituzionali e politici, senza alcuna distinzione: il Sud Italia, che per estensione geografica e popolazione rappresenta l’area più estesa d’Europa con maggiori segnali di depressione sociale ed economica, non è più disposto a subire politiche economiche non rispettose del Territorio. È una questione di dignità e di rispetto per le future generazioni: solo uno sviluppo armonizzato e rispettoso dell’ambiente circostante, delle risorse e delle bellezze naturali, garantisce un duraturo e diffuso benessere economico e sociale.

+ SUD + AMBIENTE = PIÙ RISPETTO PER IL TERRITORIO!

Ecco in allegato il video della presentazione plenaria della lista tenutasi a Taranto il 27 aprile:

“Continuerò ad occuparmi del Sud, che sta perdendo sempre di più le proprie eccellenze umane e naturali. I cittadini non sono più disposti a tollerare politiche imposte con la forza e con l’inganno…dobbiamo continuare a dar fiducia ai partiti politici che hanno distrutto il meridione o sperare che qualcosa cambi? I nostri problemi non sono solo Ilva ma anche Tap, Cerano, discariche illegali, Xylella. Come padre di famiglia e cittadino che ha deciso di tornare a vivere al Sud, sono obbligato a intervenire prima che sia troppo tardi. Il meridione si sta svuotando, corriamo il rischio che non ci sia futuro per noi”. Crocifisso Aloisi

 

+ SUD + AMBIENTE = PIÙ RISPETTO PER IL TERRITORIO!

Ricordiamo che possono votare nella circoscrizione Meridionale, tutti i cittadini italiani iscritti nelle liste elettorali del proprio Comune che avranno compiuto il 18° anno di età entro il 26 maggio 2019, e che risiedono in un qualsiasi territorio delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria.

Sono elettori anche i cittadini degli altri Paesi membri dell’Unione europea che, a seguito di formale richiesta, abbiano ottenuto l’iscrizione nell’apposita lista elettorale del comune italiano di residenza. Le urne saranno aperte esclusivamente nella giornata di domenica 26 maggio 2019, dalle ore 7 alle ore 23.

Ultima chiamata dalla “periferia” del Sud, la comunità lucana scrive a papa Francesco. MO Unione Mediterranea fra i promotori e i firmatari

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Cari Papa Francesco e Cardinale Peter Turkson,
siamo un gruppo di movimenti popolari, associazioni e cittadini provenienti da tutta la Basilicata, che da tanto tempo operano per difendere l’ambiente e la democrazia e vogliamo consegnarvi questa lettera, insieme ad un “Dossier Basilicata 2018: ambiente – salute”, per raccontarvi ciò che accade nella nostra bellissima e martoriata regione e chiedere il vostro sostegno.
La nostra terra ha ricevuto in dono dal Padre Buono non solo aria salubre, uno splendido paesaggio con pianure, colline e monti, un clima mite e tanti terreni fertili in cui si coltivavano prodotti di ottima qualità selezionati dal lavoro dei nostri avi, ma anche tanta buona acqua che ancora oggi disseta non solamente le genti di Basilicata, ma anche la
vicina Puglia ed una parte della Campania e della Calabria. Sebbene la nostra sia una piccola regione poco popolata, ben 5 milioni di persone circa usufruiscono di quest’acqua per bere, per lavarsi, per la pulizia delle loro case, per irrigare i campi e per alimentare il lavoro delle tante piccole realtà produttive che da sempre hanno caratterizzato la nostra e le regioni limitrofe.
Purtroppo, però, nelle viscere della nostra terra si nasconde anche tantissimo petrolio che da circa mezzo secolo alimenta l’ingordigia di rapaci multinazionali; esse si sono installate in Basilicata devastandola, inquinando senza remore le terre che un tempo producevano buoni alimenti e buon vino e contaminando tanta parte della nostra acqua.
Ad oggi in Basilicata si estrae più dell’80% del petrolio italiano, ci sono ben 487 pozzi petroliferi, 19 concessioni di coltivazione, 6 permessi di ricerca già accordati, una concessione di stoccaggio, 130 Km. di oleodotto e ben tre centri oli (impianti di prima desolforizzazione del greggio). Il primo realizzato in Basilicata ed ancora funzionante ha sede a Pisticci, in Val Basento, ed accompagna la stagione dello “sviluppo” vanamente promesso sin dalle sostituzioni operate ad inizi anni ’60 da parte degli interessi petroliferi ai danni dell’agricoltura; esso ricade in una zona SIN fortemente inquinata, dove vengono smaltiti ogni giorno enormi quantità di reflui presso l’impianto Tecnoparco Valbasento S.p.A, attualmente al centro di un processo ribattezzato “Petrolgate” per reati, tra l’altro, di contraffazione dei codici CER. Il secondo, il Centro Olio Val d’Agri (COVA – la più grande piattaforma estrattiva in terraferma d’Europa), funziona dal 1996 e durante lo scorso anno provocò lo sversamento di ben 400 tonnellate di petrolio che sono finiti nel sottosuolo, con un probabile inquinamento anche delle falde acquifere. Il terzo, quello di Tempa Rossa, sta per entrare in funzione. Milioni di metri cubi di gas e ben 85.000 barili al giorno – che potrebbero diventare 104.00 in base ad un accordo del 1998 – vengono estratti oggi in Val d’Agri ed altri 50.000 (forse 60.000) si estrarranno ogni giorno a Tempa Rossa.
Né sembra che queste grandi imprese multinazionali, incontentabili nella cupidigia, vogliano interrompere o ridurre la loro attività, visto che ben 17 nuove istanze di permesso ad estrarre petrolio e gas pendono sulle nostre teste come una spada di Damocle: se esse venissero concesse, più del 60% del nostro territorio sarebbe interessato da attività estrattive. Intanto qui le malattie aumentano, tanto che da ottobre del 2016 don Giuseppe Ditolve, un giovane sacerdote di Pisticci, un borgo situato in Val Basento, ha promosso l’iniziativa “Per non dimenticare: una Messa per la vita” in cui invita i propri parrocchiani a pregare, durante la Messa dell’ultima domenica di ogni mese, per i compaesani morti per tumore negli ultimi anni, leggendo l’elenco dei loro nomi: ad oggi 359 dagli anni 70 di cui 187 negli ultimi 8 anni. Lo scorso 29 settembre questo giovane sacerdote ha organizzato anche una grande “Marcia per la Vita” regionale, molto partecipata, per svegliare le coscienze dei cittadini ed invitarli ad attivarsi nella difesa della propria terra. Oggi don Giuseppe è parroco della Parrocchia di San Giuseppe Lavoratore, situata a Pisticci Scalo – che nel 1997 fu visitata da Papa Giovanni Paolo II e che vorremmo fosse visitata anche da Lei, Papa Francesco – nei pressi di Tecnoparco ed immersa nell’inquinamento della zona.
Inoltre, paradossalmente, la nostra terra si spopola progressivamente ed è sempre più povera perché tantissime piccole attività devono chiudere proprio a causa dell’inquinamento, costringendo giovani e meno giovani ad emigrare per cercare una vita più dignitosa.
Tutto questo è un male non solo per la nostra terra, ma anche per l’intero pianeta che, secondo i molteplici ed accorati allarmi lanciati unanimemente dagli scienziati, rischia ormai il collasso anche a causa dell’uso smodato di energia da fonti fossili, con la possibilità che il genere umano e le tante altre specie che popolano la nostra casa comune non abbiano più, in brevissimo tempo, un habitat adatto alla sopravvivenza.
Noi, movimenti popolari, cerchiamo di opporci a tutto questo con l’azione quotidiana informando i cittadini e chiedendo alle istituzioni di fare scelte di vita per noi, per i nostri giovani e per le generazioni future. Per questo abbiamo redatto anche il “Dossier Basilicata 2018 – ambiente, salute”, che vi offriamo, in cui abbiamo descritto tante delle devastazioni che interessano la nostra regione. Purtroppo, però, il più delle volte amministratori e governanti non prestano alcuna attenzione ai nostri appelli e preferiscono anteporre il dio denaro al benessere delle persone ed alla salvaguardia del creato.
Ed allora noi vi chiediamo di sostenere il nostro lavoro e di aggiungere la vostra voce autorevole alla nostra, invitando la Chiesa Lucana a condividere i nostri percorsi e rivolgendo un messaggio pubblico al Governo Nazionale ed ai nuovi Amministratori della nostra regione perché:
– nella questione energetica ci si attivi subito per interrompere le nocive attività in corso, per bloccare la concessione di nuovi permessi ad estrarre, per iniziare la bonifica di acque e terreni inquinati e per avviare immediatamente la transizione verso un sistema produttivo e di consumo più sobri ed equi, basati sulla produzione di energia pulita e democratica, ossia prodotta e controllata direttamente dai cittadini sulla base delle loro reali necessità e non ispirata ancora una volta ed esclusivamente alla massimizzazione dei profitti di speculatori e grandi gruppi. Perché è proprio questo che sta accadendo in Basilicata anche nell’uso dell’eolico, realizzato con l’installazione selvaggia di pale di ogni dimensione, molto spesso obsolete, che deturpano e svalutano il nostro paesaggio. E questo a causa di una vera e propria aggressione mafiosa che vede conniventi le istituzioni regionali le quali, con un colpo di mano, hanno recentemente scelto di favorire gli sfruttatori del territorio aumentando a dismisura le potenze installabili, senza tenere in alcun conto i reali consumi locali che sono di gran lunga inferiori.
– nella tutela dell’acqua si provveda subito ad ancorare saldamente in mano pubblica la gestione della tanta buona acqua lucana creando un’Azienda Speciale Pubblica, allo scopo di evitarne ogni possibile forma di privatizzazione, tenuto conto anche del fatto che la Basilicata è oggi l’unica regione italiana in cui le multinazionali dell’acqua non sono ancora riuscite a mettere le mani su questo bene comune indispensabile alla vita ed oggi sempre più scarso.
Avrebbe enorme importanza, a questo scopo, la creazione in Italia di un evento di portata internazionale –con una tappa anche in Basilicata nel corso della quale saremmo lieti ricevere la vostra visita – che denunci il drammatico quadro di violenza e repressione che in ogni angolo del pianeta si oppone alle resistenze contro lo strapotere delle multinazionali e che evidenzi come sia possibile individuare un percorso partecipato e maturo di nuova solidarietà e consapevolezza che, superando la cieca logica estrattivista, delinei la strada verso la necessaria ed improcrastinabile transizione energetica.
Conosciamo bene la vostra sensibilità nei confronti di questi temi e la vostra vicinanza ai movimenti popolari dimostrate ormai in tantissimi modi, a partire dalla “Laudato Si” e fino all’organizzazione del ciclo dell’EMMP – Encuentro Mundial de Movimientos Populares – voluto da Lei, Papa Francesco, e coordinato da Lei, card. Turkson.
Confidiamo, quindi, che vogliate dare un’affettuosa e positiva risposta a questa nostra richiesta, oltre a benedire noi, il nostro lavoro e la gente di Basilicata ed a pregare affinchè il Signore illumini i cuori e le menti dei nostri Governanti, Amministratori e Pastori.
Matera, 30 marzo 2019
COBAS LISIA Scanzano Jonico
COBAS SCUOLA Basilicata
Coordinamento Regionale No Triv Basilicata
Osservatorio Popolare Val d’Agri
Pisticci Scalo pulita
Coordinamento Regionale Acqua Pubblica di Basilicata
Libera Basilicata
Farm Energy
Forum Democratico Bernalda
Comitato Cittadino “Piani del Mattino” – Potenza
Associazione Balvano Libera
Contrada di Montocchio e Montocchino – Potenza
Contrada Dragonara – Potenza
Comitato di San Nicola di Pietragalla
Contrada di Giarrossa – Potenza
Contrada Pian Cardillo – Potenza
Associazione Potenza Attiva
USB Basilicata
EHPA
Liberiamo la Basilicata
RASPA – Calabria
Gruppo Speleologico
Rivista VALORI
Comitato No Triv Vulture
Associazione Insieme Onlus
MO Unione Mediterranea (Basilicata)
Associazione Antigone di Oppido Lucano
Coordinamento Comitati PR (Avellino)
Comitati Ambientali Alta Irpinia e Verdi
Ambiente società di Foggia
Paesaggi Meridiani
Comitato No Triv Brindisi di Montagna
Per informazioni e comunicazioni:
don Giuseppe Ditolve – tel.339 505 7329 – e-mail: beppe1981@libero.it
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RELAZIONE SULLO STATO DELLA SCUOLA AL PRIMO DICEMBRE 2017. PARLANO GLI INVISIBILI.

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RELAZIONE DI GIUSEPPE DE CICCO

FONDATORE DE “LA SCUOLA INVISIBILE”.

IL TRANSITORIO

Il 31 maggio 2017 entra in vigore il Decreto legislativo 59/17 relativo alla formazione iniziale e al reclutamento dei docenti della scuola secondaria.
A quanto stabilito dal su detto decreto, hanno fatto seguito una serie di decreti ministeriali, con lo scopo di dare attuazione pratica a quanto già fissato nel decreto stesso.
Dal transitorio, restano escluse la scuola primaria e quella dell’nfanzia.
Facciamo un passo indietro: questa legge è il frutto del solito compromesso tra istanze diverse, compromesso che magari all’epoca ( parliamo di pochi mesi fa ), per certi versi ( ma non tanti ), poteva anche essere condivisibile, ma che ora risulta già superato dagli eventi.
La richiesta iniziale dei docenti e delle associazioni e sindacati che li rappresentano, era quella di una graduatoria a scorrimento, sulla falsariga delle Gae.
Sul punto, la chiusura del Governo è parsa subito chiara: le gae, almeno per la scuola secondaria, rappresentano un capitolo chiuso.
Nella realtà, si è visto come questo presupposto, ancora una volta, potrebbe risultare del tutto inesatto ed infondato: le sentenze a favore degli itp ed afam hanno già provveduto a rimescolare, almeno parzialmente, le carte.
Sono infatti recenti le ordinanze che inseriscono in seconda fascia, anche se con riserva, itp e afam, e sembra vi siano anche provvedimenti favorevoli al loro inserimento in gae.
Tutto questo, chiaramente, non ha fatto altro che creare altri disordini nella scuola e malcontenti tra i docenti: segreterie scolastiche, usp e usr costretti a correggere ed integrare graduatorie, e conseguenti variazioni nelle nomine dei docenti ( i nuovi inserimenti in seconda fascia hanno in pratica sconvolto le nomine da graduatoria incrociata per il sostegno ).
A scusante del governo, non si può nemmeno dire che sia stata la prima volta che sia capitata una cosa del genere: c’era già stato il precedente dei diplomati magistrale, che avrebbe dovuto consigliare una condotta ben diversa.
Ma andiamo con ordine: il dlgs 59/17 che avrebbe avuto un fine di “riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria per renderlo funzionale alla valorizzazione sociale e culturale della professione”, rischia invece di divenire per la scuola l’ennesima fonte di disordine ed ingiustizia sociale.
Cerchiamo di spiegarne i motivi: questi nuovi ingressi in seconda fascia di istituto, o addirittura in gae, se confermati nel merito, porranno il problema di una nuova platea di abilitati che andranno inseriti nel transitorio in una maniera diversa rispetto a quanto inizialmente previsti.
Ipt ed afam andranno assunti dalle gae, senza concorso, e tenendo conto del punteggio, e per giunta da una graduatoria provinciale e non regionale.
Un destino diverso invece, toccherà a chi rimane in seconda fascia d’istituto o addirittura in terza.
Ancora una volta, sentenze giudiziali sconvolgeranno la scuola, creeranno malcontento e disordine, finendo per minare ancora le fondamenta del sistema scolastico intero.
Chiaramente, si potrebbe obiettare che itp ed afam sono stati inseriti in gae o in seconda fascia di istituto successivamente all’emanazione del dlgs in questione: questo porterà a nuove cause, nuovi ricorsi e nuovi contenziosi non solo giudiziari, con tutte le conseguenze del caso.
Riguardo a come verranno assunti i nuovi docenti secondo quanto stabilito dalla normativa in questione preferiamo stendere un velo: va solo ricordato che ogni volta che viene riformato o ritoccato un meccanismo di assunzione, l’aspirante docente deve versare un obolo ( i 24 cfu ), o sottostare a un meccanismo di reclutamento sempre peggiore ( modalità e durata del tirocinio ).
Ci tocca un breve accenno anche alla ormai quasi decennale questione del riconoscimento delle abilitazioni all’estero: se il Miur le ritiene una scappatoia, un imbroglio, allora provveda a respingere le istanze di riconoscimento, altrimenti le accolga: inutile tenere in seconda fascia con riserva per anni docenti che hanno fatto un percorso, o, addirittura tenerli fermi in terza fascia senza prenderlo in alcuna considerazione.
Anche qui è solo una questione di giustizia: ho diritto ad una risposta dallo Stato in tempi brevi, soprattutto se il fatto di essere in seconda fascia di istituto o in terza mi cambia radicalmente le modalità di assunzione.

LA QUESTIONE DEI DM ANTE 92

La ciliegina sulla torta del transitorio è l’esclusione dei diplomati magistrale, quindi della primaria e dell’infanzia, dalle nuove forme di reclutamento: la motivazione fornita è squisitamente giuridica, visto che sul tema è attesa a giorni la pronuncia della Plenaria.
Per noi è l’ennesima prova della volontà della politica di non intervenire là dove invece il suo intervento sarebbe necessario: se si fosse agito diversamente, si sarebbero evitate ulteriori polemiche ed ulteriori discussioni.
Non è questo il luogo in cui darsi ad un excursus storico dei diplomati magistrale, noi vorremmo solo porre un quesito: invece di attendere la Plenaria, che, se positiva, comporterà comunque l’esigenza di un intervento politico e normativo, non si poteva cogliere l’attimo per un riordino del sistema di reclutamento anche per la primaria e l’infanzia, magari stabilendo gli stessi principi?
In sintesi, non si poteva nella stessa sede stabilire una differenziazione tra chi, in possesso del diploma magistrale ante 92, aveva maturato vari anni di servizio, o aveva addirittura vinto qualche concorso e chi invece si trovava in una condizione diversa?
Anche in questo caso la politica ha preferito ancora eclissarsi, con conseguenze ancora più aberranti per la scuola dell’infanzia, che dal piano assunzionale previsto dalla Buona Scuola è rimasta addirittura esclusa!
Le gae infanzia infatti sono ancora piene, al nord come al sud,e, a differenza di quelle della primaria, non perché sono state riempite da ricorrenti che inizialmente ne erano esclusi, ma perché i precari storici, i vincitori del concorso del 1999, aspettano ancora un’assunzione, e questo, dopo averli cancellati dalla graduatoria di merito e averli privati della possibilità di un’assunzione attraverso il sistema del doppio canale.
Signori: si parla di una procedura concorsuale espletata ormai quasi vent’anni fa!
Tutto questo, mentre per i vincitori del concorso 2012 è stata prevista l’assunzione anche degli idonei.
Mah, che dire?
Ma andiamo avanti.

I NUOVI CONCORSI

Con le gae ancora colme per primaria e infanzia ( per le quali non è prevista una nuova fase concorsuale, stranamente ), il transitorio prevede una nuova procedura di assunzione per la scuola media di primo e secondo grado.
E’ vero che per molte classi di concorso le gae delle superiori risultano esaurite o quasi, e per alcune addirittura vuote, e che molte cattedre risultano vacanti, ma è anche vero che, se la legge prevede che le assunzioni previste per il settore pubblico vadano fatte per concorso ( ma si tacciono sempre i limiti e le eccezioni previste dalla legge stessa ), è altresì vero che la Costituzione ci dice che la nostra repubblica è fondata sul lavoro.
Perché non bilanciare i due principi ed evitare inutili spese, sprechi e perdite di tempo?
Perché sovrapporre graduatorie di merito, provinciali e regionali?
Badate bene: in molte regioni del sud, i vincitori del concorso 2016 per infanzia e primaria aspettano ancora di essere assunti e non sanno quando lo saranno, e quelli per la media di primo e secondo grado lo sono stati da poco e non in tutte le regioni.
In conclusione, stiamo facendo di tutto per portare la scuola pubblica al collasso, sovrapponendo riforme a riforme, aggiungendo nuovi meccanismi di assunzione ad altri che non hanno ancora compiuto il loro percorso.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

L’ITALIA E L’EUROPA

Per anni ci è stato rifilato che era l’Europa che lo voleva ( cosa, non l’abbiamo capito )!
Ora, noi siamo convinti che di tutto questo pastrocchio l’Europa non sappia nulla: se sapesse che sono stati indetti ben due concorsi e che se ne bandirà un altro e che i vincitori di un altro concorso, espletato vent’anni fa, attendono ancora di essere assunti, supponiamo che ci irrogherebbe una sanzione ben sostanziosa!
Se sapesse che i precari della Pubblica Amministrazione verranno stabilizzati, mentre docenti precari da più di un decennio dovranno espletare o attendere l’ennesimo concorso, crediamo che si farebbe due risate.
Se sapesse come e quanto verrà adeguato il contratto dei docenti italiani, siamo convinti che ci escluderebbe dal novero delle nazioni civili.
Se sapesse come viene utilizzato il mercato delle assegnazioni provvisorie ( per far rientrare a casa docenti “ deportati “ per un anno, mentre altri lo restano per decenni a graduatorie bloccate ), immaginiamo ci relegherebbero in eterno nell’ultimo dei gironi dell’inferno dantesco.
Se sapessero che la scuola pubblica italiana viene usata per tenere il personale scolastico “l’un contro l’altro armati”, siamo dell’idea che ci avrebbero già commissariati.
Se questo deve essere il nostro destino, che lo sia.
Altrimenti, avviamo, per una volta un dialogo serio.
Alla politica la scelta: noi non possiamo far altro che suggerire una via d’uscita, altro non ci è permesso.

 

Parola d’ordine: non conta che siano unitari gli strumenti, basta che lo siano gli obiettivi!

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Cinque anni fa, a Napoli, si è ritrovato il Sud che non si arrende. Le parole d’ordine che furono pronunciate allora – e che sono ancora valide, naturalmente – auspicavano la costituzione di un soggetto unitario, dalla voce forte e chiara che proponesse le istanze politiche del “Mezzogiorno”.

Si è compreso fin da subito che il processo avrebbe dovuto procedere sul binario dell’identità. Identità composta da una Memoria recuperata e da uno sguardo attuale. Un binario vero e proprio; due linee maestre che avrebbero condotto alla stessa destinazione.

L’attualità stretta legata alle mille istanze quotidiane e future. Il ricordo della Patria avita posto a loro basamento. Ed il ricordo è stato recuperato grazie al lavoro di moltissimi – cito Pino Aprile come capofila, ma si parla di una schiera di appassionati patrioti -, con risultati sorprendenti: abbiamo visto, infatti, quanto questa operazione di disseppellimento della nostra memoria crei dibattito e fastidio ai nostri colonizzatori ed ai partiti nazionali, veri e propri strumenti di asservimento.

A questa enorme mole di lavoro si aggiunge il contributo di illustri personaggi – fra i tanti: Marco Esposito – che denunciano quotidianamente la sperequazione. E proprio attraverso questo sguardo attuale si può notare quanto in cinque anni il solco si sia fatto – se possibile -, ancora più netto. Esempio lampante (ma non unico) ne è l’attuazione di un federalismo fiscale che taglia le gambe al Mezzogiorno attuando il principio aberrante secondo cui “meno hai, ancor meno avrai”.

E cos’altro abbiamo visto in questi cinque anni?

Abbiamo principalmente visto che la frammentazione è uno degli elementi caratteristici del mondo meridionalista ed è vista come uno dei suoi maggiori limiti se non, addirittura, l’ostacolo maggiore ad un successo più consistente della causa.

Quale insegnamento dobbiamo cogliere da questo? In che modo volgere un possibile limite in un probabile successo?

Non conta che siano unitari gli strumenti, basta che lo siano gli obiettivi. Abbiamo compreso che il meridionalismo non è un pensiero unico e non può esserlo, ma non dobbiamo vedere un limite in questa “diversità” bensì cogliere l’opportunità di raggiungere ambienti e persone con sensibilità differenti, comprendendo che si può concretizzare un percorso costruttivo solo se la diversità non è vissuta in termini di rivalità.

Questa la chiave che deve essere utilizzata per proporsi sulla scena politica.

In questi cinque anni abbiamo dunque commesso errori? SI, ovvio!

Le nostre, eventuali, colpe sono più gravi dei danni subiti dalla storica Questione Meridionale? NO.

Allora come interpretare lo stato attuale?

L’esempio più banale che mi viene in mente è quello di una bottiglia di olio, il nostro olio d’oliva, che abbiamo provato a riempire ma ci è scivolata di mano rompendosi…

La bottiglia, l’olio non si è perso, si è sparso, forse troppo diffusamente, ma si è sparso ed ha macchiato l’anima di altri meridionalisti oltre che dei meridionali fuori dai Territori Storici.

Cosa fare? Semplicemente provare a riempire nuovamente la bottiglia facendo più attenzione a che non ci scivoli ancora dalle mani. L’olio d’oliva è cosa preziosa.
Mai abbandonare la speranza! Speranza che si può trarre anche da piccoli segnali: domenica 19 novembre il circolo territoriale “Ulisse”, che vive la diaspora Lombarda di Unione Mediterranea, ha organizzato un evento per la presentazione de “Il grande libro del Regno delle Due Sicilie”. Vedere la sala riempita di persone attratte dalla Verità Storica e dal rinato orgoglio d’appartenenza alle origini ci può far capire che abbiamo rotto una bottiglia, ma abbiamo prodotto tanto olio da poterne riempire più di una. E poco importa quanto sia difficile operare “all’estero”. Le bottiglie le riempiremo goccia a goccia!

Massimo Mastruzzo,  Portavoce nazionale di Unione Mediterranea

 

La capitale morale: con il culo degli altri

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Veni, vidi, tacui (cit. Donald Herron) la frase perfetta per descrivere il “sistema” dell’azienda di trasporto lombarda.

Ma procediamo  per punti,  15 novembre 2017 viene dato il via libera definitivo dell’Aula della Camera alla legge sul Whistleblowing. Il testo sulla segnalazione di attività illecite nell’amministrazione pubblica o in aziende private da parte del dipendente che ne venga a conoscenza, integra la normativa sulla tutela dei lavoratori del settore pubblico che segnalino illeciti e introduce forme di tutela anche per i lavoratori del settore privato.

La locuzione Whistleblower identifica un individuo che denuncia pubblicamente o riferisca alle autorità attività illecite o fraudolente all’interno del governo, di un’organizzazione pubblica o privata o di un’azienda. Le rivelazioni o denunce, possono essere di varia natura: violazione di una legge o regolamento, minaccia di un interesse pubblico come in caso di corruzione e frode, gravi e specifiche situazioni di pericolo per la salute e la sicurezza pubblica.

I whistleblower possono denunciare le condotte illecite o pericoli di cui sono venuti a conoscenza all’interno dell’organizzazione stessa, all’Autoritá Giudiziaria o renderle pubbliche attraverso i media o le associazioni ed enti che si occupano dei problemi in questione.

Spesso i whistleblower, soprattutto a causa dell’attuale carenza normativa, spinti da elevati valori di moralità ed altruismo, si espongono singolarmente a ritorsioni, rivalse, azioni vessatorie, da parte dell’istituzione o azienda destinataria della segnalazione o singoli soggetti ovvero organizzazioni responsabili ed oggetto delle accuse, venendo sanzionati disciplinarmente, licenziati o minacciati fisicamente.

Il simbolo di questa storia è Andrea Franzoso,  il whistleblower che  svelò i furti di Ferrovie Nord Milano e le “spese pazze” dell’allora suo presidente Norberto Achille ,  troviamo la sua vicenda nel libro Il Disobbediente (edizioni Paper First).  Andrea Franzoso, il disobbediente,  funzionario delle Ferrovie Nord Milano con l’aiuto del collega Luigi Nocerino scoperchiò il “sistema” dell’azienda di trasporto lombarda, sotto quel coperchio il gup Roberto Arnaldi ha stabilito per l’ex presidente di Ferrovie Nord Milano spa holding,  Norberto Achille,  due anni e otto mesi di carcere nel processo in abbreviato in cui l’ex dirigente era accusato di peculato e truffa. Il pm Giovanni Polizzi, che aveva chiesto esattamente la stessa pena, lo accusava di avere distratto dalla società, partecipata da Regione Lombardia e da Ferrovie dello Stato, 429mila euro, fondi di cui aveva disponibilità per via delle “funzioni svolte” e che avrebbe utilizzato, invece, per fini personali suoi e dei suoi familiari: la moglie e due figli.

Secondo il capo di imputazione, Achille avrebbe “destinato” due “utenze telefoniche aziendali a uso esclusivo” della moglie e del figlio Marco e si sarebbe fatto “addebitare le telefonate effettuate dall’altro figlio” Filippo (arrestato nel giugno 2015 con l’accusa di aver aggredito il padre per avere soldi) sulla sua utenza aziendale, per un totale di oltre 124mila euro. In più, avrebbe utilizzato le carte di credito aziendali “per spese personali proprie e dei propri familiari” per un totale di 74.144 euro: si va dai 3.750 euro spesi in “scommesse sportive” ai 7.634 in abbonamento alla pay tv, compresi i costi per la “visione di una serie di film pornografici”.

Tra le contestazioni anche l’uso improprio delle auto di Fnm “a lui assegnate” anche messe a disposizione, con tanto di autista, per “gli accompagnamenti” del figlio Filippo. Per l’accusa, tra l’altro, Achille non avrebbe comunicato alla società le multe prese dal figlio Marco con macchine aziendali, mettendole quindi in conto a Ferrovie Nord Milano che avrebbe pagato indebitamente oltre 158mila euro.

La giustizia ha fatto il suo corso, ma lungo questo percorso che fine avrà fatto Andrea franzoso, che ne è stato di quel disobbediente che si è permesso di mettere in  discussione le virtù della capitale morale d’Italia ?

Andrea Franzoso dovette presentare un ricorso al tribunale del lavoro per essere stato rimosso dal suo incarico, dopo aver presentato la denuncia contro il manager:  cioè il trattamento ricevuto dal funzionario della partecipata della Regione Ferrovie Nord Milano spa per aver denunciato, è stata la rimozione dal suo incarico – si legge nel ricorso presentato al tribunale del Lavoro – “costretto a trascorrere la giornata lavorativa nella più completa inattività e con progressivo isolamento: i colleghi di lavoro erano restii a recarsi nel suo ufficio per timore di essergli associati e subire ritorsioni”.

Colleghi, compagni di lavoro, che vennero, videro, tacquero. Scrive Andrea Franzoso nel libro «Il disobbediente» (PaperFirst editore) che il giorno in cui si scoprì che era stato lui a far scoppiare il bubbone, fu circondato da colleghi in festa, compresa una segretaria dell’ormai ex presidente Achille: «È una bella donna sui quarant’anni. Alta, bionda, sempre in grande spolvero e con indosso abiti griffati. Scuotendo i pugni in avanti, esulta: “Evvai, ragazziii!”. Ride nervosamente e domanda: “Posso abbracciarvi?”. Mi faccio avanti, lei si avvicina a braccia aperte. Mi stringe forte a sé e mi stampa due grossi baci sulle guance: “Grazie, Andrea”. (…) La osservo con una punta di amarezza. Dov’era, lei, in tutti questi anni?»… «I più coraggiosi, quelli che per primi si erano affrettati a manifestare platealmente, a me e a Luigi Nocerino il proprio sostegno, sono i primi anche a voltarci le spalle e a salire sul nuovo carro – o meglio: Carroccio – del vincitore». Carroccio ferroviario affidato dal governatore leghista Roberto Maroni al nuovo presidente delle Fnm, il non meno leghista Andrea Gibelli. Piazzato lì «per garantire», diceva, «maggiore semplificazione e trasparenza». Prima mossa: la rimozione non dei tanti che «non avevano visto» ma di chi aveva denunciato l’andazzo. Un segnale al «sistema» molto esplicito.

Eppure  Andrea Franzoso non è stato il primo, nella storia italiana, a pagar cara la scelta di denunciare un’abitudine poco morale,  il garibaldino Cristiano Lobbia che, eletto deputato, denunciò al Parlamento di Firenze, il 5 giugno 1869 (poi si dice fatta l’Italia…), la cessione per quindici anni a faccendieri anonimi raccolti intorno al Credito Mobiliare, della Regia Tabacchi, cioè il monopolio che secondo il banchiere Rothschild era «l’unica entrata sicura dello Stato», in cambio di un anticipo di 180 milioni. Meno della metà di quelli offerti a condizioni migliori (…) da certi finanzieri parigini e londinesi. Fu esaltato come un eroe, sulle prime, il parlamentare garibaldino. Ma poi venne annientato da una macchina del fango mai vista prima…

La morale di questa vicenda? Ognuno ne tragga la sua. Io l’ho trovata e l’ho messa  nel  titolo volgaruccio di questo articolo: la morale con il culo degli altri.

Adesso possiamo tornare al vero sport nazionale: il pregiudizio verso quei furbetti del sud che sanno solo rubare.  E  la capitale morale ? e Andrea Franzoso? Nessun problema un paio di talk show con il terroncello che si ruba la pensione, qualche falso invalido, un paio di parcheggiatori abusivi e tutto torna al suo posto.

 

MASSIMO MASTRUZZO

Crollo di studenti nel Mezzogiorno: inizia il percorso di desertificazione umana?

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L’allarme già lanciato dallo Svimez sul rischio desertificazione umana per il Mezzogiorno, comincia purtroppo a rivelarsi nella sua drammatica concretezza.

È la rivista “Tuttoscuola” a rilanciare i numeri, e a riproporre dunque il fenomeno, riprendendo il focus del ministero dell’Istruzione “Anticipazioni sui principali dati della scuola statale” relativo al 2017-18.
Secondo i dati elaborati, rilevando i decrementi dei singoli settori in ogni regione, il crollo è soprattutto in alcune regioni del Sud: Campania e Sicilia in testa. Tutta colpa del calo demografico che svuota le aule soprattutto alla materna (meno 29.181 bimbi rispetto al 2016-17) e alla primaria (meno 34.874 alunni)

IL CALO ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA E PRIMARIA che si è verificato soprattutto in Calabria (-4.820) e in Sicilia (-3.333), altro non è che il cerino che dà fuoco alla miccia dell’allarme lanciato dallo Svimez , il quale ha stilato un rapporto basato sui dati Miur per gli anni scolastici 2016-17 e 2017-18. Anche alla scuola primaria, la Sicilia vede un decremento elevato: meno 6.226 alunni; seguono Campania (meno 6.037), Puglia (meno 3.439), Calabria (meno 2.248). Nelle scuole medie – spiega Tuttoscuola – al netto delle compensazioni per aumento di iscritti, il calo complessivo di alunni ha superato le 8 mila unità, con Campania e Sicilia che, ancora una volta, sono andate in rosso: 2.713 alunni in meno la prima, 2.391 in meno la seconda. Negli istituti superiori il record negativo si è registrato in Puglia (-2.768), seguita dalla Calabria (-1.651).

Il recente stanziamento di 209 milioni  per la fascia d’età zero-sei anni, nelle modalità in cui è stato ripartito, meno dove il meno è già un marchio di fabbrica con monopolio di Stato, rischia di rappresentare il colpo a quanto già inflitto dalla Commissione Bicamerale sul federalismo fiscale che ha approvato le tabelle che assegnano zero agli asili nido  nei Comuni del Mezzogiorno.

La cura richiesta per un paziente oramai in rianimazione, il Mezzogiorno, non potrà mai arrivare da chi è stato la causa dei suoi mali. La malattia si chiama Questione Meridionale e i virus si chiamano partiti nazionali, di destra e di sinistra.

Massimo Mastruzzo
Portavoce nazionale di MO Unione Mediterranea

Lettera ai meridionalisti

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Con il referedum per l’autonomia di Veneto e Lombradia abbiamo avuto l’inequivocabile prova che l’Unità non esiste. Siamo una colonia e sono stati i Veneti e i Lombardi a dimostrarcelo. Essi hanno avuto la possibilità di farlo tramite un referendum, ma cosa succederebbe se anche Emilia Romagna, Piemonte e Liguria votassero? In Sud Tirolo c’è chi già da tempo lotta per ritornare ad essere austriaco.

Diverse sono le spinte autonomiste ed indipendentiste in Europa e in Italia. La gente ha capito che sono i popoli a fare la storia e che nessuno scenario rimane immutabile. Nemmeno i confini di una Nazione sono definiti per l’eternità.

La Lega Nord crea un partito leghista al Sud (Noi con Salvini) e vi cerca consensi nello stesso tempo in cui, al Nord, persegue il suo obiettivo storico: sancire il diritto di indipendenza/autonomia delle regioni settentrionali in favore di una tanto proclamata superiorità antropologica (noi diremmo che il risultato è stato quello di aiutarci a dimostrare la situazione di colonialismo esistente).

I partiti nazionali, per non perdere consenso nelle lande settentrionali, sostengono e promuovono il referendum (5 stelle compresi), mentre Renzi viene a fare una vacanza in treno (e in bus dove i treni non possono arrivare) nelle regioni meridionali.

Il malcontento è ovunque diffuso nel Mezzogiorno e non esistono più le condizioni per far finta che tutto possa andare avanti stante l’attuale stato delle cose.

Siamo consapevoli che il tempo è scaduto!

Non dobbiamo più aspettare il Messia, la figura talmente affascinante dietro cui tutti i meridionalisti possano unirsi per arrivare il più lontano possibile.

È il momento di essere disposti a sacrificare un pezzo della propria indipendenza e unirsi. Mettere da parte vecchi rancori e individualismi.

È il momento di unire le forze e muoversi, alzarsi in piedi e far sentire la nostra voce!

Con questo gesto soltanto, molte iniziative, non più esclusivamente sul web ma nella vita reale, potranno e dovranno essere intraprese. Esse saranno più incisive e coinvolgenti poiché saranno coordinate e più capillari.

Nessuno dovrà perdere la propria identità ma, ADESSO, è il momento di riappropriarsi del dovuto e prendere ciò che ci spetta. Basta separazioni, agiamo tutti insieme!

Michele Pisani per Mo! Unione Mediterranea.

 

Ultimi in tutte le statistiche. Ma perché?

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Come ogni anno, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha pubblicato il documento in cui vengono scrupolosamente raccolti i dati che descrivono la situazione di fatto delle infrastrutture portuali italiane. (“Diporto Nautico, 2016”)

Un’analisi si rende necessaria per fare in modo che questi rilievi non siano fini a sé stessi. Solitamente, grazie al fatto che i grandi media posseggono un punto di vista lontano da quello meridionalista, le analisi che ci vengono propinate tendono a prendere in considerazione dati significativi con lo scopo di avallare idee ed interessi di una sola parte del Paese.

Dal canto nostro, ci piacerebbe fornirne un’interpretazione diversa.

Per iniziare, di seguito riportiamo in grafici, i dati più significativi. Nel primo, si osserva la ripartizione regione per regione dei posti barca per km di litorale. È evidente la differenza di capacità recettiva tra regioni del Sud (12.2), Centro (29.4) e Nord (72.5) Italia. Abissale è la differenza tra il Friuli Venezia Giulia (177.8) e Calabria (7.4).

Ci si aspetterebbe almeno che, essendo al centro del Mediterraneo, le regioni del Mezzogiorno d’Italia, nonché storicamente approdo di civiltà che grazie al mare hanno fatto la storia dell’Occidente, abbiano il maggior numero di posti barca in termini assoluti. In realtà, a discapito della differente estensione di coste, ripartita in 76 % per il Sud e le Isole, 14% per il Centro e solo il 10% per il Nord, paradossalmente i posti barca danno una fotografia completamente diversa della geografia italiana. L’Italia meridionale e le isole posseggono soltanto il 45% dei posti barca totali contro il 34% di quelli presenti nelle regioni settentrionali.

Vedendo questi dati, la prima domanda che ci si pone è: perché questo enorme divario?

Per trovare (forse) una risposta bisogna andare a leggere attentamente la tabella A a pag 13 del documento. L’indice di affollamento indica il numero di natanti registrati ogni 100 posti barca. Questo numero è molto più elevato nel nord del paese che nel sud, fatta eccezione per regioni come Lazio e Campania, dove si raggiungono valori di 137.8 e 102.7 rispettivamente.

Per quanto riguarda le regioni Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, a commento della tabella si dichiara che “dispongano da un lato di una densità di posti barca sensibilmente inferiore alla media nazionale e dall’altro di un numero di punti di attracco notevolmente superiore a quello delle unità da diporto iscritte. Dato, quest’ultimo, che mette in luce un assetto infrastrutturale destinato a soddisfare l’elevata domanda di posti barca per le imbarcazioni turistiche provenienti nei mesi estivi dall’Estero o da altre Regioni”. Senza aggiungere altro.

Ma questa non sembra essere una risposta soddisfacente alla domanda iniziale. Infatti, sembra che questa frase sia stata utilizzata per giustificare il fatto che non sia più necessario investire in strutture portuali in queste regioni. Non è possibile leggere questo tipo di affermazioni in un documento il cui solo obiettivo dovrebbe essere quello di fornire numeri. Ogni valutazione dovrebbe essere avallata da ulteriori numeri e nulla viene detto sul numero di occupazioni imputabili a imbarcazioni turistiche durante la stagione estiva.  Inoltre, all’interno dello stesso documento, nulla viene detto in merito alla situazione del Friuli Venezia Giulia che riesce ad avere ben 180 posti barca per km, laddove l’indice di affollamento è pari a soli 24.7, evidenziando un grosso sovradimensionamento infrastrutturale.

Ora, visto che non possiamo accontentarci di quanto ci viene suggerito, abbiamo provato ad andare avanti nella elaborazione dei dati.

Da un’analisi più approfondita del documento, ipotizzando che chi possiede una patente nautica possa essere proprietario di una delle imbarcazioni iscritte nel registro regionale, si è cercato di capire quale sia la percentuale di abitanti per regione che gode di questa licenza.

Osserviamo che:

  • sebbene si possa pensare che il numero di patenti nautiche sia proporzionale ai km di costa regionali, poiché indicativi della percentuale di popolazione che vive a ridosso del litorale, si sottolinea che in regioni con pochissimi km di costa si ha lo stesso numero di patenti nautiche per mille abitanti rispetto a isole come la Sicilia, la Sardegna, Calabria o Puglia.
  • in Calabria solo 0.9 cittadini ogni 1000 posseggono una patente nautica mentre in Liguria questo numero sale a 5,81, considerando che i km di costa Calabresi sono circa 6 volte quelli liguri.
  • regioni come Campania e Sicilia, che hanno 4.28 e 12.11 volte la lunghezza di costa dell’Emilia Romagna oppure 3.72 e 10.53 l’estensione delle coste venete, il numero di persone con patente nautica per mille abitanti risulta paragonabile (Campania=0.99; Sicilia=0.87; Veneto=0.81; Emilia Romagna=1.25).
  • la Sardegna (1.54 persone con patente nautica ogni 1000), con il 26 % della costa italiana viene superata dal Friuli Venezia Giulia (1.96) che ne possiede il solo 1,33%.

Ma allora viene da chiedersi: perché la domanda di posti barca è così ridotta nel Mezzogiorno?

Basta andare a vedere il reddito pro-capite dei cittadini e chiedersi quanti potrebbero permettersi una imbarcazione, che ricordiamo essere classificato come bene immobile.

Per assurdo, si potrebbe immaginare che in Calabria ci siano le stesse condizioni economiche che in Veneto, in Puglia quelle del Friuli Venezia Giulia e così via. Non si può negare la facile previsione per cui, a quel punto, il numero di persone che possa permettersi di acquistare un’imbarcazione crescerebbe. Lo stesso incremento si avrebbe per i possessori di patenti nautiche, il coefficiente di affollamento e la necessità di posti barca.

Ma a quel punto bisognerebbe vedere se anche lo Stato sarebbe disposto a fare in modo che l’offerta di posti barca aumenti, togliendo risorse a quella parte di Paese di cui oggi tutti richiedono l’autonomia con un referendum farlocco. Bisogna vedere se lo Stato, di fatto, volesse garantire a tutti i suoi cittadini le stesse possibilità economiche, sociali, infrastrutturali. Bisogna vedere se lo Stato garantirebbe che l’egual desiderio di acquistare un’imbarcazione di due cittadini, uno del nord ed uno del sud, possa realizzarsi allo stesso modo.

Allo stato attuale però, il problema nasce a monte. Generalmente, il cittadino del sud non ha desideri e spesso non sa dove sbattere la testa per arrivare a fine mese a causa di mancanza di possibilità di lavoro. Una situazione causata da una lunga serie di condizioni sfavorevoli tra cui si possono solo citare l’oggettivo sottosviluppo infrastrutturale, una minore quantità di risorse investite nelle Università meridionali, una sanità al fallimento.

Ma la politica nazionale troverà sempre un buon motivo per non promuovere lo sviluppo del Mezzogiorno. Il bello è che troverà anche il modo di farcelo accettare!

Michele Pisani per MO!-Unione Mediterranea.

 

 

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