Search Results for: asili nido

Asili nido, i Cinquestelle insistono e si confondono su cifre e fatti

Share Button

Riportiamo di seguito le parole con le quali il Dott. Marco Esposito, ha risposto con chiarezza e trasparenza a quanto affermato dal parlamentare dei Cinquestelle Luigi Gallo.

Il parlamentare dei Cinquestelle Luigi Gallo torna sulla vicenda degli asili nido posti a zero al Sud, nella quale i Cinquestelle hanno votato a favore insieme a Pd, Lega, Forza Italia eccetera eccetera, con un lunga nota dal titolo “La balla di 700 milioni scippati al SUD per darli al NORD”. La nota contiene attacchi personali e osservazioni di merito. Gli attacchi tendono ad accreditarmi come persona non disinteressata. Ammetto che sono molto interessato, interessatissimo al futuro della mia terra e per questo conduco da anni battaglie giornalistiche. Quando ho fatto politica attiva, come da assessore, mi sono messo in aspettativa com’è giusto che sia. Ma ecco la sua nota, nella quale si vede che mastica male di numeri, e la mia risposta:

Gentile Luigi Gallo, vedo che le cifre “ballano” e non poco. I fabbisogni standard per i Comuni sono calcolati su un volume di spesa di 33.905 milioni di euro. Di questa somma per due soli capitoli Istruzione (che pesa per il 13,50% del totale) e Asili nido (3,57% del totale) si è utilizzato il criterio della spesa storica in assenza dei Lep, come ben sai dalla risoluzione a tua firma. Ora, caro Luigi, prendiamo insieme una calcolatrice e vediamo quanto fa il 13,50% di 33.905 milioni. Viene anche a te 4.577 milioni? Bene. Ora facciamo il 3,57% di 33.905. Ti trovi 1.210 milioni? Bravo. In tutto sono 5,8 miliardi di euro ripartiti con un criterio che, uso le vostre parole, penalizza il Mezzogiorno. Ciò porta, tradotto in soldoni, una sottostima a regime di 700 milioni del fabbisogno standard del Sud, se tale fabbisogno è posto uguale alla media nazionale. Occhio che quest’anno si parte non dal 10% come tu scrivi ma dal 20% di applicazione del fabbisogno standard. E il simpatico bellunese Federico D’Incà aveva proposto di inserire il 30-40% secondo quanto ha dichiarato l’altra correlatrice, Maria Cecilia Guerra, la senatrice del Pd insieme alla quale avete scritto il provvedimento che sconfessava la vostra (nobile) risoluzione.

Ecco la fonte dei dati:

 

 

http://www.mef.gov.it/…/Relazione_Riepilogativa_delle_deter…

 

 

Quanto al fatto che abbia scritto un articolo “proprio in prossimità delle elezioni regionali” sono argomenti da complottismo da tre soldi. L’articolo è uscito subito dopo la pubblicazione dei verbali e fa parte di un’inchiesta cominciata nel marzo 2014 dopo la pubblicazione dei dati Copaff e proseguita per mesi, con momento di punta l’intervista a Graziano Delrio il 30 agosto 2014, quando il sottosegretario ammise che sugli asili nido e l’istruzione c’erà stato un “errore tecnico grave che correggeremo”. Ora non solo non hanno corretto, ma possono persino vantarsi di avere ottenuto in Bicamerale il sì unanime, Cinquestelle compresi.

GLI ASCARI DEGLI ASILI NIDO. Approvate in Commissione Bicamerale le tabelle che assegnano zero agli asili del Sud.

Share Button

La Commissione Bicamerale sul federalismo fiscale ha approvato le tabelle che assegnano zero agli asili nido nei Comuni del Mezzogiorno.

La decisione della Bicamerale dà il via ufficiale all’attuazione della Costituzione del 2001, la quale stabilisce che i fabbisogni standard (ovvero la somma di risorse che il Governo deve garantire a ciascun Comune per far valere i diritti minimi civili), non saranno più assegnati sul parametro della spesa storica, ma sui reali bisogni della popolazione.

Sugli asili nido e sull’istruzione però, la ripartizione delle risorse è particolarmente squilibrata a svantaggio del Mezzogiorno: in questi due soli casi infatti, invece di calcolare le esigenze della popolazione, i tecnici della Sose (società del ministero del Tesoro) e quelli della Copaff (Commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale), hanno fatto valere il principio della spesa storica e non quello dei fabbisogni standard, sottraendo di fatto 700 milioni di euro ogni anno ai Municipi del Sud, per distribuirli a quelli del Centro-Nord.

Un trucco contabile che permette di avere più servizi a chi in passato godeva già di maggiori risorse dallo Stato; viceversa chi meno aveva, meno avrà: zero è il numero di risorse assegnato a città  popolose come Catanzaro, Giugliano, Pozzuoli, Casoria, Portici, San Giorgio a Cremano ed Ercolano, dal momento che non si è calcolato il numero dei bambini residenti, ma il numero di asili nido, che si dà il caso in queste città non sono mai esistiti.

La relazione finale  del provvedimento è stata scritta a quattro mani dalla relatrice del Pd di Modena, la senatrice Maria Cecilia Guerra e per i Cinquestelle dal deputato di Belluno Federico D’Incà.

In audizione Bicamerale, erano assenti tutti i parlamentari della Commissione eletti nell’Italia meridionale, lasciando in tal modo che i colleghi del Nord, nel silenzio generale, mettessero in atto l’ennesimo scippo ai danni del Sud.

Ecco chi sono: Antonio Milo (vicepresidente della Commissione), senatore di Noi Sud; il senatore di Ischia Domenico De Siano, di Forza Italia; il senatore di Cosenza Francesco Molinari, dei Cinquestelle; il deputato di Matera Cosimo Latronico, di Forza Italia; il deputato di Bari Gaetano Piepoli, di Scelta civica e ora Centro democratico.

Non possiamo più tacere davanti a simili ingiustizie, i nostri bambini non valgono zero.

f.s.

(fonte Il Mattino)

 

 

Istituzione ed attivazione di un Asilo-Nido pubblico a Poggiomarino

Share Button

In relazione all’oggetto, il Circolo “I Sarrastri” di Unione Mediterranea ritiene urgente ed improcrastinabile la realizzazione di un primo Asilo-Nido pubblico nel nostro Comune. Ciò al fine di assicurare l’aiuto pubblico a costi contenuti alle famiglie che per motivi di lavoro ne hanno bisogno e non hanno la disponibilità economica di poter iscrivere il /i figli in asili-nido privati. Tale iniziativa inoltre sarebbe un occasione per creare posti di lavoro. Il Nostro Circolo, considerato lo stato di cronica crisi economica e/o finanziaria dell’ente comunale, propone un percorso che tenga conto degli aspetti logistici e finanziari di una iniziativa che consentirebbe uno scatto di civiltà alla comunità dei cittadini di Poggiomarino.

Da un punto di vista logistico riteniamo che la migliore soluzione logica e razionale per la realizzazione del suddetto asilo-nido preveda lo spostamento delle attuali sedi operative dei servizi di Guardia Medica e del 118 che operano attualmente in locali comunali siti a ridosso del plesso scolastico di via Roma. Proponiamo di spostarli in altro sito, per adibire i locali liberati ad Asilo-Nido, collegato quindi con la scuola materna e le elementari prospicienti.

Per quanto riguarda il sito dove allocare sia la Guardia Medica che il 118, suggeriamo due soluzioni:

1) Centro polivalente di via XXV Aprile;

2) Centro polivalente di via Carlo Alberto dalla Chiesa (ASL).

Da un punto di vista finanziario proponiamo l’apertura immediata di un tavolo di confronto con il Sindaco, la giunta, il consiglio comunale e il Dirigente scolastico per verificare la disponibilità o la reperibilità dei fondi necessari per l’allestimento, la messa a norma e il pagamento degli stipendi per il personale necessario.

I nostri referenti sono:

Antonio Apuzzo

Antonio Franza

Gloria Beneduce

Poggiomarino lì 16/10/15

Unione Mediterranea voce del Sud

Share Button

Sabato 1 dicembre una delegazione di Unione Mediterranea ha partecipato a Roma all’assemblea sollecitata da dem-A per la costruzione di un fronte popolare democratico, di tipo federale.

Abbiamo portato il nostro contributo alla discussione rappresentando come sempre facciamo le nostre istanze, le istanze del Sud.

Le abbiamo sintetizzate in un documento inviato all’assemblea nei giorni precedenti l’incontro che proponiamo anche a voi che ci leggete.

MO! Unione Mediterranea fa proprio il documento “PER CAMBIARE IL PAESE DAL BASSO” ed in consonanza con esso ritiene fondamentale considerare e fare proprie tutte le sofferenze e rimuovere tutti gli ostacoli posti a freno dello sviluppo, della libera realizzazione di ogni essere umano – e di conseguenza della Libertà.

Si rendono indispensabili quindi la presa d’atto della induzione della disuguaglianza quale strumento di governo di questo Paese e della indispensabile necessità di riparazione del danno causato e presente. Senza il riequilibrio dello svantaggio indotto in termini di condizioni infrastrutturali, ambientali, economiche, sanitarie e sociali tra le regioni meridionali e quelle settentrionali, la stessa definizione di STATO perde di significato concreto e finisce con l’essere una imposizione inaccettabile e soprattutto fallimentare.

Proponiamo alle nostre compagne ed ai nostri compagni di viaggio, alcune possibili soluzioni volte alla rimozione degli ostacoli che impediscono le trasformazioni indispensabili per la realizzazione del progetto certi del prezioso contributo che il consesso a cui ci rivolgiamo intenderà fornire.

1 LEGAMI

Creare lavoro il ruolo dello stato.

L’Italia non sarà una Repubblica, non sarà democratica, fino a quando non sarà fondata TUTTA sul lavoro.

C’è necessità di interrogarsi sulla scarsezza del tessuto economico meridionale, delle capacità imprenditoriali e della bassa competitività delle aziende, sgombrando subito il campo ovviamente da teorie genetiche, caratteriali o endemiche.

Il rapporto Svimez 2018 sull’economia del Meridione ha denunciato il rischio desertificazione: in 16 anni, hanno lasciato il Mezzogiorno, un milione e 883mila residenti, la metà giovani.

La situazione è tale da richiedere interventi mirati a ridurre il divario nord sud, attraverso incentivi fiscali alle aziende che assumono giovani e politiche ad hoc, ma soprattutto investimenti pubblici.

Al Sud è più difficile intraprendere rispetto al Nord in quanto si evidenziano ostacoli e voci di bilancio che inficiano sulla capacità di fare impresa:

a) Difficoltà di accesso al credito che impedisce a tante aziende del Sud di cominciare o espandere la loro attività.

Chiediamo interventi statali (fondi di garanzia, sviluppo di altre forme di finanziamento, misure fiscali che agevolino la patrimonializzazione) e un generale riordinamento del sistema creditizio laddove la raccolta del risparmio delle regioni meridionali finisce per finanziarie investimenti nelle regioni più produttive e dove le risorse delle Fondazioni bancarie, ormai tutte del Nord, finiscono per sostenere attività assistenziali, culturali, di promozione del territorio in quelle regioni dove hanno sede legale.

Inoltre per favorire le attività imprenditoriali, commerciali ed artigianali i fitti commerciali devono essere calmierati. E’ inaccettabile che si preferisca tutelare le rendite derivanti dagli investimenti immobiliari anzichè l’indotto positivo derivante da un’attività commerciale o artigianale, soprattutto in termini occupazionali.

b) Scandalosa differenza infrastrutturale: mancano collegamenti ferroviari, autostradali, aeroportuali, non vengono fatti investimenti sulla logistica, con grave aggravio di costi e opportunità.

È vergognoso, e immediatamente da capovolgere, che la spesa ordinaria e straordinaria in conto capitale, come anche le spese correnti della P.A., siano di gran lunga inferiori proprio nella zona del paese meno sviluppata.

c) Pressione fiscale più alta per effetto delle imposte locali in seguito al federalismo fiscale, sciagurato sistema tributario in presenza di livelli di reddito e industriali così diseguali geograficamente.

Al contrario quindi c’è bisogno di ridurre la pressione fiscale per le aziende del Mezzogiorno, rifinanziare Comuni e Regioni, fissare i livelli essenziali delle prestazioni, limiti che incidono sul tessuto produttivo, sul reddito delle famiglie, sulla convenienza ad investire in una determinata zona.

d) Burocrazia ed inefficienze della Pubblica Amministrazione.

Occorre una maggiore dotazione di risorse da destinare alla macchina amministrativa per l’erogazione di migliori servizi di pubblica utilità, in modo da favorire lo sviluppo delle risorse umane e territoriali in molta parte non valorizzate e far guadagnare competitività alle nostre aziende.

e) Spese di pubblicità, di distribuzione, di ricerca e sviluppo.

Dando per scontato che non esiste nessuna pregiudiziale da parte dei consumatori meridionali, il dato che emerge e di cui non si può non tenere conto in ogni politica a favore dell’occupazione nel Sud, è che i nostri consumi di beni e servizi prodotti al Nord generano un PIL di 186 miliardi l’anno. Da questo fattore scaturiscono una serie di conseguenze che implicano ripercussioni su posti di lavoro, sviluppo economico, redditi pro capite, entrate erariali, capitale sociale, vivibilità.

Oltre ad una campagna massiccia di sensibilizzazione che promuova l’acquisto di prodotti di aziende del meridione, si potrebbero prevedere degli aiuti, sotto forma di detrazioni e credito d’imposta, a sostegno delle spese di pubblicità e di ricerca, lì dove oggi è difficile competere per le nostre piccole e medie imprese contro gli imperi industriali del nord e le loro agenzie pubblicitarie, in grado di influenzare il consumatore finale. Proponiamo l’introduzione di un’aliquota IVA agevolata sui prodotti delle aziende con sede legale e stabilimenti al sud, allo scopo di favorirne l’espansione. Inoltre è necessario dislocare le sedi legali dei giganti dell’energia e della comunicazione, o riformulare l’imposizione fiscale vigente.

f) Minore tutela per le esportazioni.

Anziché favorire l’export di prodotti meridionali, gli accordi di libero scambio (come il Ceta) che prevedono eliminazione dei dazi, misure di tutela riguardo la contraffazione, semplificazione degli investimenti, prendono in considerazione quasi esclusivamente prodotti del centro nord.

g) Criminalità organizzata, clientelismo, corruzione, sicurezza, evasione fiscale, lavoro nero.

Alle difficoltà sopra descritte, per chi vuole intraprendere un’attività imprenditoriale qui al Sud, se ne aggiungono queste altre nel quadro già discriminante tra settentrione e meridione: occorre una seria volontà politica che finalmente metta al primo posto la legalità, indispensabile per lo sviluppo socio- economico ed etico-culturale del Mezzogiorno.

2 UMANITA’

Umanità ed accoglienza

Adozione del Modello Riace, esempio vivente di come l’accoglienza possa rivelarsi un vantaggio per le popolazioni autoctone.

3 TERRA

Debito

Oltre alla cancellazione del debito “odioso” chiediamo l’istituzione di una Commissione per l’audit sul debito pubblico italiano e locale, allo scopo di individuare i segmenti del debito pubblico contratti non nell’interesse dei cittadini.

Abolizione del Fiscal Compact. Questo significa rottura degli attuali Trattati europei che impediscono la spesa pubblica espansiva, cioè la spesa per investimenti pubblici, per lo stato sociale e per il sud.

Abolizione della legge costituzionale n. 1 del 2012, che ha introdotto nella Carta costituzionale (art. 81) il principio dell’obbligo del pareggio di bilancio, ulteriore ostacolo alla spesa espansiva.

Ambiente

Abolizione artt 35 e 38 del DL n. 133 del 12/09/2014 (c.d. Sblocca Italia) convertito dalla L. 164/2014, che sottraggono potere alle Regioni e alle Autonomie locali in materia di inceneritori ed idrocarburi.

Pubblico

Rilancio dei beni comuni attraverso la nazionalizzazione, sotto controllo popolare dei beni strategici e dei servizi pubblici.

Diritto all’abitare

Reintroduzione dell’equo canone per la locazione di alloggi, tranne le abitazioni di lusso.

Molte famiglie non hanno possibilità di accedere all’edilizia popolare, perché non rientrano nei parametri, ma questo non significa che siano agiate. Le rendite immobiliari vengono utilizzate per sostituire un reddito da lavoro o per accumulare ricchezza, a discapito di chi è costretto a pagare il canone di locazione ed affanna ad andare avanti. La casa è un bene primario, non è ammissibile alcuna forma di speculazione. E’amorale.

4 CONOSCENZA

Introduzione nelle scuole dello studio delle lingue, della storia e delle tradizioni locali, si tratta di un patrimonio che non va perduto.

Revisione dei testi scolastici per un racconto plurale del Risorgimento italiano. Revisione della toponomastica.

Blocco dell’esodo degli studenti verso le università del nord, incrementando FFO per gli atenei del sud, rivedendo i parametri attualmente in vigore che penalizzano il sud e innescano un circolo vizioso. I fondi devono andare a chi più ne ha bisogno.

Due le criticità:

1) Alloggi per gli studenti fuori sede, presenti in maniera massiccia al nord e quasi del tutto assenti al sud, situazione

che spinge gli studenti ad iscriversi agli Atenei del nord.

2) Possibilità di trovare un lavoro dopo gli studi, molto elevata al nord e bassa al sud.

5 RISORSE

Introduzione del principio di equità e giustizia nella distribuzione delle risorse economiche del paese. Approvare questo principio serve ad evitare quella odiosa prassi che negli ultimi anni ha portato la classe politica ad adottare nella distribuzione delle risorse parametri profondamente ingiusti, oltre che fantasiosi e contraddittori. Ad esempio per lo stanziamento dei fondi per la sanità il criterio adottato è quello dell’anzianità della popolazione, per gli asili nido quello della spesa storica, per la manutenzione delle strade provinciali si è scelto come parametro il tasso di occupazione. Tutti questi anomali criteri hanno un solo elemento in comune, quello di favorire, nella distribuzione delle risorse, la parte del paese più ricca e avvantaggiata, secondo un principio ingiusto ed iniquo.

Per fronteggiare questa barbarie politico amministrativa bisogna stabilire criteri univoci, ispirati al principio di giustizia ed equità. Per estensione a questi principi chiediamo di approvare, da subito, una legge sulle Rc auto che premi i guidatori meritevoli ovunque essi risiedano, senza alcuna discriminazione territoriale.

Il principio serve anche a rafforzare ed armonizzare la clausola del 34% (la legge di conversione del decreto Mezzogiorno di fine 2016 ha sancito l’obbligo per le amministrazioni centrali di riservare al Mezzogiorno un volume complessivo di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento. Quindi almeno il 34%). Quest’ultima infatti dev’essere intesa come limite positivo e non negativo nel senso che la soglia del 34% deve essere ponderata, per ragioni di equità per garantire standard minimi di prestazioni in tutto il territorio a prescindere dalla entità percentuale della popolazione.

contributo

Crollo di studenti nel Mezzogiorno: inizia il percorso di desertificazione umana?

Share Button

L’allarme già lanciato dallo Svimez sul rischio desertificazione umana per il Mezzogiorno, comincia purtroppo a rivelarsi nella sua drammatica concretezza.

È la rivista “Tuttoscuola” a rilanciare i numeri, e a riproporre dunque il fenomeno, riprendendo il focus del ministero dell’Istruzione “Anticipazioni sui principali dati della scuola statale” relativo al 2017-18.
Secondo i dati elaborati, rilevando i decrementi dei singoli settori in ogni regione, il crollo è soprattutto in alcune regioni del Sud: Campania e Sicilia in testa. Tutta colpa del calo demografico che svuota le aule soprattutto alla materna (meno 29.181 bimbi rispetto al 2016-17) e alla primaria (meno 34.874 alunni)

IL CALO ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA E PRIMARIA che si è verificato soprattutto in Calabria (-4.820) e in Sicilia (-3.333), altro non è che il cerino che dà fuoco alla miccia dell’allarme lanciato dallo Svimez , il quale ha stilato un rapporto basato sui dati Miur per gli anni scolastici 2016-17 e 2017-18. Anche alla scuola primaria, la Sicilia vede un decremento elevato: meno 6.226 alunni; seguono Campania (meno 6.037), Puglia (meno 3.439), Calabria (meno 2.248). Nelle scuole medie – spiega Tuttoscuola – al netto delle compensazioni per aumento di iscritti, il calo complessivo di alunni ha superato le 8 mila unità, con Campania e Sicilia che, ancora una volta, sono andate in rosso: 2.713 alunni in meno la prima, 2.391 in meno la seconda. Negli istituti superiori il record negativo si è registrato in Puglia (-2.768), seguita dalla Calabria (-1.651).

Il recente stanziamento di 209 milioni  per la fascia d’età zero-sei anni, nelle modalità in cui è stato ripartito, meno dove il meno è già un marchio di fabbrica con monopolio di Stato, rischia di rappresentare il colpo a quanto già inflitto dalla Commissione Bicamerale sul federalismo fiscale che ha approvato le tabelle che assegnano zero agli asili nido  nei Comuni del Mezzogiorno.

La cura richiesta per un paziente oramai in rianimazione, il Mezzogiorno, non potrà mai arrivare da chi è stato la causa dei suoi mali. La malattia si chiama Questione Meridionale e i virus si chiamano partiti nazionali, di destra e di sinistra.

Massimo Mastruzzo
Portavoce nazionale di MO Unione Mediterranea

Scuola infanzia, il 74% dei fondi assegnato al nord

Share Button

di Massimo Mastruzzo
Portavoce nazionale MO Unione Mediterranea

Vito De Filippo (Sant’Arcangelo PZ Basilicata, 27 agosto 1963) presidente della Regione Basilicata dal 2005 al 2013, Sottosegretario di stato alla salute nel Governo Renzi dal 28 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016 e dell’istruzione, dell’università e della ricerca nel Governo Gentiloni dal 29 dicembre 2016.

Mi interessa poco l’appartenenza politica di questo sottosegretario (La Margherita fino al 2007, Partito Democratico dal 2007), ritenengo responsabili in egual misura, per le condizioni in cui versa il Mezzogiorno, tutti i partiti nazionali, tuttavia vado sempre curiosamente alla ricerca delle origini di chi rappresenta un determinato territorio per vedere come questi ne affronta e ne difende gli interessi.

Valeria Fedeli (Treviglio BG Lombardia, 29 luglio 1949) è una sindacalista e politica italiana, ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca dal 12 dicembre 2016 nel Governo Gentiloni.
La ministra Valeria Fedeli, per potenziare il sistema d’istruzione per l’infanzia ha ripartito 209 milioni di euro destinati a migliorare i servizi offerti per 3 milioni di bambini che non hanno ancora compiuto sei anni.

Il riparto proposto dal ministero dell’Istruzione è stato approvato dagli enti locali nella Conferenza unificata del 2 novembre scorso, riunione nella quale le istituzioni dei territori meridionali non hanno brillato per capacità di difendere gli interessi dei cittadini che vanno a rappresentare.
Per il governo era presente il sottosegretario all’Istruzione Vito De Filippo, lucano.
Per il sottosegretario della Basilicata, «stiamo costruendo insieme, ciascuno per la propria parte, percorsi di crescita eguale su tutto il territorio, a partire dall’infanzia».
Per la ministra della Lombardia, che parla di standard uniformi su tutto il territorio nazionale:” : «Con questo Piano – dichiara la Ministra Valeria Fedeli – stiamo garantendo alle bambine e ai bambini pari opportunità di educazione, istruzione, cura, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche e culturali».
Ma veniamo al dunque anche per capire dovo voglio arrivare con questa premessa «territoriale»:
La fascia di età 3-6 anni non ha forti squilibri territoriali e raggiunge una copertura del 90%. Inoltre la scuola materna statale è più presente al Sud che al Nord, visto che il 45% degli iscritti si trova nel Mezzogiorno. Quindi considerare solo l’età delle materne e soltanto i non iscritti alle scuole dell’infanzia statali non porta affatto un riequilibrio territoriale e, in ogni caso, non in favore del Mezzogiorno.

In pratica per la perequazione si è utilizzato il solo parametro dove il Sud ha risultati più consistenti del Nord: le materne statali. Ignorando tutti gli altri.

Cosa ha fatto il ministero? Come principale criterio (peso del 50%) ha considerato gli iscritti agli asili al 31 dicembre 2015, iscritti che ovviamente sono più al Nord. Per il secondo parametro (peso del 40%) ha contato i bambini reali. Come criterio marginale (10%) ha considerato la popolazione di età 3-6 anni non iscritta alla scuola dell’infanzia statale «in modo da garantire un accesso maggiore».


Il risultato, soddisfacente (giustamente) per la ministra lombarda ma avallato (incredibilmente) anche dal sottosegretario della Basilicata, porta nello stesso momento in cui assegna 90 euro per ogni bambino in Emilia Romagna ad assegnarne 43 per uno in in Campania.

Il doppio, un bambino in Emilia romagna vale il doppio del suo coetane in campania, alla faccia degli “standard uniformi su tutto il territorio nazionale”.

Il Centronord ha fatto così la parte del leone con il 74,23% delle risorse assegnate, sebbene i bambini residenti in quell’area siano il 65,52%. Il Mezzogiorno si è dovuto accontentare del 25,77% delle risorse nonostante la quota di bambini sia del 34,48%.

La Campania è il territorio più penalizzato visto che è seconda per numero di piccoli e appena settima per risorse assegnate.
Una presa in giro che viola la legge. Il decreto 65/2017 infatti impone, all’articolo 4, di avviare un progressivo riequilibrio territoriale per l’altra fascia di età, quella da 0 a 3 anni, dove la carenza di asili nido nel Mezzogiorno è fortissima.

Inoltre, all’articolo 12, si indica nei criteri di riparto la «capacità massima fiscale» dei territori. Il principio cui si ispira la legge è chiaro: non è logico assegnare risorse aggiuntive a territori che hanno già cospicue entrate fiscali proprie, mentre le risorse vanno concentrate nelle aree dove il gettito fiscale, anche alzando le aliquote al massimo, non è sufficiente a pagare i servizi per l’infanzia.
Un principio di riequilibrio che avrebbe favorito le famiglie del Mezzogiorno, ma che è sparito del tutto nei conteggi del Miur.
Un’offesa ai diritti dell’infanzia, un calcio ai principi d’uguaglianza e una violazione neppure ben nascosta della legge , una infame operazione già usata dalla Commissione Bicamerale sul federalismo fiscale che ha approvato le tabelle che assegnano zero agli asili nido nei Comuni del Mezzogiorno.
Se si fossero conteggiati 90 euro per i maschi e 43 euro per le femmine ci sarebbe stata una clamorosa violazione delle pari opportunità; altrettanto grave però è ripartire 90 euro agli emiliani e 43 euro ai campani, i quali già partono in posizione svantaggiata.
Fino a prova contraria, assegnare più risorse dove ci sono più asili allarga le differenze, non le riduce. Farlo ai danni di bambine e bambini di 0-6 anni è iniquo, illegale e immorale.
Veder i figli spuri di questa nazione continuare ad essere marchiati con il segno meno davanti ad ogni diritto, farlo anche con i bambini così da istruirli fin da piccoli alla minorità, mentre i rappresentanti del popolo del Mezzogiorno approvano quando non plaudono, fa comprendere la necessità di creare una forza rappresentativa indipendente dai partiti nazinali ma soprattutto dagli ascari locali, pedine fondamentali per le strategie utili al «bene nazionale»


Fonte: Articolo di Marco Esposito cui va il nostro ringraziamento per il suo lavoro di divulgazione

 


Avranno Memoria anche per le altre Questioni?

Share Button

di Massimo Mastruzzo

Il fascino del meridionalismo sembra aver abbagliato anche gli “attenti partiti nazionali” di colpo illuminati da una Questione Meridionale in realtà ben identificabile nel suo periodo storico di nascita: all’indomani dell’Unità d’Italia.

L’impegno del movimento 5 stelle in favore di una giornata dedicata alle vittime meridionali dell’Unità è indiscutibilmente lodevole, al Consiglio regionale pugliese il M5S ha promosso una «giornata della memoria per le vittime meridionali dell’Unità d’Italia e i paesi rasi al suolo» per il 13 febbraio, il giorno in cui nel 1861 cadde per ultima Gaeta, ed  è  già stata approvata.

Una mozione su cui si è registrato il consenso anche di Michele Emiliano, e anche Nunzia De Girolamo di Forza Italia ha presentato una proposta per il ricordo delle vittime innocenti.

A una prima lettura, si potrebbe essere contenti che finalmente anche la “politica che conta” si sia accorta che il Sud esiste, vederla abbracciare battaglie che, ad esempio, Il Movimento neoborbonico combatte fin dalla sua nascita nel 1993, fa comunque piacere.  Ma dopo 157 anni di distrazione di tutti i partiti nazionali, un mah vogliamo concedercelo: senza voler apparire schizzinosi e sottolineando che meglio tardi che mai, sorge spontaneo sospettare, e solo l’amore per la nostra terra sa quanto vorremmo sbagliarci, che qualcuno possa pensare che regalare una, sacorosanta e auspicabile anche per noi,  giornata della Memoria possa distrarci dai, non me ne voglia nessuno, concreti problemi di una irrisolta Questione Meridionale .

Unione Mediterranea nasce per affermare un  Meridionalismo 2.0 che denunci la disomogeneità nazionale unica in Europa.

Marco Esposito fondatore e primo segretario di Unione Mediterranea ha tracciato con le sue denunce il percorso che intendiamo percorrere, questo percorso non esclude assolutamente iniziative come quelle della giornata della memoria, che è anche la nostra memoria e che quindi appoggiamo indiscutibilmente, ma se dai partiti nazionali, dai quali abbiamo imparato dopo quasi 160 anni a difenderci diffidando a priori da ogni qualsivoglia promessa, soprattutto nei periodi pre-elettorali, ci aspettiamo che oltre alla gradita giornata della Memoria, si espongano su altre Questioni come quella che vede due porti del nord collegati dalla TAV e all’interno degli stessi confini nazionali il più importante porto del sud, quello di Gioia Tauro che  al contrario il suo futuro lo vede fortemente precario per l’assoluta assenza delle necessarie infrastrutture extraportuali.

In  un articolo del 2015 Beatrice Lizza scriveva come Nel «Piano strategico nazionale della portualità e della logistica», approvato dal governo, si specificasse la necessità di creare le condizioni per il transito di treni porta container da 750 metri in su per i porti di Gioia Tauro, Taranto e Napoli-Salerno.

Ancora oggi però, i porti di Gioia Tauro e Taranto sono adibiti esclusivamente al trasbordo su altre navi, poichè non dispongono dei collegamenti via terra adeguati alle nuove esigenze commerciali, ed i sassi trovati da Delrio sembra abbiano defitivamente indotto Gentiloni a consigliare ai cinesi di puntare sui porti di Genova e Trieste.

Ad onor del vero, bisogna però ricordare che in Cina anche il sud ha ricevuto le dovute attenzioni: alla cerimonia di apertura del Forum non è mancato nella ‘scaletta’ dello spettacolo previsto un tenore che intonava ‘O sole mio’… A riguardo i partiti nazionali fulminati dal meridionalismo come si sentono di intonare?

Rispetto al gennaio 2015 quando La Commissione Bicamerale sul federalismo fiscale ha approvato le tabelle che assegnano zero asili nido nei Comuni del Mezzogiorno (La relazione finale  del provvedimento è stata scritta a quattro mani dalla relatrice del Pd di Modena, la senatrice Maria Cecilia Guerra e per i Cinquestelle dal deputato di Belluno Federico D’Incà), è cambiato qualcosa? Nella Bicamerale sul federalismo fiscale (dove si parla di asili nido, per capirci) i 5 Stelle hanno quattro rappresentanti.

Se lo spirito meridionalista è sincero, potrebbero iniziare a battere un colpo lì, visto che un pochino, quando ne avevamo denunciato l’anomalia, si erano risentiti e l’On. Luigi  Gallo aveva seccatamente affermato: “Cerchiamo di fare chiarezza su una balla che sta circolando in rete e su un giornale perchè strumentale a screditare il M5S nelle regioni del SUD…”  Affermazioni alle quali il Dott. Marco Esposito che aveva sgamato l’inghippo ,  rispose con chiarezza e trasparenza a quanto affermato dal parlamentare dei Cinquestelle.

Altra questione di interesse meridionale:  rispetto alla prospettiva di un percorso politico meridionalista quale la creazione di una Macroregione del sud, i partiti nazionali come si pongono? Nel caso volessero approfondire trovano indicazioni da pagina 111 del libro SEPARIAMOCI di Marco Esposito.

In ultimo, solo per non apparire troppo schizzinosi,  di fronte all’esodo di decine di migliaia di insegnanti del Sud costretti a migrare perchè sembra che “i posti sono al Nord” e di conseguenza davanti alle cifre fornite dalla Svimez relative al rischio desertificazione demografica del meridione, quali provvedimenti la politica nazionale intende prendere?

Fonti:

Viaggio in Neoborbonia tra i nostalgici del Regno del Sud (il venerdì di Repubblica del 29 settembre)

Grillo-Neoborbonici: la strana alleanza “per difendere il Sud” (Repubblica.it di martedì 3 ottobre )

Lettera ai Napoletani

Share Button

Cari Napoletani,
no non mi rivolgo a voi che, magari con ammirevole fatica, siete riusciti a liberarvi dalle catene mentali -ideologiche e psicologiche- e adesso ai vostri occhi tutto appare diverso, mi rivolgo a quell’altra fetta della città: quella che, come le tre scimmiette, non vuole vedere, non vuole sentire e non vuole parlare diversamente.
Oggi è la vostra festa: 7 settembre. L’anniversario del giorno in cui il vostro amico Peppe Garibaldi, con le spalle protette dalla camorra, entrò in città e andò ad affacciarsi da quel balcone, ancora esistente, di Palazzo Doria d’Angri. Al largo dello Spirito Santo che, poi, fu ribattezzato piazza VII Settembre.
Auguri! Buon anniversario!
Avevate ragione a tenere duro e a credere ancora, dopo ben 157 anni, che non fu invaso uno stato indipendente di cui Napoli era la capitale, ma si trattò di una liberazione. I buoni vennero a cacciare via i cattivi, vennero ad aiutarci. Perciò sono fratelli e sorelle d’Italia.
E ancora oggi sanno dimostrare che ci amano e ci rispettano. Infatti, non sono razzisti con noi, non ci insultano, non ci discriminano nell’erogazione dei fondi pubblici, non permettono che abbiamo ferrovie diverse dalle loro, né ospedali meno attrezzati, né zero asili nido. Valorizzano i nostri beni culturali, non vengono ad inquinare e a trivellare la nostra terra e i nostri mari, non invocano disgrazie naturali (che so… un’eruzione del Vesuvio, tanto per dirne una). Del resto, quando ci capita qualche brutta avventura, magari un terremoto, un terremoticchio va’, la prima cosa che fanno è raccogliere fondi, esprimere solidarietà, invitare a non affossare la già compromessa (da loro) economia, e non si permettono certo di pensare subito che la colpa possa essere nostra.
Già perché, invece, la colpa è sempre la nostra. Questo, voi dell’altra fetta della città, lo sapete bene, lo sapete così bene che il senso di colpa, iniettato nelle vostre vene come un vaccino contro la libertà, vi tiene ben lontani dal virus di un pensiero mediterraneo e indipendente. La dipendenza da Peppe è un dogma intoccabile.
Vi ho scritto questo biglietto, per ricordarvi di organizzare la vostra festa. Sono sicuro che oggi, 7 settembre, ci metterete la faccia e vi recherete sotto a quel balcone ad applaudire e lanciare baci verso colui che non c’è più ma che, in compagnia di tutta la sua banda -Vittorio, Camillo, Enrico, Nino, l’altro Giuseppe, eccetera- è ancor vivo nelle vostre coscienze vaccinate.
Auguri, allora, buona festa! Se mi troverò a passare per largo dello Spirito Santo, oh scusate, per piazza VII Settembre volevo dire, sono sicuro di trovarvi a ringraziare per le condizioni di vita che ci ha regalato l’avventuriero barbuto. Sì, lui, che con quella faccia da straniero ha navigato il mondo intero distribuendo libertà.
Voi non siete mica come quegli ambigui meridionalisti sui quali non si sa cosa pensare: gente che pareva seria e che invece si è messa in testa di essere nata in una colonia. Quelli, addirittura, vanno dicendo che la pace è frutto della giustizia e che nascondere le discriminazioni che passano sotto al naso equivale ad esserne complici. Che gente!
Un caro saluto
Antonio Lombardi

Benvenuti 5Stelle, ora però facciamo qualcosa per il Sud

Share Button

Una nota del segretario di MO! – Unione Mediterranea, Pierluigi Peperoni

Ha destato molto clamore il fatto che i consiglieri regionali 5stelle della Campania abbiano proposto un giorno della memoria dedicato alle vittime meridionali del 1860. Questo è un segnale di come anche il lavoro culturale di rivisitazione storica stia dando i propri frutti e di come certe idee inizino a risultare ampiamente condivise. Probabilmente ormai potremmo definirle mainstream.

Così mainstream che nell’arco di una settimana Tremonti ha parlato per 3 volte del Regno delle Due Sicilie. E se anche Tremonti – tra i principali responsabili delle politiche economiche antimeridionali degli anni 2000 – ha la faccia tosta di cavalcare il tema, allora dobbiamo iniziare seriamente a porci qualche domanda su quanto credito vogliamo dare a questi signori. Non posso fare a meno di ricordare, ad esempio, che gli stessi 5 stelle approvarono il decreto che sanciva il parametro zero per gli asili nido del sud, spostando fondi dai comuni del mezzogiorno a quelli del nord per 700 milioni di euro, privando così migliaia di mamme del sud della possibilità di usufruire di asili nido pubblici[1].

Ricordo anche le infelici battute sui meridionali fatte da Grillo.

In tempi più recenti ricordo che il 14 gennaio il Governo ha approvato le tabelle sui fabbisogni standard che collegano l’erogazione dei fondi per la manutenzione stradale al numero di occupati creando situazioni paradossali. Ad esempio Milano e Napoli hanno sostanzialmente lo stesso numero di veicoli circolanti, ma il parametro scelto legato all’occupazione fa segnare un +148% a favore della capitale lombarda.

Se i 5 stelle vogliono dimostrare che non si tratta di puro opportunismo, ma che sono interessati ad occuparsi realmente delle sorti del sud, potrebbero agire concretamente attivandosi – ad esempio – contro questo perverso meccanismo del finanziamento per la manutenzione stradale. In effetti questo parametro deve ancora essere sottoposto al vaglio della Commissione Bicamerale per il Federalismo Fiscale, commissione che li vede esprimere una folta rappresentanza (Arianna Spessotto, Enrico Cappelletti, Federico D’Incà, Riccardo Fraccaro). Loro hanno la concreta possibilità di dimostrarsi sinceramente interessati a migliorare le condizioni socioeconomiche del mezzogiorno.

La domanda è: lo faranno? Oppure resterà il solito, ennesimo tentativo di colonizzazione politica di noi meridionali?


[1] fonte: il Mattino

Dossier federalismo fiscale: svelati i trucchi per fregare il Sud.

Share Button

L’UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO SMONTA IL FEDERALISMO FISCALE

di Marco Esposito (articolo pubblicato su Il Mattino il 15/12/2016)

Il federalismo fiscale funziona al contrario: toglie ai Comuni in regioni povere e dà con generosità ai Comuni ricchi. E l’effetto cresce nel tempo, con un balzo già nel 2017 se saranno approvati i nuovi fabbisogni standard comunali.
Ecco: se il governo cerca un dossier simbolo dal quale ripartire per segnare una svolta in favore del Mezzogiorno, lo ha già sul tavolo. È la durissima relazione presentata in Parlamento dall’economista Alberto Zanardi, dell’Ufficio parlamentare di bilancio. L’Upb è una struttura tecnica e indipendente voluta dalla Ue per tenere d’occhio i conti degli Stati aderenti all’Unione europea. Zanardi ha messo a punto un dossier denso di dati e di osservazioni critiche che svela (o conferma, per i lettori del Mattino) i trucchi messi in atto per favorire le aree ricche anche quando scatta la solidarietà.

Zanardi, milanese e bocconiano, non si fa scrupolo a tirare in ballo la sua Milano. La quale, è cosa nota, è una città molto ricca e quindi le spetta contribuire non poco al Fondo di solidarietà comunale. In particolare, per la cosiddetta perequazione delle capacità fiscali, Milano versa un gettito di oltre 400 euro per abitante. Non sono pochi soldi, ma a chi vanno? Sono destinati, com’è giusto, a Comuni che ne hanno più bisogno. E chi ha fabbisogni particolarmente elevati? Milano! Che quindi si restituisce 350 euro a testa riducendo l’effettiva solidarietà ad appena 50 euro. «La determinazione dei fabbisogni standard – spiega Zanardi – essendo in parte basata sui servizi effettivamente forniti, rispecchia le capacità fiscali di ciascun Comune». In pratica se un Comune ha alte capacità fiscali (cioè è ricco) fornisce più servizi, da cui si afferma che ha più bisogni e quindi le ricchezze se le tiene, almeno in massima parte.

Tale sistema è già scattato per il 2016 e aveva come paradosso più evidente l’assegnazione di un fabbisogno zero ai Comuni dove nel 2010 (anno di riferimento) non c’era l’asilo nido. Nel 2017, continua Zanardi, il riferimento è aggiornato al 2013 ma c’è stato un «potenziamento dell’attenzione ai servizi effettivamente forniti». L’economista non fa esempi, ma i lettori del Mattino già sanno: a Caserta nel 2013 non c’era servizio di autobus perché la società di trasporto pubblico era fallita e così si è deciso di assegnare alla città fabbisogno zero di trasporto pubblico per il 2017. Come a dire: «Non passa l’autobus? Vuol dire che non ti serve».

Tale regola, va ricordato, è talmente contraria al buon senso e agli obiettivi del federalismo che la Commissione bicamerale per il federalismo fiscale ha chiesto al governo di togliere per il 2017 quegli zeri sul trasporto pubblico locale e sugli asili nido. Il governo Renzi non ha avuto il tempo di dare una risposta. Ecco perché l’esecutivo Gentiloni, che ha fatto dell’attenzione al Sud un proprio marchio di fabbrica, ha l’occasione di dare un segnale concreto, anche perché la relazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio documenta, al di là di ogni ragionevole dubbio, la deriva che ha preso il federalismo, fino a calcolare il punto di arrivo, con Napoli – già oggi la città più colpita – che a regime si vedrebbe tagliato «il 24,3% delle risorse» mentre «Roma accrescerebbe la sua dotazione di risorse del 23%».

Zanardi poi puntualizza che molti problemi nascono dal fatto che siamo «in assenza della fissazione da parte del governo centrale di Lep», ovvero livelli essenziali di prestazioni sociali da garantire in tutta Italia. Con la conseguenza che «si indeboliscono gli incentivi agli enti in ritardo a promuovere un adeguamento delle loro forniture pubbliche» mentre cresce il «rischio di cristallizzare le disparità». Infine, accusa Zanardi, non è mai partita la perequazione delle infrastrutture previste dalla legge 42 del 2009, cioè gli interventi statali per superare i divari storici.

Come hanno reagito i parlamentari della Bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale dopo aver ascoltato il j’accuse di Zanardi? Sono intervenuti in tre. Il presidente della Commissione, il deputato leghista Giancarlo Giorgetti, si è detto allarmato perché, a suo dire, i Comuni della Liguria e quelli della provincia di Sondrio ne uscirebbero «massacrati». Ha preso poi la parola la senatrice del Pd Magda Angela Zanoni che ha chiesto i dettagli regionali: «A me ovviamente interessa il Piemonte», ha precisato. Infine è intervenuta un’altra senatrice del Pd, Maria Cecilia Guerra, la quale pur affermando che a lei come emiliana «va anche bene» si è posta il problema che si stanno assegnando a dei tecnici (la Sose, la Commissione tecnica fabbisogni standard) delle scelte che dovrebbero essere politiche. E i parlamentari meridionali? Assenti o silenti.

« Articoli precedenti